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"Fatti non foste per vivere come bruti" - Dante



Formazione    

Formazione permanente: 1 di 5 - gli avvocati ne parlano, e c'e' molto da imparare.

Ne parleremo per 5 giorni su stimolo dell'Avv. Giovanni Stramenga Piazza G. Garibaldi n. 27 65127 PESCARA tel.085 4510337 - fax 085 4510616 giovanni.stramenga chicocciolina virgilio.it

Photo credit to Zela

17.12.2007 - pag. 50846 print in pdf print on web

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L

La Formazione permanente e' quell'obbligo imposto ai professionisti di restare aggiornati.

In altre parole, l'obbligo di sapere quale legge e quale prassi e' in vigore.

In poche parole: conoscere il proprio mestiere.

E' inutile illudersi: non e' tutto oro quello che luccica. Puo' essere imposta ? Puo' essere accreditata ? Da chi ? E' fonte di guadagno ma non di conoscenza ?

L'aver attribuito ad alcuni l'accredimento (e vi e' stato contrasto insanabile tra organi "centrali" e alcune Camere sugli accreditamenti, cosa a mio parere gravissima come danno d'immagine) fa lamentare molti.

Di trovarsi un ragazzino che spiega ad un anziano cosa si deve fare.

Ma sono questi i termini della questione ? La formazione e' una bacchetta magica contro l'ignoranza ?

 

Gli Avvocati di Civile.it

Nella nostra lista ne stanno parlando vari avvocati. Ci sono stati interventi interessantissimi, che meritano di essere segnalati (sempre in forma anonima) qui sul sito a beneficio di tutti.

Per quattro giorni ne parleremo insieme. Senza banalità.

 

Il Primo Intervento

Viene pubblicata questa lettera dell' Avv. Giovanni Stramenga che stimolerà un meraviglioso dibattito. La riporto per motivi di discussione scientifica in materia con l'autorizzazione dell'autore. Ecco il testo:

LETTERA APERTA ALLE FUTURE "VITTIME" DELLA "FORMAZIONE OBBLIGATORIA
PERMANENTE"

Avv. Giovanni Stramenga
Piazza G. Garibaldi n. 27
65127 PESCARA
tel.085 4510337 - fax 085 4510616
giovanni.stramenga chicocciolina virgilio.it


Cari amici e Colleghi,


stiamo per vivere, a mio avviso, una delle pagine meno edificanti della
storia dell'avvocatura italiana.


La nostra classe dirigente (leggasi C.N.F., O.U.A. ecc.), dopo averci
colpevolmente lasciato in balìa di ogni tipo di vessazione da parte del
Legislatore a cominciare dalle normative sulla privacy e
sull'antiriciclaggio a finire a quella sulla cosiddetta "liberalizzazione"
delle professioni, ha infatti deciso - questa volta anticipando qualsiasi
iniziativa di legge e quindi con una singolare propensione
all'autolesionismo - di assestare un colpo definitivo alla dignità della
nostra professione e, soprattutto, delle nostre persone: l'imposizione
dell'obbligo della "FORMAZIONE PERMANENTE".


Da questa prima considerazione avrete senz'altro colto che la mia posizione
al riguardo è di assoluta e ferma contrarietà.



Perche' e' stata imposta la formazione agli avvocati ?
Ma a questo punto potreste chiedermi: "Perché hai deciso di esporci in
questa forma il tuo pensiero sull'argomento? Quali sono i tuoi reali
intendimenti?"


E' opportuno, quindi, chiarirvi in via preliminare che avrei fatto
tranquillamente a meno di scrivervi se, nella sede istituzionale (Consiglio
dell'Ordine di ...) in cui mi avete eletto a rappresentarvi, non fosse
stato opposto un netto rifiuto alla mia proposta di sottoporre ad una
consultazione referendaria degli iscritti l'ipotesi di introdurre la
"formazione permanente obbligatoria".


Peraltro non ho nessuna intenzione di sfruttare questa mia iniziativa ai
fini di una "visibilità" personale, in quanto non sarò candidato alle
prossime elezioni del C.d.O..


