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Privacy 18.10.2022    Pdf    Appunta    Letti    Post successivo  

Privacy e danni in re ipsa: le conclusioni dell'avvocato generale dissentono

Per l'avvocato la semplice irritazione non conta nulla per quantificare un danno

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA presentate il 6 ottobre 2022 (1) Causa C-300/21 UI contro Österreichische Post AG.

Questo il terremoto: "l’RGPD non mira esclusivamente a salvaguardare il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali (80) e che il suo sistema di garanzie include meccanismi di diverso tipo (81)."


Valentino Spataro

 

S

Si può arrivare a presumere un risarcimento in assenza di danni materiali o immateriali, per la sola irritazione ?

Secondo l'avvocato generale no.

Ma il tema non finisce qui.

E provoca reazioni stizzite prima ancora di leggere l'ampia articolazione delle conclusioni, da manuale.

Peccato che la privacy sia diventata un territorio da comunicati stampa pro o contro.

Il testo al link indicato. Seguono le conclusioni

105. Sebbene la giurisprudenza della Corte autorizzi a sostenere che, nei termini sopra esposti, esiste nel diritto dell’Unione un principio di risarcimento del danno immateriale, ritengo che non se ne possa dedurre, invece, una regola in base alla quale ogni danno immateriale, a prescindere dalla sua gravità, è risarcibile.

106. La Corte ha riconosciuto la compatibilità con le norme europee di una normativa nazionale che, ai fini del calcolo del risarcimento, distingue i danni immateriali connessi a lesioni corporali causate da un sinistro in funzione dell’origine di quest’ultimo (77).

107. Ha inoltre valutato quali circostanze siano idonee a provocare un danno immateriale, conformemente alla disposizione applicabile in ciascuna causa (78), ma non si è pronunciata esplicitamente (se non erro) sul requisito della gravità di tale danno (79).

108. A questo punto, ritengo che si debba rispondere alla terza questione in senso affermativo.

109. A sostegno della mia posizione, ricordo che l’RGPD non mira esclusivamente a salvaguardare il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali (80) e che il suo sistema di garanzie include meccanismi di diverso tipo (81).

110. In tale contesto, è rilevante la distinzione, suggerita dalla Corte, tra danno immateriale risarcibile e altri svantaggi derivanti dall’inosservanza della legalità che, data la loro scarsa entità, non darebbero necessariamente diritto a un risarcimento.

111. Siffatta dissociazione è riscontrabile in alcuni ordinamenti giuridici nazionali, in quanto inevitabile corollario della vita in società (82). La Corte non ignora tale differenza, che riconosce laddove fa riferimento ai disagi e fastidi in quanto categoria autonoma rispetto a quella del danno, in ambiti nei quali ritiene che essi debbano essere risarciti (83). Nulla impedisce di trasporla all’RGPD.

112. Peraltro, il diritto al risarcimento di cui all’articolo 82, paragrafo 1, dell’RGPD non mi sembra lo strumento adatto per contrastare le violazioni nel trattamento di dati personali, se tutto ciò che provocano nell’interessato è rabbia o irritazione.

113. Di norma, qualsiasi violazione di una norma in materia di protezione dei dati personali determina una reazione negativa dell’interessato. Un risarcimento dovuto per la mera sensazione di malessere di fronte all’altrui inosservanza della legge si confonde facilmente con un risarcimento senza danno, che ho già escluso in precedenza.

114. Sul piano pratico, includere tra i danni immateriali risarcibili la mera irritazione non è efficace, tenuto conto degli inconvenienti e delle difficoltà che caratterizzano una domanda giudiziale per l’attore (84) e la difesa per il convenuto (85).

115. Il diniego del diritto al risarcimento per sentimenti o emozioni lievi e transitori (86) connessi alla violazione delle norme sul trattamento non lascia l’interessato completamente indifeso. Come ho indicato in relazione alla prima questione, il sistema dell’RGPD offre altri rimedi.

116. Non dubito che il confine tra la mera irritazione (non risarcibile) e il vero e proprio danno immateriale (risarcibile) sia sottile, né ignoro quanto sia complicato delimitare, in astratto, le due categorie e applicarle, in concreto, ad una controversia. Tale arduo compito spetta ai giudici degli Stati membri, i quali, probabilmente, non potranno prescindere nelle loro pronunce dalla percezione che, in quel momento, abbia la società riguardo alla tolleranza ammissibile quando le conseguenze soggettive della violazione di una norma in tale materia non superino un livello minimo (87).

V.      Conclusione

117. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo di rispondere all’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria) nei termini seguenti:

«L’articolo 82 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), deve essere interpretato nel senso che:

ai fini del riconoscimento di un risarcimento per danni subiti da una persona in conseguenza di una violazione del menzionato regolamento non è sufficiente, di per sé, la mera violazione della norma, se essa non è accompagnata dal relativo danno, materiale o immateriale.

Il risarcimento del danno immateriale disciplinato dal regolamento 2016/679 non si estende alla mera irritazione che l’interessato possa provare a causa della violazione delle disposizioni del regolamento 2016/679. Spetta ai giudici nazionali stabilire quando, a motivo delle sue caratteristiche, la sensazione soggettiva di malessere possa essere considerata, in ciascun caso, un danno immateriale».

18.10.2022 Valentino Spataro
Curia


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