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La circolare: 5.4. Valenza probatoria dei prelevamenti nei confronti dei professionisti

Prelievi e versamenti ritenuti non giustificati si presumeranno ...
20.10.2006 - pag. 29990 print in pdf print on web

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5.4. Valenza probatoria dei prelevamenti nei confronti dei professionisti Il comma 402, lettera a), numero 1.1, dell’art. 1 della legge, con riferimento all’art. 32, primo comma, punto. 2), del D.P.R. n. 600 del 1973, ha esteso ai lavoratori autonomi la presunzione di “compensi” ai prelevamenti e agli importi riscossi per i quali non siano stati indicati i beneficiari, sempre secondo il citato principio dell’inerenza. In sostanza, tale norma ha esteso, ai fini delle imposte sui redditi, ai lavoratori autonomi il regime presuntivo di imponibilità oltre che alle operazioni di accredito/versamenti anche a quelle di addebito/prelevamenti o somme riscosse. Quanto all’elemento additivo che associa ai prelevamenti gli “importi riscossi”, e che deriva sostanzialmente dall’estensione della disciplina alle singole operazioni, si rinvia a quanto più in generale già precisato nella Premessa al presente Capitolo, richiamando l’attenzione sulla specifica novità che porta a considerare alla stessa stregua dei prelevamenti anche le singole operazioni fuori conto del cambio di assegni o di valute ovvero altre operazioni che non si realizzano - attraverso l’intermediario - in versamenti a favore di se stesso o di altri beneficiari. Evidentemente, l’anzidetta disposizione intende valorizzare l’analisi, da parte dell’ufficio procedente, della maggiore capacità di spesa, comunque manifestata e non giustificata dal lavoratore autonomo, e correlare tale maggiore capacità con le ulteriori operazioni attive anch’esse effettuate presuntivamente “in nero”, nell’ambito della specifica attività esercitata; e ciò, secondo una ragionevole regola di comune esperienza che lo stesso legislatore ha tenuto presente e sulla quale ha fondato il meccanismo presuntivo che consente, a certe condizioni, addirittura di riprendere totalmente a tassazione i prelevamenti non giustificati. La disposizione stessa, peraltro, è stata adottata nel contesto di una rivisitazione complessiva dei poteri istruttori in funzione di irrobustimento della specifica attività di controllo, soprattutto con riguardo a quelle ipotesi in cui -anche in un’ottica di equità sostanziale rispetto al diverso trattamento prima riservato alle 109 categorie imprenditoriali - la sottrazione di materia imponibile non è assolutamente da escludere. Anche con riguardo ai prelevamenti dei professionisti valgono pertanto gli stessi argomenti comunemente addotti in relazione all’efficacia probatoria dei versamenti e dei prelevamenti già consentita dalla disciplina previgente per le imprese; efficacia probatoria che non ha sinora trovato smentite da parte della giurisprudenza, neanche sotto il profilo della legittimità costituzionale. Semmai, il mantenimento dell’esclusione dei professionisti e dei loro “compensi” dall’ambito applicativo della presunzione avrebbe dato, esso, adito a forti sospetti di incostituzionalità, in quanto irragionevole discriminante tra le due categorie di contribuenti che, invece, ai fini Iva erano già trattate allo stesso modo dalla omologa disciplina dei relativi poteri istruttori di cui all’art. 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, numeri 2) e 7). Sotto il citato profilo di legittimità costituzionale, si fa rinvio in generale a quanto affermato dalla Consulta - con sentenza del 6 giugno 2005, n. 225 -, di cui si riferisce ampiamente nel paragrafo 5.5 con particolare alla tematica della deducibilità dei costi non contabilizzati, anticipando in queste sede che la presunzione circa i prelevamenti effettuati dai professionisti non risulta neppure essa lesiva del principio di eguaglianza tra detentori o meno di conti bancari, atteso che la stessa è suscettibile di prova contraria attraverso l’indicazione del beneficiario delle somme prelevate dai conti. Circa l’estensione soggettiva della anzidetta disposizione operata dalla legge, occorre osservare in particolare che il fondamento economico sotteso al descritto meccanismo presuntivo, che si basa per le imprese prevalentemente sull’acquisto e vendita di beni, è configurabile anche per i lavoratori autonomi, sebbene non vendano beni bensì prestino servizi. E’ di agevole constatazione, invero, che per esercitare non poche attività professionali è proprio necessario l’acquisto di beni (ad es., acquisto di protesi o di anestetici da parte dell’odontoiatra) o comunque di servizi (ad es., pareri tecnici, consulenze specialistiche, richiesti da un legale) per rendere prestazioni, anche di natura complessa. 