rassegna | 2024-08-07 · NEW: ![]() |
Analisi: Rassegna annuale della Cassazione Civile sui dati personali nella giurisprudenza del 2023 |
abstract:
Il documento e' ricco di spunti significativi.
Consigliamo la lettura del pdf alla fonte, seguendo l'indice.
Tra i temi: fotografia, immagine, indicizzazione, oblio, deindicizzazione, prova del danno, parto anonimo, libertà religiosa.
In Analisi Gen AI manually supervised la sintesi
Link: https://www.cortedicassazione.it/resources/cms/doc
analisi:
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index:
testo:
CAPITOLO I - LA TUTELA DELLA PERSONA: DIRITTI DELLA PERSONALITÀ E DIRITTI
DI NUOVA EMERSIONE.
Il diritto all’immagine non è espressamente contemplato dalla Costituzione,
anche se l’art. 2 Cost., dopo aver affermato la centralità della tutela della persona
nell’ordinamento giuridico nazionale, amplia il novero dei diritti della
personalità a quelle situazioni giuridiche soggettive che consentono un pieno ed
integrale sviluppo della persona. L’immagine di una persona invece è
esplicitamente tutelata dall’art. 10 c.c. e dagli artt. 96 e 97 della legge 22 aprile
1941, n. 633.
In particolare, ai sensi dell'art. 10 c.c., nonché degli artt. artt. 96 e 97 della l.
cit., la divulgazione dell'immagine senza il Consenso dell'interessato è lecita
soltanto se e in quanto risponda alle esigenze di pubblica informazione, non
anche quando sia rivolta a fini pubblicitari. La ratio della deroga è ispirata
dall'interesse pubblico all'informazione e di conseguenza, avendo carattere
derogatorio del diritto alla immagine, quale diritto inviolabile della persona
tutelato dalla Costituzione, è di stretta interpretazione.
È doveroso prender le mosse dal fatto che la ratio della deroga alla tutela
dell'immagine, che consente la divulgazione del ritratto fotografico di una
persona senza il suo consenso, va colta nelle esigenze della pubblica
informazione e nel diritto di cronaca in relazione a vicende di interesse pubblico,
anch'esso dotato di dignità costituzionale ex art. 21 Cost.
In tale direzione, si è affermato che la divulgazione dell'immagine altrui
senza il Consenso dell'interessato è lecita, ove la riproduzione sia collegata a
manifestazioni pubbliche (o anche private, ma di rilevanza sociale), ai sensi degli
artt. 96 e 97 della l. n. 633 del 1941, se ed in quanto risponda alle esigenze di
pubblica informazione e sia essenziale rispetto al contenuto informativo di
interesse pubblico dell'articolo di accompagnamento, salvo che da tale evento
derivi pregiudizio all'onore o al decoro della persona ritratta (Sez. 3, n.
02304/2023, Dell’Utri, Rv. 667044-01, che ha ritenuto immune da censure la
valutazione operata dal giudice di merito che, in relazione alla pubblicazione, su
un quotidiano, di una fotografia che ritraeva il ricorrente, accanto ad una donna
sconosciuta, al compleanno di una persona immigrata, celebrato in un centro di
immigrazione, aveva escluso un possibile pregiudizio all'onore, al decoro o alla
reputazione del ricorrente e ritenuto la pubblicazione essenziale rispetto al
contenuto dell'articolo, composto unitamente all'immagine, avente ad oggetto il
tema dell'accoglienza delle persone immigrate nel nostro paese).
La divulgazione della fotografia, a prescindere dal Consenso della persona
ritratta, è giustificata dalla notorietà del soggetto ripreso, dall'ufficio pubblico
dallo stesso ricoperto, dalla necessità di perseguire finalità di giustizia o di polizia,
oppure scopi scientifici, didattici o culturali, o dal collegamento della
PARTE PRIMA - I DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA
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riproduzione a fatti, avvenimenti, cerimonie d'interesse pubblico o svoltisi in
pubblico.
Sez. 1, n. 19515/2022, Scotti, Rv. 664972-01, ha affrontato la questione
relativa al se la notorietà di un personaggio possa essere rigorosamente
delimitata allo stretto ambito delle attività in cui si è inizialmente delineata e da
cui è emersa, concludendo nel senso che l’esimente prevista dall’art. 97 della l.
n. 633 del 1941, secondo cui non occorre il Consenso della persona ritratta in
fotografia quando, tra l'altro, la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla
notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, ricorre non solo allorché il
personaggio noto sia ripreso nell'ambito dell'attività da cui la sua notorietà è
scaturita, ma anche quando la fotografia lo ritrae nello svolgimento di attività a
quella accessorie o comunque connesse, fermo restando, da un lato, il rispetto
della sfera privata in cui il personaggio noto ha esercitato il proprio diritto alla
riservatezza, dall’altro, il divieto di sfruttamento commerciale dell'immagine
altrui da parte di terzi, al fine di pubblicizzare o propagandare anche
indirettamente l’acquisto di beni e servizi (in applicazione del principio, la S.C.
ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto che la notorietà indubbia
dell’appellante, scaturente dalle sue imprese sportive del passato e rinvigorita
dalla sua carriera politica, parlamentare e governativa in età matura, poteva
autorizzare la pubblicazione, senza il suo consenso, di immagini fotografiche
della sua persona, ma solo nello stretto contesto in cui lui aveva raggiunto la
notorietà, e quindi in ambito strettamente sportivo).
Sez. 1, n. 24007/2023, Mercolino, non massimata, ha precisato che il
consenso all'utilizzazione del diritto all'immagine costituisce un negozio
unilaterale, avente ad oggetto non già il diritto, personalissimo ed inalienabile,
ma soltanto il suo esercizio, e pertanto, pur potendo essere occasionalmente
inserito in un contratto, da esso resta tuttavia distinto ed autonomo, con la
conseguenza che è revocabile in ogni tempo, indipendentemente dalla
pattuizione del compenso, che non costituisce un elemento del negozio
autorizzativo in questione. In quanto volto essenzialmente ad evidenziare la
revocabilità del Consenso prestato dal titolare, il quale non può rinunciare al
proprio diritto né spogliarsene definitivamente a favore di altri soggetti, tale
principio non è applicabile, nella sua assolutezza, ai contratti aventi ad oggetto
lo sfruttamento a fini commerciali dei predetti diritti, la cui rilevanza economica,
emergente ictu oculi dall'osservazione della realtà sociale, ne comporta, secondo
la dottrina, l'assoggettabilità ad atti di disposizione, normalmente configurabili
come contratti di scambio, in quanto caratterizzati dalla previsione di un
corrispettivo a favore del Titolare del diritto.
CAPITOLO I - LA TUTELA DELLA PERSONA: DIRITTI DELLA PERSONALITÀ E DIRITTI
DI NUOVA EMERSIONE.
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In tema di risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone
giuridiche, il pregiudizio arrecato ai diritti immateriali della personalità
costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all'immagine e alla reputazione
commerciale, non costituendo un mero danno-evento, e cioè in re ipsa, deve
essere oggetto di allegazione e di prova, anche tramite presunzioni semplici (Sez.
3, n. 19551/2023, Condello, Rv. 668139-01, che, in applicazione del principio,
ha confermato la decisione di merito che - pur ritenendo lesive dell'immagine
della società attrice le numerose mails inviate ad interlocutori istituzionali da un
dipendente licenziato, nelle quali si attribuivano alla società datrice di lavoro
comportamenti non etici - aveva rigettato la domanda risarcitoria, in difetto di
prova del danno conseguenza per mancanza di elementi dai quali ricavare,
neanche con il ricorso a presunzioni semplici, che i destinatari delle mails
avessero avuto effettiva contezza delle recriminazioni dell'ex dipendente, con
conseguente pregiudizio per l'immagine societaria, quali affari o relazioni
commerciali non conclusi in conseguenza della condotta diffamatoria realizzata).
Sempre in tema di risarcimento danni, Sez. 1, n. 00479/2023, Parise, Rv.
666650-02, ha stabilito che in tema di responsabilità civile, l'inserimento e il
mantenimento, nell'archivio storico digitale di un quotidiano, di articoli di
stampa, il cui contenuto diffamatorio sia stato già accertato con sentenza passata
in giudicato, integra una nuova e autonoma fattispecie illecita, qualora comporti
la lesione di diritti costituzionalmente garantiti (all'immagine, anche sociale, alla
reputazione personale e professionale, o alla vita di relazione), essendo differenti
sia il tempo, sia la forma, sia la finalità della veicolazione delle notizie, la cui
lesività deve essere valutata in concreto, avuto riguardo a tutte le peculiarità del
caso, secondo gli ordinari criteri di cui all'art. 2043 c.c., con onere probatorio a
carico del soggetto leso anche, se del caso, ricorrendo a presunzioni, in ordine
a tutti gli elementi costitutivi della fattispecie oggetto di accertamento da parte
del giudice del merito.
3. Il diritto all’oblio.
Va premesso che il diritto all’oblio è tutelato attraverso l’eliminazione della
notizia “da dimenticare” direttamente dalla fonte e la conformazione di tutte le
identità personali del soggetto che sono prodotte online. In tema di diritto alla
riservatezza, dal quadro normativo nazionale (art. 2 Cost., art. 10 c.c., e art. 97
l. n. 633 del 1941) ed europeo (artt. 8 e 10, comma 2, CEDU e 7 e 8 della c.d.
Carta di Nizza), si ricava che il diritto fondamentale all’oblio può subire una
compressione, a favore dell’ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in
presenza dei seguenti specifici presupposti: -a) il contributo arrecato dalla
diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; -
PARTE PRIMA - I DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA
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b) l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per
ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero
per scopi scientifici, didattici o culturali); -c) l’elevato grado di notorietà del
soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica
del Paese; -d) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l’informazione, che
deve essere veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo,
nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali,
sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione; -e) la
preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o
dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto
di replica prima della sua divulgazione al pubblico.
