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Amministrazione di sostegno    

Norme applicabicabili all’amministrazione di sostegno e disciplina processuale *

[Il presente saggio costituisce la trascrizione di parte dell’intervento al Master di Diritto di Famiglia, tenutosi a Roma nell’anno accademico 2005/2006, ed è parte della dispensa ad uso dei corsisti. Per più compiute argomentazioni si rimanda a Giuseppe Cassano, L' amministrazione di sostegno. Questioni sostanziali e processuali nell'analisi della giurisprudenza Halley 2006]
24.05.2006 - pag. 29650 print in pdf print on web

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Sommario 1. Amministrazione di sostegno e norme in materia di interdizione e di inabilitazione. 2. Estensione giudiziale di previsioni relative all’interdetto e all’inabilitato. 3. Amministrazione di sostegno: profili processuale. 4. Competenza e giurisdizione. 5. La proposizione del ricorso. 6. Il problema della difesa tecnica. 7. Le fasi successive del procedimento. 8. Cessazione dell’amministrazione di sostegno, revoca e modifica del decreto di apertura. 9. Impugnazioni

1. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO E NORME IN MATERIA DI INTERDIZIONE, E DI INABILITAZIONE

Ai sensi dell’art. 411, co. 1 c.c. si applicano all’amministrazione di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. da 349 a 353 e da 374 a 388 c.c. Non sono stati richiamati gli artt. 362 ss. c.c., concernenti l’inventario, e gli artt. 371 e 372 c.c. concernenti i provvedimenti circa l’educazione e l’amministrazione del patrimonio del minore, e le prescrizioni relative all’investimento dei capitali del minore. Il rinvio di cui all’art. 411 non distingue fra amministrazione sostitutiva e amministrazione di mera assistenza, né sussiste nella disciplina in esame alcun rinvio alle norme che disciplinano la curatela. Le norme sulla tutela sono dichiarate applicabili, in quanto compatibili: occorrerà, dunque, verificare volta par volta se la ratio di ogni singola norma presente in tali articoli, sia compatibile con analoghi interessi perseguiti dalla disciplina dell’amministrazione di sostegno (Bonilini). In primo luogo vengono in rilievo gli artt. 374 e 375 c.c. concernenti le autorizzazioni che il tutore deve chiedere al Tribunale per il compimento di specifici atti. Non sembrano sussistere dubbi sul fatto che l’amministratore debba chiedere l’autorizzazione al giudice tutelare per quegli atti elencati negli artt. 374 e 375 c.c., previsti nel decreto istitutivo dell’amministrazione di sostegno, o successivamente, quali atti che devono essere compiuti dall’amministratore di sostegno o con la sua assistenza. Ai sensi dell’art. 411 c.c. co. 1, i provvedimenti autorizzatori di cui agli artt. 375 e 376 c.c. devono essere emessi dal giudice tutelare e non dal tribunale. Gli atti previsti dall’art. 374 c.c. sono: l’acquisto di beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del beneficiario, per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio; la riscossione di capitali; il consenso alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni; l’assunzione di obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio; l’accettazione di eredità o la rinuncia alle stesse; l’accettazione di donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni; la stipulazione di contratti di locazione d'immobili oltre il novennio; la promozione di giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto, e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi. Ai sensi dell’art. 375 sarà necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare per l’alienazione di beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento; per la costituzione di pegni o ipoteche; per procedere a divisioni o promuovere i relativi giudizi; per fare compromessi e transazioni o accettare concordati. Il giudice dovrà aver riguardo agli interessi personali e patrimoniali del beneficiario e stabilire le modalità della vendita e le modalità di reimpiego del capitale (Calice). Nessun dubbio che le autorizzazione in oggetto siano necessarie anche con riguardo all’amministrazione di assistenza. Non saranno invece necessarie allorché il decreto di nomina contempli nell’oggetto dell’incarico