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Salute    

Cosa distingue lo stato vegetativo dall'accanimento terapeutico ?

A volte si resta sorpresi
21.11.2008 - pag. 66931 print in pdf print on web

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M

Molti cominciano ad avere paura di stare male.

Non tanto perche' possono essere curati, anzi, ma perche' pur non curabili, sono definiti malati, incoscienti, ma vivi.

E come si fa a non dare da mangiare a chi non ha bisogno di cure, ma e' incosciente ?

Da notare al link indicato l'ottimo glossario sullo stato vegetativo e le sue mille sfumature.

Vorremmo dire molto di piu', ma forse l'unica considerazione che resta e' che in quelle condizioni si spera di poter almeno pregare. Cosa che pero' non risolve nulla in amici e parenti vicini.

Non mi permetto di giudicare chi vive vicino a questi malati, magari per decine d'anni.

Chiedo pero' che gli altri usino almeno un po' di rispetto per il loro dolore.

Il Glossario realizzato dal consiglio superiore di sanità e' un testo ricco di umanità e di aspetti tecnici.

Non si stacca la spina a qualcuno che non e' malato. Si cessa di nutrirlo.

E' possibile nutrire una persona morta ?

A questa domanda si deve poter rispondere, senza abdicare alla religione, ma interessandosi della sofferenza altrui come fosse propria "nihil puto me alienum esse".

Fossi io Stato mi occuperei del problema in termini pratici. 

Non e' malato, non e' morto, il cuore batte e il sangue scorre nelle vene. Non ha cure in corso. Solo lo si lava e gli si da' da mangiare perche' da solo non ce la puo' fare. Magari per venti anni. E non comunica. Non reagisce.

I tempi della rupe di Atene sono finiti, fortunatamente.

Allora lo Stato si faccia carico di questi casi, provveda all'assistenza continua e coinvolga scuole e famiglie nell'assistere obbligatoriamente una volta nella vita, per qualche ora, queste persone.

Altro che ora di educazione civica. Fatti, non parole.

Poi ci potremo chiedere cosa fare. Prima sembrerà solo tortura.

 

Link utili:

 


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