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"Gli incidenti sono spesso frutto di due disequilibri: quello tra l’uomo e la macchina, quando cioè si utilizzando dei mezzi troppo performanti rispetto alle proprie capacità, e quello tra l’uomo e l’ambiente" - istruttore di parapendio



Civile    

Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali

Procedure di recupero di crediti non contestati – Termine per ottenere il titolo esecutivo – Esecuzione forzata nei confronti di pubbliche amministrazioni – Sospensione dell’esecuzione forzata successivamente all’ottenimento del titolo esecutivo
16.06.2008 - pag. 52517 print in pdf print on web

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S

Segnalo alla Vostra attenzione le conclusioni dell'Avvocatura Generale
dinanzi alla Corte di Giustizia CE sulla seguente questione:

Il Tribunale
ordinario di Roma ha posto alla Corte di giustizia la questione se la
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 giugno 2000, 2000/35/CE,
relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni
commerciali osti ad una normativa nazionale in forza della quale
l’esecuzione forzata dei crediti non contestati può essere avviata nei
confronti della pubblica amministrazione soltanto dopo la scadenza di un
termine di 120 giorni dalla data della notifica del titolo esecutivo alla
pubblica amministrazione

 

CONCLUSIONI N. 0 DEL 24/04/2008

(C‑265/07) DIRITTO DELLE IMPRESE - LOTTA CONTRO I RITARDI DI PAGAMENTO
- PROCEDURE DI RECUPERO DI CREDITI NON CONTESTATI NEI CONFRONTI DELLA P.A. -
ART. 14 DEL D.L. N. 669/1996
Il Tribunale ordinario di Roma ha posto alla Corte di giustizia la questione
se la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 giugno 2000,
2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali osti ad una normativa nazionale in forza della quale
l’esecuzione forzata dei crediti non contestati può essere avviata nei
confronti della pubblica amministrazione soltanto dopo la scadenza di un
termine di 120 giorni dalla data della notifica del titolo esecutivo alla
pubblica amministrazione. Secondo le conclusioni depositate dall’Avvocato
generale, l’art. 14 del decreto legge n. 669/1996, conv. con modd. dalla
legge 28 febbraio 1997, n. 30, in forza del quale il creditore, munito di
titolo esecutivo relativo ad un pagamento non contestato dovuto da una
pubblica amministrazione a titolo di corrispettivo in una transazione
commerciale, non può procedere ad esecuzione forzata nei confronti della
suddetta amministrazione prima della scadenza di un termine di 120 giorni a
decorrere dalla notificazione a tale amministrazione del suddetto titolo
esecutivo, si pone in contrasto con la suddetta direttiva.

Testo Completo: Conclusioni dell'Avvocato Generale della Corte CEE Verica
... presentate il 24 aprile 2008

Causa C‑265/07

... Srl

contro

Azienda Unità Sanitaria Locale RM/C

(Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di
Roma)

«Direttiva 2000/35/CE – Art. 5, n. 1 – Lotta contro i ritardi di pagamento
nelle transazioni commerciali – Procedure di recupero di crediti non
contestati – Termine per ottenere il titolo esecutivo – Esecuzione forzata
nei confronti di pubbliche amministrazioni – Sospensione dell’esecuzione
forzata successivamente all’ottenimento del titolo esecutivo»

I – Introduzione

1. Il giudice del rinvio ha posto nella presente causa la questione se la
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 giugno 2000, 2000/35/CE,
relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni
commerciali (in prosieguo: la «direttiva 2000/35») (2) osti ad una normativa
nazionale in forza della quale l’esecuzione forzata dei crediti non
contestati può essere avviata nei confronti della pubblica amministrazione
soltanto dopo la scadenza di un termine di 120 giorni dalla data della
notifica del titolo esecutivo alla pubblica amministrazione.

2. La presente questione è stata sollevata nel procedimento esecutivo
promosso davanti al Tribunale civile di Roma dalla società ... s.r.l.
(in prosieguo: la «...») contro l’Azienda Unità Sanitaria Locale RM/C
(in prosieguo: la «USL»), in forza del titolo esecutivo ottenuto dalla
... conformemente alla normativa nazionale che ha recepito la direttiva
2000/35 nella legislazione nazionale.

II – Contesto normativo

A – Normativa comunitaria

3. Il quarto ‘considerando’ della direttiva 2000/35 dispone che:

«Il 29 maggio 1997 il Comitato economico e sociale ha adottato un parere sul
Libro verde della Commissione intitolato “Gli appalti pubblici nell’Unione
europea – spunti di riflessione per il futuro” (…)».

4. Il quinto ‘considerando’ della direttiva 2000/35 dispone che:

«Il 4 giugno 1997 la Commissione ha pubblicato un Piano d’azione per il
mercato unico, nel quale si dava risalto al fatto che i ritardi di pagamento
rappresentano un intralcio sempre più grave per il successo del mercato
unico».

5. Il settimo ‘considerando’ della direttiva 2000/35 dispone che:

«I periodi di pagamento eccessivi e i ritardi di pagamento impongono pesanti
oneri amministrativi e finanziari alle imprese, ed in particolare a quelle
di piccole e medie dimensioni. Inoltre tali problemi costituiscono una tra
le principali cause d’insolvenza e determinano la perdita di numerosi posti
di lavoro».

