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Accordi prematrimoniali    

Sugli accordi prematrimoniali

Legislatura 16ª - Disegno di legge N. 2629
24.08.2015 - pag. 91494 print in pdf print on web

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DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori Alberto FILIPPI, Massimo GARAVAGLIA e MAZZATORTA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 18 MARZO 2011

Modifiche al codice civile e alla legge 1º dicembre 1970, n. 898,
in materia di patti prematrimoniali

 

Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge nasce dalla urgente necessità di introdurre un istituto nel nostro ordinamento: i patti prematrimoniali, o prenuptial agreements.

    Si tratta di un istituto stipulato da nubendi destinato a regolare vari aspetti del matrimonio, patrimoniali e non, nonché dell’eventuale crisi coniugale.
    All’origine della differenza tra gli ordinamenti che espressamente prevedono tali istituti e sistemi e il diritto italiano, vi è sicuramente la diversa ampiezza riconosciuta alla sfera dell’autonomia privata nei rispettivi contesti giuridici.
    È noto infatti che in ordinamenti che riconoscono valore giuridico ai prenuptial agreements vige un’impostazione liberale dei rapporti di diritto privato, secondo cui anche quelli di natura familiare sono contrattualizzabili.
    In un simile quadro, i prenuptial agreements, lungi dal sostituirsi integralmente alla legge, consentono una maggiore flessibilità nella regolazione dei rapporti di diritto di famiglia. Non si può dunque sostenere che in materia di rapporti familiari valga un affidamento incondizionato all’autonomia delle parti, la quale risulta invece sottoposta ad un controllo formale e sostanziale da parte dell’autorità giudiziaria circa l’affidamento dei figli, a differenza dell’aspetto patrimoniale regolato da tali patti. Pertanto, la funzione del prenuptial agreement consiste nel permettere alla coppia che intende sposarsi di derogare al regime legale degli effetti, soprattutto patrimoniali, che scaturiscono dal matrimonio o dall’ipotetica separazione e divorzio.
    Introdurre un simile istituto nell’ordinamento italiano potrebbe anche risolvere l’annoso problema dei tempi del processo di separazione e divorzio, uno dei motivi delle difficoltà della magistratura e del malcontento dei coniugi coinvolti. In Italia, negli ultimi tredici anni, le separazioni e i divorzi sono in continua crescita: nel 1995 si verificavano 158 separazioni e 80 divorzi ogni 1.000 matrimoni. Rispetto al 1995, le separazioni sono praticamente raddoppiate e i divorzi sono aumentati di oltre una volta e mezza. L’età media alla separazione è di circa 45 anni per i mariti e 41 anni per le mogli e in caso di divorzio raggiunge rispettivamente 46 e 43 anni, calcolando una durata media del matrimonio di 15-18 anni, valori in aumento negli anni sia per una drastica diminuzione delle separazioni sotto i 30 anni, anche per effetto della posticipazione delle nozze verso età più mature, sia per un aumento delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne.
    Il 70,8 per cento delle separazioni e il 62,4 per cento dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante la loro unione e fino al 2005 ha prevalso l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre; tuttavia nel 2006, la legge 8 febbraio 2006, n. 54, ha introdotto l’istituto dell’affido condiviso dei figli minori come modalità ordinaria. Nel 2008 il 78,8 per cento di separazioni con figli è stata con affido condiviso contro il 19,1 per cento di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre. Il fenomeno dell’instabilità coniugale, secondo l’ISTAT, presenta situazioni molto diverse sul territorio: nel 2008 si va dal valore minimo di 186,3 separazioni per 1.000 matrimoni che caratterizza il Sud, al massimo osservato nel Nord-Ovest (363,3 separazioni per 1.000 matrimoni). Pertanto, una rilevante conseguenza dell’introduzione degli accordi prematrimoniali nella normativa italiana è costituita dall’incremento della tutela del superiore interesse dei figli minori, o disabili di maggiore età, coinvolti in tali contesti.
    È necessario, inoltre, non trascurare l’aspetto economico del fenomeno, poiché secondo un’indagine dell’Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori (ADOC), le coppie che affrontano una separazione o un divorzio arrivano a spendere fino a 23.000 euro, considerando che la spesa minima per una separazione consensuale è di 3.300 euro.
    Per questo occorre deflazionare il carico di lavoro attraverso una riforma del diritto di famiglia che introduca nel nostro Paese i patti prematrimoniali, la cui applicazione eviterebbe il processo o, almeno, ne ridurrebbe i tempi a tutto vantaggio dei cittadini e dello Stato, in modo da ridurre il lavoro dei magistrati, salvaguardando al contempo la libertà dei contraenti. Non può essere inoltre trascurato l’effetto positivo che tali patti avrebbero in considerazione del fatto che non poche separazioni avvengono oggi in forma conflittuale tra le parti, condizionando negativamente e in misura maggiore i rapporti degli ex coniugi, oltre che della eventuale prole.
    Gli atti prematrimoniali devono essere, però, soprattutto un rafforzamento del valore del matrimonio ed un disincentivo per i divorzi, soprattutto interpretando i mutamenti intervenuti nei costumi e negli usi della società; pertanto è necessario che il Parlamento tratti adeguatamente tale problematica per una tutela reale e sostanziale dei coniugi e dei figli.
    Il presente disegno di legge introduce pertanto, all’articolo 1, comma 1, lettera c), numero 2), un nuovo comma nell’articolo 162 del codice civile (Forma delle convenzioni matrimoniali) volto a sancire la possibilità di stipulare contratti aventi natura patrimoniale prima della celebrazione del matrimonio. Ciò risponde ad una apertura nei confronti della libertà contrattuale per i futuri sposi, come forma di autodeterminazione, senza tuttavia giudicarla un attentato ai valori dell’altruismo e della solidarietà coniugali. In ragione di questo, come compromesso di pubblico e privato all’interno del regime giuridico della famiglia, viene accordato, in via eventuale, uno spazio alla libertà negoziale dei coniugi che razionalmente compiano una scelta in questa direzione. Riteniamo infatti che siano maturi i tempi per una uguaglianza dei partners contrattuali, giustificata anche dai mutamenti sociali prodotti dalla emancipazione della donna. Ciò, tuttavia, senza scalfire l’idea che la famiglia debba perseguire la solidarietà e non l’interesse egoistico degli individui che la compongono, che è quanto consente la preservazione del valore della solidarietà coniugale anche in sede di negoziazione sulle conseguenze patrimoniali del divorzio (confronta articolo 1, comma 1, lettera d)). Da questo punto di vista, inoltre, un regolamento convenzionale delle conseguenze patrimoniali del divorzio potrebbe in teoria essere migliorativo della condizione del coniuge più debole e il contratto esprimere un tasso di solidarietà post coniugale maggiore dello stesso regime legale.
    È intuitivo, infine, che l’autonomia contrattuale, ove ammessa, si dispieghi lungo le linee tracciate dalla legislazione in materia, soprattutto per quanto concerne i diritti dei figli, che non possono essere compressi e sacrificati dal ricorso all’autonomia contrattuale. In buona sostanza, la possibilità di determinare liberamente le modalità delle proprie relazioni all’interno della coppia, di regolare altrettanto liberamente i propri interessi nei rapporti patrimoniali e quindi di scegliere il modo in cui risolvere le eventuali crisi coniugali, diventano una scelta possibile, in linea con i mutamenti sociali. Pertanto, con l’articolo 1, comma 1, lettera a), viene inserito un periodo nell’articolo 156 del codice civile riguardante gli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi. Ciò al fine di prevedere che, nel decidere il mantenimento, il giudice tenga conto altresì delle convenzioni prematrimoniali eventualmente stipulate, che permettono anche di scegliere di escludere l’applicazione della legge 1º dicembre 1970, n. 898 (confronta l’articolo 2).
    All’articolo 1, comma 1, lettera b), del presente disegno di legge si modifica, invece, l’articolo 159 del codice civile, allo scopo di sostituire l’attuale applicazione del regime di comunione dei beni fra coniugi, dopo il matrimonio, con il regime della separazione dei beni.
    L’articolo 3 è diretto a raccordare la modifica introdotta con il nuovo articolo 162-bis con la legge 1º dicembre 1970, n. 898 (cosiddetta legge sul divorzio), così che il giudice nella determinazione dell’assegno di divorzio tenga conto delle convenzioni prematrimoniali eventualmente stipulate dai coniugi, al fine di regolamentare le conseguenze patrimoniali in caso di divorzio, dando la possibilità ai coniugi di poter derogare al regime legale.
    Tale possibilità non deve però essere esclusa a coloro che hanno contratto il matrimonio antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge; pertanto, all’articolo 4 si introduce una norma transitoria a tal fine, con una scadenza di dodici mesi dalla data suddetta. Alla luce dei motivi sopra esposti, confidiamo in una celere approvazione della presente iniziativa di legge.

