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Osservatorio sul diritto e telecomunicazioni informatiche, a cura del dott. V. Spataro dal 1999, 9266 documenti.

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Password 30.08.2012    Pdf    Appunta    Letti    Post successivo  

Non licenziabile il dirigente la cui password personale non funziona ed usa quella di altro ufficio

"che la (OMISSIS) era divenuta responsabile dell'Ufficio Estero della societa' (OMISSIS), dopo una serie di vicende della societa' datrice di lavoro al termine delle quali e' stato introdotto un nuovo sistema informatico aziendale, la cui originaria applicazione ha determinato diversi inconvenienti nel settore di competenza della dirigente"
Spataro

 

C

Cassazione, Sezione Lavoro civile  Sentenza 16 marzo 2012, n. 4258  


  REPUBBLICA ITALIANA   IN NOME DEL POPOLO ITALIANO   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE   SEZIONE LAVORO  
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:   Dott. VIDIRI Guido - Presidente   Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere   Dott. STILE Paolo - Consigliere   Dott. TRIA Lucia - rel. Consigliere   Dott. TRICOMI Irene - Consigliere   ha pronunciato la seguente:   
SENTENZA
 sul ricorso 17063/2008 proposto da;
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS),  presso  lo  studio  dell'avvocato  (OMISSIS),  che  la rappresenta e  difende  unitamente  all'avvocato  (OMISSIS),  giusta delega in atti;
- ricorrente -  contro  (OMISSIS),  elettivamente  domiciliata  in  (OMISSIS),  presso  lo  studio  dell'avvocato  (OMISSIS),  che  la  rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- controricorrente -  avverso  la  sentenza  n.  632/2007  della  CORTE  D'APPELLO  di  MILANO,  depositata  il  29/06/2007  r.g.m.
334/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/01/2012 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;
Udito l'Avvocato (OMISSIS);
udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il  rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


