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   tribunale 2024-02-05 ·  NEW:   Appunta · Stampa · Cita: 'Doc 98295' · pdf

Tribunale di Roma da' ragione a Enel: il Garante deve concludere entro i termini. In analisi come calcolarli

abstract:



"... un “termine” dopo la scadenza del quale, se non è stato rispettato, non succede nulla, semplicemente non è un termine, è solo un controsenso." 120 giorni per concludere il procedimento. Il dies a quo dipende. Vedi in analisi. Decisione assai argomentata che sottolinea la decisione come costituzionalmente coerente.

Fonte: gdprhub
Link: https://gdprhub.eu/index.php?title=File:Sentenza_T




analisi:

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index:

Indice

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  • .. .. ......../............ ... ........
  • 2. L’eccezione di nullità d
  • CUM I e II –
  • 3. CUM III -
  • 4. CUM IV -
  • 5. La ricorrente deduce che tale termine
  • 6. La prima questione da affrontare &egr
  • la differenza si esaurisce interamente
  • 7. In materia sanzionatoria, la perentor
  • devono avvenire «entro 120 giorni
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  • di una contestazione di violazione e, p
  • Decorrere i termini
  • Nella data in cui il GARANTE riceve le r
  • 10. Nel quadro così delineato del
  • Si vede bene come l’intero sistema
  • 11. Infine, con più stretto rifer
  • Ma, se così è, è ev
  • 13. Ritiene il Tribunale che la ricostru
  • Sono considerate dal diritto internazion
  • 14. È proprio in tale ottica che
  • ENEL poteva ritenere che la sua condott
  • 15. A detto annullamento, che fa decader



testo:

T

Tribunale ordinario di Roma
Sezione XVIII civile
(Sezione specializzata in materia di diritti della persona e immigrazione)

Sentenza n. 9551/2022 R.G.


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale, nella persona del Giudice Unico Dott. Francesco Crisafulli, nella causa in epigrafe
proposta da:

Enel ENERGIA S.P.A., rappresentata e difesa dagli Avvocati Ponzanelli Giulio, Faelli Tommaso e Anglani Francesco

contro

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato.

udita la discussione,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

1. Con ricorso ex artt. 156 D.LGS. n° 196/2003 e 10, commi 1 e 7, in relazione all’artt. 5, D.LGS. n° 150/2011, ENEL ENERGIA S.P.A. (ENEL) impugna il provvedimento n° 443 del Registro dei provvedimenti, in data 16/12/2021, con il quale il GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI Dati personali (il GARANTE) le ha contestato 15 violazioni del Regolamento UE 2016/679 (il Regolamento, o RGPD) e del D.LGS. n° 196/2003, come modificato dal D.LGS. n° 101/2018 (il Codice) e le ha inflitto una sanzione pecuniaria di € 26.513.977,00, oltre a diversi avvertimenti, ammonizioni e prescrizioni, con la sanzione accessoria della pubblicazione sul sito del GARANTE.

Con l’atto introduttivo, ENEL ha preliminarmente contestato la violazione, da parte del GARANTE, di tutti i termini prescritti dalle norme vigenti per lo svolgimento e la conclusione del procedimento sanzionatorio ed ha eccepito, pertanto, la nullità del provvedimento impugnato. Nel merito, ha svolto articolate difese per contestare i singoli addebiti, oltre a lamentare, comunque, l’entità eccessiva e sproporzionata della sanzione e delle prescrizioni impostele.

- Ha quindi formulato istanza di sospensione, concessa inaudita altera parte e confermata, subordinatamente alla prestazione di una garanzia a prima richiesta (fornita tempestivamente dalla società), all’esito del contraddittorio.

Costituendosi tempestivamente in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, il GARANTE ha ribadito le ragioni del proprio provvedimento ed ha confutato l’addebito di violazione dei termini del procedimento negando, pertanto, l’eccepita nullità dell’atto sanzionatorio.

All’udienza del 13/02/2023, la causa è stata decisa come da dispositivo in calce al verbale.

2. L’eccezione di nullità del provvedimento per violazione dei termini è fondata.

Giova schematicamente riassumere la cronologia delle tappe della vicenda, peraltro ben descritte tanto nel ricorso quanto nella memoria difensiva.

