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Danni    

Risarcimento danni. Circolazione stradale.Cintura di sicurazza

Risarcimento danni. Cintura di sicurezza, mancato uso o non corretto allacciamento. Concorso di colpa conducente/passeggero - sussistenza - prova del nesso causale tra inosservanza dell'obbligo di utilizzazione del dispositivo di ritenuta ed il danno - presunzioni - poteri del giudice - danno da ritardo. Il consenso alla circolazione con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell'altro ed accettazione dei rischi realizza un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo. (Tribunale di Nola, sentenza del 07.04.2005)
17.10.2005 - pag. 28974 print in pdf print on web

S

Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Nola, dott.Giovanni Scotto di Carlo, pronunziando in funzione di Giudice unico ex art.281 quater c.p.c., ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.2437/98 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi, avente ad oggetto: -risarcimento danni- vertente TRA LA CICERO, elettivamente domiciliato in Napoli …. presso lo studio dell'avv. …, dal quale è rappresentato e difeso giusta mandato a margine dell'atto di citazione -attore- E ASSITALIA - LE ASSICURAZIONI D'ITALIA s.p.a.., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Nola alla via … presso lo studio dell'avv. …, dal quale è rappresentata e difesa giusta procura in calce alla copia notificata dell'atto introduttivo -convenuta- nonchè DE TIZIO , domiciliato in Nola alla via … -convenuto contumace- CONCLUSIONI DELLE PARTI Per l'attore, accogliersi la domanda con condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni nella misura di €.33.886,84, oltre interessi e rivalutazione, con favore di spese. Per la convenuta compagnia assicuratrice, rigettarsi la domanda per inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza della stessa; in via gradata riconoscersi il concorso di colpa dell'attore per mancato uso delle cinture di sicurezza e non riconoscersi il cumulo tra rivalutazione ed interessi, il tutto con vittoria di spese. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione del 28.9.1998, La CICERO premetteva che il giorno 13.1.1995, alle ore 11,15 in Brusciano, lungo la SS 7bis, egli si trovava, quale trasportato, a bordo della Lancia Thema tg.NA-XXXXX di proprietà di De TIZIO, allorquando il conducente di tale autovettua, per evitare la collisione con altro veicolo, eseguiva una brusca frenata deviando bruscamente, ed esponeva quindi che, in conseguenza di tale manovra, egli urtava l'interno della autovettura procurandosi lesioni personali permanenti; tanto premesso ed esposto, conveniva in giudizio De TIZIO, quale proprietario della vettura Lancia Thema tg.NA-XXXXX, a bordo della quale si trovava, nonchè la s.p.a. Assitalia, quale compagnia che tale veicolo assicurava per la RCA, onde sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni patiti, quantificati in complessive £.65.614.064. Incardinata la lite, il convenuto De TIZIO restava contumace, mentre si costituiva la Assitalia s.p.a., eccependo la improcedibilità, inammissibilità ed infondatezza della domanda, della quale chiedeva il rigetto ovvero, in via gradata, chiedeva dichiararsi la corresponsabilità dell'attore nella produzione delle lesioni per mancato uso della cintura di sicurezza. Espletata istruttoria, precisate le rispettive conclusioni come in epigrafe riassunte, questo giudice concedeva i termini di gg.60 per il deposito di comparse conclusionali e di ulteriori gg.20 per il deposito di memorie di replica, ed assegnava la causa a sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente, va dichiarata la proponibilità della domanda, atteso che parte attrice, per come risulta dalla documentazione prodotta, ha ottemperato il disposto dell'art.22 legge n.990/1969. La legittimazione passiva del convenuto De TIZIO è documentalmente provata dal certificato cronologico rilasciato dal PRA, prodotto in giudizio dall'attore; la legittimazione passiva della compagnia assicuratrice, costituitasi in giudizio, non è stata da quest'ultima contestata. Quanto alla ricostruzione della dinamica dell'evento, l'istruttoria testimoniale ha fornito piena conferma alla prospettazione dell'attore, essendo risultato che, nelle circostanze di tempo e di luogo indicate in citazione, l'auto Lancia Thema del convenuto De TIZIO, a bordo della quale si trovava l'attore, eseguiva brusca manovra di sterzata