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"La maggior parte degli uomini, piuttosto che ricercare la verita', che e' loro indifferente, preferisce adottare le opinioni che vengono riferite gia' bell'e pronte" - Tucidide



Draghi    

La relazione del governatore Draghi alla VI commissione

Da Banca d'Italia . - grassetto nostro (in materia di prefetti)
17.03.2009 - pag. 67903 print in pdf print on web

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Commissione VI della Camera dei Deputati (Finanze)

Indagine conoscitiva sulle tematiche relative al sistema bancario e finanziario Audizione del Governatore della Banca d’Italia

Mario Draghi
Camera dei Deputati
17 marzo 2009


Tutte le principali economie avanzate hanno registrato una forte contrazione del prodotto nel quarto trimestre del 2008. La domanda per consumi e investimenti si abbassa per il rapido e generale peggioramento del clima di fiducia tra famiglie e imprese; per l’aumento della disoccupazione; per la caduta delle quotazioni azionarie e del valore degli immobili; per le piu' restrittive condizioni di accesso al credito.

La recessione si e' trasmessa alle economie emergenti, colpite dalla caduta delle esportazioni verso quelle avanzate, dal calo dei prezzi delle materie prime e dalla repentina inversione dei flussi di capitale. Particolarmente vulnerabili sono le economie piu' dipendenti dai finanziamenti esteri, come quelle dell’Europa centrale e orientale.

Il Fondo monetario internazionale e altri previsori ufficiali e privati hanno progressivamente corretto al ribasso le stime di crescita dell’economia mondiale.

A gennaio l’FMI prevedeva una caduta degli scambi commerciali di quasi il 3 per cento nel 2009 e un calo del PIL dell’1,6 per cento negli Stati Uniti, del 2,0 nell’area dell’euro, del 2,6 in Giappone; ha gia' annunciato che le stime sono di nuovo in corso di revisione alla luce dei dati piu' recenti. La crescita del prodotto mondiale risultera' probabilmente negativa nella media dell’anno.

Le autorita' di politica economica hanno agito con prontezza per contenere il diffondersi della crisi finanziaria e contrastarne gli effetti sull’economia reale. Le banche centrali hanno fornito, con interventi senza precedenti per dimensione e per intensita' del coordinamento internazionale, ampia liquidita' al sistema finanziario. Le autorita' di governo hanno introdotto o rafforzato le garanzie sui depositi e i titoli bancari, hanno effettuato o predisposto interventi di ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie.

Gli interventi hanno evitato un collasso del sistema, ma non hanno ancora portato chiarezza sui bilanci di quelle banche che piu' hanno investito in titoli “tossici”: permane l’incertezza sull’entita' e la distribuzione delle perdite nei bilanci di quelle che erano le piu' grandi banche mondiali. Inoltre e' prevedibile che la recessione deteriorera' gli attivi bancari.

Ristabilire la fiducia nelle istituzioni finanziarie e ripristinare il buon funzionamento dei mercati del credito e' indispensabile, insieme con il sostegno alla domanda proveniente dalle politiche monetarie e fiscali, per riavviare la crescita.

Nelle principali economie i tassi di interesse ufficiali si collocano ora a livelli minimi. I margini per l’azione della leva monetaria sono limitati; sono tuttavia possibili, e in parte si stanno attuando, misure non convenzionali di politica monetaria; in alcuni casi, in particolare negli Stati Uniti, la banca centrale si e' messa in condizione di intervenire direttamente per assicurare liquidita' al settore privato su particolari segmenti del mercato del credito.

I principali governi hanno deciso misure di stimolo fiscale per contrastare la contrazione del reddito e dell’occupazione. Negli Stati Uniti e' stato varato un piano di misure di spesa e tagli fiscali, che sfiora gli 800 miliardi di dollari, con un impatto complessivo sul disavanzo del triennio 2009-2011 pari a circa il 5 per cento del PIL annuale. L’entita' delle misure di sostegno e' minore, ma cospicua, nei paesi europei e in Giappone, riflettendo in parte anche le diverse condizioni iniziali delle finanze pubbliche e il diverso operare degli stabilizzatori automatici.

Anche in Cina il governo ha annunciato un ampio programma di spese straordinarie per sostenere la domanda.

L’importanza della cooperazione internazionale per il ritorno a una stabile crescita economica globale e il rafforzamento del sistema finanziario internazionale e' stata sottolineata con convinzione nell’incontro dei ministri e governatori del G20 tenutosi a Brighton nel fine settimana.

4 In Italia, come nel resto dell’area, la recessione aggravatasi a meta' del 2008 dovrebbe proseguire nel corso dell’anno. Tutti gli indicatori (produzione, ordinativi e giacenze di magazzino) continuano a segnalare ritmi produttivi molto bassi. Nel primo trimestre di quest’anno il prodotto interno lordo si contrarrebbe per la quarta volta consecutiva; e' verosimile che l’intero 2009 si chiuda con un nuovo, significativo calo dell’attivita' economica, concentrato soprattutto nel settore privato.

Le difficolta' dei principali mercati di sbocco hanno inciso sulle esportazioni, che erano state il piu' importante sostegno della domanda nel 2006-07. In gennaio le esportazioni italiane verso i mercati esterni all’Unione Europea sono scese a minimi storici. I piani di investimento delle imprese sono stati drasticamente ridotti a causa degli ampi margini inutilizzati di capacita' produttiva.