Il GARANTE ha avviato, già a fine 2018, una serie di indagini su numerose segnalazioni e reclami pervenuti in tempi diversi e accorpati, secondo quanto previsto dal regolamento del GARANTE stesso, n° 1/2019, in quattro gruppi, oggetto di altrettante richieste cumulative (dette CUM) di chiarimenti, rivolte ad ENEL. Tali richieste vengono di seguito brevemente descritte nei termini adoperati nella comunicazione di avvio del procedimento (all. 3 di parte ricorrente).

CUM I e II – richieste del 13 dicembre 2018 e del 19/08/2019 (relative, rispettivamente, a 25 e a 32 segnalazioni): «le doglianze pervenute al Garante, alla base delle menzionate richieste di informazioni, hanno riguardato, in particolare, il Trattamento dei Dati personali degli interessati nel contesto di telefonate promozionali indesiderate in quanto effettuate rispetto ad utenze riservate in assenza del necessario Consenso degli interessati [...], ovvero, rispetto ad utenze fisse, nonostante l’iscrizione della numerazione nel registro pubblico delle opposizioni [...], nonché il tardivo riscontro ad istanze di esercizio dei diritti di accesso ai Dati personali oppure di opposizione al relativo Trattamento per finalità di marketing [...]».

ENEL ha fornito riscontro al primo CUM in data 20/12/2018 (all. 6 di parte ricorrente e 4 di parte resistente), dichiarando, con riguardo agli indebiti contatti promozionali effettuati sia nei confronti di interessati i cui numeri risultavano riservati sia nei confronti di interessati le cui utenze risultavano iscritte al ROP, che in tutti i casi segnalati le numerazioni chiamanti non appartenevano alla rosa di quelle in uso alla società o ai suoi partner commerciali e che dette numerazioni, da una ricerca effettuata on-line, risultavano riferibili a «sedicenti operatori che spendono illegittimamente il nome di Enel Energia stessa – ovvero quello di altre società operanti anche in settori diversi da quello energetico». Ha poi fornito riscontro in data 06/09/2019 (all. 8 di parte ricorrente e 6 di parte resistente) al secondo CUM, «rappresentando [come riporta la difesa erariale, n.d.r.] che le telefonate promozionali indesiderate che gli interessati avevano segnalato come riconducibili ad EE provenivano invece da numerazioni estranee alla Società ed alla sua rete di partners commerciali. Più specificamente, la società ha evidenziato come dalle verifiche informatiche effettuate nei propri sistemi aziendali, risultasse che la maggior parte degli interessati non avesse mai avuto un rapporto contrattuale con la stessa. Solo in cinque casi i Dati personali dei segnalanti erano presenti nei sistemi di EE, in ragione di rapporti contrattuali in essere, mentre in sei casi i rapporti contrattuali risultavano cessati. Rispetto a due specifiche fattispecie la società ha tuttavia constatato come i contatti promozionali fossero ascrivibili, in un caso, ad un proprio partner in virtù di un contratto di agenzia ancora in essere [...] e provenissero, nell’altro, da un ex partner, con il quale i rapporti contrattuali si erano conclusi precedentemente all’effettuazione della telefonata promozionale indesiderata».

3. CUM III - richiesta del 17 dicembre 2019 (all. 7), riferita «ad ulteriori 25 segnalazioni, relative ad utenti titolari sia di numerazioni riservate in assenza del necessario Consenso [...] sia iscritte al registro pubblico delle opposizioni [...]. Le doglianze pervenute hanno anche rappresentato la ricezione di telefonate promozionali dichiaratamente nell’interesse di EE tramite disco preregistrato (143863, 144081, 144296, 144240, 144385). In un caso il segnalante, a fronte dell’indebita ricezione di telefonate promozionali, ha esercitato nei confronti di EE i propri diritti, in particolare quello di opposizione al Trattamento per finalità di marketing diretto [...]».

ENEL non ha fornito riscontro nei termini indicati; il GARANTE non ha inviato solleciti.