La Deindicizzazione è una delle tre possibili declinazioni del diritto all’oblio:
le altre due sono individuate nel diritto a non vedere nuovamente pubblicate
notizie relative a vicende in passato legittimamente diffuse, quando è trascorso
un certo tempo tra la prima e la seconda pubblicazione e quello, connesso all’uso
di internet e alla reperibilità delle notizie nella rete, consistente nell’esigenza di
collocare la pubblicazione, avvenuta legittimamente molti anni prima, nel
contesto attuale. Sia la contestualizzazione dell’informazione che la
deindicizzazione trovano ragione in un dato che innegabilmente connota
l’esistenza umana nell’era digitale: nel mondo segnato dalla presenza di internet,
in cui le informazioni sono affidate a un supporto informatico, le notizie sono
sempre reperibili a distanza di anni dal verificarsi degli accadimenti che ne hanno
imposto o comunque suggerito la prima diffusione. Mette conto solo di rilevare
come la Deindicizzazione si sia venuta affermando come rimedio atto ad evitare
che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet
continua a conservare memoria.
In tal senso la Deindicizzazione asseconda il diritto della persona a non
essere trovata facilmente sulla rete (si parla in proposito di right not to be found
easily): lo strumento vale cioè ad escludere azioni di ricerca che, partendo dal
nome della persona, portino a far conoscere ambiti della vita passata di questa
che siano correlati a vicende che in sé - si badi - presentino ancora un interesse
(e che non possono perciò essere totalmente oscurate), evitando che l’utente di
internet, il quale ignori il coinvolgimento della persona nelle vicende in questione,
si imbatta nelle relative notizie per ragioni casuali, o in quanto animato dalla
curiosità di conoscere aspetti della trascorsa vita altrui di cui la rete ha ancora
memoria (una memoria facilmente accessibile, nei suoi contenuti, proprio
attraverso l’attività dei motori di ricerca).
La Deindicizzazione ha, così, riguardo all’identità digitale del soggetto e ciò
in quanto l’elenco dei risultati che compare in corrispondenza del nome della
CAPITOLO I - LA TUTELA DELLA PERSONA: DIRITTI DELLA PERSONALITÀ E DIRITTI
DI NUOVA EMERSIONE.
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persona fornisce una rappresentazione dell’identità che quella persona ha in
internet.
L’attività del motore di ricerca si mostra in altri termini Incidente sui diritti
fondamentali alla vita privata e alla protezione dei dati personali. Tuttavia,
poiché la soppressione di link dall’elenco di risultati potrebbe avere, a seconda
dell’informazione in questione, ripercussioni sul Legittimo interesse degli utenti
di internet potenzialmente interessati ad avere accesso a quest’ultima, occorre
ricercare un giusto equilibrio tra tale interesse e i diritti fondamentali della
persona di cui trattasi, derivanti dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea.
Occorre però considerare che questa esigenza di bilanciamento tra
l’interesse del singolo ad essere dimenticato e l’interesse della collettività ad
essere informata - cui si correla l’interesse dei media a informare - permea
l’intera area del diritto all’oblio, di cui quello alla Deindicizzazione può
considerarsi espressione. È da rammentare, in proposito, che attraverso la
deindicizzazione l’informazione non viene eliminata dalla rete, ma può essere
attinta raggiungendo il sito che la ospita (il cosiddetto sito sorgente) o attraverso
altre metodologie di ricerca come l’uso di parole-chiave diverse. Sotto altro
aspetto, la copia cache dei siti internet indicizzati consente al motore di ricerca di
fornire una risposta più veloce ed efficiente all’interrogazione posta dall’utente
attraverso una o più parole chiave. La cancellazione di esse preclude al motore
di ricerca, nell’immediato, di avvalersi di tali copie per indicizzare i contenuti
attraverso parole chiave anche diverse da quella corrispondente al nome
dell’interessato.
Detta cancellazione impedisce, inoltre, l’utilizzo di nuove copie cache che
siano equivalenti a quelle cui si riferisce l’adottata statuizione, nella misura in cui
si ritenga che tale ordine abbia il contenuto di una “ingiunzione dinamica”,
estendendo la propria portata a tutte le copie, di contenuto sostanzialmente
invariato rispetto a quelle cui si riferisce l’ordine, che il motore di ricerca possa
realizzare nel futuro. Sez. 1, n. 03952/2022, Falabella, Rv. 664161-02, si è
occupata dei rapporti tra Deindicizzazione e cancellazione delle copie cache dalle
pagine accessibili attraverso gli URL indicati, precisando che a fronte della
richiesta di cancellazione delle copie cache rimane centrale l’esigenza di
ponderare gli interessi contrapposti.
Ma il bilanciamento da compiersi non coincide, in questo caso, con quello
operante ai fini della deindicizzazione, giacché l’eventuale sacrificio del diritto
all’informazione non ha ad oggetto una notizia raggiungibile attraverso una
ricerca condotta a partire del nome della persona, in funzione del richiamato
PARTE PRIMA - I DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA
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diritto di questa a non essere trovata facilmente sulla rete, riguardando la notizia
in sé considerata, siccome raggiungibile attraverso ogni diversa chiave di ricerca.
Il diritto all’informazione è, cioè, sempre collegato all’attività del motore di
ricerca di cui si avvale l’utente, ma in funzione della residua capacità di questo
di indirizzare all’informazione attraverso distinte e ulteriori modalità di
interrogazione.