L’inflazione al consumo, in discesa dallo scorso autunno, era pari in febbraio all’1,6 per cento; dovrebbe continuare a scendere sino alla prossima estate, grazie soprattutto all’andamento dei prezzi dei prodotti energetici e alimentari. Nonostante la contrazione dei livelli di attivita', i maggiori organismi internazionali e gli analisti non prevedono l’avvio di una spirale deflazionistica.

L’importo delle maggiori spese e delle riduzioni di entrate approvate in Italia per finalita' anticicliche e' circa mezzo punto percentuale del PIL; queste azioni sono finanziate da interventi di segno opposto. Ulteriori misure hanno indirizzato risorse gia' stanziate verso impieghi piu' efficaci a stimolare la domanda aggregata.

La scelta delle forme che assumono gli interventi pubblici a sostegno della domanda non e' meno importante della loro dimensione. Essi devono sostenere il consumo delle fasce piu' deboli e rafforzare la capacita' di crescita dell’economia 5 con investimenti pubblici caratterizzati da un elevato tasso di rendimento e da una pronta capacita' di spesa.

Il Governo ha esteso temporaneamente a gran parte delle tipologie di lavoratori atipici la possibilita' di accedere agli ammortizzatori sociali; ulteriori miglioramenti sono stati definiti la scorsa settimana. Il finanziamento di questi interventi e' stato di recente ampliato grazie all’intesa tra Stato e Regioni. Questi provvedimenti sono opportuni. Resta pero' l’esigenza di impostare fin da ora una riforma complessiva.

Il Governo ha anche annunciato di avere allo studio provvedimenti per facilitare l’ampliamento degli edifici residenziali e ridurre i contributi di costruzione. Modalita', contenuti e tempi di eventuali interventi non sono ancora noti. Una semplificazione degli adempimenti e una riduzione degli oneri potrebbe avere effetti di stimolo. La complessita' della materia, la presenza di competenze concorrenti fra Stato e regioni, la necessita' di congegnare l’intervento in modo da preservare ambiente naturale ed equilibrio urbanistico ne rendono pero' incerta la portata da un punto di vista congiunturale.

I crediti commerciali che le imprese vantano nei confronti delle Amministrazioni pubbliche, connessi con dilazioni e ritardi nel pagamento di beni e servizi, sono molto elevati: circa il 2,5 per cento del prodotto interno lordo, oltre il 30 per cento della spesa annua delle Amministrazioni per consumi e investimenti. Un’accelerazione dei pagamenti darebbe sostegno alle imprese senza appesantire strutturalmente i conti pubblici.

In paesi come l’Italia, dove e' alto il debito pubblico, interventi di breve periodo ampi e incisivi vanno compensati da misure strutturali che diano subito la certezza del riequilibrio del bilancio nel medio periodo. Allungare lo sguardo e' essenziale: la sostenibilita' dei conti pubblici nel lungo periodo e' fondamentale anche per assicurare l’efficacia delle politiche di breve.

6 Il credito e le banche Il credito delle banche italiane ha decelerato nettamente. A gennaio il tasso di crescita su tre mesi dei prestiti erogati al settore privato e' sceso al 2,3 per cento su base annua (correggendo per l’effetto contabile delle cartolarizzazioni), dall’8,6 di settembre; sulla base di dati parziali, si puo' stimare che in febbraio gli impieghi siano leggermente diminuiti sul mese precedente.

Il rallentamento ha interessato tutte le categorie di debitori. Per le imprese il tasso di crescita su tre mesi e' stato in gennaio pari al 5,5 per cento, circa tre punti in meno che a settembre; diminuivano pero' i prestiti alle imprese con meno di 20 addetti e all’industria manifatturiera. La caduta dell’attivita' produttiva e l’incertezza sull’andamento futuro dell’economia hanno ridotto la domanda di credito per investimenti e per il finanziamento delle scorte e del capitale circolante.

Per le famiglie la crescita era del 3,3 per cento in gennaio, contro il 4,7 di settembre. La dinamica del credito alle famiglie, assai sostenuta qualche anno fa, si era gia' moderata prima dell’inizio della crisi finanziaria; la flessione delle transazioni immobiliari e la caduta dei consumi di beni durevoli hanno provocato un’ulteriore frenata. Per quanto riguarda i mutui per l’acquisto di abitazioni, che costituiscono il 68 per cento del credito alle famiglie consumatrici, nel quarto trimestre dell’anno le nuove erogazioni di prestiti si sono ridotte del 20 per cento rispetto allo stesso periodo del 2007. Il credito al consumo finalizzato all’acquisto di beni e servizi – che e' pari al 6 per cento del credito alle famiglie concesso dalle banche – ha segnato un forte rallentamento.

Nel 2008 le nuove erogazioni a tasso fisso sono state pari a 36 miliardi, il 64 per cento del totale dei mutui concessi alle famiglie, contro 32 miliardi (51 per cento) nel 2007. Il forte differenziale che esisteva tra l’Italia e la media dell’area dell’euro nel costo dei nuovi mutui a tasso fisso (un punto percentuale alla meta' del 2007) si e' oggi ridotto fin quasi ad annullarsi. Negli ultimi mesi la quota delle nuove erogazioni a tasso fisso e' leggermente diminuita, pur restando elevata 7 rispetto al passato (55 per cento in gennaio). A questa riduzione ha contribuito il calo dei tassi d’interesse sui mutui a tasso variabile, che ha reso questi ultimi piu' appetibili per le famiglie; dal lato dell’offerta, le difficolta' incontrate negli ultimi mesi dalle banche nel reperire fondi a lungo termine possono averle indotte a limitare l’offerta di mutui a tasso fisso.

