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"Se esiste in un computer, sara' trovato" - Valentino Spataro, era il il 1991. Vero.



Deontologia    

Quale la pubblicita' vietata agli avvocati ? Cosi' il cnf

"Nel caso di specie la pubblicita' posta in essere era da considerarsi impropria e quindi operata in violazione delle norme del codice deontologiche in relazione al contesto in cui appariva e al contenuto, da ritenersi accattivante, per il messaggio circa una competitivita' sui prezzi nonche' per la dimensione variabile dei caratteri."
05.12.2012 - pag. 82704 print in pdf print on web

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 N. 245/10 R.G. RD n. 34/12 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 Il Consiglio nazionale forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il Ministero della Giustizia, in Roma, presenti i Signori;

- Avv. Ubaldo PERFETTI Presidente  f.f.

- Avv. Carla BROCCARDO Segretario f.f.

- Avv. Paolo BERRUTI    Componente - Avv. Federico FERINA “ - Avv. Enrico MERLI “ - Avv. Aldo MORLINO  “ - Avv. Claudio NERI  “ - Avv. Andrea PASQUALIN “ - Avv. Bruno PIACCI “ - Avv. Giuseppe PICCHIONI “ - Avv. Michele SALAZAR “ con l'intervento del rappresentante del P.M. presso la Corte di Cassazione nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Pasquale  Ciccolo ha emesso la seguente

DECISIONE

 sul ricorso presentato dagli Avv.ti C. M. C., B. B., N. B., F. I. e A. M. avverso la decisione in data 18/1/10, con la quale il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Monza ha inflitto loro la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due;

I ricorrenti, avv.ti C. M. C., B. B., N. B., F. I. e A. M. sono comparsi personalmente;

è presente il loro difensore avv. Emanuele Principi;

Per il Consiglio dell'Ordine, regolarmente citato, è presente il difensore avv. Attilio Carlo Villa;

Udita la relazione del Consigliere avv. Aldo Morlino;

Inteso il P.M., il quale ha concluso chiedendo in via principale la dichiarazione di incompetenza territoriale del COA di Monza; in subordine la riduzione della sanzione inflitta all’avvertimento.

Inteso il difensore dei ricorrenti, il quale ha concluso sostenendo la competenza del COA territoriale e l’adeguatezza della sanzione, in relazione alla violazione delle norme deontologiche del caso di specie, comunque per questo, si rimette alla prudente valutazione del Collegio;

l’avv. Principi conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso.

FATTO A seguito della ricezione di esposto il COA di Monza, in data 24 giugno 2009, deliberava l'apertura di procedimento disciplinare a carico dei cinque professionisti il cui nominativo compariva in un inserto pubblicitario pubblicato sulla rivista “City”.

ai professionisti veniva contestato il seguente addebito;

“per la violazione del combinato disposto degli artt. 17/bis e 19  C.D.F..per aver diretto comunicazioni ed informazioni sulla propria attività professionale, utilizzando in modo improprio mezzi consentiti e comunque in modo incompleto rispetto alle indicazioni obbligatorie  normate.

Il tutto con contenuto, forma e modalità irrispettose della dignità e decoro della professione, con locuzioni integranti messaggio pubblicitario e promozionale ad ampia divulgazione con la pubblicazione di un box pubblicitario sul quotidiano “City” n. 29 del 16.02.2009.

In Monza, il 16/02/2009” Gli incolpati, ricevuta la comunicazione, in data 19.11.2009 depositavano, per il tramite del loro difensore, note difensive nelle quali eccepivano l'incompetenza territoriale dell'Ordine di Monza affermando che la stessa vicenda era stata già esaminata dal C.O.A. di Milano, che in passato aveva deliberato l'archiviazione di procedimento per fatto analogo. Nel merito si sosteneva che la comunicazione incriminata utilizzava in modo non improprio mezzi consentiti, contenendo, peraltro, tutte le indicazioni obbligatorie, cosicchè il messaggio utilizzato con contenuto pubblicitario non poteva ritenersi di per sè configurante alcun illecito disciplinare.

Il C.O.A. di Monza con precedente delibera aveva aperto procedimento disciplinare relativamente alla medesima inserzione pubblicitaria pubblicata però su altro numero del quotidiano che con la delibera in data 24 giugno 2009 veniva revocata, proseguendo il procedimento sulla base del capo d'incolpazione come sopra riportato Venivano fissate le udienze per la trattazione, nell'ambito delle quali venivano ascoltati i testi B. e S., svolte le difese per tutti gli incolpati. All'esito il C.O.A. pronunciava la decisione con la quale, riconosciuta la responsabilità dei professionisti, irrogava a ciascuno la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per mesi 2.

La decisione, assunta in data 18.01.2010, era notificata al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Monza in data 14.07.2010; agli incolpati tra il 15 ed il 23.07.2010.

Avverso tale atto, in data 29.07.2010, proponevano ricorso gli incolpati a mezzo del proprio difensore.

