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"Nella vita e' giusto accettare quello che viene e quello che non viene, ed e' giusto sapersi accettare e tenere gli occhi aperti per sapere cosa si vuole fare e cosa non, quale strada prendere" - Riccardo Maccaferri



Generico    

Dimenticato dai media il rapporto di ALVARO GIL-ROBLES sui diritti umani in Italia: tante parole, meno fatti, molte opposizioni.

L'Italia prima in condanne per violazione dei diritti umani.

Condanne non eseguite.

19.01.2006 - pag. 29306 print in pdf print on web

S

Strasburgo, 14 dicembre 2005 CommDH(2005)9 Versione originale francese

RAPPORTO

DI ALVARO GIL-ROBLES, COMMISSARIO PER I DIRITTI UMANI,

SULLA SUA VISITA IN ITALIA 10 - 17 GIUGNO 2005

All’attenzione del Comitato dei Ministri e dell’Assemblea parlamentare

Introduzione 5

I. OSSERVAZIONI GENERALI 5

II. LA GIUSTIZIA IN ITALIA 7

A. Durata dei procedimenti e procedimenti arretrati accumulatisi negli anni 8 a) Misure adottate per ridurre la lentezza delle procedure 9 1) Giudice di pace 10 2) Sezioni stralcio 10 3) Legge Pinto 11 b) Problemi persistenti 12 1) Mezzi e assetto organizzativo della giustizia 12 2) Inerzia delle procedure 13 3) La prescrizione 13 Conclusioni 15

B. Riforme in materia penale 15 a) Riapertura di un procedimento penale e sentenze in contumacia 15 b) Divieto della tortura 16 1) Diritto attualmente applicabile 16 2) Disegni di legge relativi all’introduzione del delitto di tortura nel codice penale 17

III. IL SISTEMA CARCERARIO 17

A. Situazione generale 17 B. La salute in prigione 19 C. Attività proposte ai detenuti 19 D. Neonati e bambini in tenera età conviventi in carcere con le madri 20 E. Detenuti sottoposti alle disposizioni dell’articolo 41 bis dell’ ordinamento penitenziario 21 a) Procedure per l’assegnazione e il ricorso 22 b) Trattamento dei detenuti 22 c) Isolamento diurno 23 d) Sospensione del « regime 41 bis » 24

IV. GIUSTIZIA MINORILE 25

A. Giustizia minorile 25 B. Carceri minorili 25

V. IL SISTEMA PSICHIATRICO 26

A. Sistema psichiatrico ordinario 26 a) La de-istituzionalizzazione degli ospedali psichiatrici 27 b) Servizi psichiatrici alternativi 28 c) L’internamento in ospedale (TSO) 28 B. Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) 29 a) La nozione di « persona socialmente pericolosa » 30 b) Decisione del giudice 30 c) Durata dell’internamento 31 d) Il mantenimento degli internati negli OPG 31 Conclusioni 33

VI. IMMIGRAZIONE E ASILO 33

A. Contesto politico e giuridico 33 B. L’ingresso degli immigrati in Italia 34 C. Diritto applicabile in materia di asilo e di protezione sussidiaria 36 D. Procedura di asilo 36 a) La procedura di asilo ordinaria 38 b) La procedura di asilo semplificata 38 E. I centri di permanenza temporanea e di assistenza 40 a) Gestione e funzionamento dei CPTA 40 b) Condizioni di vita nei CPTA 41 F. La situazione particolare nell’isola di Lampedusa 42 G. L’allontanamento di certi stranieri respinti 44 a) Identificazione degli stranieri allontanati 44 b) Paesi di destinazione delle persone allontanate 45 H. Procedure di espulsione 46 I. Decreto antiterrorismo e espulsione 48 J. Strutture offerte ai richiedenti asilo 49 K. Minori migranti non accompagnati 50

VII. STRANIERI REGOLARI 51

A. Quote annue di immigrazione 51 B. Diritto di voto e partecipazione degli stranieri regolari 52 C. Rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno 52

VIII. LA COMUNITA’ ROM 53

A. Accesso all’occupazione 53 B. Condizioni di vita 54 a) Accesso all’abitazione 54 b) Accesso alle cure 55 C. Educazione 55

