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"Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare" - Seneca



Amministrazione di sostegno    

Il regime di invalidità e di pubblicità degli atti nell’amministrazione di sostegno. *

IL REGIME DI INVALIDITÀ E DI PUBBLICITÀ DEGLI ATTI

NELL’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO.

IL PUNTO DELLA GIURISPRUDENZA A DUE ANNI DALL’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE

[Il presente saggio costituisce la trascrizione di parte dell’intervento al Master di Diritto di Famiglia, tenutosi a Roma nell’anno accademico 2005/2006, ed è parte della dispensa ad uso dei corsisti. Per più compiute argomentazioni si rimanda a Giuseppe Cassano, L' amministrazione di sostegno. Questioni sostanziali e processuali nell'analisi della giurisprudenza Halley 2006]

12.06.2006 - pag. 29651 print in pdf print on web

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Sommario 1. La capacità del beneficiario. 2. Gli atti di diritto di famiglia. 3. Le invalidità nell’amministrazione di sostegno. 4. Violazione di disposizioni del giudice. 5. Violazione di disposizioni di legge. 6. Accettazione di eredità e alienazione di beni ereditari. 7. Azione di annullamento. 8. Le norme in materia di pubblicità degli atti relativi all’amministrazione di sostegno.

1. LA CAPACITÀ DEL BENEFICIARIO

La legge n. 6/04 ha come fine quello di tutelare con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, attraverso interventi di sostegno temporaneo e permanente (art. 1). Nel perseguire tal obiettivo essa ha introdotto uno strumento flessibile idoneo a far fronte alle diverse situazioni di disagio del soggetto debole. Come si è già accennato, nelle pagine di questa Rivista, cfr. DirittoeGiustizia on line del 23.12.2005, www.dirittoegiustizia.it , il nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno si differenzia notevolmente dai tradizionali istituti a protezione del disabili, là dove questi ultimi attribuivano al soggetto una qualità giuridica (status), privando il soggetto totalmente o parzialmente della capacità di agire. Conseguenza del riconoscimento dell’assoluta o parziale incapacità della persona era la nomina del tutore o del curatore. Diversamente, la nomina dell’amministratore di sostegno non ha come presupposto la privazione del soggetto della capacità di agire, il quale conserva la propria capacità per gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno (art. 409 c.c.). A fronte di una generale capacità del beneficiario sarà il provvedimento di nomina ad individuare l’oggetto e l’incarico e gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere (ex art. 405). Il beneficiario non sarà legittimato a compiere esclusivamente gli atti con riferimento ai quali il decreto di nomina abbia attribuito all’amministratore un potere di rappresentanza esclusiva (ex art. 409).