Al ristagno del credito contribuisce anche una politica piu' cauta delle banche nella concessione di prestiti a famiglie e imprese. Secondo le banche italiane partecipanti alla Bank Lending Survey, nel quarto trimestre del 2008 le condizioni di credito sarebbero state moderatamente ristrette, mentre la domanda di credito delle imprese sarebbe stata sostanzialmente stagnante. Tra settembre e dicembre le linee di credito esistenti si sono ridotte dell’1 per cento, a fronte di una sostanziale stasi delle effettive erogazioni.

La maggiore cautela delle banche nell’erogazione di credito deriva dalle difficolta' sui mercati della provvista e dal deterioramento del merito di credito della clientela.

Nel 2008 la raccolta delle banche italiane presso intermediari non residenti si e' ridotta di quasi il 10 per cento. All’inaridimento dei flussi di provvista dall’estero le banche hanno fatto fronte ricorrendo alla raccolta presso le famiglie, soprattutto tramite il collocamento di obbligazioni. Questo ha consentito alla raccolta complessiva di continuare ad espandersi, non ne ha impedito un deciso rallentamento; il tasso di crescita medio e' sceso dall’11 per cento del 2007 al 5 per cento del 2008; in gennaio si e' confermato lo stesso valore.

Nello stesso anno i prestiti al settore privato sono cresciuti a un tasso superiore (7,3 per cento). I finanziamenti concessi dalle banche di grandi dimensioni, che fanno maggiore affidamento sulla raccolta estera e sono piu' esposte alle pressioni dei mercati, hanno subi'to una frenata piu' intensa. Le banche locali hanno invece mantenuto flussi di credito analoghi a quelli precedenti la crisi, anche grazie a un maggiore afflusso di fondi 8 La recessione sta incidendo sulla qualita' del credito. Il rapporto tra nuove sofferenze e impieghi alle imprese e' in rapido aumento: alla fine del 2008 ha raggiunto il 2 per cento, il valore piu' alto dal 1999 se si esclude il picco toccato nel 2003 con il fallimento del gruppo Parmalat. Secondo informazioni preliminari, nei primi due mesi del 2009 il numero dei clienti segnalati in sofferenza per la prima volta e' ancora cresciuto; l’esposizione verso il sistema creditizio di questa categoria di debitori e' piu' che raddoppiata rispetto allo stesso periodo del 2008.

La qualita' del credito delle famiglie, pur con un lieve peggioramento, resta elevata.

L’indebitamento privato e' in Italia considerevolmente inferiore a quello di altri paesi. Per le famiglie, i debiti finanziari, benche' cresciuti rispetto al passato, sono il 49 per cento del reddito disponibile, contro oltre il 90 dell’area dell’euro, il 150 circa del Regno Unito e degli Stati Uniti. Per le imprese il rapporto fra debiti finanziari e prodotto e' pari al 75 per cento, rispetto a una media dell’area piu' elevata di circa 13 punti; negli Stati Uniti e nel Regno Unito il rapporto e' prossimo, rispettivamente, al 77 e al 113 per cento. Nel confronto con gli anni precedenti la recessione del 1993 la condizione finanziaria delle imprese italiane appare oggi piu' solida. Alla fine del 2007 il rapporto tra indebitamento e capitale proprio, calcolato sulla base dei bilanci di oltre 50.000 imprese, era pari a circa il 50 per cento, sette punti in meno rispetto all’inizio degli anni novanta; soprattutto e' oggi piu' ampio il grado di copertura degli oneri finanziari con le fonti interne di finanziamento.

In questi diciotto mesi di crisi le maggiori banche italiane hanno sofferto perdite piu' contenute rispetto a quelle di altri paesi, grazie a una scarsa esposizione ai titoli tossici, al forte radicamento nell’attivita' bancaria tradizionale, alla prudenza del quadro regolamentare e di supervisione, al minor grado di indebitamento dei loro clienti.

9 Per i principali gruppi gli strumenti strutturati di credito rappresentano meno del due per cento degli attivi di bilancio. Gli investimenti nei titoli piu' complessi sono una quota esigua.

La dotazione di patrimonio delle nostre banche, che, a differenza di quanto accaduto in quasi tutti gli altri principali paesi, non ha ancora beneficiato degli interventi di ricapitalizzazione pubblica, si e' mantenuta al di sopra dei minimi regolamentari. La leva finanziaria dei maggiori gruppi bancari italiani – un indicatore semplice, che prescinde dalla complessa ponderazione degli attivi per il rischio prevista dalle regole di Basilea 2 – e' considerevolmente piu' ridotta di quella delle principali banche europee.

L’incidenza degli strumenti ibridi di capitale, la componente meno robusta del patrimonio di primo livello, e' contenuta, perche' la Banca d’Italia ha applicato in proposito limiti molto piu' stringenti degli standard internazionali. Ne consegue che anche considerando misure “tangibili” di capitale il giudizio sulla solidita' delle banche italiane non muta. Il calcolo del patrimonio delle banche italiane a fini di vigilanza, in linea con gli standard internazionali, esclude il valore contabile dell’avviamento, una voce che nelle attuali condizioni di mercato puo' essere soggetta a significative incertezze; pertanto, eventuali svalutazioni (“impairment”) di questa voce non avrebbero effetto sul patrimonio di vigilanza.