IX.PROTEZIONE DELLE VITTIME DELLA TRATTA 56

X.LE ISTITUZIONI DI DIFESA DEI DIRITTI DELL’UOMO 57

A. La questione di un’istituzione nazionale dei diritti dell’uomo 57 B. L’istituto dei mediatori 57

XI. ALTRI MOTIVI DI PREOCCUPAZIONE 58

CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI 59

Per quanto riguarda il funzionamento della giustizia 59 Per quanto riguarda la riforma del diritto penale 59 Per quanto riguarda il sistema carcerario 59 Per quanto riguarda il regime di “41 bis” 60 Per quanto riguarda il sistema psichiatrico 60 Per quanto riguarda le procedure di asilo e i richiedenti asilo 60 Per quanto riguarda il principio del divieto di respingimento 61 Per quanto riguarda l’allontanamento di stranieri 61 Per quanto riguarda gli stranieri in situazione regolare 61 Per quanto riguarda la comunità Rom 61 Per quanto riguarda le istituzioni dei diritti dell’uomo 62 Per quanto riguarda la libertà dei media 62

APPENDIX : ITALIAN CONSIDERATIONS FOLLOWING THE REPORT OF THE HUMAN RIGHTS COMMISSIONER, Mr. AVARO GIL-ROBLES, ON HIS MISSION TO ITALY 63

Introduzione

Ai sensi dell’articolo 3 e) della Risoluzione (99) 50 del Comitato dei Ministri sul Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ho accettato il cortese invito del Ministro degli Affari esteri della Repubblica italiana, Gianfranco Fini, ad effettuare una visita ufficiale nel paese, dal 10 al 17 giugno 2005; mi sono recato in Italia, accompagnato dal Direttore del mio Ufficio, Manuel Lezertua e dai Sigg. John Dalhuisen e Julien Attuil, funzionari del mio Ufficio. Mi sia consentito, innanzi tutto, di ringraziare le autorità italiane per gli sforzi compiuti e per tutti i mezzi messi in atto per garantire una perfetta organizzazione di questa visita. Tengo inoltre a ringraziare la Rappresentanza permanente italiana presso il Consiglio d’Europa e il suo Ambasciatore, per l’indispensabile sostegno fornito, che ne ha favorito il buon svolgimento. Desidero infine esprimere la mia gratitudine a tutte le autorità italiane incontrate in questa occasione e ringraziarle della grande apertura di spirito dimostrata e della loro piena collaborazione.

In occasione di questa mia visita, ho potuto incontrare Giuseppe Pisanu, Ministro dell’Interno, Roberto Castelli, Ministro della Giustizia, Roberto Maroni, Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Stefania Prestigiacomo, Ministra delle pari opportunità e Margherita Boniver, Sottosegretario di stato agli affari esteri. Ho inoltre incontrato vari esponenti dell’ordine giudiziario, tra cui il Presidente della Corte costituzionale e il Presidente della Corte di Cassazione, il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, procuratori e magistrati a Napoli, e membri dell’Ordine degli avvocati italiani. Ho avuto l’occasione di intrattenermi a colloquio con i Vice-presidenti e con membri del Senato e della Camera dei Deputati, con i Prefetti di Napoli e di Venezia, con il Presidente e con membri del Comitato interministeriale dei diritti dell’uomo e con rappresentanti delle autorità comunali e regionali. Ho avuto scambi di opinioni con la Rappresentante dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (di seguito « ACNUR ») in Italia e con rappresentanti della società civile e di ONG nazionali e locali. Ho visitato il carcere maschile e femminile della Giudecca (Venezia), il carcere di Rebibbia Nuovo Complesso (Roma), il centro di permanenza temporanea e di prima accoglienza per stranieri di Roma – Ponte Galeria, aeroporto di Fiumicino – Roma, il centro per stranieri di Lampedusa, i carceri per minori di Nisida e di « Casal del Marmo » (Roma), il centro per minori non accompagnati « Scuola di Volo », un centro di accoglienza per minorenni in stato di fermo, il quartiere « Campo Nomadi Casilino 900 » (Roma), il Centro contro la violenza di Venezia e due centri di accoglienza e di alloggio per richiedenti asilo a Roma.

OSSERVAZIONI GENERALI

L’Italia, membro fondatore del Consiglio d’Europa, ha ratificato la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) nel 1955, come pure i suoi Protocolli 1, 4, 6 e 7. E’ inoltre parte contraente della Carta sociale europea e dei suoi Protocolli aggiuntivi, tra cui quello che prevede un sistema di reclami collettivi, nonché dell’insieme degli articoli della Carta sociale europea revisionata. L’Italia ha ratificato la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali e la Convenzione per la prevenzione della tortura. Ha spesso svolto un ruolo di promotore per contribuire al miglioramento delle norme internazionali in materia di diritti dell’uomo e le ha in genere recepite rapidamente nel proprio diritto interno. In considerazione delle recenti evoluzioni in materia, l’Italia potrebbe prendere in esame la possibilità di ratificare i Protocolli della CEDU relativi all’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione (n°12), all’abolizione della pena di morte in ogni circostanza (n°13) e alla riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo (n° 14), e di aprire alle ONG nazionali la procedura per i reclami collettivi prevista nella Carta sociale europea.