Come è evidente, dunque, poiché attraverso l’ordine di cancellazione delle
copie cache si esclude o si rende più difficoltoso il reperimento, da parte del
motore di ricerca, della notizia attraverso l’uso di parole chiave, in questo caso,
si delinea la necessità di una ponderazione che tenga conto non più dell’interesse
a che il nome della persona sia dissociato dal motore di ricerca dall’informazione
di cui trattasi, ma dell’interesse a che quella informazione non sia rinvenuta
attraverso un qualsiasi diverso criterio di interrogazione.
Pertanto, deve concludersi nel senso che la cancellazione delle copie cache
relative a una informazione accessibile attraverso il motore di ricerca, in quanto
incidente sulla capacità, da parte del detto motore di ricerca, di fornire una
risposta all’interrogazione posta dall’utente attraverso una o più parole chiave,
non consegue alla constatazione della sussistenza delle condizioni per la
deindicizzazione del dato a partire dal nome della persona, ma esige una
ponderazione del diritto all’oblio dell’interessato col diritto avente ad oggetto la
diffusione e l’acquisizione dell’informazione, relativa al fatto nel suo complesso,
attraverso parole chiave anche diverse dal nome della persona.
Da tale premessa, si è affermato che in tema di Trattamento dei dati personali,
è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente
pubblicato, nell'archivio informatico di un quotidiano, che riguardi fatti risalenti
nel tempo oggetto di una inchiesta giudiziaria poi sfociata nell'assoluzione
dell'imputato, purché, a richiesta dell'interessato, l'articolo sia deindicizzato e
non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso
l'archivio storico del quotidiano, e purché, a richiesta documentata
dell'interessato, all'articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine
o in calce, che dia conto dell'esito finale del procedimento giudiziario in forza
di provvedimenti passati in giudicato, così contemperandosi in modo bilanciato
il diritto ex art. 21 cost. della collettività ad essere informata e a conservare
memoria del fatto storico con il diritto del Titolare dei dati archiviati a non subire
una indebita lesione della sua immagine sociale (Sez. 1, n. 02893/2023, Scotti,
Rv. 666790-01).
Peraltro, l'omesso aggiornamento di una risalente notizia di cronaca,
pubblicata sul sito internet di una testata giornalistica, integra - anche nel sistema
antecedente all'entrata in vigore del Regolamento UE n. 679 del 2016 (GDPR)
CAPITOLO I - LA TUTELA DELLA PERSONA: DIRITTI DELLA PERSONALITÀ E DIRITTI
DI NUOVA EMERSIONE.
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- un Trattamento illecito dei dati personali, suscettibile di dar luogo a un
pregiudizio non patrimoniale risarcibile, nel caso di ingiustificato rifiuto o
ritardo del Titolare del sito di provvedere al suddetto aggiornamento o alla
rimozione della notizia, a seguito della corrispondente richiesta dell'interessato
(Sez. 3, n. 06116/2023, Sestini, Rv. 667383-01); si è precisato che, in materia
di Trattamento dei dati personali, il soggetto onerato dell'obbligo di fornire
risposta in ordine al possesso (o meno) dei Dati personali è il Titolare del
trattamento, Destinatario dell'istanza di accesso, e non invece l'interessato,
dovendo il primo sempre riscontrare l'istanza proposta, anche in termini
negativi, dichiarando espressamente di essere, o meno, in possesso dei dati di
cui si richiede l'ostensione (Sez. 3, n. 06116/2023, Sestini, Rv. 667383-02).
Sez. 1, n. 21415/2022, Nazzicone, Rv. 665515-01, ha precisato che in tema
di tutela della riservatezza, la doglianza di un soggetto Terzo che prospetti
l’illegittimo Trattamento dei Dati personali per effetto della pubblicazione sul sito
internet di una delle Camere degli atti di una Commissione parlamentare
d’inchiesta, recanti informazioni incomplete sulla sua persona, non rientra nella
giurisdizione della Camera che ha effettuato la pubblicazione, quale espressione
di autodichia, posto che quest’ultima riguarda solo le questioni interne agli
organi costituzionali. L’azione a tutela dei Dati personali non è tuttavia
proponibile neppure davanti al giudice ordinario, come è stabilito dall’art. 8 del
d.lgs. n. 196 del 2003, poiché l’attività delle Commissioni d’inchiesta rientra nella
più lata attività ispettiva di ciascuna delle Camere su questioni di rilevante
interesse pubblico. È per questo che, nella specie, la S.C. ha cassato senza rinvio
la decisione di merito, rilevando l’improponibilità della domanda con cui un
cittadino italiano aveva prospettato l’illegittimo Trattamento dei propri dati a
causa della pubblicazione sul sito internet del Senato degli atti della
Commissione parlamentare d’inchiesta relativi al “sequestro Aldo Moro”, dai
quali emergeva la sua imputazione per alcuni reati, senza che fosse resa nota
anche la sua successiva assoluzione.