4. CUM IV - richiesta del 10/07/2020 (all. 10 di parte ricorrente e 8 di parte resistente), relativa ad 8 reclami e 45 segnalazioni. «Le doglianze alla base della quarta richiesta hanno riguardato, ancora una volta:

- la ricezione di chiamate promozionali indesiderate verso numerazioni iscritte al Registro delle opposizioni [...] e verso numerazioni riservate senza la previa acquisizione del necessario Consenso [...];

- l’utilizzo di disco preregistrato sempre nell’ambito di chiamate promo-commerciali [...];

- il mancato riscontro da parte di Enel Energia all’esercizio dei relativi diritti, nonché la ricezione di ulteriori telefonate promozionali, anche preregistrate, nonostante la recepita opposizione al Trattamento [...].

Le richieste dell’Autorità si sono altresì appuntate sulla opportunità di fornire chiarimenti in merito:

- ai rapporti tra EE ed altre società che avrebbero contattato l’interessato per suo conto nonché all’utilizzo del numero di telefono [...];

- alla lamentata obbligatorietà di un Consenso da rilasciarsi per finalità di marketing e Profilazione da parte di altre società del gruppo Enel e di partner commerciali, nell’ambito dell’utilizzo di app per la consultazione dei consumi e per il pagamento delle bollette [...];

Nell’occasione, il GARANTE sollecitava anche la risposta alla precedente richiesta, rimasta inevasa.

ENEL, quindi, ha fornito riscontro congiuntamente al Terzo e quarto CUM. Per i lunghi e complessi elementi di risposta, sui quali non vi è controversia, si può fare riferimento alla comunicazione di avvio del procedimento ed agli scritti difensivi delle parti.

Infine, in data 24/12/2020, il GARANTE ha indirizzato ad ENEL una richiesta di chiarimenti e integrazione delle informazioni (identificata dalle parti come CUM IV BIS), cui veniva dato riscontro il 14/01/2021.

Soltanto in data 14 maggio 2021 il GARANTE dava avvio al procedimento sanzionatorio dandone comunicazione ad ENEL.

5. La ricorrente deduce che tale termine è stato sistematicamente violato.

Il fatto materiale non è contestato, ma la difesa erariale sostiene – con il conforto di giurisprudenza di legittimità ed amministrativa, nota a questo Tribunale – che il dies a quo del termine suddetto non sia da individuare nella risposta alla richiesta di informazioni o documenti al Titolare o al Responsabile del Trattamento (che sarebbe, per usare le parole della giurisprudenza, «il momento in cui viene acquisito il "fatto" nella sua materialità»), bensì nel successivo momento in cui si conclude la «valutazione dei dati acquisiti ed afferenti gli elementi (oggettivi e soggettivi) dell'infrazione e, quindi, della fase finale di deliberazione correlata alla complessità, nella fattispecie, delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell'infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita, sì da valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione» (Cass. n° 1043/15); «fermo restando che l’accertamento deve intendersi compiuto ad ogni effetto quando si tratta di valutare i dati già acquisiti, anche se caratterizzati da complessità sotto il profilo tecnico-giuridico» (Cass. n° 23608/09). Il principio così affermato (che trova ripetute conferme in sentenze sia antecedenti che successive: ex multis, Cass. n° 11187/09, n° 770/17, n° 18288/20) comporta, per un verso, che spetta al giudice di merito valutare volta per volta se, in relazione alla loro complessità, le «indagini, pur nell’assenza di limiti temporali predeterminati, avvengano entro un termine congruo» (Cass. n° 13050/14); per altro verso, però, che l’attività di mera “valutazione” di «dati già acquisiti», ancorché «caratterizzati da complessità sotto il profilo tecnico-giuridico», non vale a spostare in avanti il momento in cui deve ritenersi compiuto l’accertamento e, quindi, il dies a quo della contestazione formale.

Inoltre, parte resistente sostiene che, comunque, il termine non sarebbe perentorio, in assenza di un’espressa previsione di legge.

6. La prima questione da affrontare è quella della perentorietà o meno dei termini stabiliti dalla legge e/o dal GARANTE stesso.