 1.- La sentenza attualmente impugnata - riformando in parte la sentenza del Tribunale di Milano n. 315/05  del 21 gennaio 2005 dispone la parziale compensazione delle spese di primo grado e conferma, per il resto,  la  sentenza  del  primo  Giudice,  la  quale  in  parziale  accoglimento  del  ricorso  di  (OMISSIS),  dipendente  in  qualità di  dirigente  della  (OMISSIS)  s.p.a.,  ha  dichiarato  l'ingiustificatezza  del  licenziamento  intimato  alla  ricorrente in data 19 aprile 2002, condannando la società alla corresponsione dell’indennità supplementare  e dell’indennità sostitutiva del preavviso, oltre al pagamento delle spese processuali.
La Corte d'appello di Milano, per quel che qui interessa, precisa che;
a)  il  Tribunale  ha  ritenuto  di  considerare  fondate  le  giustificazioni  offerte  dalla  (OMISSIS)  in merito  alla  ripetuta utilizzazione di una password altrui effettuata per collegarsi al sistema informatico aziendale;
b)  tale  statuizione,  alla  quale  il  primo  Giudice è pervenuto  dopo  uno  scrupoloso  esame  delle  risultanze  istruttorie, deve essere confermata;
c)  in  effetti, è stato  accertato  che  la  (OMISSIS)  era  divenuta  responsabile  dell'Ufficio  Estero  della societa'  (OMISSIS), dopo una serie di vicende della società datrice di lavoro al termine delle quali è stato introdotto  un nuovo sistema informatico aziendale, la cui originaria applicazione ha determinato diversi inconvenienti  nel settore di competenza della dirigente, prontamente da questa segnalati alla societa';
d) tali inconvenienti risultavano aggravati dal fatto che l’attività di recupero crediti era stata formalmente  sottratta  alla  competenza  dell'Ufficio  Estero  e  concentrata  nell'Ufficio  Amministrativo  della  sede  della  società sita in (OMISSIS);
e)  la  (OMISSIS),  rimanendo  responsabile  dell'Ufficio  Estero,  al  fine  di  ottenere  i  dati  necessari  per  selezionare i clienti morosi (onde predisporre il recupero dei crediti sia nazionali sia esteri) era costretta ad  avere continui rapporti telefonici con l'Ufficio Amministrativo;
f) conseguentemente, dopo avere invano segnalato le disfunzioni che si erano venute a creare, nel periodo  dicembre  2001-marzo  2002,  ha  utilizzato  all'occorrenza  la  password  di  accesso  al  sistema  informatico  aziendale di una collega dell'Ufficio Amministrativo onde procurarsi direttamente i suddetti dati;
g) tali connessioni sono state individuate dal sistema stesso e rappresentano il comportamento contestato  in sede di licenziamento;
h)  come  rilevato  dal  Tribunale  tale  condotta  lungi  dal  rappresentare  una  indebita  intromissione,  neppure  adombrata,  nei  dati  protetti  dalla  suddetta  password - posti  a  tutela  di  brevetti  industriali - ovvero  una  violazione  della privacy  della titolare è stato  necessitato  dalle  esigenze - inutilmente  segnalate  all'azienda  da parte della dirigente connesse con lo svolgimento del proprio, oltre che dell'altrui, lavoro;
i)  conseguentemente  la  suddetta  condotta  non  si  pone  in  contrasto  con  l'incarico  di  responsabile  della  protezione  dei  dati  sensibili,  affidato  alla  (OMISSIS),  ai  sensi  del  regolamento  alla  Legge  n.  675  del  1996,  visto che il suindicato incarico si sostanziava nell'impedire accessi "indebiti" al sistema, da intendere come  accessi del tutto ingiustificati;
l)  d'altra  parte, e'  stato  anche  accertato  che  il  comportamento  contestato  era  conforme  ad  una  prassi  aziendale e che neppure esisteva all'epoca un codice di comportamento che vietava la condotta contestata  alla dirigente, codice probabilmente introdotto dopo la contestazione disciplinare in oggetto;
m) infine, appaiono inconferenti i richiami effettuati dalla società alla giurisprudenza di legittimità relativa  alla  concessione  della  propria  password  per  consentire  a  terzi  connessioni  dall'esterno  con  la  rete  informatica  della societa',  onde  rendere  possibile  l'accesso  ad  una  grande  massa  di  informazioni  attinenti  l’attività aziendale, destinate a rimanere riservate;
n) in sintesi, il licenziamento della (OMISSIS) si deve considerare del tutto ingiustificato e la ricerca, da parte  della  datrice  di  lavoro,  di  altre  collocazioni  per  la  dipendente  da  questa  rifiutate perchè inadeguate  alla  professionalità acquisita - dimostra che la stessa azienda non considerava il comportamento addebitato in  sede di recesso tale da impedire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto e da determinare il venire  meno  del  vincolo  fiduciario  con  la  dirigente,  onde  il  riconoscimento dell’indennità supplementare  oltre  quella di mancato preavviso.

2-  Il  ricorso  della  (OMISSIS)  s.p.a.  domanda  la  cassazione  della  sentenza  per  due  motivi;  resiste,  con  controricorso, (OMISSIS).

La ricorrente deposita anche memoria ex articolo 378 cod. proc. civ..

MOTIVI DELLA DECISIONE  

1 - Sintesi dei motivi di ricorso.