Fatte tali doverose precisazioni, vengo all'esame della questione.
La mia posizione critica si articola su due piani differenti: il primo
attinente ad un profilo di metodo; il secondo ad un profilo di merito.
Sotto l'aspetto metodologico, ho già accennato al grave errore commesso nel
non aver preso nella giusta considerazione l'esigenza di sottoporre alla
consultazione della base una scelta che incide così direttamente sulla vita
professionale degli iscritti. Si sarebbe potuto così frenare la corsa del
C.N.F. verso il suo intervento d'imperio, rendendo evidente quanto sia basso
tra gli iscritti l'indice di gradimento di una simile novità.


Inquietante è stata la motivazione addottami a giustificazione del diniego:
"Tanto si sa.vincerebbero sicuramente i no..sarebbe come chiedere ai bambini
se sono contenti di andare a scuola
".


Francamente, ogni ulteriore commento al riguardo appare superfluo.
L'altra motivazione, meno sconcertante ma altrettanto censurabile, è stata
quella che chi governa una comunità è stato eletto per assumersi delle
responsabilità decisionali.


Il principio, in generale, è condivisibile, ma ovviamente trova il suo
limite di applicabilità nelle cosiddette opzioni "etiche",
cioè in quelle
che non hanno una semplice natura gestionale, ma, come nel nostro caso,
toccano il modo più profondo di interpretare e vivere una realtà.
Nella fattispecie, infatti, si tratta di decidere se possiamo continuare ad
essere e sentirci liberi professionisti nel senso che ha ispirato la scelta
del nostro percorso lavorativo, o se dobbiamo rassegnarci ad essere e
sentirci degli eterni scolaretti, condannati ad essere intruppati e
controllati come tali.


Un decisione del genere non può essere demandate a terzi, organi
istituzionali compresi, tantomeno con deleghe in bianco.



Nel merito
E veniamo, in sintesi, al merito della questione.


Per non tediarvi, vi risparmio le considerazioni di ordine generale che ho
avuto modo di svolgere in Consiglio circa l'intrinseca incompatibilità del
concetto di libera professione con quello di una formazione permanente
obbligatoria.


Mi limito solo a dirvi che, a mio modesto parere, la formazione permanente
per un libero professionista non pagato con pubblico denaro, ed in
particolare per un avvocato, è e deve restare una sana esigenza individuale
e non il risultato di un'imposizione esterna
.


Non vado oltre su questo piano, perché sono già stato tacciato di essere
affetto da un anacronistico "idealismo".


Vengo, o meglio "scendo", quindi, al piano del più attuale "pragmatismo".


Dai promotori di questa brillante iniziativa è stato affermato che
l'obiettivo è quello di conseguire un innalzamento del livello medio di
preparazione degli avvocati, per offrire un servizio sempre più qualificato
all'utenza, così come avviene per altre categorie professionali.


Nella migliore delle ipotesi trattasi di una prospettiva palesemente
utopistica; nella peggiore, di una vera e propria ipocrisia.


Non è realisticamente pensabile, infatti, ottenere una migliore preparazione
generale della classe forense puntando non, come sarebbe più che logico,
sulla selezione nella fase di accesso alla professione, ma sulla vana
pretesa di stare addosso ad ogni avvocato sostanzialmente per tutta la vita
professionale, con un aggiornamento imposto.


In altre parole, sarebbe come se, per combattere l'inquinamento dei mari, si
decidesse di cospargerne l'intera superficie con un disinfettante
, anziché
intensificare il risanamento delle acque contaminate dei fiumi che vi
sfociano e che costituiscono la vera causa del problema.


Un'opera ciclopica, dunque, peraltro gravata di ingenti costi (e di questo
parleremo tra breve), assolutamente inutile allo scopo, soprattutto se poi
si pone mente al fatto che non è - e non può essere - previsto alcun sistema
di valutazione effettiva dei risultati conseguiti.


Del resto, sfido chiunque a dimostrare che, da quando altre categorie
professionali hanno adottato il sistema della formazione permanente
obbligatoria, qualcuno abbia registrato un miglioramento della loro
preparazione media.


E sin qui rimaniamo all'utopia.


Se invece iniziamo a prendere in considerazione gli aspetti economici della
questione, ci rendiamo conto che dietro i nobili, se pur utopistici,
propositi potrebbero nascondersi ben altre finalità.