Se le parole hanno un senso, la parola “termine” indica un momento entro il quale un determinato atto dev’essere compiuto, pena l’impossibilità di esso a raggiungere il suo scopo, con pregiudizio per il soggetto che lo ha tardivamente compiuto (o, in alcuni casi particolari che fuoriescono dallo schema generale, pena altre e diverse conseguenze negative, che si svolgono su altro piano ed in diverso contesto, per colui che non ha rispettato il termine). Ma un “termine” dopo la scadenza del quale, se non è stato rispettato, non succede nulla, semplicemente non è un termine, è solo un controsenso.

Nel contesto della procedura civile (cui deve farsi riferimento, in relazione ai procedimenti sanzionatori amministrativi), i termini si distinguono in “perentori” e “ordinatori”. I primi – è semplice – sono quelli che non possono essere violati, pena la nullità, l’inefficacia o l’inutilizzabilità dell’atto tardivamente compiuto; essi non possono essere prorogati (e neppure abbreviati) in nessun caso, neppure sull’accordo delle parti; l’unica deroga possibile consiste nella dimostrazione, da parte di colui che è incorso nella decadenza, di non aver potuto rispettare il termine per causa a lui non imputabile, ed ottenere così una rimessione in termini (art. 153 C.P.C.). I secondi, invece, sono prorogabili, solo prima della loro scadenza, sia su istanza di parte che d’ufficio, ma la proroga non può superare il termine originario e non può essere ripetuta (art. 154 C.P.C.).

Come ben si vede, non vi è alcuna differenza tra i due tipi di termine sotto il profilo delle conseguenze della loro violazione; la differenza si esaurisce interamente nelle diverse (più o meno “elastiche”) possibilità e modalità per “schivare” quelle conseguenze.

7. In materia sanzionatoria, la perentorietà dei termini entro i quali l’autorità procedente deve concludere le varie fasi del procedimento, sino al provvedimento finale, è presupposto irrinunciabile per l’effettivo rispetto di principî fondamentali dell’ordinamento, anche coperti da garanzia costituzionale, e consacrati anche in strumenti giuridici internazionali vincolanti per l’Italia.

La certezza dei tempi entro i quali l’autorità deve iniziare (con la comunicazione della contestazione all’interessato, che dà avvio al contraddittorio difensivo) e poi concludere il procedimento, è requisito per il rispetto del diritto di difesa (che sarebbe irrimediabilmente pregiudicato dal trascorrere di un tempo abnorme fra il presunto illecito e la sua contestazione), per la certezza del diritto (il cittadino deve poter fare affidamento sulla condotta inerte, protratta per un lungo tempo, dell’autorità Titolare della potestà sanzionatoria che gli abbia richiesto informazioni su un’azione da lui compiuta o omessa) e in definitiva per la stessa rule of law, che non tollera spazî di arbitrio dell’autorità, maxime in materia sanzionatoria.

Ancora a favore della perentorietà dei termini viene in considerazione la circostanza che il GARANTE ha, con suo regolamento, stabilito esso stesso i proprî tempi di azione ed i proprî termini. In particolare, la tabella B allegata al regolamento n° 2/2019, espressamente stabilisce che le comunicazioni (ai residenti in Italia) delle presunte violazioni ex art. 166 del Codice privacy devono avvenire «entro 120 giorni dall’accertamento della violazione». Termine che eccede largamente quello previsto in via generale dall’art. 2, c. 2 L. n° 241/1990 (atto normativo certamente applicabile alle Autorità indipendenti, tanto che il comma 5 del medesimo articolo, derogando al precedente, consente loro di stabilire autonomamente i proprî termini), ma anche quello di cui all’art. 14 L. n° 689/1981 (che, sebbene non richiamata dal Codice, esprime, a parere del Tribunale, un principio generale applicabile ad ogni tipo di procedimento amministrativo sanzionatorio).

Appare allora difficilmente predicabile la non perentorietà del termine che il soggetto pubblico stesso che dovrà osservarlo ha sua sponte fissato. Del resto, diversamente opinando non si vedrebbe per quale ragione il legislatore del 1990, nel fissare il termine generale di conclusione dei procedimenti amministrativi avrebbe sentito il bisogno di lasciare alle Autorità indipendenti la facoltà di stabilire esse stesse i proprî termini, evidentemente in funzione delle peculiarità delle funzioni che ciascuna di esse è chiamata a svolgere e delle relative complessità, se poi il mancato rispetto di quei termini autodeterminati dovesse rimanere privo di effetti.

