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Mediazione    

Il diritto collaborativo: dalla mediazione familiare un esempio di successo

Nel silenzio dei media ci sono idee che funzionano. Vediamo il diritto collaborativo. Nell'immagine il sito dedicato alla Collaborative Law.
01.03.2011 - pag. 76988 print in pdf print on web

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Su Linkedin si sta parlando di mediazione nel concreto.

Alcuni, mediatori professionisti, parlano senza dubbi di risultati di successo, ma in contesti e con regole diverse.

Fondamentalmente l'avvocato, per riuscire nella mediazione, deve essere motivato.

In alcuni ambiti l'avvocato deve dichiararsi mediatore. Se fallisce deve rinunciare.

Per questo in molti sottolineano la necessità di distinguere il ruolo tra avvocato e mediatore. A mio parere questo comunque farebbe aumentare i costi, ma anche la possibilità di successo della mediazione, nel momento in cui le due parti si rivolgono ad un mediatore.

Sono rimasto colpito dall'intervento di Stefania Pieroni su linkedin e le ho chiesto l'autorizzazione a citare questa sua sintesi sul diritto collaborativo e come funziona la mediazione familiare. Da leggere.

"Associato alla mediazione familiare, si sta affacciando nel nostro paese (ci sono un paio di associazioni una a Roma e una a Milano) il c.d. diritto collaborativo, metodo con il quale in analogia alla mediazione, le parti (coniugi separandi), libere di aderire al contratto collaborativo e supportate dal proprio legale (che, di fondamentale importanza, fallisse il tentativo, non può rappresentare il cliente stesso in giudizio, per espressa rinuncia), a volte alla presenza di psicologi e neutrali finanziari, stabiliscono le regole della separazione (da tradursi in separazione consensuale), eliminando i passaggi spersonalizzati e tristemente demotivanti degli accordi stragiudiziali di separazione. 

"Anche questo è un modo di riappropriarsi attivamente e responsabilmente della propria capacità decisionale."

Insomma: ci sono condizioni per far funzionare l'istituto, ma con qualche accorgimento non banale e attualmente non esistente. Gli avvocati, per essere buoni mediatori, dovrebbero escludere tra le proprie opzioni il ricorso all'azione legale. O hanno successo, oppure i clienti devono andare da un altro avvocato. Qualcosa che non ha precedenti nemmeno in Italia, come allora nel 1990 negli Usa.

Aggiungo: qualcosa di completamente diverso da quello che prevede la direttiva europea.

Nel parlare con Stefania Pieroni abbiamo trovato un riferimento che lei ha citato di grande interesse. Lo citiamo:

"Il concetto di processo collaborativo è stato elaborato nel 1989 da Stuart Webb (leggi la lettera da cui è iniziata la pratica collaborativa), un avvocato familiarista americano, il quale aveva compreso che la soluzione giudiziaria nel divorzio infliggeva danni più gravi alle famiglie del divorzio stesso." (da iict processo collaborativo)

Suggerisco di leggere i due link, meritano.

Altri interventi saranno segnalati nelle prossime settimane, contattatemi o usate il link: Segnala / scrivi un testo.

 

Link utili:

 


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