 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Disciplina dei patti prematrimoniali)

    1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 156, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tal fine il giudice deve tenere dei patti prematrimoniali di natura patrimoniale, eventualmente stipulati ai sensi dell’articolo 162-bis, e darne esecuzione»;

        b) all’articolo 159, le parole: «comunione dei beni regolata dalla sezione III» sono sostituite dalle seguenti: «separazione dei beni regolata dalla sezione V»;
        c) all’articolo 162 sono apportate le seguenti modificazioni:

            1) al secondo comma, la parola: «separazione» è sostituita dalle seguenti: «comunione dei beni»;

            2) dopo il quarto comma è aggiunto, in fine, il seguente:

        «Fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 160, è consentita, ai soggetti di cui allo stesso articolo, la stipula di patti prematrimoniali di natura patrimoniale prima della celebrazione del matrimonio, ai sensi dell’articolo 162-bis.»;
        d) dopo l’articolo 162 è inserito il seguente:
    «Art. 162-bis. - (Disciplina dei patti prematrimoniali) – I futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare un patto prematrimoniale in forma scritta diretto a disciplinare i rapporti patrimoniali in caso di separazione personale, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

    Il patto prematrimoniale deve essere sottoscritto dalle parti, a pena di nullità, e depositato presso l’Ufficio del registro, territorialmente competente in ragione della residenza di uno dei contraenti.
    Il patto prematrimoniale può anche escludere il coniuge dalla successione necessaria.
    La presente normativa non si estende ai rapporti tra genitori e figli, che restano regolati dalla normativa vigente».

Art. 2.

(Opzione di scelta nei casi di scioglimento del matrimonio)

    1. Il patto prematrimoniale può anche escludere l’applicazione delle disposizioni in materia patrimoniale previste dalla legge 1º dicembre 1970, n. 898.

Art. 3.

(Disciplina dei casi di scioglimento
del matrimonio)

    1. All’articolo 5, comma 6, della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tal fine il giudice deve tenere conto dei patti prematrimoniali eventualmente stipulati ai sensi dell’articolo 162-bis del codice civile e darne esecuzione».

Art. 4.

(Norma transitoria)

    1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, coloro che abbiano contratto matrimonio prima della medesima data possono stipulare un patto prematrimoniale di natura patrimoniale, ai sensi degli articoli 162, quinto comma, e 162-bis del codice civile, introdotti dall’articolo 1, lettere c), numero 2), e d) della presente legge.


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24.08.2015 Spataro

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