Peraltro, la stessa sentenza si è occupata del diritto alla cancellazione o alla
deindicizzazione dei dati inclusi negli atti della Commissione bicamerale di
inchiesta (sempre riferita al sequestro di Aldo Moro). In particolare, la S.C. ha
evidenziato che l’art. 8 del d.lgs. n. 196 del 2003, sotto la rubrica “Esercizio dei
diritti”, stabilisce che i diritti di cui all’art. 7, come quello alla cancellazione o
deindicizzazione del dato, “non possono essere esercitati con richiesta al titolare
o al Responsabile o con ricorso ai sensi dell’art. 145, se i trattamenti di dati
personali sono effettuati: c) da Commissioni parlamentari d’inchiesta istituite ai
sensi dell’art. 82 Cost.”. Sono, infatti, coinvolti rilevanti profili pubblicistici negli
atti parlamentari, donde la necessaria pubblicità (cfr. in generale l’art. 64 Cost.,
PARTE PRIMA - I DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA
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circa la pubblicità dell’attività conoscitiva e legislativa del Parlamento), attraverso
la quale si esplica la sovranità popolare, ai sensi dell’art. 1 Cost.
In altri termini, l’attività di inchiest a delle Camere rientra nella più lata
nozione di attività ispettiva di competenza istituzionale di ciascuna di esse, volta
all’acquisizione di informazioni su materie di pubblico interesse, secondo la
lettera dell’art. 82, comma 1, Cost., alla cui stregua ciascuna camera può disporre
inchieste su materie di pubblico interesse, nella più piena espressione della
sovranità popolare. Da tali premesse, emerge come, in taluni casi – nei quali
sono coinvolti diritti ed interessi ritenuti dal legislatore primari nel
bilanciamento con altri diritti ed interessi - viene meno la possibilità di proporre
ricorso ai fini dei Dati personali e del diritto relativo. La ratio della menzionata
disciplina consiste nella realizzazione di un ragionevole bilanciamento tra il
diritto alla protezione dei Dati personali e quello di conoscere gli snodi di vicende
che, come dimostra l’essere state demandate all’attenzione di una Commissione
di inchiesta parlamentare, quale diretta espressione della sovranità popolare,
hanno acquisito una importanza peculiare nella storia repubblicana.
Sez. 1, n. 06806/2023, Scotti, Rv. 667165-01, ha affermato che in tema di
trattamento dei Dati personali e di diritto all'oblio, anche nel regime precedente
al Regolamento UE n. 679 del 2016 (GDPR), applicabile ratione temporis, il
gestore di un sito web non è tenuto a provvedere, a seconda dei casi, alla
cancellazione, alla Deindicizzazione o all'aggiornamento di un articolo di stampa,
a suo tempo legittimamente pubblicato, ancorché relativo a fatti risalenti nel
tempo, in difetto di richiesta dell'interessato che è la sola idonea a far scaturire
in capo al gestore l'obbligo di provvedere senza indugio.
In tale vicenda, la S.C. ha respinto la pretesa del ricorrente di essere risarcito
da un'Agenzia di stampa per aver violato il suo diritto all'oblio, lasciando sul sito
la notizia del suo arresto per reati di droga. Informazione che la fidanzata aveva
trovato consultando il motore di ricerca Google. Il risultato era stato che lei lo
aveva lasciato e i suoi amici della città, dove ormai viveva da 18 anni, si erano
allontanati. Per il ricorrente l'agenzia non aveva cancellato tempestivamente la
notizia che lo riguardava, pur essendo maturato il periodo previsto per il diritto
all'oblio, perché non c'era più alcun interesse per i fruitori del sito a conoscere
la storia, ma lo aveva fatto solo dopo la sua richiesta. Per la S.C. non esiste un
dovere generale di cancellare vecchie notizie. La richiesta non comporta né
formalità, né tecnicismi e non abbisogna né del ricorso a una difesa tecnica, né
a consulenti di sorta e di conseguenza non genera alcun costo aggiuntivo. Al
contrario, sarebbe l'imposizione di uno scandagliamento periodico di
informazioni a suo tempo legittimamente pubblicate a imporre ai gestori un
onere insostenibile e gravido di conseguenze per la libertà dell'informazione.
CAPITOLO I - LA TUTELA DELLA PERSONA: DIRITTI DELLA PERSONALITÀ E DIRITTI
DI NUOVA EMERSIONE.
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Sempre in tema di diritto di oblio, Sez. 1, n. 02893/2023, Scotti, non
massimata, ha statuito che in tema di Trattamento dei Dati personali e di diritto
all’oblio, è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo
legittimamente pubblicato, nell’archivio informatico di un quotidiano, relativo a
fatti risalenti nel tempo oggetto di un’inchiesta giudiziaria, poi sfociata
nell’assoluzione dell’imputato, purché, a richiesta dell’interessato, l’articolo sia
deindicizzato e non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo
attraverso l’archivio storico del quotidiano e purché, a richiesta documentata
dell’interessato, all’articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine
o in calce, che dia conto dell’esito finale del procedimento giudiziario in forza
di provvedimenti passati in giudicato.
Questa è la strada, secondo la S.C., per contemperare in modo bilanciato il
diritto ex art. 21 della Costituzione della collettività ad essere informata e a
conservare memoria del fatto storico con quello del Titolare dei dati personali
archiviati a non subire un’indebita lesione della propria immagine sociale.