Basti pensare che le "vittime" della formazione obbligatoria permanente
saranno in fase di prima applicazione non meno di 250.000 tra avvocati e
patrocinatori e che, se pure si volesse ipotizzare una spesa media annuale
pro-capite di soli Euro 20,00 (ipotesi ampiamente sottostimata), attorno a
questo autentico "carrozzone" ruoterebbero ogni anno non meno di 5 milioni
di Euro (= 10 miliardi di vecchie lire).


Annualmente il numero di nuovi avvocati e patrocinatori in Italia cresce di
qualche decina di migliaia di unità: ciò significa che in un prossimo futuro
quella cifra è destinata ad aumentare a livelli esponenziali.


Ed ecco, quindi, la finalità della "migliore preparazione" trasformarsi da
bella utopia in vera e propria ipocrisia.


A dire il vero, sull'aspetto economico il dibattito in Consiglio ha prodotto
un primo risultato positivo: l'adozione di una delibera che impegna
annualmente il Consiglio stesso a garantire l'organizzazione di eventi
formativi gratuiti nella misura minima prevista dalla normativa.


Così, forse, si riuscirà ad impedire nel nostro Foro che l'ombra delle
attività speculative si estenda sui Colleghi meno abbienti, che a stento
riescono a sostenere le spese vive di mantenimento di uno studio
; ma
certamente resterà il problema di avere inserito nel corpo della nostra
professione uno straordinario strumento di arricchimento economico per pochi
e di assoluta inutilità per i più.


Quale realtà, dunque, si nasconde dietro l'ipocrisia?


Non sta a me rispondere a questo interrogativo, ma sta a voi rifletterci
sopra e, del resto, non credo la riflessione debba impegnarvi a lungo per
giungere a tristi ed ovvie conclusioni.


Da ultimo, veniamo un attimo al combinato normativo costituito dal
regolamento adottato dal C.N.F. e dal regolamento integrativo adottato dal
nostro Consiglio.


Si tratta di un insieme di lacci e lacciuoli da cui traspare la
consapevolezza di tutti i rischi connessi a questa novità: alcuni sono di
immediata percezione (l'immancabile organizzatore "furbo" potrebbe "vendere"
a caro prezzo prodotti di scarsa qualità), mentre altri sono costituiti, ad
esempio, dal pericolo che ci possano essere "furbi" anche dal lato
dell'utenza (simulazione della presenza agli eventi).


Purtroppo, per quanto articolata, nessuna normativa sarà in grado di
scongiurare simili evenienze e ben presto vi renderete voi stessi conto del
perché.



Mai valutato l'aggiornamento
Esiste, poi, un'altra eventualità: stante l'obbligatorietà della
partecipazione e comunque l'assenza di qualsiasi valutazione sul profitto,
chi non se la sentirà di rischiare la simulazione della propria presenza
fisica, potrà tranquillamente partecipare ingannando il tempo con la lettura
di un giornale o schiacciando un pisolino.


Tanto, l'importante sarà: per i "partecipanti": riportare l'attestazione
della presenza, magari da affiggere in bella mostra dietro la propria
scrivania a dimostrazione di una preparazione specifica che si è ben lungi
dal possedere, ma che a quel punto nessuno potrà più mettere in discussione;

per gli organizzatori: avere fatto cassa; per i relatori (a seconda - fatte
le dovute eccezioni- che pecchino più di avidità o di vanità): aver
arrotondato i propri lauti guadagni o aver colto l'occasione per un'ennesima
esibizione dietro un microfono.


Nella certezza di avervi già sottratto sin troppo tempo ed attenzione,
concludo dicendovi solo questo: la consultazione referendaria ce l'hanno
negata, ma il mio indirizzo di posta elettronica ed il mio numero di fax
sono a vostra disposizione per consentirvi di esprimere il vostro pensiero
sull'argomento: se fossimo in tanti a rialzare la testa, e non solo a
..., potremmo tentare di far ragionare chi di dovere sul grave errore
commesso.


Scusatemi, ma sempre il mio "anacronistico idealismo" mi porta ad avere
ancora rispetto della volontà di una maggioranza ed a credere che non si
debba lasciare mai nulla di intentato per riaffermarla.
Con la consueta cordialità

 Avv. Giovanni Stramenga


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17.12.2007 Spataro

Avv. Giovanni Stramenga

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