8. Per quanto riguarda l’altra questione, relativa alla decorrenza del termine, il Tribunale deve riconoscere che la giurisprudenza, sia ordinaria che amministrativa, è concorde nell’individuare il dies a quo non già nel momento in cui l’autorità viene a conoscenza «del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità» bensì in quello successivo (e però, occorre sottolineare, del tutto incerto, al limite del puro arbitrio) in cui essa acquista «piena conoscenza della condotta illecita; conoscenza a sua volta implicante il riscontro, anche ai fini di una corretta formulazione della contestazione, dell'esistenza e della consistenza dell'infrazione e dei suoi effetti», ma non può esimersi dal sollevare convinte obiezioni ad una simile tesi, in primo luogo per le stesse ragioni che inevitabilmente conducono ad affermare la perentorietà del termine: un termine il cui dies a quo è del tutto incerto, rimesso alla mera volontà dell’organo amministrativo, volontà, peraltro, che si forma nel segreto delle sue deliberazioni interne, non è calcolabile e non è, quindi, un “termine”. Una siffatta incertezza – anzi, per meglio dire, una siffatta mistificazione del concetto di “termine” – non è compatibile con le esigenze del diritto di interlocuzione e difesa del soggetto Destinatario di una contestazione di violazione e, potenzialmente, di una sanzione amministrativa.

Più in generale – come la giurisprudenza di merito e di legittimità hanno più volte affermato in altre materie – i termini (e perciò la loro decorrenza) per il compimento di un atto o l’adozione di un provvedimento destinato ad incidere, positivamente o negativamente, sulla situazione soggettiva del singolo non possono essere rimessi alla libera volontà dell’autorità che quell’atto o provvedimento è chiamata a compiere o ad emettere, pena la sostanziale vanificazione del termine ed un sacrificio delle posizioni soggettive individuali, non compatibile con lo stato di diritto.

9. Occorre quindi individuare un momento certo dal quale fare decorrere i termini – stabiliti dal GARANTE stesso conformemente alla legge – per la formale contestazione al privato di una violazione del Codice.

Dagli arresti giurisprudenziali ampiamente citati negli scritti difensivi – e qui richiamati solo per relationem –, i quali, come ogni testo, sono anch’essi soggetti ad interpretazione (per quanto chiari possano prima facie apparire) può trarsi l’indicazione utile all’individuazione di un dies a quo dotato di sufficiente certezza, che consenta il calcolo del termine. E che va individuato nella data in cui il GARANTE riceve le risposte (definitive) alle sue richieste di informazioni ed eventualmente, poi, di ulteriori chiarimenti.

Questo perché è dal raffronto delle segnalazioni e dei reclami (o comunque dei fatti che hanno messo in moto l’attività accertativa ed eventualmente sanzionatoria del GARANTE) con le risposte fornite (entro il termine che il GARANTE stesso gli assegna) dal Titolare o dal Responsabile del Trattamento che può già trarsi un quadro sufficientemente chiaro della probabile, o almeno possibile (perché di possibilità o probabilità deve parlarsi fin quando il procedimento non sia esaurito, all’esito delle indagini e del contraddittorio) sussistenza di una o più violazioni. E se questo non è ancora possibile, per l’insufficienza delle risposte fornite al GARANTE, questi ha ancora la possibilità di chiedere chiarimenti o maggiori dettagli, sempre entro i termini di volta in volta stabiliti dal GARANTE. E, infine, se anche all’esito di tali ulteriori richieste le risposte sono insoddisfacenti (o se, in ipotesi, on vi fosse risposta alcuna alle prime o alle successive richieste), sarebbe perfettamente possibile (e si potrebbe dire quasi automatico) concludere che vi sono già sufficienti elementi per paventare una possibile violazione e per notificare, quindi, una formale contestazione. La quale andrebbe notificata, però, allo scadere del termine di 120 giorni decorrente o dall’ultima risposta fornita, o (in caso di silenzio) dalla vana scadenza del termine assegnato al Titolare o al Responsabile per fornirla.

