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Segnalato da Franco Ionadi Attualità Cassazione Sentenze Accertamento Accertamento induttivo Perdita & La circostanza che una impresa commerciale dichiari, ai fini dell'imposta sul reddito, per piu' anni di seguito rilevanti perdite, nonche' una ampia divaricazione tra costi e ricavi, costituisce una condotta commerciale anomala, di per se' sufficiente a giustificare da parte dell'erario una rettifica della dichiarazione, ai sensi dell'art. 39 succitato, a meno che il contribuente non dimostri concretamente la effettiva sussistenza delle perdite dichiarate. Testo: Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione delD.P.R. n. 600 del 1973, D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, L. n.825 del 1971, art. 10, art. 2729 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 eart. 2697 c.c., nonche' dell'art. 12 preleggi e art. 1362 c.c. per non averela C.T.R., cosi' come la C.T.P., riesaminato, come richiesto dallacontribuente, i criteri adoperati sia dai verificatori che dall'Ufficio nelprocedere all'accertamento. Contesta, in primo luogo, parte ricorrente il fatto che si sia procedutoall'accertamento induttivo in assenza di quegli elementi che sono richiestidal D.P.R. n. 600, art. 39 tali da far presumere l'inaffidabilita' delleregistrazioni contabili del contribuente(formalmente ineccepibili),presunzioni che devono essere gravi precise e concordanti; elementi che sie' ritenuto di riscontrare nel fatto che la societa' aveva contabilizzato lescorte in base al valore anziche' per quantita' e per avere aperto un localeristorante attiguo a quello gia' esistente malgrado quest'ultimo fosse inperdita gia' da cinque anni. La societa' contesta, inoltre, anche il criterio di riscontro usatodagli accertatori per desumere il presunto reddito fondato sulle quantita'dei materiali utilizzati per l'attivita' e sul loro valore di mercato,ritenendolo astratto e non adeguato dato che il calcolo della produttivita'e' molto complesso e deve tenere conto anche di altri requisiti quali ilpersonale, la clientela, l'oggettiva ricettivita' del locale ecc.. Rileva, altresi', che la C.T.R. cosi' come l'ufficio e la C.T.P., sisono affidati alle conclusioni del p.v.c. basate su presunzioni prive diquegli elementi prescritti dalla legge e senza riscontrarne le risultanze,come sarebbe stato suo compito, anche in raffronto a quanto sostenuto dallacontribuente ed alla presenza di contabilita' formalmente ineccepibile,invertendo illegittimamente l'onere della prova, ponendolo a carico dellaparte privata, incombendo invece all'A.F. dimostrare l'esistenza di fatticostitutivi della maggiore pretesa finanziaria. Cosi' operando la C.T.R. avrebbe violato il principio di tuteladell'affidamento e della buona fede del contribuente sancito dallo Statutodel contribuente e dai principi di giurisprudenza, affidamento applicabileanche ai rapporti precedenti all'entrata in vigore della L. n. 212 del 2000in forza della regola dell'interpretazione adeguatrice alla Costituzione. Rileva, ancora, parte ricorrente che puo' farsi uso del metodo diaccertamento induttivo solo quando sussistono gravi incongruenze tra ricavi,compensi e corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dall'attivita'svolta o dagli studi di settore, elementi non riscontrabili nella specie. Con la seconda censura si denuncia la violazione dell'art. 360 c.p.c.,n. 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere laC.T.R. omesso di esaminare e dare una spiegazione in ordine alle deduzionidell'appellante, affermando che esse avrebbero potuto essere valutabili soloqualora fossero state vere le scritture contabili considerate a priorifalse, valutando come vera la posizione dell'amministrazione senzaverificare quella dell'altra parte in completa violazione del principiod'imparzialita'. La societa', infine, insiste come nei precedenti gradi di giudizio,sull'insufficienza della motivazione per relationem al p.v.c., basata sulfatto della condivisione su quanto in esso contenuto, dando per scontato chefosse sufficiente per il diritto di difesa del contribuente l'averepresenziato alle operazioni