4. Trattamento dei dati personali: profili processuali.
Di particolare rilievo sono le pronunce che nell’anno in rassegna esaminano
aspetti processuali in riferimento alle controversie in materia di Trattamento dei
dati personali. Sez. 2, n. 29049/2022, Falaschi, non massimata, ha precisato che
in tema di protezione dei dati personali, il privato che impugni il provvedimento
del Garante non può limitarsi a denunciare la mancata comunicazione di avvio
del procedimento e la lesione della propria pretesa partecipativa, ma deve
indicare o allegare gli elementi di fatto o valutativi che, se acquisiti, avrebbero
potuto influire sulla decisione finale, poiché le garanzie procedimentali non
costituiscono un mero rituale formalistico e il menzionato difetto di
comunicazione è ininfluente, ove risulti che il contenuto del provvedimento non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Sez. 1, n.
03952/2022, Falabella, Rv. 664161-01, ha affrontato la questione del potere del
Garante per i Dati personali di emettere i provvedimenti che è titolato a
pronunciare secondo la legge italiana nei confronti di un soggetto estero che
opera al di fuori del territorio nazionale.
La S.C. muove dall’art. 4.1, lett. a), della direttiva 95/46/CE, ove è previsto
che ciascuno Stato membro applica le disposizioni nazionali adottate per
l’attuazione di tale direttiva al Trattamento di Dati personali effettuato nel
contesto delle attività di uno stabilimento del Responsabile del Trattamento nel
territorio dello Stato membro. Da tale premessa - richiamando la giurisprudenza
comunitaria - conclude nel senso che l’art. 4.1, lett. a), della direttiva 95/46/CE
consente l’applicazione della legge in materia di protezione dei Dati personali di
uno Stato membro diverso da quello nel quale il Responsabile del Trattamento di
tali dati è registrato, purché il medesimo svolga, tramite un’organizzazione
stabile nel territorio di tale Stato membro, un’attività effettiva e reale, anche
minima, nel contesto della quale si svolge il Trattamento in questione.
In altri termini, il Trattamento dei dati personali, ove sia attuato nel contesto
di uno stabilimento del Responsabile del Trattamento ubicato nel territorio
italiano, è soggetto alle disposizioni nazionali che regolano l’attività dell’Autorità
garante italiana per la protezione dei dati personali.
La violazione dei codici deontologici relativi al Trattamento dei dati personali,
di cui al d.lgs. n. 196 del 2003, dà luogo all'inutilizzabilità dei dati così raccolti,
la quale, nel periodo anteriore alla novella introdotta dal d.lgs. n. 101 del 2018,
è da intendersi come "assoluta", quindi rilevante in sede sia processuale che
extraprocessuale, e determina l'impossibilità sia per il datore di lavoro di
avvalersi dei predetti dati ai fini di una contestazione disciplinare - e, poi, di
produrli in giudizio come mezzo di prova -, sia per il giudice di merito di porli
a fondamento della sua decisione (Sez. L, n. 28378/2023, Pannariello, Rv.
669056-02).
Sempre Sez. L, n. 28378/2023, Pannariello, Rv. 669056-01, ha precisato
che i codici deontologici relativi al Trattamento dei dati personali, di cui al d.lgs.
n. 196 del 2003, hanno natura normativa, e, pertanto, da un lato, per essi vale il
principio iura novit curia - sicché il giudice deve individuarli e farne applicazione
anche d'ufficio -, e, dall'altro, la violazione degli stessi può essere fatta valere con
ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Inoltre, in tema di violazioni della disciplina relativa al Trattamento dei dati
personali, il Garante per la protezione di questi ultimi può infliggere sanzioni
amministrative pecuniarie anche ad autorità pubbliche o organismi pubblici (Sez.
1, n. 28385/2023, Campese, Rv. 668989-01).
Quanto, alla individuazione del soggetto legittimato passivamente, si è
statuito che in ossequio al criterio della contribuzione causale sotteso all'art. 15,
comma 1, del d.lgs. n. 196 del 2003 (ratione temporis applicabile), legittimata
passiva rispetto alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti all'illecita
diffusione di Dati personali online è anche la società editrice della testata
telematica attraverso la quale la suddetta diffusione sia avvenuta (Sez. 3, n.
23338/2023, Dell’Utri, Rv. 668655-01, ha cassato la sentenza di merito che
aveva arbitrariamente circoscritto la condanna alla sola persona rivestente la
qualifica formale di Responsabile della testata).
Sotto il profilo risarcitorio per illecito trattamento, la Corte di Cassazione
ha statuito che l'esclusione del principio del danno in re ipsa presuppone la prova
della serietà della lesione conseguente al trattamento. Ne consegue che può non
CAPITOLO I - LA TUTELA DELLA PERSONA: DIRITTI DELLA PERSONALITÀ E DIRITTI
DI NUOVA EMERSIONE.
75
determinare il danno la mera violazione delle prescrizioni formali in tema di
trattamento del dato, mentre induce sempre al risarcimento quella violazione
che, concretamente, offenda la portata effettiva del diritto alla riservatezza (Sez.