L’amministratore di sostegno, in un amplissimo ambito di compiti di protezione, che, come si è accennato, spaziano dalla rappresentanza sino all’assistenza nel compimento di atti giuridici, all’amministrazione del patrimonio, alla cura della persona, si vedrà conferiti quegli specifici poteri-doveri strettamente necessari al soddisfacimento delle concrete esigenze del beneficiario. Normalmente l’amministratore non assume le funzioni del procuratore o del mandatario, posto che la sua rappresentanza si esercita di regola in via esclusiva e non in via concorrente rispetto alle facoltà dell’amministrato (salvo per quanto si dirà a proposito degli atti della vita quotidiana): in linea di principio, la persona beneficiaria dell’amministrazione vedrà limitata la propria capacità legale di agire soltanto in relazione gli atti per il compimento dei quali è previsto l’intervento dell’amministratore di sostegno. In altri termini, ai poteri dell’amministratore fanno da contrappunto, in linea di principio, le limitazioni alla capacità dell’amministrato, il quale (art. 409) conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno. Con l’amministrazione di sostegno non è quindi configurabile alcuna limitazione della capacità della persona debole senza il corrispondente conferimento di poteri all’amministratore (salvo quanto si dirà oltre sull’art. 411 comma 4) né è configurabile alcuna penalizzazione dei diritti e delle facoltà del soggetto che non risponda ad un’effettiva finalità di protezione. Per quanto sopra illustrato può quindi affermarsi che l’amministrazione di sostegno è una forma di tutela ampia (non meramente patrimoniale ma comprendente anche la cura della persona), propositiva e non interdittiva, espansiva e non inibitoria, personalizzata, modulabile e non standardizzata, frutto di una concezione dei diritti delle fasce deboli della popolazione veramente conforme ai fini costituzionali di promozione del pieno sviluppo della persona umana (art. 3, comma 2, Cost.). L’amministrazione di sostegno può determinare un’incapacità del soggetto totale (atti per i quali occorre la rappresentanza esclusiva dell’amministratore) o parziale (atti per i quali occorre l’assistenza dell’amministratore), ma pur sempre settoriale, relativa. Beneficiari dell’amministrazione di sostegno sono innanzitutto i soggetti deboli che, prima dell’entrata in vigore della Legge 9 gennaio 2004, n. 6, non godevano di alcuna forma di protezione preventiva (una forma di protezione “successiva” all’atto dannoso era – ed è – quella, molto limitata, dell’art. 428 c.c. che prevede, a certe condizioni – gravità del pregiudizio, prova della malafede dell’altro contraente – l’annullabilità degli atti compiuti dall’incapace naturale). Possono così fruire del nuovo istituto le persone che sono pacificamente escluse dall’ambito di applicazione dell’interdizione e dell’inabilitazione e quindi i soggetti affetti da patologie mentali transitorie o cicliche, quelli in condizioni di mera debolezza psichica anche se non affetti da patologie mentali, i soggetti depressi, gli alcolisti, i tossicodipendenti, i lungodegenti, i portatori di handicap fisici, i disadattati sociali, gli anziani in situazione di disagio anche soltanto fisico ecc... Il comune denominatore per l’applicabilità della nuova disciplina è che il soggetto sia privo, in tutto o in parte, di autonomia (rubrica del titolo XII), cioè (art. 404) si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi: il beneficiario, pertanto, pur essendo soggetto debole, potrebbe conservare la naturale capacità di agire, intesa come capacità di intendere e di volere: in tal caso, la limitazione della legale capacità di agire è un sacrificio imposto dalla necessità di soddisfare le esigenze di vita del beneficiario mediante il conferimento ad un diverso soggetto poteri sostitutivi (cura, rappresentanza) o confermativi (assistenza) o di amministrazione, da esercitarsi sotto il controllo (successivo, ma anche preventivo, sotto forma di autorizzazione) dell’Autorità giudiziaria (Trib. Pinerolo 4.11.04, in Nuova giur. civ. comm., 2005, 3)

