Diritto sportivo Dal 22.1.2004 La Banca Dati Normativa e Giurisprudenziale dell'avv. Alberto Foggia
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"Noi avevamo la chitarra ed eravamo in qualche modo costretti a socializzare. Oggi invece ci sono iphone, ipad, ipod e compagnia bella. Niente di male, per carità ma l'importante è non dimenticare che lo sport agonistico non è solo una fatica. Bisogna anche divertirsi, dentro e fuori dal campo." - Dino Meneghin

      

Violenza negli stadi: ecco la nostra riflessione datata 2004 ma sempre attuale

2007-02-07  NEW: Appunta - Stampa · modifica · cancella · pdf
      

Dalla prefazione del libro Ultraviolenza, edito dalla Bradipolibri Editore


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Violenza negli stadi: da molti anni imperversa nel mondo del calcio. Molteplici sono state, nel tempo, le ricette per venirne a capo, lanciate, ma poi dimenticate, da politici e dirigenti del settore. Frattanto, episodi di teppismo, intolleranza e addirittura di follia omicida – come testimonia questo straordinario dossier-verità dell’Autore sulle morti di tifosi (e non) trovatisi, loro malgrado, nel mirino di delinquenti abili a confondersi fra gli ultras – fanno (spesso) da cornice alle partite di calcio nostrano.

Violenza che in alcune occasioni viene perpetrata negli stadi anche per palpabili motivi politici. Molte “curve” appaiono infatti decisamente politicizzate. Addirittura, vi sono realtà ultrà che durante lo svolgimento di alcune partite di calcio sembrano indirizzate a costringere la tifoseria degli spalti ad assistere ad un vero e proprio comizio politico. Questo, ovviamente, non fa bene né al calcio né alle tifoserie e, per come riteniamo, nemmeno alla politica.  

Fortunatamente gli incidenti negli stadi sono diminuiti rispetto al passato. Almeno così traspare dal recente rapporto 2004 diramato dall’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive del Dipartimento di Pubblica Sicurezza in cui si rileva che su 5.724 partite di calcio disputate con una presenza di quasi venti milioni di spettatori, la riduzione degli incidenti è stata così sostanziale da far scendere del 40,3% il numero dei feriti tra i tifosi e del 25% quello tra le forze dell’ordine.

Ciononostante, siamo ben lontani dagli invidiabili risultati ottenuti da altri Paesi a noi vicini (per tutti il Regno Unito, di cui in proseguo parleremo).

E allora perché non cercare di contenere ancor di più la violenza sui campi di gioco (e non) puntando e scommettendo sull’educazione, la prevenzione e la repressione?

Educazione. E’ necessario partire dai banchi di scuola per inculcare nei giovani quei principi e valori morali che sembrano oggi caduti nell’oblio. All’uopo, il Ministero di Pubblica Istruzione dovrebbe spingersi in tale direzione, essendo ormai evidente che le campagne di informazione televisiva non sono affatto sufficienti né dirimenti.    

E poi spetterebbe agli organi di informazione dare il maggior risalto possibile alle iniziative benefiche – oggi sempre più frequenti – di tifoserie che danno grandi esempi di civiltà, umanità, socialità. Si pensi, al riguardo, al cosiddetto “progetto El Estadio del Bae”, promosso dall’Associazione “Noi Ultras” e da numerose realtà giovanili, sociali ed aggregative, finalizzato alla realizzazione in Messico di un impianto polifunzionale, sportivo ed aggregativo. E anche al “progetto Salute” della curva del Pisa Calcio che sta adoperandosi da tempo per far pervenire alla popolazione del Chiapas adeguate attrezzature sanitarie e medicinali.

Prevenzione. Tempo addietro abbiamo segnalato nella rivista di diritto sportivo (www.civile.it/sportivo) una (inascoltata) iniziativa senza precedenti: la patente a punti anche per gli stadi. Questa non è un’idea utopistica né bislacca, ma rappresenta il trampolino di lancio di un preciso cambiamento diretto alla prevenzione degli incidenti, che potrebbe raccogliere consensi morali, giuridici ed anche economici.

Morali, perché una patente (virtuale) nominativa di dieci punti di partenza concessa a chiunque voglia prenotare un posto allo stadio (i quali posti dovrebbero, ovviamente, essere tutti numerati) responsabilizza maggiormente.  

Giuridici, perché, a differenza della nota patente a punti attualmente in vigore per le violazioni del Codice della Strada (che presuppone un principio di responsabilità oggettiva, in quanto talvolta penalizza non l’autore della violazione, ma il proprietario del mezzo, anche se era effettivamente condotto da altri) verrebbe punito esclusivamente l’autore dell’atto violento. 

Economici, perché si potrebbe così impedire il (ben noto) bagarinaggio e al contempo facilitare la vendita dell’intera dotazione dei biglietti.

