Vivo interesse nell’opinione pubblica ha suscitato la sentenza del Tribunale di Torino concernente la vicenda delle accuse di doping formulate nei confronti di una importante e blasonata società come la Juventus.
A margine della sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino che ha assolto i dirigenti bianconeri, e condannato l’ex medico sociale dott. Agricola, molti appassionati si chiedono: nel processo per doping alla Juventus qual’è l'organo sportivo abilitato a comminare sanzioni ?
A mio sommesso avviso è necessario, ancora una volta, fare una distinzione tra la giustizia statale e la giustizia sportiva.
Infatti preme ricordare che, per sancire il carattere d’illecito penale delle condotte riguardanti l’assunzione e/o somministrazione di sostanze dopanti, si è dovuta attendere la legge n. 376 del 2000 (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping).
Questa legge qualifica, appunto, come reato l’assunzione e/o la somministrazione di sostanze, nonché l’adozione di pratiche dopanti o coprenti (quest’ultime hanno l’obiettivo di “nascondere” ai controlli antidoping l’avvenuta assunzione di sostanze dopanti).
Per completezza va anche detto che la prima normativa antidoping di cui si è dotato il nostro ordinamento è stata la legge n.1099 del 1971, la quale puniva l’impiego di sostanze nocive per la salute degli atleti, assunte per modificare artificiosamente le loro energie naturali.
Per la vicenda che ha riguardato la società bianconera è opportuno ricordare che, il processo che si è celebrato a Torino vede imputati l’ex medico sociale ed alcuni dirigenti della società del delitto di somministrazione di sostanze dopanti, previsto dall‘ art. 9 legge n. 376 del 2000, a danno dei giocatori bianconeri.
I giudici statali sono stati, quindi, aditi per accertare la penale responsabilità degli imputati in ordine al reato loro ascritto. Ma soprattutto giova ricordare che, un’eventuale sentenza definitiva di condanna non potrà avere quale conseguenza quella di invalidare le vittorie sportive che negli anni la squadra ha conseguito.
Tutto quanto detto sin’ora attiene esclusivamente l’ambito della giustizia ordinaria statale.
Per l’ordinamento sportivo, invece, la materia del doping è disciplinata dal “Regolamento dell’attività antidoping” i cui punti salienti possono essere così sintetizzati.
La normativa si apre statuendo che il doping è contrario ai principi di lealtà e correttezza nelle competizioni sportive, e quindi, di conseguenza, prevede l’ obbligo per tutti i giocatori di sottoporsi al controllo antidoping.
E’ istituito, inoltre, l’ Ufficio di Procura Antidoping, al quale sono assegnati poteri d’indagine nell’accertamento delle responsabilità dei tesserati per condotte che comportano violazioni in materia di antidoping.
Completata l’indagine, l’ Ufficio di Procura Antidoping, nel caso siano emersi elementi di responsabilità nei confronti dell’atleta trasmette gli atti ad un altro organo (Commissione d’indagine sul doping), il quale deferisce l’indagato innanzi all’organo di giustizia sportiva competente(Commissioni Disciplinari), che in caso di condanna potrà comminare la sanzione della squalifica o della sospensione dall’attività agonistica.
In breve possiamo concludere che, gli organi sportivi competenti a giudicare per violazioni in materia antidoping sono: in primo grado le Commissioni Disciplinari ed in secondo grado la CAF. Le sanzioni per i tesserati che sono riconosciuti colpevoli sono la squalifica o la sospensione dall’attività agonistica. Mentre per le società (la cui responsabilità può essere diretta, indiretta oppure oggettiva) le sanzioni previste vanno dall’ammenda sino alla revoca dei titoli conseguiti con i risultati sportivi (scudetti, coppe nazionali ed altro).
Avv. Fabio Staiano
2005-03-21 - Fonte: Avv. Fabio Staiano
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