Malgrado il livello in genere elevato di protezione dei diritti umani offerto dalla sua legislazione, l’Italia contribuisce tuttavia notevolmente a determinare il sovraccarico di lavoro della Corte europea dei diritti dell’uomo. E’ infatti il quinto Stato per il numero di ricorsi dinanzi alla Corte ed è il primo in termini di condanne. Inoltre, è il paese che registra il numero maggiore di mancata esecuzione delle sentenze. Per quanto la maggior parte di tali casi riguardi la durata eccessiva dei processi, si segnalano frequentemente altri problemi,– esecuzione delle decisioni di giustizia, riapertura delle procedure, affidamento di minori, ecc– per i quali le autorità italiane sono state talvolta reticenti, oppure semplicemente lente, nel modificare certe norme o prassi dopo le sentenze della Corte. Infatti, i tre quarti dei problemi legati all’esecuzione restano irrisolti, più di tre anni dopo essere stati presentati al Comitato dei Ministri. Questi ritardi riguardano altri settori di cooperazione tra l’Italia e certi organi del Consiglio d’Europa, quali il Comitato di prevenzione della tortura, oppure il Comitato europeo dei diritti sociali, ed è certo che le autorità italiane potrebbero essere incoraggiate a cooperare con una maggiore tempestività. D’altro canto, tengo a sottolineare l’impegno e la piena collaborazione delle autorità italiane con il mio Ufficio al momento della preparazione di questa mia visita e ad affermare che non mi sono stati imposti né ostacoli, né restrizioni. Ho potuto visitare liberamente l’insieme dei luoghi da me indicati, compresi quelli talvolta definiti sensibili.

Eppure, malgrado il fatto che, come precedentemente indicato, l’Italia offra un alto livello di protezione dei diritti dell’uomo e che i suoi sforzi per rispettarli siano conformi con quanto ci si può aspettare da una democrazia avanzata, la mia visita ha permesso di individuare certe difficoltà, alcune delle quali legate a problemi esistenti da vecchia data, e altre relative a nuove sfide. La disfunzione della giustizia in Italia non è un fenomeno nuovo, come lo dimostrano i numerosi casi sottoposti alla Corte europea e gli annosi dibattiti all’interno del paese. Tale problema, pur essendo ormai diventato un fatto politico e sociale accettato, non è assolutamente trascurabile, dal momento che provoca serie violazioni e incide negativamente sulla possibilità di godere di altri diritti. Devono essere intrapresi sforzi tangibili per risolvere i problemi strutturali che sottendono all’attuale deterioramento della giustizia italiana. Altro motivo di preoccupazione sono le condizioni delle carceri, il cui degrado è più rapido della loro ristrutturazione, e che sono sottoposte alla pressione del continuo aumento del numero di detenuti. Sono fonte di preoccupazione anche le condizioni e i criteri di detenzione negli ospedali psichiatrici giudiziari.

In questi ultimi dieci anni è emersa una nuova problematica, provocata dalla notevole pressione migratoria che deve fronteggiare l’Italia. Il presente rapporto intende esaminare alcune delle sfide, che vanno dall’accesso alle procedure di asilo, all’accoglienza degli immigrati che sbarcano sulle coste italiane, alle condizioni di detenzione degli stranieri in situazione irregolare o alla tratta di esseri umani, che accompagnano tale fenomeno. In tutti questi campi, l’Italia non è il solo paese d’Europa a dover affrontare nuovi problemi. Riesce a risolverli, talvolta con successo, spesso con umanità, ma, come avviene del resto in altri paesi, occorre avviare una più ampia riflessione e prestare un’attenzione ancora maggiore alla questione, per garantire che vengano rispettati i diritti e la dignità dei migranti appena arrivati.

La protezione dei gruppi vulnerabili, quali i bambini, le minoranze o le vittime della tratta di esseri umani, deve essere annoverata tra le grandi realizzazioni dell’Italia, per quanto siano ancora indispensabili dei miglioramenti, in particolare a favore della comunità Rom. Infine, il mio rapporto non può esimersi dal sollevare la questione della possibilità di istituire dei meccanismi nazionali non giudiziari preposti alla promozione e alla tutela dei diritti dell’uomo.

