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Sanzioni 2007-06-13 - Pdf - Stampa

Corte Costituzionale, circolazione stradale, termine, sentenza additiva, non obbligata

La rideterminazione del termine congruo ai fini della notifica dell’ordinanza-ingiunzione, ove fosse ritenuto costituzionalmente illegittimo quello stabilito dalla norma denunciata, non potrebbe che ricadere nella sfera di discrezionalità legislativa; Fonte: Giurcost

 

O

ORDINANZA N. 185 ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                      BILE                                       Presidente
- Giovanni Maria          FLICK                                      Giudice     
- Francesco                 AMIRANTE                                  “
- Ugo                          DE SIERVO                                  “
- Paolo                        MADDALENA                             “
- Alfio                          FINOCCHIARO                           “
- Alfonso                     QUARANTA                                “
- Franco                      GALLO                                         “
- Luigi                          MAZZELLA                                  “
- Gaetano                    SILVESTRI                                   “
- Sabino                      CASSESE                                     “
- Maria Rita                 SAULLE                                        “
- Giuseppe                   TESAURO                                    “
- Paolo Maria              NAPOLITANO                             “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 204, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), modificato dall’articolo 4, comma 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, con la legge 1° agosto 2003, n. 214 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 27 giugno 2003, n. 151, recante modifiche ed integrazioni al codice della strada), promosso con ordinanza del 19 novembre 2005 dal Giudice di pace di Torino, nel procedimento civile vertente tra Gugliuzza Manuela e il Prefetto di Torino, iscritta al n. 609 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nella camera di consiglio del 9 maggio 2007 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Ritenuto che, con ordinanza pronunciata il 19 novembre 2005 e pervenuta a questa Corte il 12 aprile 2006, il Giudice di pace di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale (in via incidentale) dell’art. 204, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e 113 della Costituzione, nella parte in cui tale disposizione prevede che l’ordinanza-ingiunzione di pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria debba essere notificata nel termine di 150 giorni, anziché in quello «previsto dall’art. 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 per la conclusione dei procedimenti amministrativi in genere»;

che il rimettente premette di essere investito del giudizio di opposizione disciplinato dall’art. 205 del codice della strada, avverso 5 ordinanze-ingiunzione adottate il 2 dicembre 2004 e notificate entro il termine di 150 giorni previsto dalla norma impugnata, introdotta dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, con la legge 1° agosto 2003, n. 214 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 27 giugno 2003, n. 151, recante modifiche ed integrazioni al codice della strada);

che la notifica si sarebbe perfezionata «per il notificante» nell’ultimo giorno utile concesso a tal fine dalla legge;

che la disposizione impugnata violerebbe, secondo il rimettente, l’art. 3 della Costituzione per un duplice profilo;

che, anzitutto, il termine per la notifica dell’ordinanza-ingiunzione sarebbe stato irragionevolmente equiparato a quello previsto dall’art. 201 del codice della strada ai fini della notifica del verbale di contestazione della violazione, quando solo in quest’ultimo caso l’Amministrazione è gravata dall’onere di identificare il trasgressore, mentre nel primo il solo adempimento richiesto consiste nel «portare il provvedimento nella sua sfera conoscitiva»;

che, inoltre, per effetto della norma impugnata, il «procedimento sanzionatorio-amministrativo» potrebbe protrarsi, sommati i termini previsti dalla legge per ciascuna fase entro cui si articola, fino a «cinquecentodieci giorni», mentre l’opponente dispone di sessanta giorni per ricorrere al Prefetto e di ulteriori trenta giorni per impugnare l’ordinanza-ingiunzione: ciò, a parere del rimettente, configurerebbe «disparità di trattamento»;

che sarebbero altresì lesi gli artt. 24, 111, e 113 della Costituzione, poiché la durata del procedimento ostacolerebbe la conclusione del giudizio di opposizione «in tempi ragionevoli» e introdurrebbe il rischio di «veder dispersi elementi di prova» difensivi, a causa del decorso del tempo;

che, infine, il giudice a quo ritiene violato anche l’art. 97 della Costituzione, poiché il termine stabilito dalla norma oggetto contrasterebbe con il principio che assicura il buon andamento dei pubblici uffici e non assicurerebbe l’«effetto deterrente, in relazione alla commissione delle violazioni, creatosi con l’introduzione della patente a punti», poiché, ai sensi dell’art. 126-bis del codice della strada, la comunicazione all’anagrafe nazionale della violazione richiede che essa sia «definita», sicché nella pendenza del ricorso amministrativo e giurisdizionale, il trasgressore potrebbe invece riacquistare punti frequentando un corso di aggiornamento, ovvero potrebbe addossare a terzi compiacenti la responsabilità di ulteriori violazioni;

