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Matrimonio    

Un caso di ricongiungimento familiare e forma del matrimonio telefonico con extra comunitari

21 febbraio 2007

CAMERA: AL QUESTION TIME IL TEMA DEL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

Montecitorio. All'odierno question time della Camera, la risposta elaborata dagli uffici ministeriali all'interrogazione sulle iniziative per la tutela dell'istituto matrimoniale in relazione alla disciplina delle pratiche di ricongiungimento familiare.

22.02.2007 - pag. 40114 print in pdf print on web

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M

Ministero della Giustizia
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA
DELL’ ON. MARONI ED ALTRI
R I S P O S T A
Ricostruisco innanzi tutto i fatti.
L'Ambasciata d'Italia ad Islamabad ha rigettato l'istanza di visto per ricongiungimento
familiare presentata dalla cittadina pakistana Samara Zahid, con la motivazione che il
matrimonio, contratto per telefono col signor Chatta Zahid Mushtaq, anch’egli cittadino
pakistano, residente in Italia, non è conforme al nostro ordinamento
.
Il marito dell'interessata ha proposto ricorso avverso il provvedimento dinanzi al
Tribunale di Milano, che, con sentenza dello scorso 1° febbraio, ha accolto il ricorso, ordinando
il rilascio del visto.
Devo aggiungere che, in un caso analogo, il Ministero degli Esteri aveva recentemente
proposto dinanzi alla Corte di Cassazione un ricorso avverso un decreto della Corte di Appello
di Brescia con cui era stato accolto il ricorso di un cittadino pakistano, Rassol Shaid, il quale
aveva anch’egli contratto matrimonio in Pakistan via telefono.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2055/06 del 22 settembre 2006, rigettò tale
ricorso, ritenendo che lo stato di coniugio debba essere affermato ove il matrimonio sia
contratto "nella forma e nelle attestazioni dell'ordinamento di provenienza dei coniugi".
In effetti, i limiti posti dalle norme fondamentali del nostro ordinamento al
riconoscimento di statuti giuridici diversi sono individuati soltanto nel contrasto con i principi
generali dell’ordinamento giuridico italiano o con il buon costume.
Con una decisione il cui merito non può essere sindacato in sede politica ed
amministrativa, i giudici hanno ritenuto che non realizza un tale contrasto il caso del
matrimonio tra i cittadini pachistani cui si fa riferimento.
In effetti, il Tribunale di Milano ha fatto applicazione dei principi che regolano i rapporti
tra legge nazionale ed internazionale e, in particolare, dell’articolo 28 della legge 31 maggio
1995, n. 218, di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, il quale riconosce
la validità del matrimonio quando esso è considerato valido dalla legge del luogo di
celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi.
2
D’altra parte, ricordo che per molti decenni il matrimonio per procura ha costituito una
tipica forma matrimoniale utilizzata dagli emigrati italiani. Nel caso di specie siamo di fronte ad
una modalità più moderna, che vuole superare gli stessi ostacoli ed intende realizzare le stesse
finalità del matrimonio per procura.
In definitiva, all’autorità amministrativa italiana non spetta un sindacato sulle forme
stabilite dalla legge straniera per la celebrazione di un matrimonio valido a tutti gli effetti di
legge, dovendosi limitare il suo intervento ad un mero controllo sulla reale sussistenza delle
condizioni previste dalla legge straniera.
Ben diversa – e concludo – è, invece, la situazione della poligamia a cui fa riferimento
l’interrogante, questa sì certamente contraria ai nostri principi generali ed al buon costume.
Oltre a ciò richiamo anche il testo della direttiva comunitaria 2003/86/CE, recepita in
Italia dal recente decreto legislativo 8 gennaio 2007 n. 5.
L’articolo 4, comma 4, della citata direttiva stabilisce che “In caso di matrimonio
poligamo, se il soggiornante ha già un coniuge convivente sul territorio di uno Stato membro,
lo Stato membro interessato non autorizza il ricongiungimento familiare di un altro coniuge”.
Si tratta di un’ulteriore disposizione vincolante per i legislatori europei, se già non
esistessero, com’è sicuramente per lo Stato italiano, principi solidamente radicati negli
ordinamenti nazionali.


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