e la possibilita' meramente astratta dicontestazione in corso di accertamento. Il ricorso e' infondato. La censura relativa alla violazione di legge con particolare riferimentoal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies,citati, e' infondata. In effetti, quest'ultima norma dispone fra l'altro, alcomma 3, che gli accertamenti condotti ai sensi del menzionato art. 39(comma 1, lett. d) "possono essere fondati anche sull'esistenza di graviincongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quellifondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni diesercizio della specifica attivita' svolta, ovvero dagli studi di settore",cui si riferisce il precedente art. 62 bis. In virtu' di tale norma,l'ufficio - allorche' ravvisi "gravi incongruenze" fra i valori dichiarati equelli ragionevolmente attesi in base alle caratteristiche dell'attivita'svolta od agli "studi di settore" - puo' fondare l'accertamento di maggioriricavi, rispetto a quelli dichiarati, anche su tali "gravi incongruenze" e,quindi, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 39 citato: il checostituisce, in pratica, un ulteriore elemento presuntivo, di caratterelegale, certamente ammissibile anche in presenza di contabilita' formalmenteregolare (come, in genere, si verifica in presenza di gravi, precise econcordanti presunzioni: Cass. nn. 10649/2001, 8494/1998, 4555/1998). Peraltro anche il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d),richiamato, dispone che, in tema di accertamento delle imposte, anche inpresenza di una contabilita' formalmente regolare come nella specie, e'consentito procedere alla rettifica della dichiarazione dei redditi, senzariscontro analitico della documentazione, secondo il metodo cosiddetto"induttivo", purche' l'accertamento in rettifica risulti fondato supresunzioni assistite dai requisiti previsti dall'art. 2729 cod. civ. edesunte da dati di comune esperienza, oltre che da concreti e significativielementi offerti dalle singole fattispecie e la circostanza che una impresacommerciale dichiari, ai fini dell'imposta sul reddito, per piu' anni diseguito rilevanti perdite, nonche' una ampia divaricazione tra costi ericavi, costituisce una condotta commerciale anomala, di per se' sufficientea giustificare da parte dell'erario una rettifica della dichiarazione, aisensi dell'art. 39 succitato, a meno che il contribuente non dimostriconcretamente la effettiva sussistenza delle perdite dichiarate(cfr. pertutte, cass. civ. sent. n. 21536 del 2007). Nella fattispecie in esame, tale anomalia e' significativa edulteriormente aggravata dal fatto che, malgrado i risultati negativiottenuti per cinque anni, per come risultano dalla contabilita' esaminata edisattesa prima dai verificatori e poi dall'Ufficio, la societa' avrebbeinsistito nella stessa attivita', come rilevato in sentenza in palesecontrasto "con i principi di ragionevolezza, anche sotto il profilodell'antieconomicita' del comportamento della contribuente cheinspiegabilmente si sarebbe decisa ad aprire un altro esercizio contiguo".Ne' le giustificazioni addotte dalla contribuente appaiono ragionevolmentetali da superare quanto affermato e dall'A.F. e dai giudici del merito. Anche il denunciato vizio di omessa, insufficiente e contraddittoriamotivazione e' inesistente. Occorre in primo luogo chiarire che in materia di imposte sui redditi,l'avviso di accertamento deve porre il contribuente in condizione diconoscere le ragioni della pretesa tributaria. Il relativo onere dimotivazione, posto a carico dell'Amministrazione, puo' essere assolto "perrelationem", mediante il riferimento a elementi offerti da altri documenticonosciuti o conoscibili dal destinatario, come il processo verbale diconstatazione di verificatori degli Uffici erariali o della Guardia difinanza, notificato o consegnato al contribuente, senza che occorra per gliavvisi emessi in data anteriore all'entrata in vigore della L. n. 212 del2000 che siano allegati i documenti cui l'atto fa riferimento. Ne consegueche, ove vertesi (come nella specie) in ipotesi, di dedotta motivazione "perrelationem" dell'atto di accertamento - il quale richiamava un verbale