Da alcuni giorni il mondo del calcio è investito da una nuova (ennesima) bufera (stavolta di carattere europeo) originata da un provvedimento del nostro governo noto come decreto “salva-calcio” o “spalma-debiti”.
Tale provvedimento (Decreto-legge n. 282 del 24 dicembre 2002, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 27 del 21 febbraio 2003), recante disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilitĂ , ha introdotto, soprattutto, agevolazioni contabili e finanziarie alle societĂ sportive professionistiche.
Come prevede infatti l’art. 3 (comma 1 bis), della norma ora in vigore, “Le societa' sportive previste dalla presente legge possono iscrivere in apposito conto nel primo bilancio successivamente alla data di entrata in vigore dalla presente disposizione tra le componenti attive quali oneri pluriennali da ammortizzare, con il consenso del collegio sindacale, l'ammontare delle svalutazioni dei diritti pluriennali delle prestazioni sportive degli sportivi professionisti, determinato sulla base di un'apposita perizia giurata”.
Per lo stesso art. 3 (comma 2), “Le societa' che si avvalgono della facolta' di cui al comma 1 (per il quale, “Le previsioni dell'articolo 4 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, si applicano anche alle riserve e agli altri fondi in sospensione di imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o rendiconto dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2002. L'imposta sostitutiva e' versata in unica soluzione ovvero in tre rate annuali entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi dell'esercizio indicato al periodo precedente e dei due successivi”) devono procedere, ai fini civilistici e fiscali, all'ammortamento della svalutazione iscritta in dieci rate annuali di pari importo" .
In “soldoni”, è riconosciuto alle società sportive professionistiche, in particolare a quelle calcistiche, di spalmare in dieci anni la perdita di valore del proprio parco atleti.
E’ evidente come questa misura legislativa sia stata adottata per dare una mano (o forse anche di più) ai club che hanno creato buchi in bilancio consistenti (per citarne alcuni: Lazio, Roma, Milan, Inter …) a causa di (folli) acquisti e ingaggi di giocatori (“brocchi”compresi), spesso sopravvalutati e strapagati.
Il provvedimento in questione non è però passato inosservato alla Commissione Antitrust Europea (presieduta dal nostro connazionale Mario Monti), la quale teme che esso possa – per un verso – contravvenire alla normativa europea in materia di contabilità e – per altro verso – costituire un aiuto di Stato.
In particolare:
a)- In ordine alla prima (presunta violazione) in materia di contabilità , la Commissione Europea osserva che “La Quarta (78/660/CEE) e Settima (83/349/CEE) direttiva del Consiglio (direttive contabili) relative ai conti annuali e ai conti consolidati dispongono che i contratti con i giocatori, quando siano considerati immobilizzazioni immateriali, debbano essere ammortizzati durante il periodo della loro utilizzazione, che corrisponderebbe in linea generale alla durata dei contratti stessi. Il contratto non può essere ammortizzato su un periodo più lungo della sua durata. Le direttive contabili dispongono inoltre che il valore assegnato alle immobilizzazioni debba essere diminuito al loro valore effettivo alla data del bilancio qualora si ritenga che la diminuzione del loro valore avrà carattere permanente. Le direttive contabili stabiliscono altresì il principio fondamentale in base al quale i rendiconti finanziari devono fornire un quadro fedele della situazione patrimoniale, delle responsabilità , della situazione finanziaria nonché del risultato economico delle società .
Per questi motivi, la Commissione Europea ritiene che “la legge italiana contravvenga alle direttive contabili in quanto consente che i contratti con i giocatori, considerati immobilizzazioni immateriali, siano ammortizzati su un periodo più lungo della loro utilizzazione. La legge italiana sembra inoltre consentire alle società sportive di non effettuare le rettifiche di valore relative ai loro diritti contrattuali sulle prestazioni di atleti professionisti, anche quando questi cessino di svolgere la propria attività al livello richiesto, a causa ad esempio di un infortunio. I rendiconti finanziari presentati in tal modo non possono fornire un quadro fedele della situazione e non ottemperano al principio di prudenza promosso dalla Quarta direttiva”.
b)- In ordine alla seconda (presunta violazione) in materia di aiuti di Stato, la stessa Commissione Europea osserva che “Per quanto concerne l'eventuale violazione dell'articolo 87 del trattato CE, relativo agli aiuti di Stato, il vantaggio concesso potrebbe essere definito un ammortamento accelerato, secondo la definizione utilizzata nella comunicazione della Commissione sulle misure di tassazione diretta delle imprese. Tale misura può comportare la rinuncia da parte dello Stato italiano, nei confronti di determinate società sportive, ad un gettito fiscale ricavato invece da altre società in analoga posizione finanziaria. Si assiste dunque ad una distorsione della concorrenza nonché ad un'incidenza sugli scambi intracomunitari. Alcune attività esercitate dalle società sportive si svolgono evidentemente sui mercati internazionali, si consideri ad esempio l'acquisto di giocatori e la vendita dei diritti di trasmissione per competizioni europee quali la Champions League. Se la misura dovesse effettivamente costituire un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE, c'è il dubbio che l'aiuto così concesso non sia compatibile con il trattato”.
 E ora le autorità italiane hanno due mesi di tempo per fornire alla Commissione i chiarimenti sui (contestati) dubbi aspetti del provvedimento spalma-debiti: se entro tale termine non presenteranno elementi soddisfacenti, la Commissione potrà proseguire la procedura d'infrazione e, in ultima istanza, decidere di adire la Corte di Giustizia.
Nel frattempo, il Commissario Monti, nell’auspicare una soluzione adeguata al problema italiano insorto in ambito UE, non ha escluso la sussistenza degli estremi per l’esercizio di un’azione per danni da parte degli azionisti delle società interessate.
Stiamo a guardare cosa succede …
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2003-11-20 - Fonte: Alberto Foggia
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