6. Il nono ed il decimo ‘considerando’ della direttiva 2000/35 dispongono
che:

«(9) Le differenze tra le norme in tema di pagamento e le prassi seguite
negli Stati membri costituiscono un ostacolo al buon funzionamento del
mercato interno.

(10) Tale situazione limita notevolmente le transazioni commerciali tra gli
Stati membri, ciò contrasta con l’art. 14 del trattato, secondo il quale gli
operatori economici dovrebbero essere in grado di svolgere le proprie
attività in tutto il mercato interno in condizioni che garantiscano che le
operazioni transfrontaliere non comportino rischi maggiori di quelle
interne. L’applicazione di norme sostanzialmente diverse alle operazioni
interne e a quelle transfrontaliere comporterebbe la creazione di
distorsioni della concorrenza».

7. Nel quindicesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/35 è stabilito che:

«La presente direttiva si limita a definire l’espressione “titolo
esecutivo”, ma non disciplina le varie procedure per l’esecuzione forzata di
un siffatto titolo, né le condizioni in presenza delle quali può essere
disposta la sospensione dell’esecuzione ovvero può essere dichiarata
l’estinzione del relativo procedimento».

8. Il ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/35 dispone che:

«La presente direttiva disciplina tutte le transazioni commerciali a
prescindere dal fatto che esse siano effettuate tra imprese pubbliche o
private o tra imprese e autorità pubbliche, tenendo conto del fatto che a
queste ultime fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese.
Essa pertanto dovrebbe disciplinare anche tutte le transazioni commerciali
tra gli appaltatori principali ed i loro fornitori e subappaltatori».

9. Il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/35 dispone che:

«L’art. 5 della presente direttiva prevede che la procedura di recupero dei
crediti non contestati sia conclusa a breve termine, in conformità delle
disposizioni legislative nazionali, ma non impone agli Stati membri di
adottare una procedura specifica o di apportare specifiche modifiche alle
procedure giuridiche in vigore».

10. L’art. 2 della direttiva 2000/35 che contiene le definizioni, al quinto
comma dispone quanto segue:

«5) “titolo esecutivo”: ogni decisione, sentenza o ordine di pagamento, sia
immediato che rateale, pronunciati da un tribunale o da altra autorità
competente, che consenta al creditore di ottenere, mediante esecuzione
forzata, il soddisfacimento della propria pretesa nei confronti del
debitore; esso comprende le decisioni, le sentenze o ordini di pagamento
provvisori che restano esecutivi anche se il debitore abbia proposto
impugnazione».

11. L’art. 5 della direttiva 2000/35, intitolato in “Procedure di recupero
di crediti non contestati”, dispone quanto segue:

«1. Gli Stati membri assicurano che un titolo esecutivo possa essere
ottenuto, indipendentemente dall’importo del debito, di norma entro 90
giorni di calendario dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso
o ha proposto una domanda dinanzi al giudice o altra autorità competente,
ove non siano contestati il debito o gli aspetti procedurali. Gli Stati
membri assolvono a tale obbligo secondo le rispettive disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative.

2. Le rispettive disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
nazionali si applicano alle stesse condizioni a tutti i creditori stabiliti
nella Comunità europea.

3. Il periodo di 90 giorni di calendario di cui al paragrafo 1 non include:

(a) i periodi necessari per le notificazioni;

(b) qualsiasi ritardo imputabile al creditore, come i termini necessari per
regolarizzare il ricorso o la domanda.

4. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni della
convenzione di Bruxelles concernente la competenza giurisdizionale e
l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale» (3).

12. L’art. 6, n. 2, della direttiva 2000/35 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono lasciare in vigore od emanare norme che siano più
favorevoli al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente
direttiva».

B – Normativa nazionale

13. La direttiva 2000/35 è stata attuata nell’ordinamento italiano con il
decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 (in prosieguo: il «decreto
legislativo n. 231/2002») (4). L’art. 5 della direttiva 2000/35 è stato
attuato con l’art. 9 del decreto legislativo n. 231/2002, che ha modificato
diverse disposizioni del codice di procedura civile italiano (5), al fine di
accelerare la procedura per l’ottenimento del titolo esecutivo per il
recupero di crediti non contestati.

14. Dall’ordinanza di rinvio risulta che in Italia la procedura per
l’ottenimento del titolo esecutivo ai sensi dell’art. 641 del codice di
procedura civile è la seguente: una volta depositato il ricorso, il giudice
pronuncia entro trenta giorni il decreto in base al quale condanna il
debitore al pagamento del debito. La notifica di tale decreto avviene entro
dieci giorni circa. Il decreto dispone che il debitore è tenuto ad
effettuare il pagamento entro giorni quaranta ovvero che entro il medesimo
termine egli deve proporre opposizione. Qualora il debitore entro il
suddetto termine non proponga opposizione ovvero non paghi il debito, alla
scadenza del termine il creditore ottiene il titolo esecutivo per
l’esecuzione forzata del credito riconosciuto. Il creditore che intenda
agire esecutivamente deve notificare il titolo esecutivo al debitore.