Il mercato nelle sue valutazioni sconta pero' che un ulteriore rafforzamento si possa rendere necessario. Le banche devono prepararsi a fronteggiare i rischi, che si stanno gia' materializzando, derivanti dal rapido deterioramento congiunturale. Un modello di intermediazione fondamentalmente sano le ha finora tenute al riparo dalle conseguenze piu' gravi della crisi finanziaria; non le puo' rendere impermeabili alla recessione globale. L’irrobustimento del capitale, anche con gli strumenti messi a disposizione dallo Stato, e' condizione per sostenere la capacita' del sistema bancario di fornire credito all’economia.

Nel 2009 continuera' la compressione del margine di intermediazione – i ricavi complessivi delle banche – che gia' nel 2008 avrebbe registrato per l’intero 10 sistema una contrazione di circa il 5 per cento, nonostante la crescita ancora molto sostenuta, nell’ordine dell’8 per cento, del margine d’interesse (fondamentalmente il saldo tra interessi attivi e passivi). Come in passato e' verosimile che il calo dell’attivita' economica e dei tassi di interesse incida negativamente anche sui ricavi da interesse. Secondo stime econometriche la riduzione di un punto percentuale del prodotto interno lordo si rifletterebbe in una diminuzione di 0,7 punti percentuali del margine di interesse; il calo potrebbe essere molto piu' ampio, nell’ordine di 3,5 punti percentuali, in seguito alla riduzione di un punto dei tassi di interesse del mercato monetario.

Sul versante internazionale, pesano sui bilanci delle nostre maggiori banche le esposizioni verso alcune economie dell’Europa centro-orientale, che stanno subendo gli effetti negativi, particolarmente acuti, degli squilibri macroeconomici accumulati in passato. Nel settembre scorso, secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali, l’esposizione del sistema bancario italiano verso questi paesi ammontava a poco piu' di 150 miliardi di euro, pari al 5 per cento del totale dell’attivo. L’esposizione e' concentrata (per oltre il 70 per cento) in cinque paesi (Polonia, Croazia, Russia, Ungheria, Slovacchia). La situazione viene attentamente monitorata dalla Vigilanza. In ambito europeo ci sono volonta' politica e strumenti per intervenire, se se ne presenta la necessita', per prevenire crisi regionali.

Dalla fine di settembre fino a ieri le quotazioni azionarie delle maggiori banche italiane hanno perso, in media, oltre il 50 per cento, una flessione analoga a quella osservata per le principali banche europee. L’andamento delle quotazioni delle banche internazionali non e' stato positivamente influenzato dalle misure di ricapitalizzazione attuate all’estero.

Nello stesso periodo i premi sui credit default swaps (CDS) delle maggiori banche italiane, che partivano da livelli contenuti nel confronto internazionale, sono mediamente cresciuti di circa 70 punti base, collocandosi intorno a 180 punti base, un valore analogo al premio che si osservava ieri per il corrispondente indice 11 europeo. I movimenti dei premi sui CDS vengono influenzati da variazioni significative della liquidita' dei contratti.

Ho avuto piu' volte occasione di ricordare che fin dall’inizio delle turbolenze, nell’estate del 2007, la Banca d’Italia mise in evidenza l’assoluta necessita' che le banche controllassero adeguatamente il rischio di liquidita'.

Monitoraggio rafforzato, azione di persuasione, interventi specifici hanno sortito rapidi, significativi effetti; hanno fatto si' che le banche italiane potessero affrontare l’aggravarsi della crisi finanziaria nel settembre scorso con una situazione di liquidita' equilibrata, che ha loro consentito di superarne senza incidenti le fasi piu' severe.

Agli interventi di vigilanza, alla partecipazione della Banca d’Italia alle decisioni e azioni collettive dell’Eurosistema, all’attivita' di supporto svolta nei confronti del Governo e del Parlamento per l’adozione di provvedimenti miranti a ridare fiducia ai mercati – li richiamero' tra breve – si sono accompagnate numerose iniziative che abbiamo assunto direttamente, nell’esercizio delle nostre funzioni monetarie, per alleviare specifiche difficolta'. Ne ho riferito altrove in dettaglio. Desidero richiamare in particolare le operazioni di swap con le quali abbiamo messo a disposizione delle banche parte dei titoli di migliore qualita' del portafoglio della Banca d’Italia, a fronte di attivita' bancarie non stanziabili, per accrescere la loro capacita' di accedere al rifinanziamento dell’Eurosistema nei momenti di tensione. Tali operazioni sono state attuate a piu' riprese a partire dal 16 ottobre.

La forza patrimoniale della banca centrale italiana e' stata in questi mesi estremamente importante. Ci ha consentito di impostare e attuare gli interventi che ritenevamo necessari per sostenere la liquidita' del sistema, con prontezza e per importi significativi, senza mettere a rischio gli equilibri di bilancio.

12 La situazione della liquidita' interbancaria, per quanto meno tesa di qualche mese fa, e' ancora ben lontana dalla normalita'. Iniziative per ricostruire la fiducia e rilanciare gli scambi sono tuttora necessarie.