110 Del resto, la soggezione anche dei lavoratori autonomi alla regola presuntiva intende attestare nella sua essenza, semplicemente e comprensibilmente, che i prelevamenti per i quali non si può (illegalmente, come ad esempio, per l’eventuale pagamento di tangenti) o non si vuole (per mero spirito evasivo, come per il pagamento di retribuzioni “fuori busta” o di acquisti in nero) fornire detta indicazione sono da considerare costi in nero che hanno ragionevolmente generato compensi non contabilizzati. Senza nondimeno sottacere che una regola come quella introdotta - e qui considerata in un ottica diversa da quella che attiene al riconoscimento dei costi occulti, cui è improntato il successivo paragrafo 5.5 - spiega la sua utilità anche per la configurazione e l’attribuzione di costi presunti a carico di una attività professionale di un soggetto controllato, per effetto dei prelevamenti che abbiano avuto una destinazione ufficiale e trasparente diversa da quella reale; e ciò al fine di eludere gli obblighi contabili del professionista per l’operazione passiva effettuata mediante l’accertato prelevamento e far assolvere a un soggetto interposto il proprio onere finanziario verso l’originario fornitore che non si ha interesse a indicare, nell’ambito di una preordinata convergenza evasiva di comune convenienza. Giova peraltro rilevare, tra le altre considerazioni, che una siffatta regola assume anche una chiara valenza rigoristica e deterrente per avvisare e indurre i professionisti, non meno che gli imprenditori, a prestare particolare attenzione a una coerente rispondenza tra movimenti, compresi i prelievi in conto corrente, e registrazioni (sul registro dei compensi e delle spese o sui registri Iva sostitutivi), in quanto eventuali prelievi non annotati e per i quali non si possa o non si voglia disporre di documentazione giustificativa dei pagamenti, non risulta per nulla illogico che vengano reputati quali compensi. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si ritiene opportuno che gli uffici procedenti, sotto il profilo operativo, si astengano da una valutazione degli elementi acquisiti – non solo dai conti correnti ma da qualsiasi altro rapporto od operazione oggi suscettibili di indagine – particolarmente rigida e formale, tale da trascurare le eventuali dimostrazioni, anche di natura presuntiva, che trattasi di spese 111 non aventi rilevanza fiscale sia per la loro esiguità, sia per la loro occasionalità e, comunque, per la loro coerenza con il tenore di vita rapportabile al volume di affari dichiarato. In altri termini, nell’ambito di una generale esigenza sussistente nei riguardi anche delle categorie imprenditoriali, necessita un ulteriore sforzo ricostruttivo e motivato dell’ufficio che, lungi dall’automatico trasferimento delle risultanze “patrimoniali” emerse in sede di indagini in capo al contribuente destinatario del controllo, qualifichi le stesse in senso “economico” e quindi reddituale secondo la metodologia e tipologia di accertamento in concreto adottata per l’esercizio della pretesa tributaria. Una volta confermata la coerenza, sotto l’aspetto sia logico che giuridico- costituzionale, della estensione dell’efficacia presuntiva operata dalla legge relativamente ai “prelevamenti o agli importi riscossi”, non risultanti dalle scritture contabili e ingiustificati, occorre esaminare l’utilizzabilità o meno di tale meccanismo presuntivo di imponibilità per rettificare o accertare in aumento i redditi riferibili agli anni pregressi, in quanto considerati, salvo prova contraria, come compensi non dichiarati. Al riguardo, resta anzitutto fermo quanto precisato nel paragrafo dedicato alle Generalità circa l’efficacia retroattiva della nuova disciplina recata dalla legge, in conformità anche delle indicazioni fornite dall’Agenzia in occasione del convegno di “Telefisco 2005” (vedi circolare n. 10/E del 10 marzo 2005). Per quanto riguarda la specifica questione della decorrenza della disposizione in funzione dell’esperimento della presunzione di cui al numero 2) dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, si ritiene che essa possa rivestire natura meramente procedimentale e, quindi, applicabile anche per l’accertamento di annualità pregresse rispetto alla sua entrata in vigore (1° gennaio 2005). In tal senso, depone il fatto che la norma stessa regolamenta il potere istruttorio dell’amministrazione finanziaria e non direttamente le regole di determinazione e quantificazione del reddito. A tale proposito, si richiama la 112 conforme e copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione in ordine alle modifiche introdotte nella materia delle indagini “bancarie” dall’art. 18 della legge n. 413 del 1991 (da ultimo, Sentenza n. 10538/2006). In altri termini, si ritiene che per gli appartenenti