15. Norme particolari in materia di esecuzione forzata nei confronti di
pubbliche amministrazioni sono contenute nel decreto legge 31 dicembre 1996,
n. 669 (6) (in prosieguo: il «decreto legge n. 669/1996»), convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30 (7), e dall’art. 147
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (8) (in prosieguo: la «legge n.
388/2000»). L’art. 147 della legge n. 388/2000 ha sostituito il termine per
il differimento dell’esecuzione da 60 a 120 giorni. L’art. 14 del decreto
legge n. 669/1996, convertito con modificazioni dall’art. 147 della legge n.
388/2000, così dispone:

«Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano
le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi
arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di
somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione
del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non ha diritto di
procedere ad esecuzione forzata nei confronti delle suddette amministrazioni
ed enti, né possono essere posti in essere atti esecutivi».

III – Fatti, controversia nella causa principale e questione pregiudiziale

16. La creditrice ... ha promosso dinanzi al Tribunale ordinario di Roma
un procedimento di esecuzione forzata nei confronti della USL sulla base di
un credito non contestato relativo ad una transazione commerciale. Nel
procedimento dinanzi al giudice nazionale la creditrice ha ottenuto il
titolo esecutivo ai sensi del decreto legge n. 231/2002 che ha attuato la
direttiva 2000/35 nell’ordinamento italiano. Il titolo esecutivo è stato
notificato alla debitrice in data 6 dicembre 2004. L’esecuzione forzata è
stata effettuata in forma di pignoramento di somme di denaro che la
debitrice deteneva presso la Banca di Roma, e pertanto il titolo esecutivo è
stato notificato, sempre in tale data, anche a quest’ultima. Su istanza
della debitrice il pignoramento è stato effettuato in data 4 aprile 2005 e
contestualmente in tale data è stata notificato alla debitrice e alla Banca
di Roma l’invito a comparire in giudizio.

17. All’udienza del 13 giugno 2006, fissata nell’ambito di un procedimento
esecutivo, sono stati invitati a comparire la creditrice, la debitrice e
anche la Banca di Roma, presso la quale la debitrice deteneva delle somme di
denaro. All’udienza la Banca di Roma ha confermato l’esistenza presso di
essa di somme di denaro appartenenti alla debitrice e ha dichiarato di
avervi apposto il vincolo relativo al pignoramento. Nel corso della stessa
udienza il giudice del rinvio ha rilevato che il pignoramento era stato
effettuato prima della scadenza del termine di 120 giorni dalla notifica del
titolo esecutivo, termine il cui decorso è previsto per l’esecuzione nei
confronti degli organi della pubblica amministrazione. Il giudice ha inoltre
rilevato che conformemente alla normativa nazionale il pignoramento poteva
essere dichiarato nullo.

18. Nel rilevare ciò, il giudice del rinvio ha sollevato dubbi sulla
compatibilità tra la normativa nazionale, ai sensi della quale l’esecuzione
conto la pubblica amministrazione può essere effettuata soltanto alla
scadenza del termine dei 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo alla
pubblica amministrazione, e la direttiva 2000/35. Viste le circostanze, il
giudice del rinvio ha deciso con ordinanza 21 maggio 2007 di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale. Il
giudice nazionale non ha formulato la questione espressamente, tuttavia
sulla base di tutte le dichiarazioni dello stesso la questione può essere
così definita:

ù«Se la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 giugno 2000,
2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali, debba essere interpretata nel senso che osta ad una
disposizione nazionale come l’art. 14 del decreto legge n. 669/1996, in
forza del quale il creditore, munito di titolo esecutivo relativo ad un
pagamento non contestato dovuto da una pubblica amministrazione a titolo di
corrispettivo in una transazione commerciale, non può procedere ad
esecuzione forzata nei confronti della suddetta amministrazione prima della
scadenza di un termine di 120 giorni a decorrere dalla notificazione a tale
amministrazione del suddetto titolo esecutivo».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

19. L’ordinanza di rinvio è pervenuta alla Corte il 4 giugno 2007. Durante
la fase scritta del procedimento hanno presentato osservazioni scritte la
..., il governo italiano e la Commissione. All’udienza tenutasi il 13
marzo 2008 la ..., il governo italiano e la Commissione hanno presentato
le proprie difese orali e hanno risposto ai quesiti della Corte.

V – Argomenti delle parti

20. La ... sostiene che la normativa nazionale controversa, in forza
della quale l’esecuzione forzata dei crediti non contestati può essere
avviata nei confronti della pubblica amministrazione soltanto dopo la
scadenza di un termine di 120 giorni dalla data della notifica del titolo
esecutivo alla pubblica amministrazione, è in contrasto con la direttiva
2000/35. A suo avviso, il termine di 90 giorni per ottenere il titolo
esecutivo previsto all’art. 5 della direttiva 2000/35 perderebbe così il suo
significato. Rileva che la direttiva 2000/35 si applica ai sensi dell’art. 1
«ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione
commerciale», e precisamente – come risulta dal suo ventiduesimo
‘considerando’ – a «tutte le transazioni commerciali a prescindere dal fatto
che esse siano effettuate tra imprese pubbliche o private o tra imprese e
autorità pubbliche, tenendo conto del fatto che a queste ultime fa capo un
volume considerevole di pagamenti alle imprese». Poiché la normativa
nazionale controversa tratta in maniera differente i soggetti privati e i
soggetti pubblici, essa si pone, secondo la ..., in contrasto con il
testo e con le finalità della direttiva 2000/35.

