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L'assegno per il nucleo familiare deve essere percepito anche se il figlio naturale riconosciuto non è formalmente inserito nella famiglia legittima (Cass. Civ. Sez. Lav., 18/06/2010, n. 14783)

(Ringraziamo l'avv. Marasciuolo per il cortese invio ed interessante commento) - A quanto pare il progetto di legge delega approvato dal Governo per eliminare le discriminazioni fra figli naturali e figli legittimi, non è superfluo. - Testo disponibile nei formati pdf ed epub
02.12.2010 - pag. 75922 print in pdf print on web

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A quanto pare il progetto di legge delega approvato dal Governo per eliminare le discriminazioni fra figli naturali e figli legittimi, non è superfluo.

Fino ad oggi il compito di eliminare le conseguenze dovute alla disparità di trattamento a discapito dei figli naturali è stato assolto dalla giurisprudenza e la pronuncia che si segnala ne è un esempio.

Un uomo si separa di fatto dalla propria moglie e comincia una nuova vita con una nuova compagna, dalla quale ha tre figli, tutti legalmente riconosciuti. L’Inps, facendo leva sulla circostanza che formalmente i tre figli non risultano immessi nel nucleo familiare sorto con il matrimonio, respinge l’istanza di riconoscimento dell’assegno per il nucleo familiare.

La Suprema Corte rigetta il ricorso presentato dall’Inps con il quale l’ente previdenziale aveva impugnato la sentenza di appello, specificando che “la normativa sull’assegno richiede la condizione di figlio naturale riconosciuto, non necessariamente l’inserimento nella famiglia legittima”, atteso che il concetto di nucleo familiare va al di là della famiglia configurata dal matrimonio e ricomprende anche i figli nati fuori del matrimonio, legalmente riconosciuti, anche se non inseriti nella famiglia legittima.

Avv. Gennaro Marasciuolo del Foro di Trani

 

Cassazione Civile sez. Lavoro, 18/06/2010, n. 14783

FATTO E DIRITTO

C.G. convive more uxorio con M. F. dal 1992. Hanno avuto tre figli, ancora minori, tutti legalmente riconosciuti, conviventi con loro e loro carico. Il C., tuttavia, è ancora sposato con altra persona, vissero insieme per pochi mesi, non si sono separati legalmente per asserita mancanza di disponibilità economica.

Il C. richiese all'INPS il pagamento dell'assegno per il nucleo familiare per i tre figli minori a suo carico. L'INPS respinse l'istanza. Il lavoratore lo convenne in giudizio.

Il Tribunale di P., accogliendo la domanda, ha così provveduto: "dichiara il diritto del ricorrente a percepire gli assegni per il nucleo familiare per i figli naturali legalmente riconosciuti e conviventi ... Dichiara illegittimo il provvedimento di diniego dell'INPS e autorizza la percezione di detti assegni da parte del ricorrente".

La Corte d'Appello di P. ha rigettato l'impugnazione dell'INPS con sentenza pubblicata il 31 marzo 2006.

L'Istituto ricorre per cassazione formulando un unico motivo di ricorso.

Il C. non ha svolto l'attività difensiva.

La tesi dell'INPS è che l'assegno non può essere riconosciuto poichè i tre figli del C. non risultano immessi nel nucleo sorto con il matrimonio, in quanto il nucleo familiare del C. risulta tuttora formalmente costituito con la moglie.

Secondo l'istituto la sentenza impugnata avrebbe violato la L. 13 maggio 1988, n. 153, art. 2, e l'art. 252 c.c., nonchè l'art. 14 preleggi.

Il ricorso non è fondato.

L'istituto dall'assegno per il nucleo familiare, prese il posto degli assegni familiari; fu istituito e regolato dal D.L. 13 marzo 1988, n. 69, "Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti", convertito, con modificazioni nella L. 13 maggio 1988, n. 153.

La L. del 1988, art. 2, stabilì che spetta ai lavoratori dipendenti privati e pubblici e ai pensionati e compete in misura differenziata in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare.

Il sesto comma specifica cosa debba intendersi, ai fini di questa normativa, per "nucleo familiare".

Il nucleo familiare "è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 38, di età inferiore ai 18 anni" (L. n. 153 del 1988, art. 2, comma 6).

L'equiparazione ai figli prevista dall'art. 38, cit. riguarda "i figli adottivi e gli affiliati, quelli naturali legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati, quelli nati da un precedente matrimonio dell'altro coniuge, nonchè i minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge" (D.P.R. n. 818 del 1957, art. 38).

Per "figlio naturale riconosciuto", ai sensi dell'art. 250 c.c., si intende il figlio riconosciuto nei modi previsti dall'art. 254 c.c., (nell'atto di nascita o con apposita dichiarazione davanti all'ufficiale dello stato civile, ad un notaio, in un atto pubblico o con un testamento) dal padre o dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente che separatamente.

Il codice civile detta anche la disciplina dell'affidamento del figlio naturale e del suo inserimento nella famiglia legittima (art. 252 c.c.), ma ciò non incide sulla condizione di figlio naturale riconosciuto, che rimane tale anche in assenza di inserimento nella famiglia legittima.

La normativa sull'assegno richiede la condizione di figlio naturale riconosciuto, non necessariamente l'inserimento nella famiglia legittima. Il concetto di nucleo familiare delineato dal legislatore in questa sede va al di là della famiglia configurata dal matrimonio e ricomprende anche i figli nati fuori del matrimonio, legalmente riconosciuti, anche se non inseriti nella famiglia legittima.

Nel caso in esame, il C., coniugato con una persona, ma convivente da anni con altra persona, ha riconosciuto i tre figli avuti dalla convivente ed ha provato che i minori vivono a suo carico, in quanto egli provvede al loro mantenimento (il punto non è oggetto di contrasto). Ciò è necessario e sufficiente ai fini del diritto alla percezione dell'assegno per il nucleo familiare per i tre figli naturali.

Il ricorso dell'INPS pertanto deve essere rigettato. Nulla sulle spese in quanto il C. non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

 


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02.12.2010 Avv. Marasciuolo

Avv. Marasciuolo Link: avv.marasciuolo@email.it

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