con contestuale frenata: per effetto di tale repentina manovra, La CICERO, che era seduto al posto del passeggero anteriore, urtava contro il sedile del conducente, accusando subito dolore alla spalla. Mette conto rilevare che ambedue le testimoni escusse si trovavano anch'esse a bordo del veicolo in questione, ove avevano preso posto sul sedile posteriore, e che nell'occorso non riportarono lesioni. Sebbene entrambe le testimoni concordano nell'affermare che sia il conducente che il passeggero avevano indossato le cinture di sicurezza, la dinamica dell'evento, nonchè il fatto che solo l'attore abbia riportato lesioni, consentono di escludere con certezza che quest'ultimo avesse effettivamente e correttamente allacciato la cintura di sicurezza, dovendo in proposito ritenersi che la circostanza contraria riferita nelle deposizioni testimoniali, resa a distanza di anni dai fatti, possa essere stata oggetto di ricordi confusi o errati, oppure dovendosi ritenere che la cintura non era stata indossata ed allacciata correttamente dall'attore, non potendo altrimenti spiegarsi come solo lui - tra i quattro occupanti il veicolo - abbia avuto a riportare lesioni personali, sebbene il veicolo a bordo del quale si trovava non abbia impattato altri veicoli o ostacoli di qualunque genere. Occorre infatti considerare che le cinture di sicurezza, tecnicamente definite "dispositivi di ritenuta e di protezione", la cui presenza è attualmente resa obbligatoria, sui veicoli immatricolati successivamente al 1977, dall'art.72 n.2 del C.d.S., ed il cui utilizzo è imposto al conducente ed a tutti i passeggeri dall'art.172 C.d.S., sono soggetti a complessi e precisi requisiti di omologazione (art.72 commi 8 e 11 del C.d.S.), per cui tali dispositivi devono essere in grado di trattenere i corpi degli occupanti il veicolo, ben ancorati al sedile ed a distanza dalle superfici pericolose (come ad esempio dai cristalli dei vetri, dal volante, dai montanti del tetto etc.), anche in presenza di impatti di notevole entità del veicolo stesso contro barriere rigide o elastiche; la funzione delle cinture, infatti, è quella di contrastare lo spostamento del corpo causato dalla forza al medesimo impressa dalla repentina decelerazione del veicolo sul quale viaggia, decelerazione che è in grado di proiettare violentemente in avanti o lateralmente il corpo dei passeggeri, finanche facendoli sbalzare fuori dal veicolo o determinandone l'urto contro parti del medesimo. Come è noto, la funzionalità di tali dispositivi, il loro posizionamento e l'effettiva capacità di svolgere la funzione per la quale sono progettati, viene esaminata nei test di omologazione ai quali ciascun veicolo viene sottoposto e che quest'ultimo deve superare per poter essere immatricolato, e quindi per poter circolare. Pertanto, se la cintura di sicurezza è perfettamente in grado di trattenere il corpo del passeggero ben ancorato al sedile e sufficientemente distante dalle superfici pericolose facenti parte dell'abitacolo, anche in presenza di urti di notevole entità, senza dubbio tale dispositivo è idoneo e sufficiente ad evitare, sempre ed in ogni caso, l'urto del passeggero contro parti del veicolo in concomitanza di manovre di frenatura o sbandamento che non culminano in impatti del veicolo stesso: è infatti chiaro che la forza impressa dalla violenta e completa decelerazione che si verifica in caso di impatto del veicolo, giammai può verificarsi in caso di mera frenata o sterzata, allorquando la forza che la cintura è chiamata a contrastare è sicuramente di gran lunga inferiore. Ne consegue che nella fattispecie in esame, poichè l'attore La CICERO ha urtato il sedile del conducente, sebbene il veicolo a bordo del quale si trovava in quel momento non avesse subito alcun impatto o danno, e poichè egli è stato il solo a riportare lesioni, mentre nè il conducente nè gli altri passeggeri hanno patito conseguenza fisiche, è evidente che il predetto non era munito della cintura di sicurezza o comunque non l'aveva allacciata correttamente. In sintesi, secondo nozioni di comune esperienza ed in considerazione della normativa che presiede alla omologazione dei veicoli ed alla loro dotazione di sicurezza, la semplice frenata del veicolo a bordo del quale ci si trova, senza impatto contro altri veicoli o strutture fisse, non può in nessun caso causare l'urto violento del corpo contro parti del veicolo se il passeggero indossa correttamente la cintura di sicurezza e si posiziona