Il 2 febbraio hanno preso avvio le contrattazioni sul nuovo mercato interbancario collateralizzato (MIC), nato dalla collaborazione tra la Banca d’Italia, l’Associazione bancaria italiana e la societa' e-MID che gestisce l’omonima piattaforma elettronica. Esso offre alle banche partecipanti la possibilita' di effettuare transazioni anche su scadenze di medio termine, in maniera anonima e al riparo dai rischi di credito e di liquidita'. La Banca d’Italia valuta il collateral depositato dalle banche partecipanti e assicura il regolamento delle operazioni nel caso una controparte risulti inadempiente; al funzionamento dello schema contribuiscono, sulla base di un principio mutualistico, le banche stesse, chiamate a sopportare parte del costo di un eventuale dissesto. Il MIC e' aperto alle banche europee che rispettino i requisiti previsti per quelle italiane, previa intesa con le banche centrali dei rispettivi paesi di origine. I volumi operativi realizzati e i prezzi degli scambi sono soddisfacenti. Tra la prima e la sesta settimana di attivita' le transazioni medie giornaliere sono passate da 50 a 318 milioni di euro; le consistenze dei depositi hanno raggiunto i 2 miliardi. Sulle scadenze a una e due settimane, le piu' trattate dalle banche, i tassi di interesse espressi dal MIC sono stati costantemente inferiori a quelli delle corrispondenti scadenze nel segmento palese dell’e-MID, tra i 10 e i 30 punti base in media settimanale; sui medesimi contratti gli spread denaro-lettera relativi alle migliori quotazioni esposte nelle pagine MIC si sono progressivamente ridotti, da 5 a 1 punto base, a riprova della crescente liquidita' del mercato.

In tutti i maggiori paesi le autorita' sono intervenute a sostegno del sistema finanziario. In Italia Governo e Parlamento, con il supporto tecnico della Banca d’Italia, hanno adottato un insieme di provvedimenti per proteggere i depositanti, sostenere la liquidita' e il patrimonio delle banche, rafforzare la loro capacita' di 13 finanziare l’attivita' produttiva. Le misure, assunte ricorrendo alla decretazione d’urgenza, sono state convertite con le leggi n. 190, del 4 dicembre 2008, e n. 2, del 28 gennaio scorso. Ritengo utile richiamare brevemente i punti principali.

Con una prima misura (contenuta nel decreto-legge n. 155 del 2008, convertito con la legge 190) si e' concessa la garanzia dello Stato ai depositi bancari al dettaglio. La garanzia si e' affiancata all’assicurazione fornita dai fondi interbancari gia' esistenti. Il provvedimento e' stato importante per rassicurare i risparmiatori nei momenti di maggiore ansia sui mercati.

Un altro insieme di misure, contenuto nel decreto-legge n. 157 del 2008, consente al Ministero dell’economia e delle finanze di concedere la garanzia dello Stato sulle nuove passivita' bancarie con durata residua tra tre mesi e cinque anni;

di garantire i soggetti che offrono alle banche titoli stanziabili per le operazioni di rifinanziamento presso l’Eurosistema; di fornire alle banche titoli di stato in cambio di loro passivita' di nuova emissione (quest’ultima possibilita' si affianca alle operazioni di asset swap della Banca d’Italia prima richiamate). Tutte queste misure servono ad assicurare alle banche accesso a un’adeguata provvista di liquidita', in modo da garantire che non sia mai interrotto, neppure in condizioni di grave turbolenza, il normale funzionamento del sistema del credito e dei pagamenti. L’annuncio della loro adozione ha contribuito, insieme ai forti interventi delle autorita' monetarie, ad alleviare le tensioni sul mercato interbancario nello scorso autunno.

In terzo luogo, per fronteggiare eventuali casi di difficolta' conclamata, il decreto-legge 155 consente al Tesoro di sottoscrivere aumenti di capitale di banche per le quali la Banca d’Italia abbia accertato una situazione di inadeguatezza patrimoniale. La partecipazione dello Stato assume la forma di azioni senza diritto di voto privilegiate nella distribuzione dei dividendi;

l’intervento pubblico deve essere accompagnato da un piano di risanamento valutato dalla Banca d’Italia.

14 Infine, il decreto-legge 185 del 2008 (convertito con la legge n. 2) consente un intervento finanziario dello Stato per accrescere il capitale delle banche fondamentalmente sane. Non si tratta in questo caso di operazioni di salvataggio, ma di una misura per rafforzare il sistema e per evitare che, in un contesto macroeconomico fortemente deteriorato, si avvii una spirale perversa tra emergere di sofferenze e restrizione del credito. Lo Stato interviene sottoscrivendo strumenti finanziari emessi dalle banche, che possono essere computati a fini prudenziali nel patrimonio di migliore qualita' (core tier 1), perche' tanto la loro remunerazione quanto il loro valore dipendono dalla redditivita' e dall’adeguatezza patrimoniale della banca e sono quindi in grado di contribuire ad assorbire in ogni circostanza eventuali perdite. Le banche richiedenti devono adottare un codice etico, anche in tema di remunerazione del management, e impegnarsi a sostenere il finanziamento della clientela, in particolare delle famiglie e delle piccole e medie imprese. Quest’ultimo impegno e' stato opportunamente definito tenendo conto del livello della domanda di finanziamenti e della necessita' di mantenere criteri di prudente allocazione del credito.