21. Il governo italiano rileva che la direttiva 2000/35 non stabilisce il
termine entro il quale la pretesa del creditore enunciata nel titolo
esecutivo debba essere soddisfatta, di modo che una lettura di tale
direttiva che comprendesse la fase di esecuzione sarebbe in contrasto tanto
con il uso tenore letterale quanto con la sua finalità. Risulta dall’art. 5
e dal ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/35 che essa si
riferisce soltanto al procedimento di formazione del titolo esecutivo e non
alla fase successiva dell’esecuzione. Anche dalla definizione di titolo
esecutivo contenuta nell’art. 2 non è possibile dedurre che il creditore
debba avere la possibilità di ottenere immediatamente il soddisfacimento
della propria pretesa. Secondo il governo italiano il divieto di procedere
con l’esecuzione nei confronti della pubblica amministrazione prima della
scadenza del termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo può
essere inteso come sospensione dell’esecuzione forzata ai sensi del
quindicesimo ‘considerando’ della direttiva in questione. Il governo
italiano osserva anche che se la direttiva 2000/35 viene applicata in
concreto, essa non contrasta con la normativa nazionale oggetto della
controversia nella causa principale. Tale normativa è secondo il governo
italiano ammissibile a causa di imperative esigenze di interesse pubblico,
dato che la finalità del differimento dell’esecuzione nei confronti della
pubblica amministrazione consiste nel concedere a quest’ultima il tempo
necessario per garantire i mezzi finanziari occorrenti per il pagamento dei
debiti, al fine di evitare che i procedimenti di esecuzione forzata
ostacolino l’attività della pubblica amministrazione.

22. La Commissione esamina anzitutto il problema della ricevibilità della
domanda pregiudiziale e ritiene che la domanda sia ricevibile. A suo avviso,
il procedimento esecutivo può rientrare tra i procedimenti nei quali il
giudice decide una controversia ed emette una pronuncia di carattere
giurisdizionale ai sensi dell’art. 234 CE, sebbene tale procedimento non sia
destinato ad accertare l’esistenza di un determinato diritto, bensì la sua
finalità consista nel dare esecuzione ad un diritto già esistente.
Nell’ipotesi del pignoramento delle somme di denaro che il debitore ha
presso terzi, il giudice dell’esecuzione conclude il procedimento esecutivo
con un’ordinanza con la quale assegna le somme di denaro in possesso del
terzo al creditore procedente (ordinanza di assegnazione del credito).
Secondo la Commissione, tale ordinanza rappresenta una pronuncia di
carattere giurisdizionale. Il giudice nazionale deve inoltre sempre
accertare se nell’esecuzione del pignoramento siano stati rispettati tutti i
requisiti formali. In caso di irregolarità, il pignoramento può essere
dichiarato nullo con una pronuncia che ha altrettanto carattere
giurisdizionale.

23. Quanto alla questione pregiudiziale, la Commissione ritiene che la
normativa italiana di cui trattasi non sia conforme alla direttiva 2000/35.
Tale direttiva si riferisce a tutte le transazioni commerciali, a
prescindere dal fatto che esse siano effettuate tra imprese e autorità
pubbliche e, pertanto, agli enti pubblici non può essere riservato un
trattamento privilegiato. Inoltre, secondo la Commissione, il termine per
l’ottenimento del titolo esecutivo perderebbe il suo significato se il
creditore, dopo aver ottenuto il titolo esecutivo, dovesse attendere altri
120 giorni per l’esecuzione. Essa rileva che la finalità della direttiva è
quella di assicurare che il creditore possa procedere immediatamente con
l’esecuzione forzata una volta ottenuto il titolo esecutivo.

VI – Analisi dell’avvocato generale

A – Sulla ricevibilità

24. Conformemente ad una costante giurisprudenza, per valutare se l’organo
remittente possegga le caratteristiche di un giudice ai sensi dell’art. 234
CE, è necessario tenere conto di un insieme di elementi quali l’origine
legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua
giurisdizione, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche (9) nonché la
sua indipendenza e la sua imparzialità (10). Inoltre, la nozione di giudice
nazionale ai sensi dell’art. 234 CE ricorre unicamente se dinanzi ad esso
sia pendente una lite e se esso sia stato chiamato a statuire nell’ambito di
un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere
giurisdizionale ovvero in una decisione definitiva nella controversia (11).
Il problema della ricevibilità che si pone nella presente causa consiste
nello stabilire se sia possibile ritenere che il giudice nazionale possa
nella causa in oggetto statuire in un procedimento destinato a risolversi in
una decisione definitiva nella controversia con una pronuncia avente
carattere giurisdizionale.

25. Nel caso concreto l’esecuzione è stata effettuata sulla base di un
decreto ingiuntivo emesso in un particolare procedimento accelerato
(procedimento di ingiunzione) (12). Dalla giurisprudenza della Corte emerge
chiaramente che qualora la domanda di pronuncia pregiudiziale venga
sollevata in un procedimento analogo a quello pendente nella causa
principale, tale domanda è ricevibile (13). Nella sua giurisprudenza la
Corte ha anche sottolineato che, ai fini della definizione del giudice ai
sensi dell’art. 234 CE, non rileva il carattere contraddittorio del
procedimento davanti a questi (14). Il giudice nazionale può sollevare la
domanda di pronuncia pregiudiziale indipendentemente dalla fase del giudizio
di cui esso è investito (15).

26. Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

B – Analisi della domanda di pronuncia pregiudiziale

27. Il giudice del rinvio solleva nella presente causa il problema se la
direttiva 2000/35 osti ad una normativa nazionale, in base alla quale
l’esecuzione forzata dei crediti non contestati può essere avviata nei
confronti della pubblica amministrazione soltanto dopo la scadenza di un
termine di 120 giorni a decorrere dalla data della notifica del titolo
esecutivo alla pubblica amministrazione. L’art. 5, n. 1, della direttiva
2000/35 dispone che gli Stati membri devono assicurare al creditore
l’ottenimento di un titolo esecutivo per il recupero del credito non
contestato di norma entro 90 giorni dalla data in cui il creditore ha
presentato il ricorso. Tale articolo stabilisce dunque il termine per
l’ottenimento del titolo esecutivo, mentre non contiene alcuna disposizione
relativa alla fase seguente. Sorge pertanto il problema se la fase
successiva all’ottenimento del titolo esecutivo possa rientrare nell’ambito
della competenza comunitaria. Nella mia analisi in primo luogo mi occuperò
del problema relativo alla delimitazione delle competenze tra la Comunità e
gli Stati membri nell’ambito della direttiva 2000/35, e in secondo luogo mi
soffermerò sull’interpretazione delle sue disposizioni.

1. La delimitazione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri
nell’ambito della direttiva 2000/35

28. La direttiva 2000/35 non armonizza tutte le norme relative ai ritardi di
pagamenti nelle transazioni commerciali, bensì disciplina soltanto
determinate modalità per evitare tali ritardi, per esempio gli interessi in
caso di ritardo di pagamento (art. 3), la riserva di proprietà (art. 4) e le
procedure di recupero di crediti non contestati (art. 5) (16). La direttiva
costituisce quindi un’armonizzazione minima (17) in materia di lotta contro
i ritardi di pagamento, e pertanto in diverse sue disposizioni rinvia
all’applicazione delle disposizioni nazionali.

29. Il motivo per cui la direttiva 2000/35 armonizza soltanto in parte i
meccanismi per evitare i ritardi di pagamenti deriva dal fatto che la
Comunità non è competente per le materie non armonizzate dalla direttiva. A
tal riguardo, il dodicesimo ‘considerando’ dispone che tale direttiva non va
al di là di quanto necessario per raggiungere un migliore funzionamento del
mercato interno e che essa è stata adottata nel rispetto del principio di
sussidiarietà. E’ importante di conseguenza che nell’interpretazione della
presente direttiva non vengano superati i limiti di competenza della
Comunità.

30. La Corte ha già fissato, nella sua giurisprudenza i limiti di competenza
della Comunità nelle materie disciplinate dalla direttiva 2000/35. Così, ad
esempio, nella causa Commissione/Italia (18), con riferimento all’art. 4, n.
1, di detta direttiva, che disciplina la riserva di proprietà, essa ha
stabilito che tale articolo prevede soltanto la facoltà per il venditore e
per l’acquirente di concordare una clausola di riserva di proprietà prima
della consegna dei beni e la possibilità per il venditore di conservare la
proprietà dei beni fino al pagamento integrale (19), mentre non disciplina
la questione se la clausola di riserva di proprietà debba essere confermata
nelle singole fatture delle successive forniture aventi data certa (20).
Nella causa QDQ Media (21), la Corte ha deciso che, essendo priva
dell’effetto orizzontale, la direttiva 2000/35 non può, di per sé, essere
presa a fondamento dell’obbligo di prendere in considerazione le spese
dovute all’intervento di un avvocato a favore del creditore in un
procedimento giudiziario di recupero del credito, se tale obbligo non è
previsto nella normativa nazionale. Diversamente, l’avvocato generale Maduro
nella causa Telecom/Deutsche Telekom (22) ha sostenuto che, in riferimento
all’art. 3, n. 1, lett. c), sub ii), della direttiva 2000/35, che disciplina
il diritto del creditore agli interessi di mora, il problema della
delimitazione della competenza non si pone, in quanto tale articolo non
contiene alcun rinvio ai diritti nazionali degli Stati membri (23).

31. L’art. 5, n. 1, della direttiva 2000/35, oltre ad essere la disposizione
chiave che la Corte è chiamata ad interpretare nella presente causa, è
fondamentale anche per quanto riguarda la delimitazione delle competenze tra
la Comunità e gli Stati membri. L’importanza della questione relativa alla
delimitazione della competenza viene dimostrata già nell’evoluzione di detto
articolo. Nella proposta originaria della direttiva 2000/35 (24), l’art. 5
disponeva che gli Stati membri devono «assicurare l’applicazione di
procedure accelerate di recupero per i crediti non contestati» (25). Nella
procedura di codecisione il Consiglio ha rilevato che non rientra nella
competenza della Comunità obbligare gli Stati membri ad introdurre una nuova
procedura per il recupero di crediti non contestati (26). Tuttavia, poiché
tale disposizione era comunque di importanza fondamentale nella lotta contro
i ritardi di pagamenti nella transazioni commerciali, il Consiglio ha
chiesto che essa fosse modificata di modo che gli Stati membri non fossero
obbligati ad introdurre nel diritto interno una nuova procedura per il
recupero di crediti non contestati, ma che dovessero soltanto assicurare,
nell’ambito delle procedure già esistenti, che il creditore potesse ottenere
il titolo esecutivo di norma entro 90 giorni dalla presentazione del ricorso
(27).

