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Anno giudiziario    

La nuova testimonianza nel processo civile nella relazione dell'anno giudiziario

Ancora dalla relazione della Cassazione una valutazione sul disegno di legge allo studio in materia di riforma della procedura civile.
02.02.2009 - pag. 67372 print in pdf print on web

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3.4 La testimonianza scritta

Il disegno di legge intende, inoltre, eliminare ogni appesantimento derivante da attività processuali considerate non sempre necessarie, e incide direttamente su due istituti, talora costituenti altrettanti fattori di lentezza del processo: si tratta dell'assunzione delle prove orali e della motivazione della sentenza, che spesso nella prassi sono alla base dello scaglionamento delle cause in più udienze e, quindi, dell'eccessiva durata dei processi.

Sotto il primo profilo, l'obiettivo della velocizzazione dell'istruttoria ha portato all'introduzione della testimonianza scritta (con il nuovo art. 257-bis cod. proc. civ.), prevedendosi che il Giudice possa disporre di assumere la deposizione, anche nei casi in cui oggi si ricorre alla prova delegata, chiedendo al testimone di fornire per iscritto le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato, attraverso la compilazione di un apposito modello notificatogli dalla parte (conforme ad uno schema ministeriale in via di definizione, disciplinato dal nuovo art. 103-bis cod. proc. civ.), che viene sottoscritto con sottoscrizione autenticata ed inviato per raccomandata (o consegnato dal teste) alla cancelleria del Giudice procedente.

L'istituto ha un carattere fortemente innovativo, non solo perché non previsto dal codice di rito (che invece reca una previsione formale e dettagliata della testimonianza, quale prova orale costituenda innanzi al Giudice e nel contraddittorio delle parti), ma anche perché finora, con riferimento alla testimonianza scritta, un indirizzo ne aveva affermato il valore di prova atipica (quindi non con efficacia di prova legale, ma al più con un mero valore indiziario, come elemento idoneo alla formazione del convincimento del Giudice, ma sempre unitamente ad altri elementi risultanti da prove tipiche), mentre altro indirizzo ne aveva escluso ogni possibilità di utilizzazione nel processo (in quanto, si diceva, non è la garanzia di un contraddittorio posticipato alla formazione della prova, e quindi tardivo, che può legittimare l'introduzione della fonte di prova atipica nel processo, ma è la formazione della prova che deve avvenire nel contraddittorio delle parti).

Il timore di incidenza del nuovo istituto sulla genuinità della prova ha indotto, del resto, lo stesso legislatore a circoscriverne l'operatività sia in relazione alla sua ammissione (che il Giudice opera «sentite le parti, e tenuto conto di ogni circostanza»), sia in relazione alla verifica della genuinità della dichiarazione (atteso che il Giudice, «esaminate le risposte, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui»).


E se può lasciare perplessi l'ammissione di uno strumento probatorio non formatosi nel contraddittorio delle parti, per di più con piena efficacia di prova legale ed idoneo perciò a fondare da solo la decisione del Giudice, non va dimenticata peraltro l'utilità di una dichiarazione scritta, come tale più precisa e meno emotiva di quella orale (e, se formata prima del processo, in taluni casi meno condizionata dalla possibilità o dall'intento di favorire uno o l'altro dei contendenti), nonché – e si tratta invero di aspetti non trascurabili – la sua minore onerosità (sul piano economico, dei tempi e della comodità) per il cittadino che deve adempiere al relativo dovere civico e la sua incidenza sul rapido svolgimento del processo. Sembra, in definitiva, che si tratta di uno strumento utile, la cui efficacia dipenderà dalla prudenza con la quale i Giudici di merito la ammetteranno, in relazione all'oggetto della prova da formare.


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