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"Lavorare insieme per il bene comune. Questa si chiama amicizia sociale" - Papa Francesco ai giovani a Cuba



Precariato    

Lavoro precario: Cassazione civile sez. lavoro Sent., 01 agosto 2008, n. 21031

Testo cortesemente inviato dagli avvocati:

Stefano Bogini stefanobogini at gmail.com

Marco Monni Avvocato in Cagliari avvocatomarcomonni at gmail.com

Avv. Maria Stella Pileio via XX settembre, 45 - 89029 Taurianova - Reggio Calabria

tel. e fax 0966 612456 pileio.mariastella at libero.it - skype: maria stella pileio

14.12.2010 - pag. 76031 print in pdf print on web

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I

Il Tribunale di Genova, con sentenza non definitiva in data 29.11.2000, resa nel giudizio vertente tra la Alfa 2000 srl e M.G.F. nei confronti dell'Inps, affermo', con riferimento alle omissioni contributive accertate con verbale ispettivo del 29.10.1993, che fra la predetta Societa' e i lavoratori A.M., B.M., F.D. e V.G. erano intercorsi tanti brevi rapporti di lavoro subordinato per quante erano state le giornate nelle quali gli stessi avevano prestato la loro attivita'; con successiva sentenza il Tribunale provvide alla quantificazione delle somme dovute.
La Corte d'Appello di Genova, con sentenza del 5.11 - 6.12.2004, respinse l'appello proposto dalla Alfa 2000 srl e da M.G.F., ritenendo, per quanto qui ancora rileva, la natura subordinata dei rapporti di lavoro suddetti.
Avverso tale sentenza della Corte territoriale la Alfa 2000 srl, in liquidazione, e M.G.F. hanno proposto ricorso per cassazione, fondato su tre motivi. L'Inps ha depositato procura partecipando alla discussione.

Motivi della decisione
 
1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all'artt. 2094 c.c. e art. 115 c.p.c., nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dolendosi che la Corte territoriale non abbia fornito adeguata motivazione, indicando i fatti da cui aveva tratto il convincimento dell'inserimento dei lavoratori nell'organizzazione aziendale e della sussistenza dei vincoli gerarchici e disciplinari indispensabili per ritenere la natura subordinata dei rapporti di lavoro de quibus.
 
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all'art. 2222 c.c., nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dolendosi che la Corte territoriale non abbia valutato con motivazione congrua la configurabilita' dei rapporti de quibus come contratti d'opera.
 
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all'art. 2094 c.c. ed ai criteri generali e astratti in materia di lavoro subordinato, nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dolendosi che la Corte territoriale abbia sottovalutato la sussistenza di una chiara volonta' delle parti nella scelta della regolamentazione dei rapporti giuridici intercorsi. I tre motivi, siccome fra loro strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
 
2. Osserva il Collegio che la Corte territoriale ha compiutamente descritto gli elementi fattuali caratterizzanti i rapporti di lavoro all'esame, siccome gia' accertati dal primo Giudice "in piena aderenza alla risultanze istruttorie":
- prestazioni di lavoro saltuarie e senza vincolo di restare a disposizione del datore di lavoro tra l'una e l'altra;
- possibilita' dei lavoratori, quando chiamati, di rifiutare la prestazione, e, al contempo, richiesta avanzata talora degli stessi lavoratori della eventuale necessita' della loro opera;
- attivita' lavorativa consistita nello scaricare i camion e nel coadiuvare il magazziniere secondo le disposizioni da quest'ultimo impartite, nonche', per l' A., anche nello smistamento delle bolle o nella guida di furgoni, e, per il F., anche nella pulizia del piazzale;
- presentazione dei lavoratori presso il magazzino, all'ora stabilita dal responsabile del magazzino stesso;
- obbligo di osservare le disposizioni impartite dal responsabile del magazzino;
- utilizzo dei mezzi aziendali per l'effettuazione delle disposizioni impartite;
- applicazione della ritenuta d'acconto sui compensi corrisposti.
Sulla base di questi accertamenti fattuali il Giudice a quo ha ritenuto che:
- le mansioni in concreto svolte si connotavano per il carattere meramente esecutivo, con modesto contenuto professionale, cosicche' pareva "davvero difficile potere qualificare come obbligazione di risultato la prestazione dovuta";
- ai lavoratori era richiesto nulla di piu' che"porre a disposizioni del datore le loro energie lavorative, e sottostare al potere di supremazia gerarchica da questi esercitato attraverso i suoi preposti nell'ambito dell'organizzazione aziendale";
- la saltuarieta' della prestazione non era elemento idoneo di per se' a qualificare come autonoma la prestazione resa, poiche', giusta l'insegnamento di richiamata giurisprudenza di legittimita', il vincolo della subordinazione non ha tra i suoi tratti caratteristici indefettibili la permanenza nel tempo dell'obbligo del lavoratore di tenersi a disposizione del datore di lavoro;
- l'effettuazione della ritenuta d'acconto sui compensi non costituiva elemento idoneo a fare ritenere che la volonta' negoziale delle parti si fosse formata nel senso della autonomia del rapporto, trattandosi di un comportamento datoriale unilaterale che non provava l'esistenza di un accordo in tal senso.
 
