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"Ogni testo fuori del contesto diventa un pretesto" - F.Toppi



Avvocati    

La lingua parlata dagli avvocati liberi di circolare in Europa

Condannato il Lussemburgo: "Ogni avvocato ha diritto ad esercitare stabilmente la sua attività in qualsiasi Stato membro con il suo titolo professionale d'origine senza previa verifica delle sue capacità linguistiche"
08.11.2006 - pag. 30040 print in pdf print on web

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CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE COMUNICATO STAMPA n. 76/06 19 settembre 2006 Sentenze della Corte di giustizia nelle cause C-506/04 e C-193/05 Graham J. Wilson / Ordre des avocats du barreau du Luxembourg Commissione delle Comunità europee / Granducato di Lussemburgo LE DISPOSIZIONI DEL DIRITTO LUSSEMBURGHESE SULLE CONOSCENZE LINGUISTICHE CHE DEVONO POSSEDERE GLI AVVOCATI EUROPEI PER POTER ESSERE ISCRITTI AD UN FORO SONO IN CONTRASTO CON IL DIRITTO COMUNITARIO Ogni avvocato ha diritto ad esercitare stabilmente la sua attività in qualsiasi Stato membro con il suo titolo professionale d'origine senza previa verifica delle sue capacità linguistiche La normativa lussemburghese prevede, per chi voglia esercitare la professione di avvocato in Lussemburgo, il requisito della "padronanza della lingua della legislazione e delle lingue amministrative e giudiziarie" ed impone una previa verifica di tali conoscenze. La causa C-506/04 (pregiudiziale) Il sig. Graham Wilson è un barrister di nazionalità britannica. Egli è membro dell'ordine degli avvocati d'Inghilterra e del Galles ed esercita la professione di avvocato nel Lussemburgo dal 1994. Nel 2003,Wilson si è rifiutato di sottoporsi ad un colloquio dinanzi al Conseil de l'ordre des avocats (Consiglio dell'ordine degli avvocati) per la verifica delle sue conoscenze linguistiche. Di conseguenza, il Conseil de l’ordre gli ha negato l'iscrizione all'albo degli avvocati che esercitano con il loro titolo professionale d’origine. Wilson ha contestato tale decisione presentando un ricorso di annullamento alla Cour administrative (Corte amministrativa d'appello), la quale ha chiesto alla Corte di giustizia delle Comunità europee se la direttiva sull'esercizio della professione di avvocato1 consenta allo Stato membro ospitante di subordinare il diritto di un avvocato di esercitare stabilmente le sue attività con il titolo professionale d’origine, alla verifica della padronanza delle lingue di tale Stato membro. La Corte precisa che la direttiva è intesa a facilitare l'esercizio della libertà fondamentale del diritto di stabilimento degli avvocati e che essa osta ad una previa verifica delle conoscenze linguistiche. Per essere iscritti al foro dello Stato membro ospitante è sufficiente l'attestazione dell'iscrizione di un avvocato europeo presso l'autorità competente dello Stato membro d'origine. A fronte della rinuncia a tale previa verifica, esistono norme professionali e deontologiche, sia dello Stato membro d'origine, sia dello Stato membro ospitante, che garantiscono la tutela dei singoli e la buona amministrazione della giustizia e che l'avvocato europeo è tenuto a rispettare a pena di sanzioni disciplinari. Tra tali obblighi rientra anche quello di non trattare cause che richiedano conoscenze linguistiche di cui l'avvocato non dispone. Inoltre, ai sensi della direttiva, un avvocato europeo che intenda integrarsi nella professione dello Stato membro ospitante deve comprovare un'attività effettiva e regolare di almeno tre anni nel diritto di tale Stato membro. La Corte conclude quindi che la direttiva osta ad una normativa nazionale che subordina l'iscrizione di un avvocato europeo presso il foro dello Stato membro ospitante ad un test di lingua. In questa causa, la Corte precisa inoltre la sua giurisprudenza sulla nozione di giudice. Essa giudica infatti che, in caso di diniego dell'iscrizione al foro dello Stato membro ospitante, un ricorso presentato dinanzi ad un collegio disciplinare composto esclusivamente o prevalentemente di avvocati locali non equivale ai ricorsi giurisdizionali che la direttiva impone agli Stati membri di prevedere per tali casi. La causa C-193/05 (ricorso per inadempimento) Parallelamente, la Commissione ha presentato un ricorso per inadempimento contro il Lussemburgo, ritenendo che tre disposizioni nazionali siano contrarie alla direttiva: - l'iscrizione all'albo degli avvocati in seguito ad un test orale di verifica delle conoscenza linguistiche Il governo lussemburghese ha fatto valere la buona amministrazione della giustizia per giustificare l'esistenza di tale disposizione, ma la Corte dichiara, come nella vicenda del sig. Wilson, che la direttiva prevede solo il requisito della produzione, presso il foro dello Stato membro ospitante, di un attestato di iscrizione nello Stato membro d'origine, concludendo che la normativa lussemburghese che subordina l'iscrizione di un avvocato europeo presso l'autorità nazionale competente alla previa verifica delle conoscenze linguistiche è contraria alla direttiva. 1 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/5/CE, volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica (GU l77, pagg. 36-43). - il divieto per gli avvocati europei di svolgere attività di domiciliazione di società in Lussemburgo La Corte ricorda il principio in virtù del quale l'avvocato europeo, in forza della direttiva, può legittimamente svolgere le stesse attività professionali dell'avvocato che esercita con il titolo professionale dello Stato membro ospitante, fatte salve le eccezioni previste dalla direttiva. Le attività di domiciliazione di società non sono riconducibili a tali eccezioni. Gli Stati membri non sono autorizzati a prevedere, nei loro diritti nazionali, ulteriori eccezioni a tale principio. -l'obbligo di produrre ogni anno un attestato dello Stato membro d'origine La Corte rileva che tale obbligo rappresenta un onere amministrativo ingiustificato, in contrasto con la direttiva, in quanto essa sancisce già il principio di reciproca assistenza secondo cui l'autorità competente dello Stato membro d'origine deve informare quella dello Stato membro ospitante dell'avvio di un procedimento disciplinare contro un avvocato europeo. Per questi motivi, la Corte condanna il Lussemburgo per essere venuto meno ai suoi obblighi derivanti dal diritto comunitario. Documento non ufficiale ad uso degli organi d'informazione che non impegna la Corte di giustizia Lingue disponibili: FR, CS, DE, EN, EL, HU, IT, NL, PL, SK, SL Il testo integrale della sentenza si trova sul sito Internet della Corte http://curia.europa.eu/jurisp/cgi-bin/form.pl?lang=IT&Submit=rechercher&numaff=C -cause C-506/04 e C-193/05 Di regola tale testo può essere consultato il giorno della pronuncia dalle ore 12 CET. Per maggiori informazioni rivolgersi alla dott.ssa Estella Cigna Angelidis tel. (00352) 4303 2582 fax (00352) 4303 2674


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08.11.2006 Spataro

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