sul sedile (o sul seggiolino in caso di bambini) in maniera regolare, il che dimostra che l'attore non aveva allacciato la cintura. Ciò posto in fatto, occorre ora procedere alla ricostruzione giuridica della fattispecie, ai fini dell'attribuzione della responsabilità per l'evento dannoso. Da tempo la giurisprudenza afferma che il mancato utilizzo della cintura di sicurezza deve essere valutato come concorso alla produzione dell'evento dannoso e che la prova del nesso causale tra la inosservanza dell'obbligo di utilizzazione del dispositivo di ritenuta ed il danno può essere ricavata dal giudice anche sulla scorta delle ordinarie presunzioni (Tribunale Como 9.1.1995; Tribunale Roma 18.3.1997; Tribunale Udine 15.4.1998; Tribunale Cassino 15.6.2000; Tribunale Verona 10.10.2000). Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la n.4993 del 2004, fornisce un'ampia disanima della questione, con particolare riferimento alla colpa da individuare in capo al conducente ed al trasportato: in essa la Suprema Corte chiarisce che, qualora la messa in circolazione dell'autoveicolo in condizioni di insicurezza (tale dovendo qualificarsi la circolazione senza che il trasportato abbia allacciato la prescritta cintura di sicurezza) sia ricollegabile all'azione o omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente - il quale prima di iniziare o proseguire la marcia, deve controllare che essa avvenga in conformità alle normali norme di prudenza e sicurezza -, si verifica che fra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell'altro ed accettazione dei relativi rischi: pertanto, in tal caso, ci si trova di fronte ad un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell'azione produttiva dell'evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell'evento). Ne consegue che deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale degli artt.2043, 2056 e 1227 c.c., anche il pregiudizio all'integrità fisica che il trasportato patisca in conseguenza dell'incidente, tenendo conto che il comportamento di quest'ultimo, pur non valendo ad interrompere il nesso causale tra il comportamento colposo del conducente ed il danno, tuttavia costituisce comportamento colposo concorrente da parte del danneggiato, come tale rilevante ai sensi dell'art.1227 comma I c.c., che legittima ed impone la riduzione del risarcimento, in misura pari alla incidenza percentuale assunta dal comportamento colposo concorrente del danneggiato nella produzione delle conseguenze dannose (Cass. 11.3.2004 n.4993). Orbene, nella fattispecie in esame, considerato che l'unico comportamento colposo addebitabile al De TIZIO, quale conducente del veicolo a bordo del quale si trovava l'attore, consiste nell'aver iniziato e proseguito la marcia sebbene il passeggero non avesse correttamente allacciato la cintura di sicurezza, e considerato altresì che il comportamento colposo concorrente del danneggiato è consistito nel non aver provveduto ad ottemperare all'obbligo legale e di comune prudenza di far uso della cintura di sicurezza, ritiene questo giudice che le colpe concorrenti siano da considerarsi paritetiche e la loro incidenza sul danno equivalente, sicchè l'attore va ritenuto corresponsabile dell'evento nella misura del 50% ed il risarcimento a lui spettante deve essere ridotto della metà. Ciò posto, con riferimento al quantum dei danni fisici subiti dal La CICERO, va rilevato che la espletata c.t.u., approfondita ed esauriente, ha accertato che egli ha riportato, quale conseguenza del sinistro, un danno permanente alla integrità psico-fisica (danno biologico) valutabile nella misura del 5%, ed ha patito un'inabilità temporanea totale di giorni 30, un'inabilità temporanea parziale al 50% di giorni 60,. In considerazione di tanto, va liquidato innanzitutto il danno biologico, inteso quale lesione della salute concretizzantesi nella menomazione dell'integrità psico-fisica della persona in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, bensì si ricollega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell'ambiente in cui la vita si esplica ed aventi rilevanza non solo economica ma anche biologica, sociale, culturale ed estetica. La risarcibilità di tale danno discende direttamente dal collegamento e dal coordinamento tra gli artt.32 Cost. e 2043 c.c., e più precisamente dalla integrazione di quest'ultima norma con la prima: esso va liquidato necessariamente in via equitativa ex artt.2056 e 1226 c.c.. In tal modo, nel caso