Tale patente a punti, che dovrebbe avvalersi necessariamente di strumenti informatici, potrebbe prevedere – restando fermo e operante l’attuale impianto normativo in materia – una graduale perdita di punteggio a seconda del reato commesso: ad es., in linea di massima, una decurtazione di sette punti qualora la pena irrogata sia superiore a un anno; di cinque punti se la pena comminata sia inferiore a un anno; di tre punti se la pena inflitta sia rappresentata da una sanzione amministrativa. Ed eventualmente anche altre decurtazioni più scaglionate, ovviamente rapportate alla fattispecie criminosa commessa dal reo.

Raggiunta la soglia dei dieci punti potrebbe essere sancita l’inibizione a tempo indeterminato dell’accesso negli stadi ed essere altresì previsto, previ puntuali accorgimenti e rimedi, il rientro nel punteggio della patente e un meccanismo di riduzione ed azzeramento della sanzione.

E poi perché non fare tesoro di interessanti esperienze straniere, come quella del Regno Unito, che sicuramente ci consentirebbe di rivedere e integrare le nostre disposizioni (oggi in vigore) relative alla gestione degli impianti di gioco e di tutto ciò che vi ruota intorno?

In Gran Bretagna, dal 1985 al 2000 il grave fenomeno hooligans è stato fronteggiato con diversi interventi legislativi (tra i quali, lo Sporting Events Act del 1985; il Public Order Act del 1986; il Taylor Report del 1990; il Football Offences Act del 1991; The Crime and Disorder Act del 1998; il Football Disorder Act del 2000) che hanno consentito un graduale ritorno allo stadio di numerose famiglie che da tempo l’avevano disertato.

Tali interventi hanno avuto ad oggetto: lo stanziamento di ingenti fondi per la ristrutturazione e la manutenzione degli impianti sportivi che, a differenza di quelli nostrani (con l’unica eccezione dello stadio “Giglio” di Reggio Emilia) sono di proprietà dei club; proprietà che consente lo sfruttamento di tutte le potenzialità dell’impianto durante l’arco dell’intera settimana (si pensi ai ristoranti ed ai negozi posti al loro interno, nonché alla possibilità di sfruttare direttamente le fonti pubblicitarie e/o provvedere ad interventi strutturali e logistici in tempi piuttosto brevi); all’eliminazione delle barriere tra campo di gioco e spalti; alla collocazione nello stadio di seggiolini in tutti i settori e di telecamere a circuito chiuso; alla responsabilizzazione delle società cui è affidato il compito di gestire la sorveglianza all’interno degli impianti avvalendosi di “steward” privati, mentre la Polizia resta all’esterno; alla creazione di un’apposita squadra di sorveglianza anti-hooligans (la National Football Intelligence Unit); al divieto per i club di intrattenere rapporti con i tifosi, salva la collaborazione per prevenire incidenti; alla possibilità per le Forze di Polizia di sequestrare il passaporto a persone sospette cinque giorni prima di una gara internazionale; all’applicazione di pene esemplari per gli hooligans ove commettano gravi atti di violenza, nonché pene severe per cori razzisti e offensivi.

Fortunatamente qualcosa nel nostro Paese sta cambiando; tant’è che alcuni (speriamo incisivi) provvedimenti sullo stampo anglosassone sono di prossima applicazione.

Repressione. Per di più, sarebbe anche necessario reprimere i comportamenti più pericolosi con un efficace sistema dispositivo-sanzionatorio. Stando a quanto riferito dall’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, l’introduzione delle nuove norme di contrasto e soprattutto la possibilità, ivi contenuta, di procedere all’arresto dei (presunti) colpevoli fino a 36 ore dal fatto-reato (cosiddetta “flagranza differita”), rappresenta un forte deterrente avendo già determinato una sensibile diminuzione degli incidenti.

In materia di repressione ultima in ordine di tempo è una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione che, per i noti tragici fatti accaduti al Partenio di Avellino (morte di un tifoso partenopeo precipitato nel settore riservato alla tifoseria ospite, danneggiamenti di alcune strutture dell’impianto e aggressione alle forze di polizia) ampiamente descritti e documentati in questo libro, ha reso la vita dura ad alcuni dei protagonisti dei danneggiamenti e del pestaggio, ai quali è stato addebitato anche il (grave) reato di devastazione di cui all’art. 419 c.p., per il quale “Chiunque, fuori dai casi preveduti dall’art. 285 c.p. – devastazione, saccheggio e strage per attentare alla sicurezza dello Stato – commetta fatti di devastazione o di saccheggio, è punito con la reclusione da otto a quindici anni…”

 

                                                                                                                               Avv. Alberto Foggia

 

 

 

 

ULTRAVIOLENZA STORIE DI SANGUE DEL TIFO ITALIANO Diego Mariottini

Prefazione di Alberto Foggia

Dimensione: 15x21 Num. Pag. 160 Prezzo: Euro 13,00 ISBN: 88-88329-26-9 Immagini: No www.bradipolibri.it


Link: www.bradipolibri.it

2007-02-07

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