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Compatibilità dell'IRAP con l’art. 33 della sesta direttiva IVA - Le controversie - Circolare 9/E

CIRCOLARE N. 9/E

Direzione Centrale Normativa e Contenzioso

Roma, 14 febbraio 2007

15.02.2007 - pag. 40071 print in pdf print on web

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OGGETTO:
Corte di Giustizia delle Comunità Europee - Questione della compatibilità IRAP con l’art. 33 della sesta direttiva IVA -Gestione delle controversie
La Commissione tributaria provinciale di Cremona, con ordinanza 9 ottobre 2003, n. 39/2/03, ha sottoposto alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee un quesito sull’interpretazione dell’articolo 33 della direttiva del Consiglio n. 77/388/CEE (sesta direttiva IVA), in materia di armonizzazione delle legislazioni degli stati membri relativamente alle imposte sulla cifra d’affari.
In particolare, la Commissione tributaria, su impulso di parte, ha sospeso il procedimento e chiesto l’intervento della Corte di Giustizia, ritenendo l’IRAP assimilabile all’IVA in quanto:
• si applica in modo generalizzato a tutte le operazioni commerciali di produzione o di scambio aventi ad oggetto beni e servizi poste in essere nell'esercizio di imprese o di arti e professioni;
• colpisce il valore netto derivante dalle attività produttive e più esattamente il valore netto "aggiunto" al prodotto dal produttore;
• è riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione;
• agisce come un’imposta generale e proporzionale sul prezzo di cessione al consumo di beni e servizi. In altre parole l’ammontare complessivo
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dell’IRAP riscosso nelle varie fasi del ciclo è pari all’aliquota dell’IRAP applicata sul prezzo di vendita praticato in sede di immissione al consumo.
Ciò ha indotto molti contribuenti ad attivare la procedura di rimborso dell’IRAP versata allo scopo di poter beneficiare degli effetti di un’eventuale sentenza della Corte di Giustizia che avesse dichiarato l’incompatibilità dell’IRAP con la sesta direttiva.
La Corte di Giustizia, in data 3 ottobre 2006, con sentenza C-475/03, ha affermato che “un’imposta con le caratteristiche dell’IRAP si distingue dall’IVA in modo tale da non poter essere considerata un’imposta sulla cifra d’affari, ai sensi dell’art. 33, n. 1, della sesta direttiva”, stabilendo che il citato art. 33 “deve essere interpretato nel senso che esso non osta al mantenimento di un prelievo fiscale avente le caratteristiche dell'imposta di cui si discute nella causa principale”.
Alla luce dell’interpretazione della Corte di Giustizia le eccezioni formulate in senso contrario dai contribuenti sono da ritenere prive di fondamento.
Di conseguenza gli uffici dell’Agenzia continueranno a sostenere la piena legittimità della norma e, nel contempo, verificheranno puntualmente tutte le ulteriori doglianze di parte, nel caso in cui le eccezioni riguardanti l’incompatibilità dell’IRAP con la normativa europea siano state formulate con carattere preliminare.
Con riferimento alla possibilità che i contribuenti richiedano di rinunciare al ricorso, si osserva quanto segue.
Ai sensi degli articoli 44 e 45 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in caso di formale rinuncia al ricorso, il processo si estingue con decreto del presidente della sezione o con sentenza della commissione.
Il comma 2 del citato articolo 44 del D.Lgs. n. 546/1992, prevede che “Il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti salvo diverso
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accordo fra loro. La liquidazione è fatta dal presidente della sezione o dalla commissione con ordinanza non impugnabile, che costituisce titolo esecutivo”.
Pertanto se l’ufficio non conviene sull’accordo proposto dal contribuente e/o quest’ultimo non deposita la rinuncia, il processo prosegue regolarmente e sarà cura del giudice disporre sulle spese seguendo il principio della soccombenza, ovvero compensando le spese se ritiene che ne ricorrano i motivi.
Da ciò consegue che normalmente gli uffici non hanno alcun interesse ad addivenire ad un accordo sulle spese, specialmente se la controversia riguarda anche questioni che involgono decorrenza di termini o eccezioni comunque non accoglibili.
Occorre tuttavia osservare che la particolare situazione del contenzioso in esame è stata determinata anche dal contenuto delle conclusioni dei due avvocati generali presso la Corte di Giustizia delle Comunità Europee.
Tali conclusioni hanno favorito il proliferare di controversie, la cui soluzione consentirebbe di ridurre notevolmente i giudizi pendenti presso le commissioni tributarie, che così potrebbero pervenire più celermente anche alla definizione di altre questioni.
Non è da escludere, tra l’altro, che le conclusioni degli avvocati generali possano indurre il giudice a compensare in ogni caso le spese di lite.
Ciò depone per l’opportunità di accedere alla richiesta di rinuncia al ricorso, con accordo sulle spese, avanzata dal contribuente, quale soluzione atta a favorire una rapida definizione delle controversie e quindi preferibile in termini più generali di economicità.
Tutto ciò premesso, si invitano gli uffici dell’Agenzia a riesaminare caso per caso il contenzioso pendente concernente la materia in esame, secondo quanto esposto nella presente circolare, ponendo attenzione ai casi in cui il contribuente ha manifestato l’intenzione di rinunciare al ricorso.
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Le Direzioni Regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle presenti istruzioni.


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