Lo strumento e' stato reso operativo con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. La Banca d’Italia ha fornito alle banche le necessarie disposizioni tecniche. Le condizioni economiche delle emissioni devono rispettare certe linee guida stabilite dalle autorita' comunitarie; sono stati definiti piu' schemi alternativi, anche su richiesta della Banca d’Italia, per rendere piu' conveniente l’adesione allo schema da parte di intermediari che prevedono di riscattare lo strumento in tempi relativamente brevi. Le condizioni degli strumenti italiani sono allineate a quelle offerte da altri paesi europei. Mi attendo che le banche ne facciano uso per importi adeguati.

La legge prevede un monitoraggio sulle operazioni e sui loro effetti sull’economia e istituisce speciali osservatori presso le prefetture, con la partecipazione dei soggetti interessati. La Banca d’Italia fornisce al Ministero dell’economia dati ed analisi sull’andamento del credito e sui suoi costi, su base regionale, a ulteriore integrazione e completamento delle ampie informazioni 15 disaggregate a livello territoriale gia' diffuse nelle proprie pubblicazioni. Le informazioni statistiche consentiranno di individuare eventuali specifiche situazioni di tensione.

È essenziale che l’analisi delle condizioni del credito a livello locale non sconfini in un ruolo di pressione sulle banche che spinga ad allentare il rispetto di criteri di sana e prudente gestione nella selezione della clientela. Ritengo che debbano essere evitate interferenze politico-amministrative nelle valutazioni del merito di credito di singoli casi. Il credito e' e deve restare attivita' imprenditoriale, basata su un prudente apprezzamento professionale della validita' dei progetti aziendali. Le banche imprudenti prima o poi finiscono in dissesto e smettono anche di far credito. Ma la prova sollecitata dalla crisi e' severa e richiede di sapere essere bravi banchieri anche quando l’economia va male. Di fronte all’inevitabile peggioramento della qualita' del credito dovuta alla recessione occorrono scelte lungimiranti: non basta tenere i conti in ordine. Un fermo sostegno ai clienti con buon merito di credito evita che una stretta creditizia eccessiva aggravi la recessione e quindi peggiori la posizione degli stessi clienti delle banche. Come ho gia' detto, bisogna cogliere ogni occasione per irrobustire il patrimonio degli istituti nelle forme piu' appropriate ai singoli casi: dal ricorso al mercato, alla capitalizzazione dei dividendi, agli strumenti offerti dallo Stato.


Ripristinare condizioni di fiducia nel sistema bancario e' questione globale, non nazionale. Quattro condizioni mi paiono essenziali. Primo, vanno dissipate le incertezze che ancora restano sul valore degli attivi piu' problematici nei bilanci bancari; questo deve divenire parte integrante degli interventi pubblici a supporto del sistema finanziario. È indispensabile, specie in Europa, che simili schemi rispondano a principi comuni, per evitare disparita' competitive tra gli intermediari dei diversi paesi e tra banche piu' o meno esposte al problema delle attivita' a rischio.

16 Secondo, nel determinare obiettivi di ricapitalizzazione e' essenziale che le definizioni del capitale bancario siano comuni a livello internazionale.

Terzo, le autorita' hanno chiarito che intendono proteggere tutte le istituzioni sistemicamente rilevanti, dotarle del capitale necessario per affrontare condizioni di stress, proteggere i depositanti, lasciare che siano solo gli azionisti a sopportare eventuali perdite. Gli altri creditori delle banche sono nella sostanza protetti da perdite. Questo va spiegato con assoluta chiarezza; e' l’unico modo per abbassare drasticamente i premi al rischio che i mercati ancora richiedono sulle passivita' bancarie.

Quarto, e' ora di passare dalla sistemazione dei problemi ereditati dal passato alla riflessione sul modo di assicurare la disponibilita' di credito da ora in poi. A questo fine ricapitalizzare le banche e' necessario ma non basta; occorre pensare a strumenti nuovi, anche non convenzionali.

Quest’ultimo punto e' particolarmente rilevante per l’Italia. Nel caso italiano la neutralizzazione degli strumenti finanziari complessi che hanno registrato forti perdite ha un rilievo limitato. È piu' importante trovare strumenti che incidano in modo diretto sulla disponibilita' di prestiti per le imprese e per le famiglie.

Una possibilita' e' rappresentata dall’emissione di garanzie pubbliche sulle senior tranches di insiemi di nuovi crediti, con l’obiettivo di ridar vita a un importante canale di finanziamento, le cartolarizzazioni di prestiti, oggi del tutto inaridito. Se le banche sono in grado di collocare parte dei propri crediti su un mercato secondario attivo e liquido, esse possono utilizzare la liquidita' ottenuta per riattivare l’offerta di credito.

Un simile schema dovrebbe essere attentamente disegnato per assicurarne l’efficacia in termini di erogazione di nuovi prestiti, fornire una corretta struttura di incentivi alle banche, minimizzare il costo per i contribuenti. La banca originante dovrebbe trattenere parte del rischio, mantenendo cosi' l’incentivo a selezionare prenditori meritevoli; dovrebbe corrispondere una remunerazione 17 adeguata per il rilascio della garanzia, commisurata alla qualita' dei crediti sottostanti. Limitare la garanzia pubblica alla quota meno rischiosa del pool dei prestiti cartolarizzati evita di addossare allo Stato un ruolo inappropriato nella valutazione del merito di credito. Potrebbero essere previsti criteri oggettivi per selezionare crediti di buona qualita' (ad esempio mutui con un rapporto tra prestito e valore dell’immobile non superiore a una certa soglia; prestiti alle piccole e medie imprese assistiti dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese), in modo da incoraggiare la sottoscrizione da parte del mercato dell’intero pool di crediti cartolarizzati e contribuire a limitare il possibile costo per il contribuente.