alla categoria dei lavoratori autonomi la modifica comportante la suddetta estensione non si risolva in un mutamento sostanziale delle regole di determinazione del reddito quanto a un suo elemento essenziale, bensì la stessa ha l’effetto di addossare ragionevolmente ai predetti contribuenti l’onere della “prova contraria“ per qualsiasi operazione passiva posta in essere, anche in via episodica, in epoca in cui il sistema vigente non attribuiva alle risultanze delle operazioni medesime una valenza, sotto il profilo istruttorio, corrispondente a quella sopravvenuta. Ne consegue che l’applicazione estensiva ai lavoratori autonomi della presunzione di compensi per i prelevamenti e le riscossioni non interferisce sul rapporto tributario, ma ribalta soltanto l’onere incombente sull’Amministrazione di provare la pretesa impositiva. In sostanza, la pratica di tale strumentazione istruttoria - prevista dai numeri 2) e 7) - non risulta condizionata da alcun limite temporale, trovando applicazione quindi anche per gli anni pregressi; infatti, “l’aspettativa di una maggiore probabilità di sottrarsi alla scoperta di irregolarità o infrazioni non integra un diritto tutelabile, e, quindi, può essere vanificata dalla legge sopraggiunta che renda più ampi ed efficaci gli interventi degli organi preposti a detta scoperta” (Cassazione n. 1728/1999). Resta inteso che nell’applicare la norma ad annualità precedenti - ma analoga cautela si ritiene che sia esperibile anche per le annualità dal 2005 in poi - occorrerà in ogni caso considerare quanto già precisato dalla richiamata circolare n. 28/E del 2006, al paragrafo 7 (a commento delle modifiche apportate all’art. 19 del D.P.R. n. 600 dal decreto legge n. 223 del 2006; vedi il successivo paragrafo), secondo la quale “i contribuenti interessati possono ritenersi sollevati dall’onere di fornire la predetta dimostrazione in relazione a prelievi che, avuto riguardo all’entità del 113 relativo importo ed alle normali esigenze personali o familiari, possono essere ragionevolmente ricondotte nella gestione extra-professionale”. 5.4.1. Nuovi obblighi contabili per gli esercenti arti e professioni Anche al fine di meglio specificare l’applicazione della novella di cui al punto precedente, l’art. 35, comma 12, del decreto legge n. 223 del 2006 - realizzando al contempo finalità generali di trasparenza contabile - ha modificato l’art. 19 del D.P.R. n. 600 del 1973 in tema di adempimenti contabili degli esercenti arti e professioni, prevedendo - attraverso l’inserimento di due nuovi commi, terzo e quarto - la tenuta di uno o più conti correnti bancari o postali ai quali affluiscono, obbligatoriamente, le somme riscosse nell’esercizio dell’attività e dai quali sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese. Inoltre, i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni sono riscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari inferiori a 100 euro. La circolare n. 28/E del 2006, paragrafo 7, ha precisato che per quanto riguarda i conti correnti bancari o postali, da tenere obbligatoriamente sia per il prelievo di somme finalizzate al pagamento delle spese sostenute sia per il versamento dei compensi riscossi, non necessariamente devono essere "dedicati" esclusivamente all'attività professionale, ma possono eventualmente essere utilizzati anche per operazioni non afferenti l'esercizio dell'arte o della professione. Ciò significa che gli stessi possono essere utilizzati per effettuare operazioni anche a titolo personale, ferma restando la possibilità di utilizzo dei “prelevamenti personali”, ai fini dell’esercizio delle presunzioni legali previste dai numeri 2) dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, qualora il contribuente non ne giustifichi la destinazione. L’obbligo di istituzione del conto corrente bancario o postale per le finalità di cui sopra decorre dall’entrata in vigore del citato decreto legge (4 luglio 2006). Il successivo comma 12-bis dell’art. 35, inserito dalla legge di conversione del 4 agosto 2006, n. 248, dispone che l’originario limite di 100 euro di cui al quarto comma dell’art. 19 del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dal precedente comma 12, “si applica a decorrere dal 1° luglio 2008. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 30 giugno 2007 il limite è stabilito in 1000 euro. Dal 1° luglio 2007 al 30 giugno 2008 il limite è stabilito in 500 euro”. A seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione, la stessa circolare n. 28 precisa che “l’obbligo di riscuotere i compensi in argomento mediante strumenti finanziari “tracciabili”, nei limiti appena richiamati, decorre dalla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione.” (12 agosto 2006).


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