che, in punto di rilevanza, il rimettente premette di ritenere, pur nel silenzio del legislatore, che l’inosservanza del termine previsto dalla norma impugnata comporti «i medesimi effetti estintivi dell’obbligazione» definiti dal comma 1-bis dell’art. 204 del codice della strada, quanto alla tempestività dell’adozione dell’ordinanza-ingiunzione: ciò comporterebbe l’inesistenza giuridica dell’ordinanza impugnata e la conseguente declaratoria di cessazione della materia del contendere, per difetto dell’interesse ad agire dell’opponente, ai sensi dell’art. 100 del codice di procedura civile;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

che, secondo l’Avvocatura, la questione sarebbe inammissibile per omessa descrizione della fattispecie, posto che il rimettente non precisa i fatti di causa, le specifiche censure sollevate dall’opponente, i «tempi osservati nel procedimento amministrativo», ed erra nel valutare i termini effettivamente concessi dalla legge per ricorrere al Prefetto e al Giudice di pace;

che la questione sarebbe altresì irrilevante, poiché l’inosservanza del termine per la notifica dell’ordinanza-ingiunzione non determinerebbe, diversamente da quanto previsto al comma 1-bis dell’art. 204 del codice della strada, alcuna «nullità/inesistenza» dell’ordinanza stessa;

che, nel merito, l’Avvocatura nega la sussistenza di alcuna disparità di trattamento tra opponente ed Amministrazione, giacché non sarebbero comparabili in radice «il termine occorrente all’Amministrazione per partecipare all’interessato un provvedimento sanzionatorio con il termine demandato al privato per la propria difesa in giudizio o in sede amministrativa»;

che, in particolare, alla luce degli artt. 3 e 97 della Costituzione, la fissazione del termine oggetto di censura sarebbe riservata alla discrezionalità del legislatore e apparirebbe in concreto congrua, in riferimento «ad evidenti esigenze organizzative della Amministrazione, specie nelle zone urbane ovvero ad elevata densità di popolazione», ove i ricorsi amministrativi sono particolarmente numerosi, e ove complessi possono essere gli «adempimenti relativi alla individuazione della residenza o della sede del trasgressore», ai fini della notifica;

che, infine, non solo sarebbe inconferente il richiamo dell’art. 111 della Costituzione, in relazione ad un procedimento amministrativo, ma in ogni caso il diritto di difesa dell’opponente sarebbe assicurato dalla facoltà di agire immediatamente innanzi al Giudice di pace, omettendo il ricorso amministrativo al Prefetto.

Considerato che il Giudice di pace di Torino dubita della legittimità costituzionale dell’art. 204, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui vi viene fissato in 150 giorni il termine assegnato all’Amministrazione per notificare al trasgressore l’ordinanza-ingiunzione, con cui è stato rigettato il ricorso amministrativo proposto avverso l’inflizione di una sanzione amministrativa pecuniaria;

che il giudice a quo formula espressamente il proprio dubbio di costituzionalità in relazione alla previsione del predetto termine, «anziché di quello previsto dall’art. 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 per la conclusione dei procedimenti amministrativi in genere»;

che in tal modo il remittente sollecita una soluzione additiva, che non è costituzionalmente obbligata, dato che non vi è ragione per ritenere imposta dalla Costituzione l’osservanza del termine (fissato al diverso fine di concludere il procedimento amministrativo, e non di notificarne l’atto conclusivo) indicato dall’art. 2, comma 3, della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni;

che, viceversa, la rideterminazione del termine congruo ai fini della notifica dell’ordinanza-ingiunzione, ove fosse ritenuto costituzionalmente illegittimo quello stabilito dalla norma denunciata, non potrebbe che ricadere nella sfera di discrezionalità legislativa;

che, non essendo prospettata a questa Corte una soluzione additiva costituzionalmente obbligata, la questione è manifestamente inammissibile (da ultimo, ordinanze n. 299 e n. 210 del 2006).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 204, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e 113 della Costituzione, dal Giudice di pace di Torino con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2007.

 


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2007-06-13 Chi: Spataro Fonte: Giurcost Link: http://www.giurcost.org








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