Alcuni aspetti del trattamento fiscale delle banche e di altri intermediari, per cui non vi e' una chiara logica economica e che determinano svantaggi competitivi nei confronti di altri paesi, dovrebbero essere riconsiderati.

Le svalutazioni di crediti possono essere dedotte dal reddito imponibile delle banche solo fino allo 0,3 per cento degli impieghi; le svalutazioni eccedenti questo limite sono rateizzate in 18 anni. Tali limiti e dilazioni sono stati ripetutamente inaspriti negli ultimi anni. Per essi e' difficile trovare giustificazioni economiche o riscontri in altri grandi paesi europei. In Francia, Germania e Regno Unito le svalutazioni su crediti possono essere dedotte analiticamente, in linea con quelle iscritte in bilancio; in Francia e in Germania sono anche consentiti accantonamenti a forfait. La penalizzazione determinata dal sistema italiano e' prociclica, perche' pesa di piu' in fasi di congiuntura negativa, quando le perdite su crediti aumentano; incide sproporzionatamente sul sistema creditizio in questo momento.

I limiti alla deducibilita' delle svalutazioni determinano nel bilancio delle banche un anticipo di imposte, in sostanza un credito verso l’erario, che alla fine del 2007 assommava a circa 4 miliardi; per il 2008 essi valgono circa 1,4 miliardi.

18 Le svalutazioni sono anche indeducibili ai fini IRAP e quindi gravano sugli utili di esercizio. L’effetto complessivo dei limiti alla deducibilita' sugli utili delle banche e' di circa 400 milioni all’anno.

Nel momento in cui la perdita si realizza, la deducibilita' e' consentita in ogni caso se il debitore e' assoggettato a procedure concorsuali; altrimenti l’Amministrazione finanziaria puo' contestare che la perdita sia “certa e precisa”, con rischio di contenzioso. Il rischio incide sul costo e sulla disponibilita' del credito. Nella fase attuale, in cui e' presumibile un aumento delle perdite su crediti, sarebbe opportuno ridurre il piu' possibile le cause di incertezza normativa e quindi i connessi rischi fiscali per il sistema.

Dal 2008 una parte degli interessi passivi a carico delle banche (attualmente il 4 per cento) non e' piu' deducibile ai fini dell’Ires e dell’IRAP; il limite vale anche per transazioni sul mercato interbancario, concorrendo a frenarne l’operativita'. Gli interessi passivi sono per le banche quello che il costo delle materie prime e' per qualsiasi impresa. Ne' gli Stati Uniti ne' i principali paesi europei hanno norme equivalenti. Dallo stesso anno ai fini dell’IRAP le spese amministrative e gli ammortamenti non sono deducibili per una quota del 10 per cento, mentre i dividendi sono esenti per il 50 per cento dell’ammontare percepito: queste limitazioni sono specifiche al settore finanziario e non riguardano le altre imprese. Secondo stime ufficiali il costo complessivo dell’indeducibilita' degli interessi passivi nell’anno in corso e' circa 1,1 miliardi di euro, di cui un quarto attribuibile a transazioni con altre banche.

Dal 2009 e' venuta meno la norma che esentava dall’IVA le prestazioni di servizi ausiliari all’interno di un gruppo bancario. L’esenzione limitava il costo in cui le banche incorrono a causa dell’indetraibilita' dell’IVA sugli acquisti di beni e servizi e suppliva all’inesistenza nel nostro ordinamento del regime del “gruppo IVA”, che in molti paesi d’Europa consente di non applicare l’IVA agli scambi intra-gruppo. È auspicabile che l’ordinamento italiano accolga il regime del gruppo IVA previsto dalla direttiva comunitaria, allineandosi alle scelte compiute dai principali stati membri dell’Unione.

19 Tenuto conto che, secondo valutazioni governative, i maggiori oneri per l’indetraibilita' dell’IVA erano stimati in 400 milioni all’anno, la riduzione complessiva degli utili netti delle banche per effetto delle misure specifiche sulla fiscalita' diretta e indiretta e' prossima, nell’anno in corso, a quasi 2 miliardi.

Imposte elevate si traducono in meno autofinanziamento, meno patrimonio, minor capacita' di far credito.

Sempre, ma soprattutto in periodi di crisi, valore prezioso per una banca e' il suo buon nome, fondamento di un solido rapporto con la clientela. Salvaguardare e accrescere la reputazione del sistema bancario richiede comportamenti concreti irreprensibili, non meno che norme rigorose.

Relazioni trasparenti e corrette con la clientela proteggono il consumatore;

stimolano la concorrenza, assicurando piena comparabilita' tra prodotti; sono un elemento importante della sana e prudente gestione degli intermediari, perche' riducono i rischi reputazionali e legali; tutelano la stabilita' del sistema.

