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Avvocati    

Patto di quota lite: va ripristinato il divieto

Comunicato stampa dell'Oua
16.09.2009 - pag. 69696 print in pdf print on web

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Dichiarazione del Presidente dell’OUA avv. Maurizio de Tilla

Va ripristinato il divieto del patto di quota lite

Non si comprende perché è stato abolito il divieto del patto di quota lite. Dall’Europa viene infatti, un messaggio diametralmente opposto. In Francia il regolamento interno, pubblicato dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli avvocati nel novembre 2005, precisa che «è vietato all’avvocato fissare i propri onorari tramite un pactum de quota litis»; secondo l’ordinamento francese, non si possono chiedere onorari fissati esclusivamente con riferimento al risultato ottenuto. In Austria il divieto della quota litis si trova non solo nel Codice civile, ma anche nel Regolamento degli avvocati.


Nei Paesi Bassi il ministro della Giustizia si è dichiarato contrario all’eliminazione del divieto del patto di quota lite. In Germania si ritiene che la «quota litis» si avvicini molto a quella che a volte si definisce l’acquisizione dell’oggetto della lite da parte dell’avvocato, ossia la «redemptio litis»; vi permane, quindi, il divieto del patto di quota lite. Con decisione del 20 giugno 2003 il Consiglio di disciplina della Sassonia ha condannato un avvocato per violazione del divieto legale perché aveva concordato un patto di quota lite con un cliente residente negli Usa. Si ritiene che un’abolizione del divieto del patto, con la conseguente ammissione di patti del tipo «no win, no fee», porterebbe a un pericolo per il sistema del gratuito patrocinio.

Perché lo Stato dovrebbe garantire il gratuito patrocinio, e di conseguenza la retribuzione dell’avvocato, se gli avvocati aprono un mercato in cui il cliente deve pagare solo in caso di successo? E poiché il risultato si conosce solo a fine causa, l’avvocato il cui mandato viene interrotto prima che si arrivi a una soluzione definitiva non può pretendere alcun onorario.


In una lucida relazione il giurista inglese Jeffrey Forrest, della Law Society, nell’ambito del Congresso della F.B.E. sul tema «L’onorario di risultato», ha sottolineato che gli avvocati dell’Europa continentale sbagliano pensando che il diritto inglese e il diritto Usa siano identici. Tutti abbiamo letto, ha precisato Forrest, sorprendenti riconoscimenti agli attori, da parte di giurie Usa, di enormi risarcimenti per lievi lesioni. Questa grande differenza tra il diritto statunitense e quello inglese si basa su due motivi. In primo luogo, i consistenti risarcimenti concessi dalle giurie statunitensi sono parzialmente giustificati dalla fondata opinione che l’avvocato ne otterrà una consistente fetta quale compenso per il favorevole esito della causa; in vista di ciò le giurie li aumentano per lasciare all’attore un’apprezzabile somma, e questo costituisce il sistema statunitense del patto di quota lite. In secondo luogo, negli Usa non vige il principio per il quale la parte soccombente deve di regola rimborsare i costi sostenuti dalla parte vincente; questo rischio non è connesso neppure al procedimento giudiziario temerario.


Per l’ordinamento inglese è illegittimo per un avvocato avere un interesse finanziario sul risultato di una causa, per cui è opinione comune che il sistema americano non possa calarsi nella realtà forense inglese; secondo tale ordinamento, il patto di quota lite ha una portata limitata, e la sua applicazione, anche se sporadica, ha determinato una serie di abusi e di dissesti finanziari che hanno danneggiato la reputazione degli avvocati inglesi. La diffusa presenza in Europa del divieto di quota lite è diretta a garantire la neutralità del difensore rispetto alle sorti della vertenza, impedendo il sorgere di conflitti di interessi. Si vuole evitare che l’avvocato faccia del proprio ministero uno strumento di speculazione a danno del cliente.


Roma, 14 luglio 2009


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16.09.2009 Spataro

Oua Link: http://www.oua.it

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