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Riforme    

Orlando alla Cassazione: stiamo riformando, cosi'.

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26.06.2015 - pag. 91593 print in pdf print on web

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Per la prima volta, il Ministero ha assunto la regia e la responsabilità di importanti progetti europei per la modernizzazione della giustizia. Oltre cento milioni di euro potranno così essere destinati al processo penale telematico, ai progetti di riduzione dell'arretrato civile ed alla creazione di una rete di sportelli di prossimità.

Un piano straordinario di abbattimento del cd. debito Pinto è stato appena lanciato, anche grazie alla preziosa collaborazione della Banca d'Italia.

E’ stato inoltre approvato il regolamento di organizzazione del Ministero, che consente significativi risparmi di spesa, ma soprattutto disegna un nuovo rapporto tra centro e periferia.

Dal settembre prossimo, il passaggio delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari dai Comuni al Ministero, chiamerà il Ministero stesso e gli uffici giudiziari ad un enorme impegno organizzativo, che può però anche aprire la strada a scenari di razionalizzazione e migliore allocazione delle risorse.

Resta ancora il grave, annoso problema delle carenze di organico del personale amministrativo. Anche su tale fronte, peraltro, si assiste ad una decisa inversione delle tendenze che negli ultimi venti anni hanno condotto alle attuali condizioni di difficoltà di gran parte degli uffici giudiziari.

Oltre 200 nuove assunzioni, realizzate ricorrendo alle graduatorie di concorsi di altre pubbliche amministrazioni.

Un bando di mobilità per 1031 unità già in avanzata fase di attuazione. Infine, per decisione assunta dal Consiglio dei Ministri appena tre giorni fa, il reclutamento di altre duemila unità, provenienti dalla Province.

Nel complesso, 3200 nuovi addetti. Ciò consentirà di tamponare le falle più gravi, assegnando nuove, urgenti risorse innanzitutto al cuore del sistema rappresentato dalla Corte di Cassazione. Altre risorse dovranno essere destinate a selettive quanto essenziali procedure di riqualificazione del nostro personale amministrativo.

La questione dei tempi richiama immediatamente l’inaccettabile situazione del carico di arretrato delle Sezioni civili. Nel 2013 è stata introdotta, nella struttura organizzativa della Corte, la figura del  magistrato assistente di studio; proprio al fine di migliorare la qualità e la produttività.

Ancor più del numero dei ricorsi giacenti, occorre guardare con seria preoccupazione ai lunghissimi tempi di attesa dell’udienza, che oggi oscillano dai quattro ai sei anni.

Oltre, quindi, ad un controllo sulle ricadute organizzative della legge sugli assistenti, che la Corte suprema ha certo in programma, sarebbe utile approfondire la riflessione su ulteriori misure che consentano la formazione dei ruoli di udienza non solo in ragione dell’anzianità delle cause, ma anche della loro rilevanza economica, sociale e, comunque, nomofilattica.

Allo stesso modo, sarebbe auspicabile l’adozione di modelli di motivazione – penso al settore civile – che abbandonino la tentazione di organica sistemazione degli istituti di volta in volta trattati o anche solo chiamati marginalmente in causa.

L’autorevolezza delle decisioni della Corte suprema può ben riposare su motivazioni che si limitino a richiamare gli indirizzi giurisprudenziali, assecondando prioritarie esigenze di sintesi espositiva e celerità nella definizione delle procedure.

Quanto alla funzione della Corte, del suo ruolo oggi fortemente messo in crisi dal rilevante numero dei ricorsi, le Istituzioni politiche sono direttamente e con urgenza interpellate. Da più parti, si dice che la mole di lavoro sia incompatibile con il modo d’essere di una Corte di Cassazione, che viene trascinata sempre più verso gli ambiti propri di una Corte di terza istanza.

Quasi a significare che il percorso di unificazione delle varie Corti di cassazione infra-regionali, di ottocentesca memoria, in verità non sia mai stato compiuto completamente.

E invece, oggi più di ieri v’è un inderogabile bisogno di una Corte di cassazione che sappia e possa attendere, nella complessità del sistema giuridico, all’essenziale compito di rendere sufficientemente prevedibili le decisioni dei giudici.

L’imprevedibilità è infatti fattore destabilizzante che gioca proprio nella direzione di aumentare il contenzioso, accentuare le diseguaglianze, mettere in difficoltà il sistema economico di mercato; alimentando il convincimento che si possa sempre tentare una causa, dato che nulla è certo, stabile e prevedibile.

Su questo piano abbiamo già avviato due riforme, l’una per il settore penale, l’altra per il settore civile, che, accogliendo anche indicazioni provenienti dalla Suprema magistratura, spero avranno l’effetto di alleggerire la Corte dell’attuale, insostenibile carico di ricorsi.

Si tratta, da un lato, del disegno di legge presentato alla Camera lo scorso 11 marzo 2015, largamente tributario dell'elaborazione della Commissione di studio autorevolmente guidata dal presidente di sezione Giuseppe Maria Berruti.

L’obiettivo principale è il processo di merito, con la previsione di un momento di forte concentrazione di attività in primo grado. Affinché un giudice, che padroneggia le prospettazioni delle parti, nell’udienza di trattazione possa formulare una prognosi che consenta una conciliazione.

È questa una politica del processo volta non già ad aumentare sbarramenti e filtri, ma ad accentuare i caratteri impugnatori del secondo grado. In questa prospettiva, la Corte suprema, facendo tesoro degli abusi che in passato sono stati commessi in riferimento al vizio di motivazione, deve essere posta nelle condizioni di esaminare il percorso logico e giuridico che il giudice di merito ha seguito nell’individuare la legge del caso.

In riferimento specifico al giudizio di legittimità, la semplificazione avrà ad oggetto il giudizio camerale, oggi particolarmente defatigante,  che sarà disciplinato secondo il felice modello del rito camerale penale. I ricorsi, assegnati ai relatori, verranno rimessi alla camera di consiglio su decisione del presidente titolare della sezione, quando ne appaia agevole la soluzione.

La camera di consiglio, sulla base anche delle eventuali memorie delle parti, deciderà con ordinanza, a meno che non ritenga necessaria la rimessione alla pubblica udienza.

Si elimina così la poco funzionale richiesta di discussione orale, in modo da pervenire più celermente, ma nel pieno rispetto dei principi costituzionali, alla decisione.

 


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