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Sentenze 2015-02-02 - Pdf - Stampa

Decesso in sinistro stradale e azione del genitore, massimali

Cassazione III civile del 27/6/2014, n. 14637;
in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile derivante da circolazione di veicoli e di natanti, relativamente a fatto antecedente al 1 maggio 1993, per persona danneggiata, ai sensi della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21 deve intendersi non solo la vittima diretta dell'incidente, ma anche i prossimi congiunti o gli aventi causa della stessa, cosi' che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell'ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento e', distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (cd. massimale catastrofale) Fonte: cass

 

S

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 3-6.12.1993, F. E., moglie di D.N.F., in proprio ed in qualità di genitrice esercente la potestà sul figlio minore D.N. A., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Potenza, M.S.C. e la Milano Assicurazioni SPA per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni derivati dalla morte del D.N. avvenuta a seguito di incidente stradale verificatosi in (OMISSIS) all'altezza del Km 49+200 del raccordo autostradale svincolo (OMISSIS).

L'attrice esponeva che la responsabilità dell'incidente era da attribuirsi esclusivamente al M., assicurato con la Milano Assicurazioni in virtù di polizza datata (OMISSIS), il quale, alla guida della sua autovettura Peugeot 205 tg. (OMISSIS) ed in stato di alterazione psico-fisica da assunzione di sostanze stupefacenti, aveva tamponato violentemente l'autovettura Renault 4 tg. (OMISSIS) condotta dal citato D.N.; questi, in conseguenza di cio', era stato sbalzato fuori dalla sua autovettura perdendo la vita poco dopo durante il trasporto in Ospedale a bordo dell'ambulanza accorsa sul luogo del sinistro.

Si costituiva la Milano Assicurazioni che resisteva alla domanda attorea e ne contestava la fondatezza chiedendo darsi atto dell'offerta risarcitoria di L. 50.000.000.

All'esito del giudizio, nel corso del quale venivano acquisite prove documentali e testimoniali, il GOA del Tribunale di Potenza, con sentenza n. 188 del 31/5-8/6/2001, attribuiva la responsabilità esclusiva dell'incidente al M. anche sulla scorta della sentenza (divenuta irrevocabile il 16.10.1993) con cui il Pretore di Potenza in data 14/7/1993 aveva definito, con il rito del patteggiamento, il processo penale a carico del M., imputato di guida in stato di ebbrezza e di omicidio colposo in danno del D.N.. Il giudice procedente condannava i convenuti, in solido (la Milano Assicurazioni nel limite del massimale contrattuale di L. 700.000.000) al risarcimento dei danni patrimoniali e morali in favore degli attori rispettivamente determinati in L. 393.124.523 ed in L. 892.662.082 comprensivi di rivalutazione ed interessi, tenuto conto dei due acconti corrisposti dalla Milano Assicurazioni per complessive L. 300.000.000; poneva le spese del giudizio a carico delle parti soccombenti. Avverso detta sentenza proponevano appello la F. ed il D.N., in via principale, e la Milano Assicurazioni, in via incidentale, ed in esito al giudizio la Corte di Appello di Potenza con sentenza depositata in data 5 giugno 2007 condannava in solido il M. e la Milano Assicurazioni, quest'ultima nel limite del massimale vigente all'epoca del sinistro, al pagamento della somma di L. 1.285.786.605 oltre gli interessi sulla stessa al saggio legale dalla sentenza di primo grado al soddisfo; rigettava l'appello incidentale della Milano; confermava nel resto la sentenza impugnata e provvedeva al governo delle spese.

Avverso la detta sentenza la F. ed il D.N. hanno proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, illustrato da memoria. Resiste con controricorso la Unipol-Sai, già Milano Assicurazioni, la quale ha altresì depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1223 c.c., i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha trascurato che per persona danneggiata, ai fini del computo del massimale, deve intendersi ciascuno dei prossimi congiunti della vittima primaria, i quali vantino iure proprio un diritto al risarcimento.

La censura è fondata. A riguardo, giova sottolineare che le Sezioni Unite di questa Corte (cfr S.U. n. 15376/09), componendo il precedente contrasto giurisprudenziale hanno recentemente statuito il principio, secondo cui "in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione di veicoli e di natanti, relativamente a fatto antecedente al 1 maggio 1993, per persona danneggiata, ai sensi della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21 deve intendersi non solo la vittima diretta dell'incidente, ma anche i prossimi congiunti o gli aventi causa della stessa, così che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell'ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento e', distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (cd. massimale catastrofale)". Ne deriva l'accoglimento della censura.