10. Nel quadro così delineato delle scansioni temporali e dei termini per l’avvio del procedimento sanzionatorio, s’inserisce poi la questione, anch’essa spinosa, dei c.d. CUM previsti dal regolamento n° 1/2019 del GARANTE (art. 10, c. 4).

A dire il vero, la formulazione della disposizione suscita già, in sé e per sé, talune perplessità, nella parte in cui si riferisce a «[...] questioni, anche pervenute in tempi diversi [...]», senza fornire alcun indizio che consenta di dare un contenuto concreto al vago concetto di “tempi diversi”. In altre parole, appare discutibile la legittimità di una previsione di tal fatta che non specifichi in alcun modo (neppure indirettamente) l’arco temporale entro il quale devono sorgere quelle questioni, per poter essere accorpate e istruite cumulativamente. Una tale vaghezza lascia, ancora una volta, al puro arbitrio dell’autorità la scelta dei tempi (e dei contenuti) delle contestazioni sulle quali il Titolare del Trattamento dovrà rispondere. Per fare un esempio limite, il GARANTE potrebbe cumulare in un unico CUM 240 segnalazioni o reclami pervenuti, al ritmo di due al mese, nell’arco di dieci anni, prima ancora di inviare al Titolare del Trattamento la prima richiesta di informazioni, ponendolo nella condizione di rispondere su fatti accaduti dieci anni prima. E se a questo si aggiungono l’incertezza e la non perentorietà dei termini per la formale contestazione, predicate da certa giurisprudenza, si vede bene come l’intero sistema del procedimento sanzionatorio precipiti nel paradosso (absit injuria verbis: si tratta beninteso di un’ipotesi di scuola, ma che rende plasticamente i rischi di un atteggiamento “permissivo” nei confronti di un’autorità che esercita il potere sanzionatorio nei confronti dei privati).

11. Infine, con più stretto riferimento al caso di specie, vi è la questione del cumulo dei cumuli; del cumulo al quadrato, o del “super-CUM”. Di una situazione, cioè, come quella di cui è causa, in cui il Garante ha dapprima atteso l’arrivo (in archi di tempo incerti) di certe quantità di reclami o segnalazioni, le ha via via raggruppate in più CUM e su ciascuno di essi ha chiesto informazioni ad ENEL, per poi notificare alla società un’unica contestazione di violazione che li comprendeva tutti.

Ma della necessità di attuare una siffatta “strategia” non si vede – e comunque non è stata dedotta – alcuna necessità, alcuna causa giustificatrice: che quindi deve ritenersi inesistente. A fortiori se, com’è il nostro caso, a ciascun CUM (con una sola eccezione, emendata successivamente) ha fatto seguito una richiesta di informazioni ad ENEL ed una sua risposta: satisfattiva, deve ritenersi, se il GARANTE non ha, di volta in volta, chiesto ulteriori chiarimenti (fatta salva la richiesta di chiarimenti “cumulativa” del 24/12/2020, di cui appresso si dirà); e perciò già idonea, per il GARANTE, a stabilire se vi fossero, in astratto, gli estremi di una violazione (con conseguente notifica della contestazione nei 120 giorni), oppure no.

12. Va da ultimo chiarito come l’applicazione del termine di 120 giorni per la contestazione non possa non estendersi alle (eventuali) richieste di chiarimenti o di ulteriori elementi che il GARANTE può rivolgere al Titolare o al Responsabile del Trattamento quando le sue prime risposte sono insoddisfacenti. Tali richieste di chiarimenti costituiscono, invero, l’atto tipico di approfondimento istruttorio, prodromico alla contestazione in quanto necessario al GARANTE per formare il proprio convincimento sulla possibilità di una violazione e, quindi, sulla necessità di contestarla formalmente, provocando il contraddittorio. Ma, se così è, è evidente che anche le richieste di chiarimenti (cioè quegli atti che servono a completare il quadro “pre-istruttorio”) devono essere fatte nel termine stabilito per la contestazione, il quale sarebbe altrimenti, per quest’altra via, prolungato, virtualmente usque ad æternum. Se, cioè, la richiesta di chiarimenti potesse riguardare un fatto avvenuto mesi (o anni) prima e potesse giungere a così grande distanza di tempo, e se si facesse decorrere il termine di 120 giorni per la contestazione da tale richiesta di chiarimenti giunta oltre tale termine, si finirebbe col poter contestare quel fatto (ormai risalente a mesi o anni addietro) entro un termine calcolato sommando ai 120 giorni previsti dal regolamento del GARANTE anche tutti i mesi (o anni) intercorsi tra la prima richiesta e relativa risposta, e la richiesta di chiarimenti. Ed in tal modo il termine di 120 giorni sarebbe largamente superato e virtualmente privato di ogni effetto utile.