32. La direttiva 2000/35 rientra fra le norme comunitarie che incidono sui
procedimenti esecutivi degli Stati membri (28). Sul piano comunitario sono
state già adottate diverse norme aventi la medesima incidenza: il
regolamento (CE) 22 dicembre 2000, n. 44, concernente la competenza
giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale (29), il regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio 21 aprile 2004, n. 805 che istituisce il titolo esecutivo europeo
per i crediti non contestati (30) ed il regolamento del Parlamento europeo e
del Consiglio 12 dicembre 2006, n. 1896, che istituisce un procedimento
europeo d’ingiunzione di pagamento (31). I citati regolamenti hanno
efficacia soltanto nei confronti dei procedimenti di esecuzione forzata
transfrontalieri (32), e non in situazioni come quella di cui trattasi nella
causa principale, in cui l’esecuzione forzata viene effettuata all’interno
di uno Stato membro. I regolamenti citati sono stati adottati sul fondamento
dell’art. 61, lett. c), CE (33), che prevede l’adozione di misure nel
settore della cooperazione giudiziaria conformemente all’art. 65 CE;
quest’ultimo prevede soltanto l’adozione di misure nel settore della
cooperazione giudiziaria che presentano implicazioni transfrontaliere. Nel
caso concreto tuttavia, la situazione è diversa, in quanto si tratta di
risolvere la questione della delimitazione della competenza tra la Comunità
e gli Stati membri con riferimento ai procedimenti esecutivi che si svolgono
all’interno di uno Stato membro.

33. Da un lato, è necessario comprendere la tendenza degli Stati membri a
mantenere la propria competenza nei procedimenti esecutivi che hanno per
oggetto l’esecuzione soltanto all’interno dello Stato membro. Il
procedimento esecutivo è un sistema equilibrato, nel quale il cambiamento di
un solo elemento produce effetti anche sugli altri elementi di tale
procedimento. Dall’altro lato, come vedremo nel prosieguo dell’analisi, gli
Stati membri devono esercitare le loro competenze in tale settore, nel
rispetto del diritto comunitario.

2. Interpretazione della direttiva 2000/35

4. Come già rilevato, l’art. 5, n. 1, della direttiva 2000/35 dispone che il
titolo esecutivo per il recupero di crediti non contestati si ottiene di
norma entro 90 giorni dalla presentazione del ricorso. Qualora a detto
articolo venga data un’interpretazione strettamente linguistica, la
competenza della Comunità comprenderebbe la fase dell’ottenimento del titolo
esecutivo, mentre la fase successiva rientrerebbe nella competenza degli
Stati membri (34). Tuttavia, ritengo che la direttiva 2000/35 sia
cionondimeno in contrasto con la normativa italiana che prevede la
sospensione dell’esecuzione nei confronti della pubblica amministrazione per
120 giorni a decorrere dall’ottenimento del titolo esecutivo (35). Nel caso
concreto, occorre in primo luogo prendere in considerazione lo scopo di tale
direttiva, per cui l’interpretazione teleologica sarà di fondamentale
importanza per risolvere la domanda del giudice del rinvio (36). La
direttiva deve essere infatti interpretata in modo tale da assicurare il suo
effetto utile (effet utile) (37).

35. Lo scopo della direttiva 2000/35 è di evitare i ritardi di pagamenti
nelle transazioni commerciali eliminando gli ostacoli al buon funzionamento
del mercato interno che si formano proprio a causa di detti ritardi (38). In
riferimento a ciò, il quinto ‘considerando’ della direttiva 2000/35 dispone
che i ritardi di pagamento rappresentano un intralcio sempre più grave per
il successo del mercato unico. Anche nel nono e nel decimo ‘considerando’ si
sottolinea che, a causa delle differenze tra le norme in tema di pagamento e
le prassi seguite negli Stati membri, le transazioni commerciali sono
notevolmente limitate (39). Tra gli strumenti atti ad evitare i ritardi nei
pagamenti rientra anche il termine di 90 giorni per l’ottenimento del titolo
esecutivo per il recupero di crediti non contestati previsto all’art. 5, n.
1, della direttiva 2000/35.

36. La direttiva 2000/35 intende tutelare dai ritardi di pagamento
soprattutto le piccole e medie imprese. In tal senso, il settimo
‘considerando’ della direttiva 2000/35 segnala che i ritardi di pagamento
«impongono pesanti oneri amministrativi e finanziari alle imprese, ed in
particolare a quelle di piccole e medie dimensioni» e che ciò costituisce
«una tra le principali cause d’insolvenza». Queste imprese, che hanno un
ruolo cruciale nell’aumentare la crescita economica della Comunità (40),
sono quelle maggiormente colpite dai ritardi di pagamento, perché non
dispongono in situazioni del genere di mezzi sufficienti per finanziarsi a
lungo termine. Le piccole e medie imprese si finanziano principalmente con i
crediti a breve termine, per cui il più delle volte non riescono a resistere
di fronte alla pressioni dei pagamenti in ritardo e di conseguenza sono
spesso costrette a dichiarare fallimento (41).

