Accertamento - Verifiche bancarie - Conti intestati ai familiari - Rilevanza - Condizioni e limiti
abstract: Sentenza Cassazione 14.11.2008 n. 27186
Segnalato da Franco Ionadi Sentenze Cassazione Verifiche bancarie Accertamento Conti Intestazione fittizia
I
In tema di verifiche e accertamenti bancari, la semplice relazione di aprentela o affinità non é sufficiente a far presumere la rieribilità al contribuente dei conti bancari intrattenuti dai parenti o affini. E' necessario, a tal fine, che l'amministrazione dimostri, anche in via presuntiva, la natura fittizia dell'intestazione
Testo Sentenza
Svolgimento del processo
L'Amministrazione ricorre per cassazione nei confronti della sentenza
della Commissione Tributaria Regionale in epigrafe che, riformando la
decisione di primo grado, ha accolto il ricorso della contribuente avverso
un avviso di accertamento per IVA e IRAP anno 1998.
Resiste la contribuente con controricorso.
La causa e' stata assegnata alla Camera di consiglio, essendosi
ravvisati i presupposti di cui all'art. 375 c.p.c..
La controricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso con cui si deduce carenza di motivazione in
ordine a fatti controversi e decisivi per il giudizio e' innanzitutto
ammissibile in quanto, contrariamente all'assunto della controricorrente,
viene censurato l'iter logico della motivazione e non richiesta una diversa
valutazione delle prove, ne' per il motivo de quo e' richiesta la
proposizione di alcun quesito di diritto, come si evince chiaramente dal
disposto dell'art. 366 c.p.c., che lo pretende unicamente "nei casi previsti
dall'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4)", e non per quello
previsto nel n. 5).
Il motivo e' altresi' manifestamente fondato dal momento che, a fronte
dell'esistenza di una presunzione ex lege di attribuzione a ricavi dei
prelevamenti e dei versamenti sui conti bancari intestati al contribuente
desumibile dal disposto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma
2, n. 2, secondo la quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti
bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal
successivo art. 54, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto
nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili, e del
giudizio dei primi giudici secondo i quali tale presunzione non poteva
ritenersi vinta dalla documentazione prodotta dalla societa', la Commissione
tributaria regionale si e' limitata a stabilire che dalla medesima risultava
che sei operazioni per un ammontare di L. 88.450.000 erano costituite da
versamenti di soci per far fronte all'emissione di un assegno di L.
84.500.000 pagato ad una societa' per l'acquisto di un terreno, senza
spendere una parola per chiarire da dove tale convincimento derivasse,
stante, ad esempio, la non coincidenza degli importi; alla stessa stregua e
ancor piu' genericamente si afferma che una "minuziosa elencazione
probatoria viene fornita da parte della societa' in ordine a tutti gli altri
movimenti bancari effettuati dalla stessa", senza fornire, neppure a
campione, un elemento a sostegno del convincimento espresso, cosi' come
resta del tutto priva di giustificazione l'ulteriore affermazione secondo
cui altri assegni emessi rappresentano prelevamenti di soci in corso d'anno
per sopperire a non meglio precisate esigenza familiari.
La fondatezza del primo motivo assorbe il secondo.
Manifestamente infondato e' invece il terzo motivo con il quale si
deduce violazione di legge in relazione al principio affermato dalla
Commissione tributaria regionale secondo il quale la presunzione di cui
sopra puo' valere solo per i movimenti riscontrati sui conti intestati alla
societa' o su quelli di cui si dimostri la disponibilita'.
Nel dettato normativo non e' invero rinvenibile una presunzione di
riferibilita' all'attivita' fiscalmente rilevante del contribuente delle
movimentazioni di conti allo stesso collegabili solo in virtu' del rapporto
organico o familiare del titolare degli stessi. Se e' vero, infatti, che la
possibilita' di acquisizione dei dati dei conti correnti puo' essere estesa
anche a quelli intestati a persone che per la loro contiguita' al
contribuente possono essere considerate per cio' solo sospette in base a
considerazioni desumibili dalla comune esperienza questo non significa che
le movimentazioni rilevate possano per cio' solo essere sic et simpliciter
imputate al contribuente in quanto cosi' operando si fa assurgere quella che
e' una semplice possibilita', sia pure avvalorata dalla concreta
osservazione del fenomeno, a regola di comune esperienza rispondente al
canone dell'id quod plerumque accidit, cosi' da dare per scontata
l'esistenza di una situazione sostanziale confliggente con quella formale
anche in assenza di una norma che autorizzi espressamente una tale
operazione mentre e' necessario un ulteriore passaggio consistente
nell'accertamento che l'intestazione sia sostanzialmente fittizia nel senso
che il conto corrente esaminato sia in realta' utilizzato dal contribuente
stesso. In tal senso e' stato infatti ritenuto che "Il D.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633, art. 51, comma 2, nn. 2 e 7, accorda all'ufficio il potere di
richiedere agli istituti di credito notizie dei movimenti sui conti bancari
intrattenuti dal contribuente e di presumere la loro inerenza ad operazioni
imponibili, ove non si deduca e dimostri che i movimenti medesimi siano
stati conteggiati nella dichiarazione annuale o siano ricollegabili ad atti
non soggetti a tassazione.
