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"Per trovare la Giustizia bisogna esserle fedeli; essa, come tutte le divinita', si manifesta solo a chi ci crede!" - Calamandrei, 1935



Europa praticanti legali    

Praticanti legali dell’Unione europea: nuove possibilità di accesso al riconoscimento della propria professione in Italia

Interessante articolo dell'Avv. Alessandro De Rocchi, esperto di diritto comunitario, collaboratore del Ministro per le Politiche Comunitarie
06.05.2004 - pag. 27838 print in pdf print on web

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Un’importante e recente sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. SS.UU. n. 14130/04 del 18 aprile 2004) ha statuito che sulle aspirazioni dei praticanti avvocati dell’Unione europea che vogliono esercitare la loro professione nel nostro paese, competenti a decidere sono i singoli Ordini forensi nazionali.

 La Corte ha posto fine al delicato problema che ha visto, nel caso specifico, il rigetto -  del Consiglio dell’ordine prima e del Consiglio forense nazionale poi - della richiesta da parte di una praticante di nazionalità francese di iscrizione nel registro dei praticanti di Genova.

Alla richiesta di iscrizione, la giovane ragazza francese documentava infatti di aver conseguito in Francia il titolo di studio di maitrise in droit e lo svolgimento di un periodo di pratica in Francia prima e in Italia poi.

Il rigetto di tale domanda però veniva giustificato dalla mancanza del requisito della laurea in giurisprudenza conferita in un’università della Repubblica italiana.

La Corte di Cassazione è intervenuta su tale diniego di riconoscimento del titolo francese e, a seguito del principio fissato dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee cui era stata richiesta una pronuncia pregiudiziale da parte del nostro supremo organo di giustizia sulla questione, ha stabilito che il titolo accademico non può costituire l’unico motivo di rigetto della richiesta di iscrizione nel registro dei praticanti; spetterà dunque, sempre secondo la decisione della Corte di Cassazione, ai singoli Consigli dell’Ordine territoriali verificare ed accertare la preparazione del praticante comunitario e decidere se quanto certificato nel diploma presentato soddisfi i requisiti per accedere alla professione nel nostro paese.

Un duro monito dall’Europa quindi che però permetterà di “riconoscere” e “conoscere” l’avvocato “europeo” il cui apporto per la classe forense italiana e di tutti gli altri paesi dell’Unione europea non può che essere positivo e non uno scomodo concorrente da temere.


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06.05.2004 Foggia

Avv. Alessandro De Rocchi

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