13. Ritiene il Tribunale che la ricostruzione sistematica qui esposta corrisponda all’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa (primaria e regolamentare), sia sotto il profilo dell’art. 24 Cost., sia sotto quello dell’art. 117 Cost., con l’intermediazione 6 CEDU.

Ciascuna delle criticità rilevate sin qui, ed a fortiori il loro effetto combinato, infatti, si tradurrebbe – interpretando diversamente la normativa – in una violazione del diritto ad un equo processo, come garantito dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed in particolare dal suo Terzo comma, lett. a); dovendosi a tal riguardo rammentare che sanzioni pur definite amministrative dal diritto interno – come quelle che possono essere inflitte dalle autorità indipendenti o di garanzia, tra cui il GARANTE – sono considerate dal diritto internazionale e sovranazionale come sanzioni “penali” in ragione delle loro caratteristiche (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 04/03/2014, Grande Stevens ed altri c. Italia).

14. È proprio in tale ottica che va esaminata la scansione dei fatti sottoposti a questo giudizio.

Come si è visto, alle prime due richieste del GARANTE (del 13/12/2018 e del 19/08/2019, cioè a più di 8 mesi l’una dall’altra) ENEL ha risposto (rispettivamente il 20/12/2018 e il 06/09/2019), senza più ricevere dal GARANTE alcuna ulteriore richiesta, né tanto meno una contestazione; la terza richiesta (del 17/12/2019) è rimasta inevasa, ma il GARANTE non ha sollecitato la risposta se non con la quarta richiesta (il 10/07/2020, poco meno di 7 mesi dopo), ed ENEL ha quindi risposto ad entrambe. Infine, il GARANTE, solo in data 24/12/2020 (e cioè più di 5 mesi dopo) ha chiesto chiarimenti, forniti da ENEL il 14/01/2021.

Già rispetto all’ultima richiesta (IV CUM, del 10/07/2020), comprendente anche il sollecito della risposta alla precedente, la richiesta di chiarimenti (a voler supporre che si riferisse soltanto a quella) era giunta dopo la scadenza dei 120 giorni: e cioè quando, legittimamente, ENEL poteva ritenere che la sua condotta non avesse dato luogo a rilievi tali da comportare l’avvio di un procedimento sanzionatorio, perché se così non fosse stato, avrebbe certamente dovuto ricevere o una formale contestazione (se il GARANTE avesse ritenuto di avere in mano elementi sufficienti) o una richiesta di chiarimenti (se il GARANTE avesse invece ritenuto di avere la necessità di acquisire elementi ulteriori per poter stabilire se fosse necessario avviare il procedimento o archiviare la pratica). E questo, per non parlare delle precedenti richieste (del 2018 e 2019), che precedono di uno-due anni la richiesta di chiarimenti e la successiva contestazione.

All’esito delle considerazioni che precedono, il Tribunale ritiene che la contestazione delle violazioni fu tardiva e che il provvedimento impugnato vada pertanto annullato.

15. A detto annullamento, che fa decadere le sanzioni inflitte, ivi compresa quella economica, consegue ovviamente lo svincolo della cauzione versata da ENEL in sede di sospensiva della provvisoria esecuzione, come da ordinanza 20/03/2022.

In considerazione della novità delle questioni trattate, appare equo compensare tra le parti le spese di lite.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:

P.Q.M.

- accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato;

- compensa le spese.

Così deciso in Roma, 13/02/2023.

Il giudice

Francesco Crisafulli

Sentenza n. 9551/2022 R.G. p. 13 di 13


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Testo del 2024-02-05 Fonte: gdprhub




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