Con l'atto d'impugnazione, sulla scorta di tre motivi di ricorso, si lamentano, in primo luogo, la presunta incompetenza territoriale del C.O.A. di Monza in quanto la richiesta della predisposizione dell'annuncio pubblicitario effettuata dagli stessi, nonchè la successiva stampa e pubblicazione del box, sarebbero state poste in essere in Milano.

Rilevano al riguardo come nonostante tale questione fosse già stata formalizzata in un'eccezione formulata nel corso del giudizio di primo grado, tuttavia, nè nel corso del dibattimento, nè nella motivazione della decisione, il C.O.A. giudicante abbia affrontato la problematica. In conseguenza di tanto i ricorrenti chiedono dichiararsi la nullità del provvedimento.

In secondo luogo, gli incolpati lamentano l'asserita inesistenza dell'illecito disciplinare, in quanto la complessiva condotta da loro assunta sarebbe da considerare come assolutamente lecita. In particolare, si evidenzia come, diversamente da quanto cristallizzato nel capo d'incolpazione, la comunicazione pubblicitaria contenuta all'interno di apposito box sarebbe del tutto conforme al disposto delle norme deontologiche asseritamente violate in quanto l'utilizzo di spazio all'interno di quotidiano non potrebbe essere definito alla stregua di mezzo “improprio”. Il contenuto del messaggio pubblicitario sarebbe, altresi', da ritenersi assolutamente completo in rapporto a quanto previsto dall'art. 17 bis C.D.; allo stesso modo non potrebbe essere considerato, neppure astrattamente, come lesivo della dignità e del decoro professionale.

Da ultimo, rilevavano come la circostanza che il messaggio rivesta carattere pubblicitario e promozionale non costituirebbeex se  alcun illecito deontologico.

Analoghe considerazioni venivano svolte dai ricorrenti in ordine alla condotta contestata di presunto “accaparramento di clientela”; a tal proposito escludono la possibilità di far rientrare la pubblicazione del messaggio pubblicitario in discussione nel alveo della previsione di cui all'art. 19 C.D., in quanto si sarebbe in presenza di semplice “ricerca” di clientela e non nella diversa ipotesi di “procacciamento” della medesima.

Chiedono, in via principale, l'annullamento della decisione impugnata ed in via subordinata una riduzione della sanzione ritenendo quella irrogata non proporzionata alla natura ed all'entità dei fatti.

Pervenuto il fascicolo al C.N.F., si provvedeva a fissare l'odierna udienza di trattazione di cui era dato avviso, regolarmente notificato, alle parti.

All'odierna udienza le parti presenti concludevano come da separato verbale.

DIRITTO

Quanto alla lamentata incompetenza territoriale del COA di Monza va rilevato che in materia disciplinare il procedimento può radicarsi dinnanzi al COA presso cui l'avvocato è inscritto ovvero al COA nel cui ambito territoriale il fatto integrante illecito sia avvenuto, vigendo il principio della prevenzione. Orbene, nella specie deve rilevarsi che certamente il giornale veniva stampato in Milano e che le richieste di inserimento di box pubblicitari erano trasmesse a Milano, ma lo stesso distribuito nell'ambito della città e provincia, poteva anche e non solo in via astratta pervenire casualmente nell'ambito territoriale del COA di Monza, cosicchè a prescindere dal luogo di iscrizione del professionista il COA di Monza legittimamente avrebbe potuto iniziare l'azione. A tanto si aggiunge che uno dei professionisti incolpati era iscritto al C.O.A. procedente, tale appartenenza agiva da  vis  actractivanei confronti degli altri professionisti citati nel box pubblicitario.

Ad una tale rappresentazione puramente astratta si aggiunge che il quotidiano “City” è diffuso in altre città della Lombardia oltre Milano tra cui appunto Monza, e quindi gli effetti pubblicitari impropri si manifestavano nei confronti anche dei soggetti residenti nell'ambito territoriale posto sotto il controllo del C.O.A. di Monza. L'eccezione d'incompetenza, dunque, risulta priva di fondamento e non può trovare accoglimento, nemmeno sotto l'ulteriore profilo lamentato dagli appellanti. Infatti, il prosieguo del giudizio da parte del C.O.A. di Monza, nonchè la successiva decisione, equivale ad implicito rigetto dell'eccezione come formulata. Va detto, infatti, che nessuna nullità si ingenera dalla mancata pronunzia di reiezione della eccezione di incompetenza territoriale superata dal fatto che il Giudice si è ritenuto competente e come tale a deciso.

A tutto voler concedere si potrebbe ritenere sussistesse un difetto motivazionale da parte del C.O.A. sul punto, al riguardo, pero', occorre rilevare che il presente Giudice ha il potere di integrare la motivazione dell'atto amministrativo che è chiamato  a riesaminare, e pertanto a sanarne eventuali carenze, come operato nel caso di specie.