1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia: a) in relazione all'articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione  dell'articolo 2119 cod. civ., della Legge n. 604 del 1966, articoli 1, 3 e 5, degli articoli 19, 22 e 23 c.c.n.l. per i  dirigenti di aziende industriali del 23 maggio 2000, degli articoli 2104 e 2105 cod. civ., nonchè della Legge n.
675  del  1996,  articolo  15  e  del  Decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  318  del  1999,  articolo  2;  b)  in  relazione all'articolo 360 cod. proc. civ., n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla giusta causa  di licenziamento.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia: a) in relazione all'articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione  dell'articolo  2119  cod. civ.,  degli  articoli  19  e  22  c.c.n.l. per  i  dirigenti  di  aziende  industriali  del  23  maggio  2000,  dell'articolo  2105  cod.  civ.;  b)  in  relazione  all'articolo  360  cod.  proc.  civ.,  n.  5,  insufficiente  e  contraddittoria motivazione sulla giustificatezza di licenziamento.
2.- Con  entrambi  i  motivi  si  contesta - con  argomentazioni  analoghe - la statuizione  della Corte  d'appello,  conforme  a  quella  del  Tribunale,  secondo  cui  sono  da  considerare  fondate  le  giustificazioni  offerte  dalla  (OMISSIS)  in  merito  alla  ripetuta  utilizzazione  di  una  password  altrui  effettuata  per  collegarsi  al  sistema  informatico aziendale, essendo emerso con chiarezza che tale comportamento - all'epoca conforme ad una  prassi  aziendale  e  non  vietato  da  alcun  codice  di  comportamento - lungi  dal  rappresentare  una  indebita  intromissione,  neppure  adombrata,  nei  dati  protetti  dalla  suddetta  password - posti  a  tutela  di  brevetti  industriali - ovvero una violazione della privacy della titolare è stato necessitato dalle esigenze - inutilmente  segnalate all'azienda da parte della dirigente - connesse con lo svolgimento del proprio oltre che dell'altrui  lavoro, essendo finalizzato, in particolare ad ottenere i dati necessari per selezionare i clienti morosi, onde  procedere al recupero dei crediti sia nazionali sia esteri.
In base alla suddetta statuizione il licenziamento della dirigente è stato considerato del tutto ingiustificato e  si è sottolineato che la ricerca, da parte della datrice di lavoro, di altre collocazioni per la dipendente - da  questa  rifiutate perche''  inadeguate  alla  professionalita'  acquisita -  dimostra  che  la  stessa  azienda  non  considerava  il  comportamento  addebitato  in  sede  di  recesso  tale  da  impedire  la  prosecuzione  anche  provvisoria  del  rapporto  e  da  determinare  il  venire  meno  del  vincolo  fiduciario  con  la  dirigente,  onde  il  riconoscimento dell’indennità supplementare oltre quella di mancato preavviso.
La  ricorrente,  in  entrambi  i  motivi,  attraverso  un  riepilogo  del  quadro  probatorio  (documentale  e  testimoniale),  sostiene  che  la  valutazione  del  comportamento  della  (OMISSIS)  effettuata  dalla  Corte  milanese  non  terrebbe  conto  della contrarieta'  dello  stesso  a  direttive  aziendali  scritte nonche'  alle  disposizioni  legislative  contenenti misure  di  sicurezza  per  il  trattamento  dei  dati  personali  inseriti  in  un  sistema  informatico  (prevedenti  sanzioni,  anche  penali,  per  l'uso  indebito  della  password  e  l'accesso  non  autorizzato ad una parte del sistema informatico protetta).
La ricorrente aggiunge che la Corte d'appello non avrebbe considerato neppure che dalla testimonianza di  un'altra  dipendente  (  (OMISSIS))  sarebbe  emerso,  peraltro  solo  successivamente  al  licenziamento,  che  la  (OMISSIS) consentiva l'accesso ai propri dati - con la propria password anche ad altri lavoratori.

2 - Esame delle censure.

3.- I motivi di ricorso - da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione - sono inammissibili  per molteplici ragioni.

3.1.- Il  primo motivo  risulta  inammissibile,  atteso  che - come risulta  anche  dai quesiti  formulati a  corredo  del motivo, ai sensi dell'articolo 366-bis cod. proc. civ. (applicabile nella specie ratione temporis) - con esso  la ricorrente fa riferimento ad elementi e situazioni che non risultano in base al principio di autosufficienza  del ricorso per cassazione - coerenti con quanto affermato dalla società nella originaria contestazione degli  addebiti.
In  particolare,  la  censura  lamenta  l'asseritamente  omesso  esame,  da  parte  della  Corte  d'appello,  di  mancanze  (accesso  a  cartelle  riservate  e  altri  fatti  successivi  alla  originaria  contestazione)  addebitate  alla  (OMISSIS)  soltanto  in  corso  di  causa  e  sulla base  della  rivalutazione  delle  risultanze  processuali,  la  cui  deduzione - oltre che porsi in contrasto con il principio dell’immutabilità della contestazione dell'addebito  disciplinare mosso al lavoratore ai sensi dell'articolo 7 dello statuto lavoratori, applicabile anche ai dirigenti  non apicali (vedi, per tutte: Cass. SU 30 marzo 2007, n. 7880; Cass. 17 gennaio 2011, n. 897) - dal punto di  vista processuale, corrisponde ad un inammissibile allargamento dell'originario thema decidendum, che nel  rito del lavoro consegue alla primitiva prospettazione dei fatti di causa, contenuta negli atti introduttivi del  giudizio (vedi, per tutte: Cass. 20 novembre 1993, n. 11469; Cass. 12 novembre 2003, n. 17058).