diconstatazione effettuato nei confronti della contribuente consegnato onotificato, il giudice tributario e' solo tenuto a verificare se gli attinotificati alla contribuente contengano gli elementi necessari adindividuare la pretesa tributaria, rivestendo, in caso positivo, l'eventualerichiamo ad altri documenti carattere aggiuntivo e non essenziale (cfr., exmultis, cass. civ. sentt. nn. 4989 del 2003 e 12394 del 2002). La conoscenza del verbale di constatazione non e' mai stata contestatadalla contribuente e per quanto attiene ai giudici tale conoscibilita'risulta dalla sentenza nella quale si fa riferimento ad una quantita' dielementi che ne presuppongono la piena cognizione. La C.T.R. osserva, inoltre, che, nel caso di specie, l'ufficio avrebbelegittimamente applicato il metodo induttivo per la ricostruzione degliesatti ricavi, giungendo a risultati accettabili, in presenza di un datocerto ed obbiettivo costituito dalle quantita' di commestibili in concretoutilizzati dal ristorante, partendo da quantita' di materie prime per ognivivanda senza altro superiore a quella normalmente impiegata, criteriodotato di assoluta attendibilita' o quantomeno maggiore di quello dato dalnumero di tovaglioli lavati, invocato dalla ricorrente, che non puo' inalcun modo risultare piu' attendibile tenuto anche conto, comeragionevolmente supposto dalla C.T.R., della possibilita' d'uso, per lepizze, per i pasti dei soci e dei dipendenti, dei tovaglioli di carta. In realta', vengono anche enumerati altri dati giustificativi dellapresunzione di reddito, affermando che relativamente ai pasti consumati daidipendenti (sei a tempo indeterminato e quattro a tempo determinato) per iquali la societa' ha invocato la detrazione dalla quantita' dei pastiaccertati, la stessa non ha mai provato ne' il numero degli stessi ne' chequesti fossero stati somministrati a titolo gratuito. In base a questi dati,che la commissione regionale ritiene congruamente accertati, il giudice aquo perviene alla conclusione che l'accertamento dell'Ufficio, oltre chelegittimo, deve ritenersi valido anche sotto l'aspetto quantitativo stantel'iter logico seguito per la ricostruzione dei ricavi; per cui il risultatodell'accertamento, desunto da tali fatti noti, e' logico e conseguente.Peraltro, una volta che l'Amministrazione finanziaria ha provato lafondatezza della pretesa fiscale, e' onere del contribuente provare glieventuali fatti impeditivi o contrari, onere ritenuto non assolto dallaC.T.R.. Appare evidente, quindi, dall'esame della sentenza impugnata, che lamotivazione sopra riassunta e' esaustiva e coerente sicche' la censura diessa e' infondata. Ne', infine, e' compito di questa Corte rivalutare nuovamente tutti glielementi di fatto gia' portati all'attenzione del giudice di merito, la cuivalutazione, risolvendosi nell'apprezzamento di elementi di fatto, non e'censurabile in sede di legittimita', se sorretta da motivazione adeguata edimmune da vizi logici o giuridici. Il giudice del merito, infatti, ha ilpotere discrezionale di fondare il proprio convincimento su alcunerisultanze probatorie anziche' su altre, purche' ne dia adeguatamotivazione, dalla quale, peraltro, e' sufficiente che risulti che ilconvincimento nell'accertamento dei fatti si sia formato attraverso unavalutazione complessiva delle risultanze probatorie ed appaia logico ecoerente il preminente valore attribuito, sia pure per implicito, allerisultanze utilizzate, senza necessita' di esplicita confutazione dellealtre (cfr., ex multis, cass. civ. nn. 10484 e 5235 del 2001). Sotto tale profilo - in quanto riferibile alla valutazione data dalgiudice di merito agli elementi indiziati, esaminati con adeguata e coerentemotivazione - la censura sarebbe anche inammissibile, perche' colpirebbe ilrisultato di un giudizio di fatto, come tale non sindacabile in sede dilegittimita'. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Nulla si deve decidere in ordine alle spese del presente giudizio dicassazione, poiche' in questa fase la parte intimata non ha svolto alcunaattivita' difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.
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