 Passando all'esame della seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e dei principi che regolano la mala gestio nonchè sotto il profilo della motivazione illogica e contraddittoria, va rilevato che, ad avviso dei ricorrenti, la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto come nuova la domanda con cui in appello essi avevano chiesto la condanna al pagamento della differenza tra il massimale di polizza ed il danno liquidato. Al contrario, avrebbe dovuto intenderla come riproposizione della domanda originaria, formulata in primo grado, nei limiti del riconoscimento di interessi e rivalutazione oltre il massimale di legge prescritto all'epoca del sinistro.
Inoltre - ed in tale rilievo si sostanzia la terza doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c., della L. n. 990 del 1969, art. 22 nonchè il profilo della motivazione contraddittoria - la Corte territoriale avrebbe erroneamente trascurato che, a seguito della richiesta ex art. 22 Legge citata, una volta scaduto il termine di sessanta giorni, l'assicuratore va considerato in mora verso l'assicurato incorrendo nella mala gestio impropria qualora, pur essendo stato posto in condizione di determinarsi in ordine all'an ed al quantum, non vi abbia colpevolmente provveduto.


I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, meritano attenzione.
A riguardo, deve richiamarsi l'attenzione sul rilievo che la responsabilità ultramassimale dell'assicuratore nei confronti della parte danneggiata, che solo con formula tralaticia si continua a definire mala gestio, trattandosi propriamente di responsabilità da colpevole ritardo, trova titolo in un comportamento dell'assicuratore ingiustificatamente dilatorio, a fronte della richiesta di liquidazione avanzata dal danneggiato ed è fondata sulla costituzione in mora del primo formulata ai sensi dell'art. 22 cit. Legge.


Ciò spiega per quale ragione, per ottenere la corresponsione degli interessi e rivalutazione oltre il limite del massimale, non sia affatto necessario che il danneggiato formuli una specifica domanda in tal senso, perchè l'omissione non può essere ritenuta abdicativa del diritto alla corresponsione di interessi e rivalutazione, essendo in contrasto con l'interesse del danneggiato ad ottenere l'integrale risarcimento.


Invero, è principio di diritto ormai consolidato di questa Corte quello secondo cui la domanda, proposta dalla vittima di un sinistro stradale, di condanna dell'assicuratore del responsabile al risarcimento del danno per mala gestio deve ritenersi implicitamente formulata tutte le volte che la vittima, anche senza fare riferimento alla condotta renitente dell'assicuratore od al superamento del massimale, ne abbia comunque domandato la condanna al pagamento di interessi e rivalutazione (così Cass. n. 20058/08, n. 21688/09, n. 15397/10, n. 17167/2012).


Cio', a differenza di quanto accade invece in tema di mala gestio propria, nel rapporto tra assicuratore/assicurato, in cui quest'ultimo ha l'onere di formulare in modo esplicito la relativa domanda nei confronti del proprio assicuratore.
Venendo alla vicenda in esame, ne consegue che non poteva ritenersi nuova la domanda con cui in appello i danneggiati avevano chiesto la condanna dell'assicuratore al pagamento della differenza tra il danno liquidato ed il superamento del massimale di polizza, per effetto delle somme - e limitatamente ad esse - che potevano essere aggiunte per interessi moratori e rivalutazione.


Inoltre, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, non competeva ai danneggiati l'onere di provare, a carico dell'assicuratore, l'imputabilità a titolo di colpa del ritardo nell'adempimento dell'obbligazione risarcitoria, spettando ad essi di provare soltanto l'inutile decorso dello "spatium deliberandi" stabilito dall'art. 22 della cit. Legge e spettando invece all'assicuratore, che intendesse sottrarsi alla responsabilità per "mala gestio", dimostrare che il ritardo non era imputabile a propria colpa, (v. Cass. n. 19919/2008). Ed è appena il caso di aggiungere che restava a carico del giudice di merito verificare se, alla scadenza del termine di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22 (attualmente, di cui al D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 145), l'assicuratore potesse considerarsi in mora, essendo stato posto in grado con la detta richiesta di determinarsi in ordine all'an e al quantum della somma dovuta a titolo di risarcimento: indagine che la Corte di merito, nel caso di specie, ha invece omesso di compiere in termini specifici e completi e sul cui esito ha evitato di pronunciarsi in maniera esaustiva, guardandosi bene dal considerare che, come risultava dagli atti processuali, la Milano Spa aveva a propria disposizione gli accertamenti di PG al fine di poter verificare la responsabilità del proprio assicurato ed aveva corrisposto ai danneggiati soltanto dei meri acconti, a distanza di oltre due e cinque anni dal sinistro.
Ne consegue che in applicazione di questo principio il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto nei limiti della motivazione e la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa, deve essere cassata.


Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia da condursi nell'osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Potenza, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimita'.


P.Q.M.


La Corte accoglie il ricorso nei limiti della motivazione, e cassa la sentenza impugnata in relazione, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Potenza, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimita'.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 aprile 2014.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2014


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2015-02-02 Chi: Spataro Fonte: cass








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