Sotto l'etichetta "Smart Cities" si è aggiunto moltissimo.
La nozione alla base è quella di digitalizzare la raccolta di dati sull'uso di risorse comunali per poi procedere ad una loro valorizzazione o una migliore gestione, più efficiente.
Inquinamento, ecologia, acqua, temperatura, traffico, illuminazione, sensori, informazioni: tutto per far diventare le città più ricche di informazioni per scelte più oculate.
Città sicuramente in rete, interconnesse. Spesso con offerta anche di wifi al pubblico dagli uffici comunali.
Nel concreto vi rientrano anche attività tradizionali di promozione del territorio, introducendo qualche app o qualche sito.
L'idea non è banale e trova colossi dell'industria informatica pronti a raccogliere dati e interpretarli, magari comparandoli.
Per gli amministratori comunali una opportunità per farsi conoscere meglio su temi di innovazione.
In una conferenza stampa alla Camera di marzo 2016 vi è chi ha sostenuto che è in crisi il modello di business, che non si può parlare di Roi (come per un ospedale) e che la moda, finiti i finanziamenti, si sta affievolendo. Altri invece mostrano come innovare significa anche risparmiare, come per le lampadine a led che, ahime', non sono smart nè raccolgono dati.
In poche parole, mancano i soldi pubblici, e si cercano privati interessati a progetti più tangibili e meno legati alla raccolta di informazioni.