Quello che tutti temono e' che il Garante pretenda il consenso dell'interessato alla raccolta dei dati personali che verranno usati contro di lui, cosa evidentemente che non succederà mai.
Il Garante, nella relazione del 2008, al link sotto indicato, dice:
"In materia di attività forense l'attenzione del Garante si è concentrata sulle modalità di acquisizione e utilizzazione delle prove dedotte in giudizio da parte degli avvocati.
"È emersa infatti l'esigenza di richiamare gli operatori del settore ad un più attento rispetto dei princìpi di liceità, correttezza ed essenzialità del trattamento posto in essere, con riferimento alle modalità di acquisizione e raccolta dei dati stessi, soprattutto nell'ambito del processo civile e nei casi di giudizi di separazione tra coniugi.
"In risposta a segnalazioni pervenute l'Autorità ha comunque ribadito che valutare la validità, l'efficacia e l'utilizzabilità nel procedimento giudiziario di documenti e provvedimenti, anche se basati su un trattamento di dati personali non legittimo, spetta al giudice e non al Garante."
In una indagine su dna del figlio il padre e l'avvocato sono stati ritenuti responsabile di trattamento non autorizzato, ma il Garante ha deciso di non decidere sulle prove gia' davanti al giudice.
Praticamente il Garante ha affermato l'illiceità secondo il suo parere, ma non ha deciso sull'ammissibilità della prova lasciando al giudice decidere.
Una soluzione che purtroppo in molti nel mondo forense (avvocati e giudici) non troveranno in equilibrio costituzionale tra il trattamento dei dati e l'esercizio delle proprie ragioni, ma che verrà sicuramente chiarito dalle corti superiori.
La relazione riguarda anche anche altri aspetti interessanti per l'avvocato. Al link indicato sara' utile la lettura del documento alla fonte, cosa che contraddistingue Civile.it dagli altri portali giuridici: il documento prima di tutto.