 
3. Secondo il consolidato e condiviso orientamento interpretativo di questa Corte, ogni attivita' umana economicamente rilevante puo' essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalita' del suo svolgimento;
l'elemento tipico che contraddistingue il primo dei suddetti tipi di rapporto e' costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilita' del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalita' di esecuzione dell'attivita' lavorativa, mentre altri elementi, come l'osservanza di un orario, l'assenza di rischio economico, la forma di retribuzione e la stessa collaborazione, possono avere, invece, valore indicativo, ma mai determinante; l'esistenza del suddetto vincolo va concretamente apprezzata dal giudice di merito con riguardo alla specificita' dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che, in sede di legittimita', e' censurabile soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in tale sede se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale (cfr., ex plurimis, Cass., n. 4036/2000; 20669/2004; 7966/2006).
 
 
4. Alla luce delle ricordate argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, deve convenirsi che la Corte territoriale ha puntualmente osservato i criteri dettati per l'individuazione della natura del rapporto, riscontrando la sussistenza del vincolo della subordinazione sulla base delle descritte modalita' dell'attivita' lavorativa, contraddistinta dalla messa a disposizione da parte dei lavoratori delle proprie energie lavorative, dall'obbligo di sottostare alle disposizioni impartite loro dal superiore gerarchico e, quindi, dal loro inserimento nell'organizzazione aziendale. La considerazione svolta sulla natura esecutiva delle mansioni espletate riflette soltanto la ritenuta difficolta' nei poter individuare in relazione alle stesse un'obbligazione di risultato, ma non costituisce il punto decisivo della soluzione accolta, che, come detto, consiste invece nell'essere stato concretamente individuata la sussistenza della subordinazione.
Al contempo la Corte territoriale ha congruamente motivato (richiamando condivisa giurisprudenza di questa Corte: cfr., Cass., n. 7304/1999) in ordine alla inidoneita' del carattere saltuario delle prestazioni a consentire di per se' la loro qualificazione nel senso dell'autonomia e, del pari congruamente, in ordine all'inidoneita' dell'effettuazione della ritenuta d'acconto sui compensi a far ritenere che la volonta' delle parti si fosse formata nel senso della autonomia del rapporto.
Trattasi dunque di motivazione coerente con le risultanze processuali, immune da vizi logici e da errori giuridici e che pertanto, come tale, si sottrae alle censure svolte.
 
 
5. Queste ultime, in realta', evidenziando quelle peculiarita' fattuali dei rapporti de quibus che, a giudizio della ricorrente, avrebbero potuto portare ad una diversa soluzione della controversia, si risolvono nella prospettazione di una interpretazione delle risultanze processuali difforme da quella adottata, senza tuttavia indicare emergenze probatorie decisive, tali cioe' che, se considerate dal giudice del merito, sarebbero state idonee di per se' a condurre, in termini di certezza e non di mera probabilita', ad una diversa soluzione della controversia (cfr, ex plurimis, Cass., n. 7000/1993; 1203/2000; 13981/2004).
Deve poi rilevarsi che, avendo ritenuto la Corte territoriale, in base alla valutazione complessiva delle emergenze processuali e con motivazione adeguata e giuridicamente corretta, la natura subordinata dei rapporti, cio' ha comportato l'implicita - ma inequivoca - ripulsa delle argomentazioni della parte volte alla qualificazione dei rapporti stessi in termini di autonomia, cosicche' il secondo e il terzo mezzo risultano privi di pregio una volta riscontrata l'infondatezza del primo (dovendo altresi' osservarsi che il terzo mezzo presenta anche profili di inammissibilita' laddove, affermando che le ricevute in atti "si presentano tutte sottoscritte dai dipendenti", omette di riportarne puntualmente il contenuto, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione).
 
 
6. In definitiva il ricorso, pur affermando il contrario, finisce, nella sostanza, per richiedere a questa Corte, che non ne ha il potere, un riesame del merito e, pertanto, deve essere rigettato. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
 
 
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 10,00, oltre ad Euro 1.000,00 (mille) per onorari e accessori di legge.
Cosi' deciso in Roma, il 12 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2008


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14.12.2010 Spataro

Cassazione

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