3.2.-  Quanto  al  secondo  motivo,  si  deve  rilevare  che  l'esame  del  merito  delle  relative  censure  non e'  possibile  in  questa  sede  in  quanto -  nonostante  il  formale  richiamo  alla  violazione  di  norme  di  legge  contenuto nelle intestazione del motivo stesso in realtà tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di  motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della  ricostruzione dei fatti.
Al  riguardo  va  ricordato  che  la  deduzione  con  il  ricorso  per  cassazione  di  un  vizio  di  motivazione  della  sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda  processuale, bensi'  la  sola  facolta'  di  controllo  della  correttezza  giuridica  e  della  coerenza  logica  delle  argomentazioni svolte dal giudice di merito, non essendo consentito alla Corte di Cassazione di procedere  ad  una  autonoma  valutazione  delle  risultanze  probatorie, sicche'  le  censure  concernenti  il  vizio  di  motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella  accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante Cass. 18 ottobre 2001, n. 21486; Cass. 3 gennaio 2011, n.37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass.27 aprile 2005, n. 8718).
Nella  specie  le  valutazioni  delle  risultanze  probatorie  operate  dal  Giudice  di  appello  sono  congruamente  motivate  e  l'iter  logico-  argomentativo  che  sorregge  la  decisione e'  chiaramente  individuabile,  non  presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.
Ne'  va  omesso  di  considerare  che  la  valutazione  delle  risultanze  della  prova  testimoniale,  il  giudizio  sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze  probatorie,  di  quelle  ritenute più idonee  a  sorreggere  la  motivazione,  involgono  apprezzamenti  di  fatto  riservati  al  giudice  dei  merito,  il  quale  nel  porre  a  fondamento  della  propria  decisione  una  fonte  di  prova  con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento,  senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo  ritenersi  implicitamente  disattesi  tutti  i  rilievi  e  circostanze  che,  sebbene  non  menzionati  specificamente,  sono  logicamente  incompatibili  con  la decisione  adottata  (vedi,  per  tutte:  Cass. 5  ottobre  2006,  n. 21412; Cass. 24 luglio 2007, n. 16346).
Va,  altresi',  sottolineato,  che  anche  con  il  secondo  motivo  si  richiamano,  inammissibilmente,  comportamenti della (OMISSIS) (violazione della privacy) ed altre circostanze di fatto (esistenza di un codice  comportamentale  al  momento  in  cui è stata  posta  in  essere  la  condotta  addebitata  alla  dirigente),  senza  che ne sia dimostrata la sussistenza e soprattutto la rituale, tempestiva allegazione. Nel contempo, si critica  l'affermazione della Corte d'appello in ordine alla ingiustificatezza del licenziamento, ma non si contestano  le  effettuate  proposte,  da  parte  della  societa',  di  collaborazioni  alla  (OMISSIS)  intervenute  in  epoca  successiva  al  licenziamento,  dalle  quali  la  Corte  territoriale  ha  tratto  la  conclusione  che  la  stessa  azienda  non  considerava  il  comportamento  addebitato  in  sede  di  recesso  tale  da  impedire  la  prosecuzione  anche  provvisoria  del  rapporto  e  da  determinare  il  venire  meno  del  vincolo  fiduciario  con  la  dirigente  (onde  il  riconoscimento dell’indennità supplementare oltre quella di mancato preavviso).
A  fronte  di  questa  situazione,  le  doglianze  mosse  dalla  ricorrente  si  risolvono  sostanzialmente  nella  prospettazione  di  un  diverso  apprezzamento  delle  stesse  prove  e  delle  stesse  circostanze  di  fatto gia'  valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative della medesima ricorrente e si traducono  nella  richiesta  di  una  nuova  valutazione  del  materiale  probatorio,  del  tutto  inammissibile  in  sede  di  legittimita'.

3 - Conclusioni.

4.-  In  base  alle  suesposte  considerazioni  il  ricorso  va  dichiarato  inammissibile.  Conseguentemente,  la  societa'  ricorrente  deve  essere  condannata  al pagamento  delle  spese  processuali  di  questo  giudizio  di  cassazione, liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La  Corte  dichiara  il  ricorso  inammissibile  e  condanna  la  ricorrente  al  pagamento  delle  spese  del  presente  giudizio  di  cassazione, liquidate  in  euro  70,00  per  esborsi,  euro  4.000,00  (quattromila,00)  per  onorari  di  avvocato, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

30.08.2012 Spataro



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