LA GIUSTIZIA IN ITALIA

Le difficoltà di funzionamento della giustizia italiana non costituiscono una novità e sono ormai a noi tutti ben note. Nel corso degli ultimi decenni, la giustizia si è guadagnata agli occhi degli amministrati una reputazione di lentezza e talvolta di inefficacia. Sono stati pubblicati molti rapporti di istituzioni nazionali e internazionali, in primo luogo il Consiglio d’Europa, che espongono in dettaglio i complessi meccanismi di funzionamento e talvolta i tortuosi meandri della giustizia in Italia. Non ho pertanto l’intenzione di riprenderli in questa sede, ma vorrei piuttosto fornire un contributo all’analisi di certe difficoltà e della loro soluzione.

La giustizia è un elemento fondamentale dell’organizzazione sociale, poiché determina la realizzazione e la protezione dei diritti degli individui. La sua disfunzione incide negativamente sull’insieme della popolazione e, per quanto taluni possano trovarvi un interesse o trarne un vantaggio, la maggior parte ne subisce gravi conseguenze. Nel corso dei procedimenti giudiziari, i diritti degli individui, siano essi convenuti o ricorrenti, sono limitati, ostacolati fino alla decisione finale dei tribunali. L’insieme della società italiana subisce le ripercussioni dirette o indirette provocate dalle storture e dall’inerzia della giustizia italiana.

Nel corso della mia visita, ho avuto l’occasione di intrattenermi a colloquio con i Presidenti e i Procuratori delle giurisdizioni supreme, con magistrati con esperienza sul campo e con numerosi avvocati rappresentanti il foro italiano. Ho inoltre avuto lunghe conversazioni con il Ministro della Giustizia. Tutti i miei interlocutori hanno riconosciuto l’esistenza di un vero problema del sistema giudiziario, nonché la necessità di intraprendere una riforma di grande portata, senza peraltro dimostrare un particolare entusiasmo ad avviare tale processo, necessariamente delicato e difficile. La situazione mi è parsa legata a una certa reciproca diffidenza esistente tra l’ordine giudiziario e il mondo politico; non è raro che le azioni degli uni siano interpretate come una minaccia per gli altri. In questa sede, non mi pongo l’obiettivo di individuare o di biasimare eventuali colpevoli, ma piuttosto di insistere sulla necessità di ricercare un consenso intorno ai miglioramenti da apportare al buon funzionamento della giustizia.

Negli ultimi anni, sono già state proposte numerose riforme dell’amministrazione della giustizia, e alcune sono state adottate. Si deve tuttavia osservare che avevano tutte come denominatore comune l’obiettivo di tentare di risolvere soltanto una parte di un problema più globale, senza talvolta tenere conto di eventuali effetti o conseguenze pratiche. Inoltre, non sono sempre state portate a termine, vuoi per mancanza di mezzi, o, talvolta, per mancanza di una reale volontà.

Durata dei procedimenti e procedimenti arretrati accumulatisi negli anni

La durata eccessiva dei procedimenti giudiziari in Italia rappresenta, secondo il parere unanime di tutti gli intervistati, un problema strutturale persistente, di cui le autorità italiane devono rispondere da oltre un decennio. La prima risoluzione adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, relativa all’esecuzione di una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla durata dei procedimenti risale al 1992. In considerazione dell’assenza di miglioramenti tangibili nell’amministrazione della giustizia, e del ripetersi delle condanne dell’Italia da parte della Corte europea, il Comitato dei Ministri ha istituito un meccanismo specifico di monitoraggio relativo alle disposizioni generali necessarie per risolvere il problema strutturale della durata eccessiva dei processi in Italia.

Come indicato nel rapporto annuale del Consiglio d’Europa sulla durata eccessiva dei processi in Italia, « l'efficacia dei provvedimenti già adottati, valutata a partire dai dati statistici relativi alla durata media dei procedimenti e alla riduzione dei ritardi accumulatisi per i procedimenti pendenti, pare al momento insufficiente ». Il rapporto nota che la riduzione della durata media dei procedimenti, osservata tra il 1995 e il 2000, ha subito un rallentamento verso il 2001, e che attualmente è aumentata, malgrado le molteplici misure complesse attuate dalle autorità italiane nel corso degli ultimi anni. In realtà, sono in aumento tanto la durata media dei procedimenti giudiziari, che la trattazione dei casi pendenti, a prescindere dal livello di giurisdizione, tranne poche eccezioni. Soltanto per il periodo che va da gennaio 2001 a dicembre 2004, tra le 998 decisioni e sentenze rese dalla Corte europea relative all’Italia, 799 riguardavano l’articolo 6 della CEDU, nella maggior parte dei casi in relazione a ritardi del procedimento giudiziario.