Vedremo come, qualora egli compia un atto per il quale è stato attribuito all’amministratore il potere di rappresentanza esclusiva, tale atto sia impugnabile. Notevole rilievo riveste in materia la previsione di cui all’art. 409 , co. 2, c.c., ai sensi del quale il beneficiario può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana. La previsione suscita particolare interesse, poiché sembrerebbe escludere che l’interessato possa essere privato della capacità di agire in relazione a determinati atti (in questo senso Delle monache); il punto, tuttavia, è controverso, poiché vi è chi ha sostenuto che, qualora ne ricorrano le condizioni, possa essere sancita l’incapacità del dell’interessato anche con riguardo a tali atti, paventando il rischio che un’opposta soluzione, implicherebbe la necessità di ricorrere all’interdizione, nell’ipotesi in cui il soggetto risulti inidoneo a realizzare alcuni di tali atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana (Lisella). Sicuramente deve essere ammessa la possibilità di conferire il potere di rappresentanza all’amministratore di sostegno anche con riguardo agli atti diretti a soddisfare esigenze della vita quotidiana – eventualmente concorrente con quella del beneficiario –, il ché si rivelerebbe utile nelle ipotesi in cui il beneficiario non sia in grado di provvedere da solo al relativo compimento per le più variegate ragioni. La legge prevede, tuttavia, che il giudice tutelare possa disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l’interdetto e per l’inabilitato, si estendano al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, ma esclusivamente avuto riguardo all’interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle disposizioni di cui si estende l’applicazione. In dottrina a tal proposito si è rilevato come “il rapporto tra capacità ed incapacità, stabilito nel codice nei termini di un’alternativa netta e senza scampo, diviene ora mobile e fluido. L’incapacitazione del disabile che nello schema tradizionale, costituiva il momento pregiudiziale rispetto ad una astratta protezione dello stesso, diventa ora una conseguenza eventuale e residuale per alcune categorie di atti per i quali si prospetta come necessario ai fini della sua protezione” Ferrando). Particolare rilievo assumono, nell’ambito delle modifiche apportate dalla legge n. 6/04 al sistema degli strumenti di tutela dei soggetti deboli, le risposte offerte dalla stessa ai problemi posti dal rapporto fra impossibilità di provvedere ai propri interessi ed esercizio dei diritti fondamentali della personalità. In particolare, spetterà al giudice stabilire quali siano i poteri dell’amministratore di sostegno anche con riguardo alla cura personae – e, dunque, in merito a decisioni concernenti la salute, il diritto alla riservatezza, nell’eventualità che si renda necessaria una manifestazione del consenso relativa ai trattamenti medici o al trattamento dei dati personali. –, e come debbano essere preservate le attitudini di autodeterminazione e di discernimento del disabile (Ferrando). In dottrina si ipotizza che un tale discorso possa estendersi anche ad altri diritti della personalità (Ferrando). Dubbia è l’ammissibilità di un’amministrazione di sostegno non incapacitante: alcuni autori ritengono, infatti, che si possa istituire l’amministrazione di sostegno anche allorquando non ricorrano i presupposti per la determinazione dell’incapacità di agire del beneficiario (Lisella). Si tratta delle ipotesi in cui il soggetto conserva una lucidità mentale sufficiente, ma incontra difficoltà nella cura dei propri interessi. Argomenti a favore di tale tesi sono: l’art. 412 che rende annullabili gli atti compiuti dal beneficiario esclusivamente se compiuti in violazione di legge o di disposizioni del giudice; l’art. 409, ai sensi del quale il soggetto conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza elusiva o l’assistenza dell’ amministratore di sostegno; l’art. 1 che inserisce fra le finalità della legge la protezione dei soggetti privi di autonomia con la minore limitazione possibile della capacità di agire; e l’art. 405 che riconosce un’ampia discrezionalità al giudice tutelare, consentendogli di adottare, anche d’ufficio, i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio (Lisella). Anche la giurisprudenza sembra aderire alla tesi di cui sopra. Il giudice tutelare del Tribunale di Pinerolo ha, infatti, nominato un amministratore di sostegno a favore di un beneficiario, conferendogli poteri di rappresentanza concorrenti con quelli del beneficiario stesso