1, n. 13073/2023, Terrusi, Rv. 667907-02, ha, nella specie, confermato la
sentenza di merito che, pur menzionando il danno in re ipsa, aveva accertato
l'offesa arrecata dalla violazione e il relativo danno, derivate dall'ostensione del
dato per tipologia e contesto, ossia in uno specifico ambito temporale e socio-
lavorativo, sebbene per un tempo ridotto).
Sempre, Sez. 1, n. 13073/2023, Terrusi, Rv. 667907-01, ha stabilito che in
tema di illecito Trattamento dei Dati personali reputazionali, in base alla disciplina
generale del Regolamento (UE) n.679 del 2016, cd. GDPR, il Titolare del
trattamento dei Dati personali è sempre tenuto a risarcire il danno cagionato a
una persona da un Trattamento non conforme al regolamento stesso e può
essere esonerato dalla responsabilità non semplicemente se si è attivato (come
suo dovere) per rimuovere il dato illecitamente esposto, ma solo se dimostra che
l'evento dannoso non gli è in alcun modo imputabile (nella specie, la S.C. ha
confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato la violazione del GDPR
nella condotta del Comune che aveva pubblicato nell'albo pretorio on line, sia
pure per un giorno, la nota contabile contenente i dati della dipendente
destinataria del pignoramento del proprio stipendio e rispetto alla quale l'ente
aveva assunto l'impegno di versarne il quinto alla società creditrice, non essendo
all'uopo rilevante la riconducibilità del fatto a errore umano ed essendo l'ente
responsabile anche del fatto colposo dei suoi dipendenti).
In tema di competenza per territorio in materia di cause relative alla
protezione dei dati personali, quando il Garante per la protezione dei dati
personali è parte di una controversia rientrante tra quelle espressamente indicate
all'art. 152, comma 1, del d.lgs. n. 196 del 2003, ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. n.
150 del 2011 sono competenti, in via alternativa, il tribunale del luogo in cui il
titolare del Trattamento risiede o ha sede ovvero il tribunale del luogo di
residenza dell'interessato. Viceversa, quando in una di tali controversie è parte
in causa, come Titolare del Trattamento o ad altro titolo, un'amministrazione
statale diversa dal Garante, in applicazione delle regole sul foro erariale, devono
ritenersi competenti le sedi dell'Avvocatura distrettuale dello Stato
corrispondenti al luogo in cui ha sede il Titolare del Trattamento o al luogo di
residenza dell'interessato (Sez. 6-3, n. 02330/2023, Dell’Utri, Rv. 666710-01,
che, nella specie, con riferimento ad una domanda di risarcimento dei danni per
illecito Trattamento dei Dati personali spiegata da una ricorrente, residente a
Teramo, nei confronti dell'Ufficio notifiche del Tribunale di Pesaro, luogo di
esercizio delle funzioni del Titolare del trattamento, ha individuato la
PARTE PRIMA - I DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA
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competenza territoriale alternativa del Tribunale di Ancona o del Tribunale de
L'Aquila, quali fori erariali, trovandosi in detti luoghi le sedi dell'Avvocatura
distrettuale dello Stato, difensore ex lege del Ministero della Giustizia convenuto).
Infine, in tema di Trattamento di Dati personali mediante piattaforma
informatica, stabilire se si sia in presenza di Trattamento eterodiretto da una
capofila estera o di Trattamento diretto, così come determinare, in relazione al
concetto di stabilimento principale, i poteri ed il livello di autonomia decisionale
del Titolare del trattamento, costituisce oggetto di un accertamento di fatto; ne
consegue che, in presenza di Trattamento dei dati di rider operanti in Italia,
dovranno essere valutati gli elementi dei singoli contratti stipulati, con
riferimento alle modalità e alle regole cui soggiacciono i trattamenti stessi (Sez.
1, n. 27189/2023, Terrusi, Rv. 668871-05).
5. Identità, nome, origini.
Il diritto all’identità personale tende ad irradiarsi anche in altre direzioni,
venendo tuttavia a perdere i caratteri dell’assolutezza, per essere costantemente
contemperato con altri interessi di pari rango. Rientra così nell’ambito
dell’identità personale a compasso allargato il diritto del figlio nato da parto
anonimo di conoscere le proprie origini (anche in base all’art. 8 CEDU), ma i
poteri che egli può esercitare a tal fine sono limitati dal correlato diritto della
madre a mantenere l’anonimato (Sez. 1, n. 07093/2022, Iofrida, Rv. 664167-01).