Del pari è priva di fondamento l'eccezione, pur proposta tra le righe, di esistenza di un precedente giudicato che, nella specie, non appare invocabile dal momento che una delibera di archiviazione di “pratica disciplinare” per “non essere emersi elementi di rilievo deontologico”, non può assumere il rilievo di precedente giudicato, e tanto dal momento che non è mai venuto ad esistenza un vero e proprio procedimento. L'ipotesi di bis in idem può invocarsi solo in presenza di un precedente giudizio, in quanto non si può essere giudicati due volte per un medesimo fatto, seppur diversamente qualificato. La decisione deve però giungere al termine o nel corso di un regolare giudizio precedentemente insorto, ciò vuol dire che ove non ci sia stato un vero e proprio giudizio non può sussistere  bis in idem . Nel caso di specie la delibera di archiviazione del COA di Milano è intervenuta in un momento preprocedimentale, che impedisce di ritenere l'esistenza di un procedimento disciplinare, e pertanto non può ritenersi sussistente una duplicazione di giudizi sul medesimo episodio.

Gli ulteriori motivi possono essere oggetto di un esame congiunto dal momento che investono la natura stessa del messaggio sotto il profilo della conformità dello stesso al disposto delle norme deontologiche e, conseguentemente, il carattere lecito della condotta, che neppure astrattamente potrebbe essere considerata lesiva di dignità e decoro professionale, non potendo rientrare neanche nella previsione del “procacciamento” di clientela, potendosi al più qualificare come mera “ricerca”. In merito il C.O.A. sottolinea la rilevanza deontologica della condotta degli incolpati che risultava provata sulla scorta del contenuto delle testimonianze acquisite, in sede di istruttoria dibattimentale, ma soprattutto in virtù delle specifiche caratteristiche proprie del messaggio pubblicitario inserito nel box. Questo era connotato da slogan sull'attività svolta dai ricorrenti, ai quali si accompagnava una grafica tale da porre un evidente enfasi sul dato economico e su altre informazioni rappresentate in modo da costituire un indebita offerta di servizi e/o prestazioni professionali dirette all'indistinto e scarsamente competente pubblico dei lettori. I contenuti proposti con l'inserto pubblicitario apparivano equivoci, suggestivi ed eccedenti il carattere informativo consentito. La ricostruzione operata dal C.O.A. appare pienamente condivisibile, va detto, infatti, che l'art. 2 D.L. 223/06, con il quale si consentiva la pubblicità informativa delle attività professionali, non ha abrogato l'art. 38 R.D.L. 1578/33. Alla luce di ciò le norme deontologiche relative alla pubblicità (art. 17 e 17  bis) devono essere lette ed interpretate nel quadro generale del contesto normativo in cui si sono inserite. Ne discende che la pubblicità informativa essendo consentita nei limiti fissati dal Codice Deontologico Forense, deve, dunque, essere svolta con modalità che non siano lesive della dignità e del decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell'avvocato ed in particolare di quelle manifestazioni direte alla clientela reale o potenziale. La pubblicità mediante la quale il professionista con il fine di condizionare la scelta dei potenziali clienti, e senza adeguati requisiti informativi, offra prestazioni professionali, viola le prescrizioni normative, integrando il messaggio modalità attrattive della clientela operate con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignità e con il decoro. Nel caso di specie la pubblicità posta in essere era da considerarsi impropria e quindi operata in violazione delle norme del codice deontologiche in relazione al contesto in cui appariva e al contenuto, da ritenersi accattivante, per il messaggio circa una competitività sui prezzi nonchè per la dimensione variabile dei caratteri.

Riscontrandosi ancora nel tipo di messaggio in parola una marcata natura commerciale, in quanto volto a persuadere il cliente, eccedendosi però l'ambito informativo previsto dalla norma deontologica. La proposta commerciale che offra servizi professionali a costi molto bassi lede il decoro della professione a prescindere dalla corrispondenza o meno alle indicazioni tariffarie, dovendosi considerare l'adeguatezza del compenso al valore e all'importanza della singola attività posta in essere.

Pur nel quadro sopra delineato di sussistenza dell'illecito deontologico, vanno presi in considerazione tutti gli elementi di cui al 133 c.p. ai fini della determinazione della sanzione più idonea da irrogarsi, vuoi in relazione alla gravità e alla ripetitività della condotta vuoi in  elazione al comportamento processuale tenuto dagli incolpati, cosicchè nel caso di specie la sanzione da ritenersi più adeguata è quella dell'avvertimento, che si irroga in luogo della sospensione dall'esercizio della professione per mesi 2 (due) irrogata dal C.O.A. di Monza.

P.Q.M.

Il Consiglio Nazionale Forense, riunitosi in Camera di Consiglio;

visti gli artt. 50 del R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;

in parziale riforma della decisione del C.O.A. di Monza del 18 gennaio 2010, sostituisce alla irrogata sospensione la più lieve sanzione dell'avvertimento. Conferma nel resto Così deciso in Roma il 29 ottobre 2011.

IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE f.f.

f.to avv. Carla Broccardo f.to Prof. avv. Ubaldo Perfetti Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense, oggi 2 marzo 2012 IL CONSIGLIERE SEGRETARIO f.to avv. Andrea Mascherin Copia conforme all'originale IL CONSIGLIERE SEGRETARIO avv. Andrea Mascherin


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05.12.2012 Spataro

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