Se non fosse successo quello che è successo magari avrei continuato a raccontarvi delle stranezze del mondo del pallone nostrano, ma la coscienza di uomo mi impone di fermarmi un attimo e di rendere omaggio a tutte quelle persone innocenti che hanno perso la vita in un vigliacco agguato.
Sull’argomento è stato aggiunto già troppo da chi invece avrebbe dovuto limitarsi solo a cenni di cronaca, per cui io non me la sento di affondare ancora la lama in quel cuore squarciato, quindi preferisco tacere e rispettare con il silenzio il dolore di chi è stato condannato suo malgrado alla peggiore delle pene.
In questa catastrofe ci si chiede se tutto il resto abbia un senso e se gli sforzi di ritornare alla normalità non costringano coloro che restano, a vivere una vita vana.
Quando tutto sembra perso, quando tutti considerano questi avvenimenti una sconfitta della vita è ancora più difficile capire il valore di un gesto apparentemente inutile, come la decisione presa dal direttivo dell’UEFA che, nonostante tutto, ha avallato la disputa del turno di andata degli ottavi di finale della querelle continentale tra compagini deluse.
Ora ammesso e non concesso che il calcio sia così popolare, non mi sembra che si possa dire altrettanto della sua utilità , nel senso che è solo un gioco, e come tutti i giochi è semplicemente inutile.
Chi guida questa organizzazione ha perso una ottima occasione per farsi apprezzare e per far diventare ancora più popolare questo sport (ammesso che lo voglia), che avrebbe potuto lanciare un chiaro messaggio di condanna al terrorismo evitando di scendere in campo e di farsi riprendere in atteggiamenti di puro ludibrio.
Nessuna motivazione può essere così oltraggiosa da non comprendere il dramma che l’intera comunità sta vivendo, consentendo la disputa di alcune partite di pallone, a mio avviso, e non solo, tranquillamente posticipabili a data da destinarsi.
Questa decisione a mio parere costerà molto cara all’immagine del calcio, che da oggi in poi apparirà cinica e falsa, atta solo a guardare agli interessi economici posti in gioco.
Lo spietato business davanti a tutto, anche prima della vita.
Che tristezza, che squallore!
Mi chiedo: se una commissione non dimostra di avere buon senso perché i presidenti delle società , gli allenatori, i calciatori non si rifiutano di eseguire tali decisioni ammainando le vele?
Se ritengono di non essere in grado di giocare per chiari motivi di coscienza cosa possono rischiare e quale tribunale se la sentirebbe di condannarli?
Credo davvero nessuno, nemmeno quello dell’UEFA, pure perché verrebbe immediatamente destituito a furor di popolo, lo stesso che sostiene e ama il calcio.
Allora perché i nostri beniamini non dimostrano quanto valgono e quanto grande è il loro cuore, dov’è il loro coraggio da leoni?
Dov’è? Il coraggio dov’è?
Il coraggio che servirebbe in questa circostanza per gridare con forza che la vita, la pace e il bene del mondo intero sono molto più importanti di una partita di pallone e se tali valori vengono a mancare, allora non vi è motivo di continuare a giocare a calcio.
Ma forse i calciatori non sono eroi a cui bisogna assomigliare, ma solo figurine di carta straccia da attaccare su un album?
Gespa
2004-03-11 - Fonte: Gespa
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