Si è detto che la normale struttura dell’amministrazione di sostegno prevede l’attribuzione di poteri all’amministratore e la corrispondente perdita di capacità del beneficiario, che comunque conserva sempre la piena c apacità, concorrente con quella dell’amministratore, per gli atti quotidiani della vita (c.d. “atti minimi”). Rispetto a questo schema, la sopra richiamata previsione dell’art. 411, comma 4, c.c. delinea un percorso atipico dell’amministrazione di sostegno in senso restrittivo (perdita di capacità del Beneficiario senza attribuzione di poteri corrispondenti all’amministratore). E’, però, ipotizzabile anche un percorso atipico di segno opposto: si potrebbe, cioè, strutturare, in concreto, l’amministrazione di sostegno come una procura controllata, con attribuzione di poteri all’amministratore senza perdita di capacità del Beneficiario (così come avviene sempre, ex lege, per gli atti “minimi”). Qualora, infatti, la persona Beneficiaria non presenti deficit psichici o intellettivi, ma sia impossibilitata a perseguire i propri interessi di natura personale o patrimoniale per effetto di una menomazione esclusivamente fisica, senza ripercussioni nell’ambito cognitivo e volitivo, non vi è ragione per comprimere la sfera della sua capacità legale di agire. In simili condizioni, si impone una lettura più articolata dell’art. 409 c.c., secondo il quale – come si è già ricordato – il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno. La norma, letta a contrario, lascia aperti spazi applicativi per una rappresentanza non esclusiva del beneficiario da parte dell’amministratore: una rappresentanza, quindi, con effetti analoghi a quella negoziale, con la peculiarità costituita dal controllo dell’organo pubblico – il Giudice Tutelare – sull’attività svolta dall’amministratore. L’amministrazione di sostegno si connota, in questa ipotesi, come strumento espansivo delle facoltà del soggetto debole, realizzandosi la protezione essenzialmente nel controllo pubblico dell’attività svolta dall’amministratore: controllo soltanto ex post se nel decreto l’unico onere per l’amministratore è quello di rendere il conto; controllo anche ex ante se il Giudice Tutelare, applicando, con il meccanismo dell’art. 411, comma 4, c.c., gli effetti e le limitazioni di cui agli artt. 374 e 375 c.c., richieda per la validità degli atti dell’amministratore o dello stesso beneficiario l’autorizzazione preventiva al loro compimento (Trib. Pinerolo 4.11.04, in Nuova giur. civ. comm., 2005, 6)

Inoltre, il giudice ha precisato che la capacità di agire del beneficiario rimaneva “piena”. Premesso che la sig.ra S mantiene la piena capacità di agire per gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno e cioè il cui compimento in via autonoma non è espressamente escluso dal giudice tutelare ai sensi degli artt. 404 e ss. c.c. NOMINA Amministratore di sostegno della sig.ra S Maddalena, con le funzioni e i poteri qui di seguito specificati, il di lei nipote, signor Pierfranco T, NATO A Pinerolo il 27-1-1956, res. Pinerolo, via Penarol de Montevideo 8. DISPONE che la durata dell’Amministrazione sia a tempo indeterminato. DISPONE - che l’amministratore di Sostegno possa compiere autonomamente, senza necessità di previe specifiche autorizzazioni del Giudice Tutelare e salvo obbligo di rendiconto annuale, i seguenti atti, salva altresì la PIENA capacità della signora S anche in ordine a tali atti: 1) prelievo di somme dai conti della Beneficiaria entro l’importo massimo mensile di euro =1.500,00=; 2) riscossione della somma di euro =4.140,00= per pagare il funerale della sorella della Beneficiaria; 3) riscossione della somma di euro =1.178,00= anticipata dal signor T per la retta di ottobre della Casa dell’Anziano; 4) prelievo del denaro dai conti della Beneficiaria necessario al pagamento delle utenze e degli oneri fiscali dell’abitazione e degli altri immobili della medesima e al pagamento dell’IRPEF ed effettivo pagamento dei relativi importi; 5) riscossione degli affitti dei terreni e versamento su conto della Beneficiaria; 6) compimento degli atti di ordinaria amministrazione e manutenzione degli immobili di proprietà della signora S. (Trib. Pinerolo 4.11.04, in Nuova giur. civ. comm., 2005, 10)

Si noti, infine, che la l. n. 6/04 ha modificato la disciplina dell’invalidità per incapacità con riguardo agli interdetti ed agli inabilitati, prevedendo all’art. 9, che ha modificato l’art. 417 c.c., che l’autorità giudiziaria possa stabilire nella pronuncia di interdizione e dell’inabilitazione, o in successivi provvedimenti, che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall’interdetto senza l’intervento del tutore e che taluni atti eccedenti l’ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall’inabilitato senza l’assistenza del curatore. Tali atti saranno pienamente validi, e non saranno suscettibili di annullamento ai sensi dei co. 2 e 3 dell’art. 427 c.c. Si tratta, tuttavia, dei soli atti patrimoniali e non di quelli personali.

2. GLI ATTI DI DIRITTO DI FAMIGLIA

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