Nel 2004, in base alle informazioni fornite dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, la durata media dei processi, fino alla decisione della corte di appello, era di otto anni nei processi civili e di cinque anni nei processi penali. Al 30 giugno 2004, oltre nove milioni di casi erano in attesa di giudizio: 4,7 milioni dinanzi alle giurisdizioni civili e circa 3,4 milioni dinanzi alle giurisdizioni penali. Ad essi bisogna aggiungere i 100.000 casi pendenti soltanto dinanzi alla Corte di Cassazione. In base a tali cifre, circa il 30 % della popolazione italiana è in attesa di una decisione giudiziaria. I tempi per la trattazione

dei procedimenti non solo si rivelano lunghi, ma hanno perfino tendenza ad allungarsi di anno in anno. A titolo esemplificativo, la durata media dei procedimenti dinanzi alle corti di appello è aumentata del 23% dal 2003 al 2004 per le cause civili, e del 33% per le cause penali.

Le conseguenze disastrose di tali ritardi possono talvolta rivelarsi drammatiche, dal momento che l’incapacità di garantire il diritto alla giustizia in tempi ragionevoli incide sulla possibilità di garantire altri diritti, in particolare i diritti fondamentali. Per quanto concerne le cause penali, le conseguenze sull’accusato sono evidenti, segnatamente per gli innocenti, che devono in particolare sopportare il danno prolungato alla loro reputazione. Oltre a tali conseguenze per gli accusati, la lentezza dei procedimenti nega ugualmente alle vittime il diritto alla giustizia e contribuisce in modo più generale a favorire una certa impunità, che indebolisce lo stato di diritto e la pubblica sicurezza. Tra i procuratori con i quali mi sono intrattenuto a colloquio, sono numerosi quelli che lamentano il fatto che la lentezza dei procedimenti non consenta di prevenire i casi di recidiva, e che abili manipolazioni del complesso diritto procedurale italiano permettano a certi avvocati di fare interrompere le azioni giudiziarie che si estinguono per prescrizione.

Anche la lentezza dei procedimenti civili comporta conseguenze pregiudizievoli per le parti. Nei contenziosi sul lavoro, per esempio, la durata media in prima istanza era di 698 giorni nel 2004, registrando una progressione del 14% rispetto al 2003. In appello, per lo stesso contenzioso, erano necessari in media 686 giorni per ottenere una decisione. Il che rappresenta, per tutti, una durata decisamente troppo lunga prima di ottenere una sentenza. Tuttavia, nel caso di uno straniero, il cui rinnovo annuo del permesso di residenza è condizionato dalla possibilità di dimostrare di disporre di un contratto di lavoro, tale termine gli impedisce di contestare un licenziamento, o perfino di azzardarsi a protestare per un trattamento ingiusto. Per i fallimenti, le parti devono aspettare 3.359 giorni, in altre parole circa 10 anni, prima di ottenere una decisione di prima istanza nel corso dei quali sono sospesi certi diritti del fallito: diritti economici - diritto di gestire dei beni o di disporre di un conto bancario -, ma anche diritti civili e politici. Tali constatazioni si applicano sfortunatamente anche alle controversie in materia di divorzio o di esecuzione delle decisioni. E’ inaccettabile che per contenziosi talmente essenziali, per i quali una, o perfino le due parti, hanno bisogno di una decisione rapida, tali tempi siano diventati la norma. La Corte europea ha reso numerose sentenze in questo tipo di casi, ingiungendo all’Italia di risolvere tale problema. Non posso fare altro che ribadire le preoccupazioni sollevate dalla Corte in tali sentenze e invitare le autorità ad adottare i provvedimenti necessari per diminuire i tempi dei procedimenti, in particolare nei settori che richiedono una maggiore tempestività.

a) Misure adottate per ridurre la lentezza delle procedure

Per tentare di porre rimedio a tali difficoltà, l’Italia ha intrapreso varie riforme del suo sistema giudiziario, introducendo nuovi meccanismi, finalizzati a diminuire il numero di casi pendenti, a indennizzarli o semplicemente ad accelerare le procedure. Tali meccanismi non hanno malauguratamente avuto però tutti gli effetti sperati, e talvolta hanno ripetuto, o hanno perfino aggravato i problemi che dovevano inizialmente risolvere.

segue al link indicato.


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