Vigilare sulla trasparenza e correttezza di chi offre prodotti finanziari e servizi di investimento spetta alla Consob. Per le operazioni tipicamente bancarie la tutela e' affidata dalla legge alla Banca d’Italia. Questa attivita' ha ricevuto maggiore impulso negli ultimi anni. Abbiamo costituito una specifica unita' organizzativa per seguire i rapporti tra banche e clienti. Abbiamo messo mano a una radicale revisione della regolamentazione, per la parte che ci compete.

Domani saranno aperte alla consultazione pubblica, su Internet, due proposte importanti: una per la concreta istituzione del nuovo sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra banche e clienti; l’altra su nuove disposizioni, messe a punto anche confrontandosi con le associazioni delle banche, degli altri intermediari e dei consumatori, che accresceranno l’efficacia della tutela della correttezza nei rapporti con la clientela. Con queste norme intendiamo rendere i documenti per la clientela piu' chiari, sintetici e confrontabili. Utilizzeremo 20 strumenti particolarmente incisivi per i prodotti di piu' ampio utilizzo, mutui e conti correnti.

Da tempo abbiamo rafforzato i controlli; nei limiti dei nostri poteri, li abbiamo orientati a verificare l’osservanza sostanziale e non solo formale delle norme. Negli ultimi tre anni abbiamo compiuto verifiche in piu' di 2.300 filiali, appartenenti a 452 intermediari. Dove abbiamo riscontrato specifiche violazioni di disposizioni concernenti la pubblicita' delle condizioni offerte abbiamo avviato procedure sanzionatorie (49 in tutto, 11 delle quali concluse con l’irrogazione di sanzioni). In 206 casi, pur non ricorrendo gli estremi formali per sanzionare, abbiamo richiamato l’intermediario a un rispetto sostanziale piu' rigoroso della normativa; abbiamo richiesto l’adozione di assetti e controlli interni funzionali a migliorare la qualita' delle relazioni con la clientela. Ove necessario e' stato chiesto agli intermediari di restituire le somme indebitamente percepite dai clienti e darne conto alla Vigilanza. Abbiamo recentemente esteso i controlli ai siti internet degli intermediari, per assicurare agli utenti on line una tutela equivalente a quella presso la rete tradizionale.

I clienti delle banche scrivono spesso alla Banca d’Italia per segnalare comportamenti ritenuti non corretti. Riceviamo, in media, quasi 6.000 lettere l’anno. In ogni singolo caso rispondiamo all’interessato e chiediamo agli intermediari di spiegare la loro posizione e fornire una chiara risposta, dandocene notizia; adottiamo gli opportuni interventi di vigilanza dove necessario.

In tema di mutui, abbiamo richiamato gli intermediari sulla necessita' di aderire a procedure interbancarie per la portabilita' dei finanziamenti; le innovazioni normative introdotte di recente permetteranno ora di sanzionare anche il mancato rispetto di queste norme. Sui conti correnti viene svolta con cadenza annuale una rilevazione campionaria delle condizioni praticate dalle banche, della quale daremo conto nella nostra Relazione annuale.

21 * * * La crisi ha messo in evidenza la necessita' di correggere alcuni elementi significativi dell’architettura finanziaria internazionale. Maggiore robustezza dei requisiti di capitale delle banche e azioni per contrastarne gli effetti di accentuazione del ciclo; limiti all’eccessivo indebitamento delle istituzioni finanziarie; estensione della regolamentazione prudenziale a quei segmenti di attivita' finanziaria che in alcuni paesi le sfuggivano ampiamente; rafforzamento del ruolo delle banche centrali nel presidiare gli aspetti macroeconomici della stabilita': questi sono gli elementi piu' importanti di un programma di revisione radicale e serrato, che e' stato messo in moto con una rapidita' di azione e un grado di coesione internazionale impensabili fino a poco tempo fa.

L’esigenza di un forte coordinamento globale e' evidente e condivisa. Nella governance del sistema finanziario hanno assunto un maggior ruolo le grandi economie emergenti. Non e' solo questione di equita'; e' condizione per l’efficacia degli interventi.

Non mi soffermo su questi temi in questa sede. Mi preme pero' sottolineare che migliorare il coordinamento della vigilanza e' essenziale soprattutto a livello europeo, se si vogliono preservare i benefici del mercato unico dei capitali. In Europa sta crescendo il consenso per soluzioni coraggiose, che prevedano la messa in comune di alcune funzioni di regolazione e di supervisione. La nuova architettura della vigilanza europea non rinuncera' al patrimonio di conoscenze, professionalita', vicinanza al mercato disponibili nelle autorita' nazionali: dovra' valorizzarlo in un quadro integrato. L’esperienza del Sistema europeo di banche centrali mostra che questa e' una strada che si puo' percorrere con successo.

Il rapporto recentemente redatto da un gruppo di esperti europei di alto livello (“Gruppo De Larosie're”) va in questa direzione. Sottolineo in particolare l’attenzione riservata alla vigilanza macroprudenziale, affidata a un organismo centralizzato; l’accento sull’armonizzazione di normative e standard di vigilanza;

l’indicazione di un coordinamento da parte delle autorita' comunitarie dei “collegi” 22 che vigilano sui grandi gruppi bancari europei. Occorrera' disegnare con cura i meccanismi decisionali del sistema, le competenze e responsabilita' degli organismi di vigilanza a livello europeo e a livello nazionale. È da apprezzare l’intenzione della Commissione europea di procedere con la speditezza necessaria.

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