37. Lo scopo della direttiva 2000/35 è di evitare i ritardi di pagamento in
tutte le transazioni commerciali, anche in quelle in cui i debitori sono
organi delle pubbliche amministrazioni. Ciò significa che il suo scopo è di
evitare anche i ritardi di pagamento nell’ambito degli appalti pubblici,
come è evidenziato nel quarto ‘considerando’ di detta direttiva (42). In
tale contesto, la direttiva utilizza il concetto di «pubblica
amministrazione» definendolo in modo ampio; all’art. 2, n. 1, essa
identifica con «pubblica amministrazione» l’«amministrazione o ente, quali
definiti dalle direttive sugli appalti pubblici» (43). Dallo studio della
Commissione sull’efficacia della normativa comunitaria in materia di ritardi
di pagamento (44) emerge che sono proprio i governi di parecchi Stati membri
i peggiori pagatori (45). Pertanto, la puntualità dei pagamenti eseguiti
dalle pubbliche amministrazioni è di importanza cruciale per il
funzionamento regolare del sistema degli appalti pubblici e di conseguenza
per il funzionamento del mercato comune.

38. La normativa italiana controversa dispone che il creditore munito di
titolo esecutivo emesso nei confronti di organi della pubblica
amministrazione, validamente ottenuto ai sensi della direttiva 2000/35 entro
90 giorni, non può procedere ad esecuzione forzata prima del termine di 120
giorni a decorrere dalla notificazione agli organi della pubblica
amministrazione di detto titolo esecutivo. Ai sensi di tale disposizione,
possono effettuarsi in tale lasso di tempo i procedimenti necessari per
l’esecuzione forzata, mentre l’esecuzione stessa non può essere iniziata.
Nella prassi, tale disposizione produrrebbe i medesimi effetti ove fosse
stabilito che il creditore ottiene il titolo esecutivo entro 210 giorni dal
deposito del ricorso o dell’istanza al tribunale o ad altro organo
competente. Di conseguenza, il termine breve di 90 giorni per l’ottenimento
del titolo esecutivo, previsto dall’art. 5, n. 1. della direttiva 2000/35,
diventa privo di significato.

39. In tale ottica deve essere interpretato anche il quindicesimo
‘considerando’ della direttiva 2000/35 che dispone, tra l’altro, che tale
direttiva non disciplina le condizioni in presenza delle quali può essere
disposta la sospensione dell’esecuzione ovvero può essere dichiarata
l’estinzione del relativo procedimento. Il governo italiano ritiene che
l’ipotesi di differimento dell’esecuzione contro la pubblica amministrazione
rientra nell’ambito della sospensione dell’esecuzione ai sensi del
quindicesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/35. Tale tesi non può
essere accolta. Analogamente all’interpretazione data all’art. 5, n. 1, si
può ritenere, anche con riferimento al quindicesimo ‘considerando’ della
direttiva 2000/35, che gli Stati membri siano liberi nello stabilire le
condizioni per l’estinzione o la sospensione dell’esecuzione, tuttavia dette
condizioni non possono essere stabilite in modo da rendere prive di
efficacia le disposizioni della direttiva. Tale interpretazione della
direttiva 2000/35 non interferisce affatto con la competenza generale degli
Stati membri di stabilire nella normativa nazionale le condizioni per
l’estinzione o per la sospensione dell’esecuzione

40. L’art. 5, n. 1, della direttiva 2000/35 fa parte di quelle disposizioni
della direttiva che effettuano un rinvio agli ordinamenti nazionali. Sotto
tale profilo, esso può essere paragonato all’art. 4, n. 1, della stessa
direttiva, che si riferisce alla riserva di proprietà e del quale la Corte
si è occupata nella citata causa Commissione/Italia (46). In tale causa,
avente ad oggetto la questione se la clausola di riserva di proprietà debba
essere confermata nelle singole fatture delle successive forniture aventi
data certa, la Corte ha ritenuto che la soluzione della questione dovesse
essere lasciata alla normativa nazionale. In tale prospettiva, si potrebbe
forse ritenere che anche la soluzione della questione nel caso concreto
potrebbe essere lasciata alla normativa nazionale. Tuttavia, le questioni da
risolvere nelle due cause divergono notevolmente. La normativa italiana
nella citata causa Commissione/Italia disciplinava soltanto l’efficacia
della clausola di riserva di proprietà; essa stabiliva dunque una delle
caratteristiche di tale clausola. Nel caso concreto invece, la normativa
italiana non stabilisce le caratteristiche necessarie per l’ottenimento del
titolo esecutivo, bensì nullifica il termine breve per il suo ottenimento.