Di conseguenza, se, per un verso, deve consentirsi al figlio di interpellare la
madre biologica al fine di sapere se intenda revocare la propria scelta, per altro
verso occorre tutelare anche l’equilibrio psico-fisico della genitrice, sicché il
diritto all’interpello non può essere attivato qualora la madre versi in stato di
incapacità, anche non dichiarata, e non sia pertanto in grado di revocare
validamente la propria scelta (in applicazione del principio, la S.C. ha
confermato la pronuncia di merito che aveva ritenuto che l’interpello avesse
avuto esito negativo, dopo aver accertato, in punto di fatto, che la donna aveva
dimostrato una grave compromissione delle facoltà cognitive e volitive, non
essendo stata in grado di esprimere la propria volontà e neppure di ricordare
l’evento che le veniva rappresentato). Nella vicenda sottoposta all’attenzione
della S.C., i giudici di legittimità hanno evidenziato che il diritto all’oblio della
donna, inteso sia come suo diritto di dimenticare, sia come diritto di essere
dimenticata, era ancora sussistente e meritevole di protezione, rimarcando che
la madre non aveva mai avuto contatti e notizie del figlio per oltre quarant’anni
e, date le condizioni mentali in cui versava, aveva trovato una sua
compensazione attraverso l’oblio dell’evento della nascita del figlio, mentre una
rievocazione di quell’evento avrebbe potuto pregiudicare il suo attuale stato
CAPITOLO I - LA TUTELA DELLA PERSONA: DIRITTI DELLA PERSONALITÀ E DIRITTI
DI NUOVA EMERSIONE.
77
psichico (trattandosi di donna affetta da oligofrenia). Non rileva, ai fini
dell’applicazione di queste regole, l’abrogazione dell’art. 177, comma 2, del d.lgs.
n. 196 del 2003, che aveva sostituito all’art. 28 della l. n. 183 del 1984, il comma
7, che inibiva il diritto alla conoscenza delle origini del nato da parto anonimo,
sia perché il limite alla conoscenza di cui all’art. 28, comma 7, era già stato
introdotto con la l. n. 149 del 2001, sia perché deve tenersi conto dell’intervento
additivo di principio, cui ha provveduto la Corte costituzionale con la sentenza
n. 278 del 2013.
Sempre in tema di diritto del figlio nato da parto anonimo di conoscere le
proprie origini, Sez. 1, n. 26616/2022, Iofrida, Rv. 665942-01, si è posta il
problema relativo al se, oltre ai diritti e agli interessi della madre (nel caso sia
deceduta) e del figlio, in tali casi, vengano in rilievo anche diritti ed interessi di
terzi, segnatamente del nucleo familiare della madre e, in caso positivo, come
detti diritti ed interessi debbano bilanciarsi. La S.C. ha individuato un punto di
equilibrio tra i contrapposti interessi in gioco, affermando che il diritto
dell’adottato ad accedere alle informazioni concernenti le proprie origini e a
conoscere l’identità della madre biologica, che alla nascita abbia dichiarato di
non volere essere nominata ai sensi dell’art. 30, comma 1, del d.P.R. n. 396 del
2000, sussiste anche quando quest’ultima sia deceduta, dovendo comunque
essere esercitato in modo corretto e lecito, circondato da cautele a protezione
del nucleo familiare e relazionale costituito dopo l’esercizio del diritto
all’anonimato della donna; nel bilanciamento dei valori, tuttavia, stante
l’ampiezza che deve essere riconosciuta al diritto all’accertamento dello status di
figlio, la tutela dei diritti degli eredi e dei discendenti della madre non può che
recedere di fronte alla tutela del diritto del figlio che rivendica il proprio status,
sicché, venuta meno l’esigenza di salvaguardare la vita e la salute di quest’ultima,
non vi sono più elementi ostativi non soltanto per la conoscenza del rapporto
di filiazione ma anche per la proposizione dell’azione di accertamento dello
status di figlio naturale.
6. La libertà religiosa e i suoi attuali confini.
In materia di libertà religiosa, merita una particolare segnalazione Sez. 1, n.
23805/2022, Lamorgese, Rv. 665372-01, che ha precisato come in tema di
protezione internazionale, la nozione di libertà religiosa comprenda la libertà
del cittadino di praticare fedi non ammesse dallo Stato, senza subire
intimidazioni e costrizioni che, in quanto tali, possono configurarsi come atti di
persecuzione, ai sensi degli artt. 7 e 8, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 251 del
2007, anche se posti in essere dalle autorità statali o con provvedimenti di tipo
legislativo, amministrativo, giudiziario o di polizia (nella specie, la S.C. ha cassato
PARTE PRIMA - I DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA
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la pronuncia di merito che aveva escluso l’esistenza di una persecuzione per
motivi religiosi di una cittadina cinese aderente alla “Chiesa di Dio
Onnipotente”, per il solo fatto che, trattandosi di associazione religiosa
clandestina e vietata, ella avrebbe potuto manifestare la propria libertà religiosa
aderendo ad un culto ammesso o non segreto).
Sez. 3, n. 00220/2023, Scarano, non massimata, ha stabilito che il
risarcimento del danno non patrimoniale presuppone un'offesa che superi la
soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale, non
ricorrente quando si lamenti un qualche disagio da sconvolgimento dell'agenda
o dei riti della quotidianità (nella specie, sulla base di detto principio è stata
confermata la sentenza di merito che aveva ritenuto non integrasse violazione
della libertà religiosa, rilevante ai fini della configurabilità del danno morale,
l'impossibilità, a seguito di illegittima interruzione della fornitura di gas naturale,
di celebrare nella propria abitazione la festività del capodanno ebraico).

Link: https://www.cortedicassazione.it/resources/cms/doc
Testo del 2024-08-07