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"L'ignoranza e' biadesiva, attacca da tutte le parti" - Urge, Alessandro Bergonzoni



Santi    

Da avvocato precoce (a 16 anni ) a santo: Sant'Alfonso Maria de Liguori - updated 2

Personaggio, indubbiamente.

02.08.2022 - pag. 95968 print in pdf print on web

A

Andare all'università a 12 anni. A 16 anni, nel 1713 già dottore e inizia a professare l'avvocatura.

A 27 prende quella che si chiama "una tranvata" professionale, e si consacra a Dio. Le cronache riportano che era una decisione con radici lontante, non improvvise. Così narrano l'episodio:

A ventisette anni, dopo una dolorosa sconfitta professionale che incrina la sua fiducia morale  nella  disciplina forense e nell’incorruttibilità dei giudici, in una causa internazionale dove era interessato l’Imperatore Carlo VI, deluso dalla palese corruzione dei magistrati, matura in lui  la vocazione sacerdotale, già propostasi nella prima giovinezza col voto di castità

In breve, il suo amore per le norme l'ha portato a cercare norme assolute applicate dal giudice supremo con giustizia vera. Una scelta di giustizia.

Ma qui la fonte originale, il suo primo biografo, la racconta ben diversa, come un suo errore, altro che tribunali corrotti.

Patrocinando Alfonso il Magnate, per un mese, com'ei diceva, avevasi studiato, e rivolto il processo; e tali e tante erano le ragioni, che rilevato aveva, e così evidenti, che già teneva per vinta la causa.

Venuto il giorno del contraddittorio, e fu in casa del Presidente D. Domenico Caravita, si porta Alfonso tutto tronfio, e pettoruto, credendo aver la palma. Disse; allegò ragioni; citò leggi, e decisioni; nè mancò cosa per una difesa tutta dotta, e singolare. Tanti, che ivi stavano Avvocati, e Poccuratori, ammirando l'eloquenza, e la sodezza delle dottrine, non dubitavano della vittoria; ed il Presidente Caravita vedevasi così persuaso, che se gli vedeva, come scritto in fronte, il decreto in favore. Ma quando Alfonso credeva aver guadagnata la causa, e riscuotere degli applausi, si ritrovò colla causa perduta, e, quello ch'è più, ricoperto di rossore, e di somma vergogna.

 

Centinaia di volte, come ei diceva, rivoltato aveva il processo, ed in tutt'altro erasi incontrato, che in un documento, che faceva  la ragione dalla parte opposta. L'Avvocato contrario, che forse era il Sign. Maggiocchi, non vedendo toccata quella carta, lo lasciò dire senza interromperlo. Essendo Alfonso per conchiudere: Sign. D. Alfonso,  gli disse spezzandogli freddamente  la parola in bocca, non è così, come sua Signoria se la pensa. Si prenda il processo, e si osservi il documento tale, che troverà l'opposto. Si prenda, disse Alfonso tutto fuoco, e tutto spirito. Pendeva la decisione di una clausola,  ed era se il Feudo era di concessione antica, giusta le leggi dè Longobardi, o moderna, secondo quella dè Franchi. Osservata la carta, si  ritrova quanto l'Avversario aveva detto: Ho torto, disse Alfonso, osservando anch'esso il documento. La novità lo sorprese. Credendo passare per uomo di mala fede, sbalordisce, e si confonde; e fu tale la confusione, che se gli conobbe in faccia l'interno disturbo.

 

 Il Presidente Caravita, che l'amava,  e ben sapeva la sua onestà, vedendolo smarrito, non mancò ricordarlo: Non sono questi, disse, i primi abbagli, che si prendono in Tribunale; nè Voi solo siete urtato in questo: abbiamo esempli anche di altri uomini di valore.

Non ci fu ragione per Alfonso; ma chinando la testa tra il rossore, e la vergogna: Mondo, disse tra se, ti ho conosciuto: Addio Tribunali: così dicendo, volgendo le spalle a tutti, nel medesimo punto sen cala sempre ripetendo: Mondo ti ho conosciuto. Quello che più cruciavalo, come ci disse già vecchio che avendo rivoltato per un Mese carta per carta il Processo, non capiva, come un tal documento eragli sfuggito, e non caduto sotto l'occhio.

Il 30 novembre 1731 fu visto illuminarsi e lievitare durante una funzione davanti alla folla.

Divenne vescovo e, bilocato, andò a Roma e restò seduto sulla sedia vescovile ad Arienzo.

Scrisse una raccola di "massime eterne" che ebbe straordinario successo.

Sconsigliato ai deboli di cuore, chi vuole leggerlo non faticherà a trovare una sua opera e lasciarsi affascinare da una mente sopraffina che ha trovato la sua strada.

Curiosità: amava suonare, ed era apprezzato. Ma soffriva per le esecuzioni mal concepite.

Segnalo una raccolta di altri 100 aforismi selezionati tra 1500 per riflettere.

Nell'arte viene rappresentato chino a riflettere in orazione con il viso rivolto verso lo spettatore come per invitarlo a pregare anche lui per la sua anima.

La sua biografia fu curata con testimoni da Antonio Maria Tannoia che citò le 12 regole dell'avvocato:

Eccolo:

Umanità con i clienti e disinteresse

1) Non bisogna accettare mai cause ingiuste perché sono perniciose per la coscienza e per il decoro.

2) Non bisogna difendere una causa con mezzi illeciti e ingiusti.

3) Non si deve aggravare il cliente di spese indoverose, altrimenti resta all’ avvocato l’ obbligo della restituzione.

4) Le cause dei clienti si devono trattare con quell’ impegno con cui si trattano le cause proprie.

5) E’ necessario lo studio dei processi per dedurre gli argomenti validi alla difesa della causa.

6) La dilazione e la trascuratezza degli avvocati spesso dannifica i clienti e si devono rifare i danni, altrimenti si pecca contro la giustizia.

7) L’ avvocato deve implorare da Dio l’ aiuto nella difesa, perché Iddio è il primo protettore della giustizia.

8) Non è lodevole un avvocato che accetta molte cause superiori ai suoi talenti, alle sue forze e al tempo che spesso gli mancherà per prepararsi alla difesa.

9) La giustizia e l’ onestà non devono mai separarsi dagli avvocati cattolici, anzi si devono sempre custodire come la pupilla degli occhi.

10) Un avvocato che perde la causa per sua negligenza si carica dell’ obbligazione di rifar tutti i danni al suo cliente.

11) Nel difendere le cause bisogna essere veridico, sincero, rispettoso e ragionato.

12) I requisiti dell’avvocato sono la scienza, la diligenza, la verità, la fedeltà e la giustizia.


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