41. La normativa italiana contraddice lo scopo della direttiva 2000/35 anche
perché favorisce gli organi della pubblica amministrazione rispetto alle
imprese. In tal modo, essa, da un lato rende impossibile una tutela
efficace, soprattutto delle piccole e medie imprese e, dall’altro, impedisce
il puntuale pagamento nell’ambito degli appalti pubblici. Il governo
italiano afferma che il trattamento privilegiato riservato agli organi della
pubblica amministrazione è giustificato da imperative esigenze di interesse
pubblico, perché con il differimento dell’esecuzione viene assicurato
l’esercizio regolare della pubblica amministrazione. Tale tesi non può
giustificare la normativa italiana controversa. Con l’allungamento del
termine di pagamento, gli organi della pubblica amministrazione in realtà
trattengono in prestito il denaro dei propri creditori, i quali dovrebbero
riceverlo già alla scadenza del termine di pagamento. I creditori, ovvero le
imprese, di cui gli organi della pubblica amministrazione sono debitori,
possono anche far valere il fatto che a causa dei ritardi di pagamento non
possono operare regolarmente e non possono avere garanzie sulla liquidità
del loro esercizio. Il puntuale pagamento è per tali imprese di estrema
importanza perché nell’ipotesi di insolvenza incombe su di esse la minaccia
del fallimento, che non riguarda invece gli organi della pubblica
amministrazione. Inoltre, occorre considerare che gli Stati membri ,
conformemente all’art. 6, n. 2, della direttiva 2000/35, possono lasciare in
vigore od emanare norme più favorevoli al creditore; a contrario si può
ritenere che contrasta con la direttiva l’adozione, da parte dello Stato
membro, di disposizioni più favorevoli al debitore.

42. Si deve considerare che gli Stati membri già prima della scadenza del
termine per il recepimento della direttiva non potevano emanare disposizioni
in contrasto con lo scopo della direttiva (47). A tal riguardo, vorrei
rilevare che l’Italia ha modificato il termine per il sospensione
dell’esecuzione, portandolo dagli originari 60 giorni agli attuali 120
giorni in data 23 dicembre 2000, dunque sei mesi dopo l’emanazione della
direttiva 2000/35 (48) ed entro il termine per il recepimento della stessa,
fissato all’8 agosto 2002 (49). Il comportamento dell’Italia potrebbe di
conseguenza essere definito come un aggiramento dello scopo della direttiva,
dunque come un comportamento in fraudem legis agere (50). Ai sensi dell’art.
249, n. 3, CE, in sede di trasposizione della direttiva gli Stati membri
sono liberi nella scelta della forma e dei mezzi necessari per il suo
recepimento, mentre rimangono vincolati per quanto riguarda il risultato da
raggiungere. Conformemente ad una giurisprudenza consolidata, gli Stati
membri sono tenuti a recepire la direttiva in modo che sia garantito il suo
effetto utile (effet utile) (51) e che all’atto del recepimento venga
garantito il rispetto degli obiettivi fissati dalla direttiva (52).

43. Sebbene con l’interpretazione letterale dell’art. 5, n. 1 della
direttiva 2000/35 si giunga al risultato che la fase successiva
all’ottenimento del titolo esecutivo non rientra nell’ambito delle
competenze della Comunità, gli Stati membri non possono esercitare le
proprie competenze in contrasto con lo scopo della normativa comunitaria in
vigore. La ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri
non significa infatti che queste ultime, nell’esercizio delle loro
competenze, possano emanare delle disposizioni contrarie allo scopo della
direttiva. Conformemente all’art. 10, primo comma, gli Stati membri devono
«adottare tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad
assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal (…) trattato ovvero
determinati dagli atti delle istituzioni della comunità». Allo stesso modo
gli Stati membri devono astenersi, ai sensi dell’art. 10, secondo comma, CE,
«da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli
scopi del (…) trattato». Un simile obbligo in base al quale gli Stati membri
siano tenuti a rispettare il diritto comunitario anche nelle materie di loro
competenza si riscontra per esempio in materia di imposte dirette (53), di
sistemi di previdenza sociale (54) e di istruzione (55).

44. Per concludere, debbo sottolineare che la direttiva 2000/35 non può
ostare alla normativa italiana nel suo complesso, ma soltanto sul piano
ratione materiae di tale direttiva, ovvero quando si tratti di un credito
non contestato in una transazione commerciale. La direttiva 2000/35 non fa
riferimento ad altre categorie di crediti e pertanto, riguardo a queste, non
può produrre alcun effetto sulla normativa italiana. Tuttavia, la
constatazione che la direttiva 2000/35 osta alla normativa controversa nella
causa principale, non conferisce alla Comunità una competenza generale per
disciplinare i procedimenti di esecuzione forzata privi di elementi
transfrontalieri.

VII – Conclusione

45. Sulla base di quanto precede, propongo alla Corte di dichiarare che la
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 giugno 2000, 2000/35/CE,
relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni
commerciali, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una
disposizione nazionale come l’art.14 del decreto legge n. 669/1996, in forza
del quale il creditore, munito di titolo esecutivo relativo ad un pagamento
non contestato dovuto da una pubblica amministrazione a titolo di
corrispettivo in una transazione commerciale, non può procedere ad
esecuzione forzata nei confronti della suddetta amministrazione prima della
scadenza di un termine di 120 giorni a decorrere dalla notificazione a tale
amministrazione del suddetto titolo esecutivo.


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16.06.2008 Antonia.mancini

Antonia.mancini

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