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   Comunicati 2009-03-28 ·  NEW:   Appunta · Stampa · modifica · cancella · pdf
  

L'OUA in audizione alla Camera sulla riforma del processo civile

Abstract: De Tilla: no al filtro in Cassazione, è una norma-caos ed è incostituzionale

Maurizio de Tilla, presidente Oua: “Abbiamo chiesto ai deputati di cancellare la norma, inserita al Senato, che introduce un filtro preventivo ai ricorsi presentati in Cassazione. Si tratta, infatti, di una norma-caos, palesemente incostituzionale”.

 

Il presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura italiana, Maurizio de Tilla, è stata ascoltato oggi dalla commissione Affari costituzionali della Camera sull’ipotesi di introdurre un filtro per i ricorsi in Cassazione nell’ambito della riforma del processo civile. Di seguito il testo del suo intervento.

 

IL FILTRO IN CASSAZIONE È INCOSTITUZIONALE

L’Avvocatura è compatta nel sostenere la necessità di stralcio del “filtro in cassazione” dal testo della miniriforma del processo civile.

L’art. 360 bis c.p.c., nel testo approvato dal Senato il 4 marzo 2009 e subito trasmesso alla Camera dei deputati,  è incostituzionale.

Anche l’ANM, Sezione della Corte di cassazione, ha sollevato il problema della compatibilità del filtro in cassazione con l’ordinamento costituzionale e con la nostra cultura giuridica. Risulterebbe, infatti, attribuita alla Cassazione la possibilità di dichiarare inammissibile – e quindi di decidere di non giudicare neppure al fine di dichiarare la manifesta infondatezza – un ricorso proposto in conformità alle forme e ai termini di legge e che denunzi una violazione di legge.

Non può seriamente dubitarsi che il diritto costituzionale di ricorrere in cassazione per violazione di legge (art. 111, settimo comma, della Costituzione) implica il diritto ad una pronuncia della Corte che dica se la violazione di legge denunciata vi è stata o meno.

Stabilire che il ricorso non è sempre ammesso ma può essere ammesso o no a discrezione della Corte di cassazione significa violare il preciso dettato costituzionale.

Per ottenere che la Corte riesamini una questione non sarebbe più sufficiente proporre nuovi e persuasivi argomenti, ma diventerebbe necessario che i tre giudici ai quali è rimessa la verifica di ammissibilità ritengano che la Corte debba pronunciarsi, senza che la norma dica nulla sui criteri in base ai quali essi debbano fare tale valutazione.

La lucida esposizione dell’ANM dà piena ragione all’azione dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura che ha contrastato sin dall’inizio il filtro in cassazione promuovendo, di recente, insieme al Consiglio dell’Ordine di Roma, un Convegno nel quale sono intervenuti quattro giuristi di chiara fama (Giovanni Verde, Bruno Sassani, Modestino Acone, Gian Franco Ricci) i quali unanimemente hanno ribadito la diffusa opinione di accantonare il filtro in cassazione elaborando possibili soluzioni alternative.

In particolare Giovanni Verde ha sottolineato che nella Carta Costituzionale l’art. 24 stabilisce che i diritti di azione e di difesa sono inviolabili in ogni stato e grado del procedimento, mentre l’art. 111 subordina a riserva di legge la disciplina del processo, così che i presupposti processuali e le condizioni dell’azione non possono essere rimessi a valutazioni dei giudici da operarsi caso per caso.

Il proposto filtro per cassazione non ha per oggetto tempi e modi dell’impugnazione per cassazione, ma valutazioni che involgono il merito della controversia e, quindi, il contenuto della tutela richiesta, e non le modalità di esercizio.

Analizzando le singole ipotesi del “filtro in cassazione” Gian Franco Ricci ha osservato che il legislatore ordinario non può vietare il ricorso con il pretesto che la decisione impugnata è conforme all’opinione ancorché consolidata dalla Corte. In altre parole il legislatore è padrone di regolare con legge l’ammissibilità del ricorso, solo per ciò che riguarda gli eventuali profili processuali, ma non può condizionare l’ammissibilità al suo contenuto intrinseco, cioè alle questioni giuridiche trattate.

Riguardo alla ulteriore ipotesi prevista nel “filtro” che riguarda la “questione nuova”, Gian Franco Ricci ha ritenuto giustamente che la parte ricorrente sarà costretta a proporre il ricorso “alla cieca” perché non potrà mai avere la certezza che la questione sia nuova. Può infatti avvenire che un’identica questione sia stata decisa dalla Corte dieci o venti anni prima e che la parte non lo sappia. D’altra parte la questione non può avere alcuna rilevanza sulla fondatezza o meno del ricorso.

Ancora più assurda appare la ulteriore ipotesi dell’ammissibilità del ricorso subordinata al fatto che la Corte voglia confermare o mutare il proprio orientamento.

La scelta appare completamente discrezionale e verrebbe formulata in sede preliminare senza approfondire il ricorso ed esaminare compiutamente la fondatezza dei motivi.

Definita incontrovertibilmente la palese incostituzionalità del filtro in Cassazione, sembrerebbe invece ragionevole la esplicita modificazione dell’art. 111, settimo comma cost., nel senso di abilitare il legislatore ordinario ad escludere la possibilità del ricorso per cassazione per questioni di modesta entità.

La normativa del “filtro” verrà, tra l’altro, ad eliminare il motivo del ricorso per vizio di motivazione e, comunque, renderà del tutto indecifrabili i rapporti tra essa e l’art. 360.

La norma-caos determinerà un contrasto di interpretazioni che non agevolerà il lavoro spedito della Cassazione che si aggraverà per il superlavoro dei collegi ai quali sarà affidato l’esame del prospettato “filtro”. Meglio soprassedere.

 

Maurizio de Tilla

(Presidente OUA



Link: http://www.oua.it

Testo del 2009-03-28

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