Diritto Tributario

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A cura dell'avv. Franco Ionadi e del dott. Spataro



Sentenza Cassazione 20.3.2009 n. 6836


2009-04-20
abstract: Accessi ispezioni e verifiche - Accesso domiciliare - Autorizzazione - Motivazione - Necessità

Contenzioso tributario - Poteri e doveri del giudice - Autorizzazione del PM all'accesso domiciliare - Delibazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi e della correttezza in diritto del loro apprezzamento

Segnalato da Franco Ionadi


&

 In tema di accessi, ispezioni e verifiche fiscali, l'autorizzazione del PM all'accesso domiciliare deve contenere una motivazione - anche per relationem - dalla quale risulti l'avvenuta delibazione della sussistenza dei requisiti e, in particolare, dei gravi indizi di evasione fiscale, non essendo sufficiente il mero e generico richiamo alla necessità di verrifica della corretta applicazione della normativa tributaria. Pertanto, in mancanza dei predetti requisiti, il provvedimento autorizzatorio deve ritenersi illegittimo.

TESTO SENTENZA

La prima  doglianza,  svolta dai ricorrenti ed articolata sotto il profilo
della illegittimita'  della  sentenza per violazione e/o falsa applicazione di
legge (art.  33  dpr  n.  600/1973  e  52  dpr  n.  633/1972),  si fonda sulla
premessa che  durante  la  verifica  fiscale  al  (...)  era stato eseguito un
accesso nella  casa  di  abitazione  di  (...),  socio non amministratore, con
acquisizione di  documenti,  in  forza  di  un  decreto  di autorizzazione del
Procuratore della  Repubblica,  privo dell'indicazione dei gravi indizi cui la
legge subordina  l'autorizzazione,  e senza che tali indizi risultassero nella
relativa richiesta  di  autorizzazione all'A.G. Cio' posto, cosi' continuano i
ricorrenti, ne   sarebbe   derivata   l'illegittimita'  dell'autorizzazione  e
l'inutilizzabilita' degli elementi di prova illegittimamente acquisiti.      
    La censura  merita  di essere accolta. Al riguardo, torna utile premettere
che, in  tema  di accertamento delle imposte, l'autorizzazione del Procuratore
della Repubblica   all'accesso  domiciliare,  prescritta  in  materia  di  IVA
dall'art. 52  del  d.P.R.  26 ottobre 1972, n. 633 (e necessaria anche in tema
di imposte  dirette,  in  virtu' del richiamo contenuto nell'art. 33 del d.P.R
29 settembre  1973,  n.  600)  mira  a  conciliare  la  rilevanza che la Carta
Costituzionale attribuisce  alla  tutela del domicilio di ogni cittadino della
Repubblica, la  cui  inviolabilita' e' espressamente riconosciuta dall'art. 14
co. 1  Cost  con  l'esigenza  dell'acquisizione degli elementi di riscontro di
una supposta  evasione  fiscale,  al  fine  di  evitarne  l'occultamento  o la
distruzione.                                                                 
    Cio' comporta    che    il    provvedimento    di   autorizzazione   debba
necessariamente trovare   causa  e  giustificazione  nell'esistenza  di  gravi
indizi di  violazione  della  legge  fiscale, la cui valutazione va effettuata
"ex ante"  con  prudente  apprezzamento,  e sia, pur concisamente, motivato. E
cio', a  maggior  ragione,  quando si tratti del domicilio di un soggetto che,
rispetto ai  fine  di  acquisizione  degli  elementi  probatori  dell'evasione
fiscale contemplato  dal  provvedimento  autorizzativo,  non  sia  il soggetto
attivo delle  presunte  violazioni  ma  debba  essere  invece ritenuto un mero
terzo. Tale  considerazione  non  e'  di  poco conto ove si consideri che, nel
caso di  specie,  la  richiesta  di  autorizzazione della G.di F. non contiene
l'indicazione di  fatti  integranti "gravi indizi" di violazioni alle norme in
tema di  Iva  ed imposte dirette a carica del socio, non amministratore, (...)
leggendosi nella  nota  "che  una  verifica fiscale doveva essere eseguita nei
confronti della societa' della quale il predetto (...) era socio".           
Deve aggiungersi   che   lo   stesso   provvedimento   del  Procuratore  della
Repubblica non  contiene  l'indicazione  dell'esistenza  di  gravi  indizi  di
violazione della  legge  fiscale  limitandosi ad accennare che il motivo della
richiesta risiede  nella  necessita'  di  controllare il regolare assolvimento
della normativa  in  materia  di  Iva ed Imposte dirette. Tutto cio' premesso,
va considerato  che  le Sezioni Unite di questa Corte hanno gia' avuto modo di
statuire che  "  il  giudice  tributario,  in  sede  di impugnazione dell'atto
impositivo basato  su  libri,  registri,  documenti  ed  altre  prove reperite
mediante accesso  domiciliare  autorizzato  dal  procuratore della Repubblica,
ai sensi  dell'art.  52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di imposta
sul valore  aggiunto  - reso applicabile anche ai fini dell'accertamento delle
imposte sui   redditi   dal  richiamo  operato  dall'art.  33  del  d.P.R.  29
settembre 1973,  n.  600,  ha  il  potere  -  dovere  (in  ossequio  al canone
ermeneutico secondo   cui   va   privilegiata  l'interpretazione  conforme  ai
precetti costituzionali,  nella  specie  agli artt. 14 e 113 Cost.), oltre che
di verificare  la  presenza,  nel  decreto autorizzativo, di motivazione - sia
pure concisa  o  "per relationem" mediante recepimento dei rilievi dell'organo
richiedente -   circa   il   concorso   di   gravi   indizi   del  verificarsi
dell'illecito fiscale,  anche  di  controllare  la  correttezza in diritto del
relativo apprezzamento,  nel  senso  che  faccia  riferimento  ad elementi cui
l'ordinamento attribuisca valenza indiziaria.                                
Pertanto, nell'esercizio   di   tale   compito,  il  giudice  deve  negare  la
legittimita' dell'autorizzazione   emessa   esclusivamente   sulla  scorta  di
informazioni anonime,   valutando   conseguenzialmente   il  fondamento  della
pretesa fiscale  senza  tenere  conto  di  quelle prove" (Sez.Un. 16424/02) Ne
consegue che  in  applicazione di questo principio il primo motivo di ricorso,
assorbito il  secondo,  deve  essere  accolto e che la sentenza impugnata, che
ha fatto  riferimento,  in modo non corretto, ad una regula iuris diversa deve
essere cassata.  Con  l'ulteriore  conseguenza  che,  occorrendo  un rinnovato
esame da  condursi  nell'osservanza  del  principio  richiamato,  la  causa va
rinviata ad  altra  Sezione  della  CTR  Campania,  che  provvedera'  anche in
ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimita'        
                                                                             
                                     P.Q.M.                                  
                                                                             
     La Corte  accoglie  il  primo  motivo di ricorso, assorbito il secondo, e
cassa la  sentenza  impugnata  con  rinvio della causa, anche per le spese, ad
altra Sezione della CTR Campania.


2009-04-20 Segnalato da Franco Ionadi








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