Conti "intrattenuti" sono quelli le cui poste attive e passive siano
imputabili al contribuente. La base logica della norma e' da ravvisarsi in
una valutazione del legislatore di rilevante probabilita' (id quod plerumque
accidit) che il contribuente utilizzi il rapporto bancario per i pagamenti e
gli incassi della propria attivita'. La lettera e la ratio della
disposizione in esame non ne autorizzano l'applicazione con riguardo a conti
bancari intestati esclusivamente a persone diverse, solo perche' legate da
vincoli familiari o commerciali, salvo che l'ufficio opponga e poi provi in
sede giudiziale, eventualmente avvalendosi degli indizi ricavabili da tali
vincoli, che l'intestazione a terzi sia fittizia, cioe' esprima un'apparenza
voluta per far risultare come altrui operazioni in realta' compiute dal
contribuente, o comunque sia superata, in relazione alle circostanze del
caso concreto, dalla sostanziale imputabilita' al contribuente medesimo
delle posizioni creditorie e debitorie annotate sui conti" (Cassazione
civile, sez. trib., 28 giugno 2001, n. 8826; cfr. Cass. 2 marzo 1999 n.
1728)" e che "... anche se deve ritenersi che nelle societa' di persone il
vincolo societario che lega i soci alla societa' e' sicuramente piu' forte
rispetto a quello presente in altri tipi di societa', resta pur sempre il
fatto che la societa' di persone ha una sua autonomia patrimoniale, per cui
l'utilizzazione dei conti intestati ai soci non puo' essere ammessa sempre e
comunque, ma e' possibile a condizione che si superi il dato formale della
intestazione e si raggiunga la prova che quei conti sono riconducibili alla
societa', totalmente o parzialmente. Tale prova, ovviamente, incombe sul
Fisco che deve offrire al giudice utili elementi di valutazione, anche se di
carattere presuntivo" (Cassazione civile, sez. trib., 16 aprile 2003, n.
6073; nello stesso senso Cassazione civile, sez. trib., 18 aprile 2003, n.
6232 e Cassazione civile, sez. trib., 14 novembre 2003, n. 172439), nonche',
infine, che "L'amministrazione, in sede di rettifica e di accertamento
d'ufficio delle imposte sui redditi di una societa' di capitali, ai sensi
del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, puo' utilizzare,
oltre ai dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari formalmente
intestati all'ente, anche quelli relativi a conti formalmente intestati ai
soci, amministratori o procuratori generali, allorche' risulti provata,
anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell'intestazione o, comunque,
la sostanziale riferibilita' all'ente dei conti medesimi o di alcuni loro
singoli dati" (Cassazione civile, sez. trib., 12 settembre 2003, n. 13391).
E' chiaro allora che l'operativita' della presunzione e' diversa in
quanto la stessa non opera quale criterio previsto dalla legge per
l'attribuibilita' ex lege e iuris et de iure al contribuente delle
risultanze dei conti correnti intestati a soggetti che con lo stesso abbiano
una qualche relazione ma come ordinario criterio di valutazione degli
elementi di fatto la cui introduzione nel giudizio spetta a colui su cui fa
carico l'onere probatorio, cosi' che spetta al fisco indicare gli elementi
concreti, diversi dalla semplice relazione con l'intestatario, che collegano
il conto al contribuente, elementi che, questo si', possono essere anche di
semplice valenza presuntiva, quali l'assenza di fonti apparenti che
giustifichino i versamenti in conto oppure la coincidenza tra versamenti o
prelevamenti e operazioni di presumibile equivalente valore effettuate dal
contribuente o anche l'abnormita' delle movimentazioni di denaro rispetto
all'attivita' del titolare del conto.
L'accoglimento del primo motivo comporta la cassazione dalla decisione
impugnata in relazione alla censura accolta e il rinvio della causa, anche
per le spese, ad altra sezione della stessa Commissione tributaria regionale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il
secondo, rigetta il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale della Sicilia.
2009-01-15 Segnalato da Franco Ionadi Sentenze Cassazione Verifiche bancarie Accertamento Conti Intestazione fittizia
|