conferito all’amministratore il compimento di uno specifico atto, e non di una categoria di atti: in tale caso non vi è ragione per non ritenere che il giudice abbia autorizzato il compimento dell’atto nel decreto stesso (Delle monache). All’amministrazione di sostegno sono dichiarate applicabili, in quanto compatibili, dall’art. 411, co. 2 c.c., le disposizioni degli artt. 596, 599 e 779, norme che stabiliscono l’incapacità del tutore o del protutore di ricevere per testamento del tutore, la nullità delle disposizioni testamentarie in favore di persona interposta, e la nullità della donazione disposta in favore del tutore e del protutore. Ex art. 388 c.c., inoltre, l’amministratore di sostegno non potrà stipulare alcuna convenzione con il beneficiario prima che sia decorso un anno dall’approvazione del conto. Le eventuali disposizioni testamentarie e donazioni sono colpite da nullità, a nulla rilevando che si tratta di atti per i quali il beneficiario non sia stato privato della capacità di agire. Il divieto non opera, ex art. 411, co. 3, qualora l'amministratore di sostegno sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente: si tratta di una previsione meno rigida rispetto all’art. 596 c.c., che esclude l’operatività del divieto allorché il tutore sia ascendente, discendente, fratello, coniuge del testatore. Si ritiene che tale previsione sancisca anche la validità della donazione fatta a favore del parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente, a differenza dell’art. 596 che non consente le donazioni a favore del tutore o del protutore, ancorché stretti congiunti dell’incapace, né a persone interposte. Oltre alle donazioni sono esclusi dal divieto altri negozi che comportino un beneficio in capo all’amministratore, ed in generale i negozi a titolo gratuito. Si noti, infine, che si dubita circa la possibilità di applicare i divieti in esame anche nell’ipotesi di amministrazione di sostegno di mera assistenza (Delle monache; Bonilini). Analoghe perplessità si nutrono con riguardo all’ammissibilità di un’estensione analogica di alcune previsione in materia di interdetti e inabilitati all’amministrazione di sostegno: in particolare ha suscitato l’attenzione della dottrina la questione se possano trovare applicazione nei confronti del beneficiario le numerose norme che collegano alla sopravvenuta incapacità di una parte contrattuale lo scioglimento di rapporti patrimoniali pendenti. A titolo esemplificativo possiamo ricordare l’art. 1626 c.c., che stabilisce lo scioglimento dell’affitto in caso di interdizione o inabilitazione dell’affittuario; o l’art. 1722 c.c., ai sensi del quale il mandato si estingue in caso di interdizione o inabilitazione di una delle parti. Convincenti ci appaiono le argomentazioni di chi ritiene che la decisione di estendere le norme che disciplinano gli effetti della sopravvenuta incapacità sui rapporti contrattuali di cui il beneficiario sia parte spetti al giudice tutelare, il quale deciderà caso per caso (Bonilini). Deve escludersi che siano applicabili al beneficiario le norme che si riferiscono, genericamente, agli incapaci, poiché questi – come si è più volte ribadito – non può essere considerato soggetto incapace di agire. Tuttavia, con riguardo agli atti relativamente ai quali il beneficiario deve essere assistito o rappresentato dall’amministratore, e che egli compia da solo, deve ritenersi applicabile l’art. 1445, ai sensi del quale l'annullamento che dipende da incapacità legale non fa salvi i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, o l’art. 1966 c.c., a norma del quale “Per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite”. Infine, la legge nulla dispone con riguardo all’illecito civile commesso dal beneficiario: in particolare ci si chiede se l’amministratore di sostegno in tale ipotesi sia chiamato a rispondere, ex art. 2047 c.c., in quanto tenuto alla sorveglianza. Concordiamo con quella dottrina che ha rilevato come la responsabilità dell’amministratore andrà commisurata ai poteri che il giudice gli abbia attribuito nel decreto di nomina o in quelli successivi (Calò).

2. ESTENSIONE GIUDIZIALE DI PREVISIONI RELATIVE ALL’INTERDETTO E ALL’INABILITATO

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