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Renzo Bardelli, secondo me, ha l’animus del ciclista. Nel senso che non molla. Non molla mai. Sa vivere e soffrire, proprio come si conviene ad ogni ciclista che si rispetti. Vive e soffre questo ciclismo sconciato e strapazzato dagli scandali di ogni tipo. Vive e soffre questo sport che, come tanti altri, ha preso il sapore di tutto in questi ultimi anni, meno che il gusto intimamente gratificante dei valori etici da offrire alla sua gioventù. Soprattutto nella sua dimensione di vertice. Valori svaniti, svaporati nella immane mercificazione dello sport del terzo millennio. Un male che Renzo avverte nel profondo e dal quale vuole mettere giustamente in guardia. Questa sua ultima fatica, al di là della puntigliosa ricostruzione di fatti, storie, avvenimenti, propria del rigore del miglior cronista, sembra lanciare proprio questo grido di dolore: torniamo allo sport etico, oppure sarà la fine. Una battaglia coraggiosa, la sua, caparbia, testarda. Combattuta con l’intelligenza di chi ha vissuto dall’interno i drammi del mondo delle due ruote.
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2009-01-18 - Fonte: Renzo Bardelli
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