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Avvocati    

La quantificazione del danno patrimoniale del professionista

Quantificazione e onere della prova
24.12.2009 - pag. 70678 print in pdf print on web

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Fornire la prova del danno patrimoniale del professionista, nei due profili di danno emergente e lucro cessante, non è cosa facile.

 

Si corre il rischio che venga rigettata la domanda per mancata prova sul punto.

 

La sentenza in commento, infatti, più volte sottolinea il mancato assolvimento dell'onere della prova incombente sull'attore.

 

In particolare, per quel che concerne il profilo del danno emergente va ricordato che

 

la dichiarazione dei redditi è idonea a dimostrare il reddito e non certo le spese sostenute.

 

 

Parlando invece di lucro cessante,

 

il danno patrimoniale da invalidità permanente ed inabilità temporanea, conseguite ad un sinistro stradale, va liquidato, ai sensi della L. n. 39 del 1977, art. 4, sulla base delle risultanze delle dichiarazioni dei redditi presentate dal danneggiato nei tre anni precedenti il sinistro non della dichiarazione di un solo anno. E le risultanze di tali dichiarazioni fondano comunque una mera presunzione juris tantum sull'entità del reddito percepito dal danneggiato.

 

A tal proposito occorre osservare che il richiamato art. 4 della legge n.39/77 (o per meglio dire del d.l. 857/76 di cui la legge 39/77 costituisce conversione), il quale recita:

 

Nel caso di danno alle persone, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina per il lavoro dipendente sulla base del reddito di lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge, e per il lavoro autonomo sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche degli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge dall'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro, ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 .

È in ogni caso ammessa la prova contraria, ma quando dalla stessa risulti che il reddito sia notevolmente sproporzionato rispetto a quello risultante dagli atti indicati nel comma precedente, il giudice ne fa segnalazione al competente ufficio delle imposte dirette.

In tutti gli altri casi, il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può comunque essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale .

Le spese sostenute dagli ospedali o case di cura convenzionate con enti regionali per le prestazioni di cure mediche, per la somministrazione di medicinali e per il ricovero debbono essere rimborsate direttamente alle regioni, le quali possono stipulare con gli assicuratori e le imprese designate apposite convenzioni per la determinazione delle somme da rimborsare e delle modalità del rimborso.

I criteri di cui al primo ed al terzo comma sono applicati per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti dopo l'entrata in vigore del presente decreto

 

è stato abrogato dall'art. 354,1° comma del d. lgs. 109/05, e bisogna ora fare riferimento invece all'art. 137 del predetto decreto (o codice delle assicurazioni), che rappresenta la trasposizione della vecchia norma nel nuovo codice. Per completezza, ecolo qui

 

1. Nel caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il più elevato tra quelli degli ultimi tre anni e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge, dall'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge.

2. È in ogni caso ammessa la prova contraria, ma, quando dalla stessa risulti che il reddito sia superiore di oltre un quinto rispetto a quello risultante dagli atti indicati nel comma 1, il giudice ne fa segnalazione al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.

3. In tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale.

 

 

Renato Savoia

 


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