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   Attualità 2008-12-31 ·  NEW:   Appunta · Stampa · modifica · cancella · pdf
  

Il professionista può inviare la parcella al cliente presso il suo indirizzo di lavoro anche senza il suo consenso (se non vi è modo di contattarlo diversamente)

Abstract: La decisione del Garante della Privacy

Newsletter n. 316/2008

Possono essere inviate all'indirizzo del lavoro del cliente quando non vi è altro modo per contattarlo
I professionisti possono inviare la parcella all'indirizzo di lavoro del cliente anche senza il consenso di quest'ultimo quando non vi è altro modo di contattarlo.
Lo ha deciso il Garante (relatore Giuseppe Chiaravalloti), che ha giudicato infondato il ricorso presentato da un dipendente comunale che, raggiunto presso il proprio domicilio lavorativo da missive contenenti la parcella del proprio avvocato, si era rivolto all'Autorità. Secondo il dipendente comunale, in mancanza di una preventiva autorizzazione all'invio delle comunicazioni presso il luogo di lavoro, le stesse avrebbero dovuto essere spedite al proprio indirizzo di residenza, anche perché le buste contenenti le richieste economiche dell'avvocato erano prive di indicazioni riguardanti la riservatezza del contenuto e la personalità della comunicazione. Ciò avrebbe costituito un'operazione di recupero crediti invasiva e lesiva della dignità. L'avvocato si era difeso affermando di aver avuto conoscenza del luogo di lavoro del proprio cliente attraverso notizie di stampa (dalle quali risultava la collaborazione con il sindaco della città), e di aver utilizzato l'indirizzo così appreso per avere la certezza della ricezione di una legittima richiesta di pagamento relativa ad una prestazione professionale, dato che precedentemente il cliente non aveva ritirato la stessa richiesta presso il proprio indirizzo di residenza, nonostante l'avviso di giacenza. Le buste, inoltre, erano indirizzate direttamente all'attenzione del cliente, contenute in plichi chiusi e privi di indicazioni di dati eccedenti rispetto a quelli necessari al recapito della comunicazione.
Il Garante, nel dichiarare infondato il ricorso, ha chiarito come, ai sensi del Codice in materia di protezione dei dati personali, sia lecito il trattamento di dati relativi all'interessato, anche senza il consenso di questi, quando tale trattamento è necessario al professionista per far valere un proprio diritto nei confronti del cliente.

 

Autorità Garante per la Protezione dei dati personali
Provvedimento del 18 settembre 2008
Presidente Pizzetti - Relatore Chiaravalloti

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
VISTO il ricorso al Garante presentato il 28 aprile 2008 da XY nei confronti dell'avv. Carminantonio Del Plato - legale che lo ha in passato rappresentato in alcuni procedimenti giudiziari - con il quale il ricorrente, a seguito dell'inoltro da parte del professionista di alcune comunicazioni contenenti anche notule di pagamento presso il proprio luogo di lavoro (un comune), ha ribadito l'opposizione al trattamento dei dati relativi alla propria sede lavorativa manifestata con interpello preventivo del 18 marzo 2008, ritenendo illecito il trattamento effettuato; a parere del ricorrente, infatti, le comunicazioni avrebbero dovuto essere spedite utilizzando esclusivamente i dati relativi alla propria residenza e non quelli relativi al luogo di lavoro il cui improprio utilizzo, vista anche l'assenza di indicazioni relative alla
“riservatezza” delle comunicazioni medesime sulle buste che le contenevano, avrebbe consentito all'ufficio protocollo del comune e, quindi, al proprio datore di lavoro, di conoscere il contenuto delle missive; rilevato che il ricorrente ha chiesto di porre le spese del procedimento a carico della controparte;
VISTI gli ulteriori atti d'ufficio e, in particolare, la nota del 30 aprile 2008 con la quale questa Autorità, ai sensi dell'art. 149, comma 1, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196), ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell'interessato, nonché la nota del 18 giugno 2008 con la quale questa Autorità ha comunicato alle parti la proroga del termine per la decisione sul ricorso ai sensi dell'art. 149, comma 7, del Codice e il verbale dell'audizione svoltasi il 28 maggio 2008;
VISTA la nota inviata via fax il 16 maggio 2008 e la successiva memoria datata 22 maggio 2008 con le quali il resistente ha sostenuto di aver trattato lecitamente i dati relativi al luogo di lavoro del ricorrente (conosciuto anche per le notizie di stampa che avevano dato evidenza alla collaborazione dell'interessato con l'attuale sindaco del comune in questione) per
“avere la certezza della ricezione” da parte sua di una “legittima richiesta di pagamento degli onorari per le prestazioni professionali svolte” a suo favore, dopo che la medesima richiesta, inoltrata all'indirizzo di residenza, era stata restituita “dal competente ufficio postale, in quanto (…) non ritirata, nonostante l'avviso di giacenza”; rilevato che il resistente ha anche rappresentato che le comunicazioni erano indirizzate direttamente al ricorrente presso il comune ove lo stesso lavora e contenute in plichi chiusi che “riportavano all'esterno le sole indicazioni necessarie ad identificare il mittente; ed erano privi di indicazioni di dati eccedenti rispetto a quelli necessari al recapito della comunicazione”;
VISTE le memorie pervenute via fax il 23 maggio e il 4 luglio 2008 con le quali il ricorrente ha ribadito la propria opposizione, sostenendo che il resistente avrebbe posto in essere un'operazione di recupero del credito invasiva e lesiva della propria dignità mediante l'invio di solleciti di pagamento sul luogo di lavoro senza una preventiva autorizzazione;
RITENUTO di dover dichiarare infondato il ricorso in relazione alla manifestata opposizione al trattamento dei dati personali relativi al luogo di lavoro del ricorrente, dal momento che, allo stato della documentazione in atti, tali dati non risultano essere stati acquisiti e trattati dal resistente in modo illecito: ciò, tanto in relazione all'art. 24, comma 1, lett.
f), del Codice (che consente il trattamento dei dati relativi all'interessato anche senza il consenso di questi quando lo stesso è necessario al titolare per far valere un proprio diritto nei suoi confronti; nel caso di specie, un proprio diritto di credito), tanto con riferimento ai principi riaffermati dal Garante con il provvedimento generale sulla liceità, correttezza e pertinenza nell'attività di recupero crediti del 30 novembre 2005 (in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1213644; cfr. anche, per la notificazione di atti giudiziari presso il luogo di lavoro, l'art. 139 c.p.c.); rilevato, infatti, che il resistente ha inviato all'interessato le comunicazioni contenenti le richieste di pagamento presso il luogo di lavoro solo dopo aver tentato di utilizzare, senza successo, l'indirizzo di residenza del ricorrente e che le comunicazioni in questione risultano essere state inoltrate con lettere raccomandate espressamente indirizzate al ricorrente, in buste chiuse e senza indicazioni che potessero lasciarne desumere il contenuto relativo al sollecito di pagamento;
RITENUTO di dover compensare le spese tra le parti;
VISTA la documentazione in atti;
VISTI gli artt. 145 e s. del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);
VISTE le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORE il dott. Giuseppe Chiaravalloti;

TUTTO CIO’ PREMESSO IL GARANTE:
a) dichiara infondato il ricorso;
b) dichiara compensate le spese tra le parti.

Testo del 2008-12-31

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