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"Non t'ama chi amor ti dice ma t'ama chi guarda e tace." - William Shakespeare



Eutanasia    

Il confine tra eutanasia ed accanimento terapeutico

Quale il confine ?
12.07.2019 - pag. 94629 print in pdf print on web

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"Il confine si oscura quando si tende a far passare per accanimento quelle che sono cura e assistenza ordinarie".

"L’eutanasia, invece, indica il procurare la morte, su richiesta del soggetto allo scopo di porre termine a un’esistenza che è (o si ritiene) irreversibilmente segnata dalla sofferenza. Si pratica con un’azione (ad esempio, iniezione letale) o con l’omissione delle cure ordinarie; o anche con l’aumentare appositamente le dosi antidolorifiche allo scopo di affrettare la morte."

E ancora:

"Accanimento terapeutico ed eutanasia sono distinti e il confine che li separa è chiaro"

L'articolo su Famiglia Cristiana merita una lettura perchè raccoglie tante tesi, condivisibili o meno, contro l'eutanasia. Un articolo ovviamente di parte, e quindi per questo utile per la conoscenza delle tesi dei una parte.

Ma è tanto semplice capire quando si parla di eutanasia ?

Secondo me dovremmo ritornare sulla definizione della parola, la più comune e meno contraddetta, insegnava uno scrittore ... "La morte dolce". Dolce rispetto alla vita che si conduce.

Dall'altra parte le cure palliative e l'accanimento terapeutico.

I vari comitati indicano i criteri ai quali i medici si devono attenere, ma bisogna prenderne atto: il confine di sopportazione del dolore varia per ciascuno e varia nel tempo.

Quante volte nei film si è ucciso il cavallo zoppo ? E un uomo piuttosto di lasciarlo nelle mani del nemico ? E un compagno di cordata con una fune che non regge due persone ?

Il sacrificio di uno vale più di quello della comunita'. Facile, ma una malattia è un problema personale, che costa sui vicini e sulla collettivita'. Così la vedono soprattutto gli inglese e gli americani. Se costi troppo, lasciati morire e non sottrarre energie a chi può essere curato.

Dura lex, sed lex.

In altri contesti si è visto dare per scontato l'utilità di sopprimere feti affetti dalla sindrome di Down. Persone incapaci di vivere da sole senza sottrarre risorse alla collettività.

Un altro profilo vuole che i medici siano interessati a prolungare e trovare nuove malattie. Quindi accanimento terapeutico.

Dietro all'interessato e alla società le famiglie. Quella di appartenenza e di provenienza. La moglie: "lasciatelo morire". I genitori: "assassina".

Sulle modalità alcuni invocano l'abbandono (no acqua, no cibo, no cure), altri comportamenti attivi.

I malati terminali devono aspettare l'ultimo minuto  o possono anticipare la morte ?

La soluzione italiana è duplice.

  • La Costituzione riconosce al singolo il potere esclusivo di decidere se curarsi o meno.
  • La legge italiana consente di delegare qualcuno nella scelta se curarsi o passare alle palliative.

Poi la vita fa brutti scherzi: si può vegetare per anni, e poi tornare anche vivi. Vivi come ?

Non so voi, ma io di decidere per conto di altri non me la sento.

Cristianamente accetto che ogni dolore, dal più piccolo al più grande, vada vissuto con Cristo per il bene degli altri. Come questo possa portare bene agli altri è un mistero, ma Cristo lo ripete da duemila anni, anche tramite i testimoni dell'ultimo secolo, figurarsi se non è vero.

Dice di piu': "C'è chi non vede l'ora di soffrire altro dolore per stare più vicino a Me" (Lui e io, Gabrielle Bossis). Ma Cristo lascia la libertà di accettare e vivere il dolore come Lui ci chieda.

Laicamente ?

L'approccio di civil law è partire da un criterio generale (fattispecie) da applicare al caso concreto.

Quello di common law è di partire da caso per caso.

Quando una persona ha sofferto abbastanza tanto da desiderare la morte ?

I santi descrivono il desiderio di abbracciare il Padre più volte negli ultimi mesi di vita (e di malattia). Ma non è un criterio laico.

Il problema non è nemmeno quando l'interessato è vivo oppure quando tutti parenti e i medici sono d'accordo, ma quando vi è dissenso.

L'articolo parla di cure ordinarie. Non credo sia sufficiente.

  • "Lasciatemi andare al Padre", disse Giovanni Paolo II.
  • Dante ha messo un suicida in Purgatorio, all'ingresso del Purgatorio. Catone l’Uticense, colui che per la propria libertà preferì morire da repubblicano piuttosto che accettare l'impero romano, il cambio di regime.
  • Nel Critone Socrate afferma di non cercare la fuga dal carcere e accetta la condanna del bere la cicuta per non violare le leggi.

Quello che possiamo registrare è che il motivo è importante.

Quale sia questo motivo, nella sostanza o nella forma, è il punto centrale.

L'eutanasia non è una scelta di un singolo, ma di una comunità che si chiede cosa debba fare con e per il malato.

Questa dimensione non può prevalere sul singolo, ma il grado di aiuto dato dai vicini è quello che tutti noi dobbiamo dare.

La decisione resterà individuale e, in caso di contrasto, un altro individuo dovrà decidere sulla base delle valutazioni dell'interesato o, in sua mancanza, dei suoi vicini.

Senza dogmi aprioristici. Questi sì porterebbero ad un suicidio assistito o ad un accanimento terapeutico. Entrambi.

Forse sarebbe il caso di non informare solamente i pazienti, ma anche di invitarli ad esprimere loro stessi un criterio motivato.


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