di specie, tenuto conto del grado d'invalidità patito (essendo l'afflittività di ciascun punto percentuale crescente con l'aumentare dell'invalidità stessa), ed applicando le tabelle uniformi di liquidazione adottate da questo Tribunale (che tengono conto, a fini equitativi, anche dei recenti interventi legislativi, ancorchè non applicabili al caso di specie), esso va determinato considerando equo l'importo base di €.976 per punto d'invalidità, che moltiplicato per il coefficiente di 0,89 relativo all'età del danneggiato (tanto più alto quanto più giovane è il soggetto, e quindi quanto più lunga la limitazione alla vita) e moltiplicato inoltre per il grado d'invalidità (5), porta ad una liquidazione complessiva del danno biologico pari a €.4343,20. Devono poi liquidarsi €.1.200,00 per i 30 gg. di inabilità temporanea totale (euro 40 al dì) e €.1.200,00 per i 60 gg. di inabilità temporanea parziale al 50% (euro 20 al dì). Inoltre, per il danno morale, considerando la situazione di colpa concorrente, appare giusto liquidare 1/4 dell'importo del danno biologico, per un importo pari a €.1.085,80. In definitiva, sommando le varie voci, ed aggiungendo €.600,00 per le spese mediche presumibilmente sostenute, si giunge ad una liquidazione complessiva del danno, riferita all'attualità, pari a €.8.429,00. Per effetto del concorso di colpa, le somme predette vanno riconosciute in termini di risarcimento nei limiti della metà, stante la riduzione conseguente alla paritetica colpa nella determinazione dell'evento: il risarcimento va quindi riconosciuto in €.4.214,50. Detta somma rappresenta soltanto l'equivalente delle lesioni dei beni colpiti subita dal danneggiato, mentre il ritardo nella corresponsione dà luogo all'ulteriore credito risarcitorio per lucro cessante che, secondo la più recente giurisprudenza (Cass.S.U. 17.2.1995 n.1712 e successive) non può realizzarsi automaticamente con l'attribuzione degli interessi compensativi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno rivalutata all'attualità (come ritenuto dal tradizionale orientamento), ma va riconosciuto sulla base dei mezzi di prova anche presuntivi e liquidato mediante l'utilizzazione di criteri equitativi, uno dei quali, se non l'unico, è quello dell'attribuzione di interessi sulla somma corrispondente al credito risarcitorio via via rivalutato. Nella specie, in mancanza di una prova specifica del danno derivante dal ritardo nella corresponsione della somma dovuta, ed in considerazione della svalutazione monetaria intercorsa dalla data dei fatti a quella odierna, dell'entità delle somme dovute, del tasso di interesse legale e dei tassi medi di interesse ricavabili con le più comuni forme di investimento, si stima equo riconoscere l'attribuzione degli interessi nella misura del 3,5% annuo a decorrere dalla data del fatto e da calcolare sulla somma media tra quelle rappresentanti il risarcimento all'attualità, ovvero €.4.214,50, e quella rappresentante il ristoro spettante all'epoca del fatto, che, tenuto conto degli indici Istat, risulta pari a €.3.454,50; la somma media (data dalla somma dei precedenti divisa per due) risultano €.3.843,50; su questa ultima somma vanno quindi calcolati gli interessi al tasso del 3,5% a far data dal sinistro, e cioè dal 13.1.1995, fino alla data della presente sentenza. La prescelta modalità di liquidazione del danno da lucro cessante è da ritenere in linea con la soluzione suggerita dalle Sezioni Unite con la sentenza avanti citata, così come con quelle più recenti (Cass.10.8.2004 n.15411), a termini delle quali il risarcimento del danno in esame non può che essere calcolato tenendo presente che al momento del fatto e in quelli intermedi, la somma che avrebbe ricevuto il danneggiato e dalla quale il medesimo avrebbe potuto trarre le utilità tipiche del denaro, è inferiore a quella determinata all'attualità, corrispondendo la prima alla somma liquidata all'epoca del fatto, e le successive alla rivalutazione graduale e progressiva della stessa. Infine, spetteranno gli interessi legali a far data dalla pubblicazione della presente sentenza. Tenuto conto della adottata decisione, con accoglimento parziale della domanda attorea ed accertamento di un importo del danno e del risarcimento spettante largamente inferiore a quello richiesto, sussistono giusti motivi per compensare per 2/3, tra le parti, le spese di giudizio; per la residua parte di 1/3 del totale, le spese seguono la prevalente soccombenza dei convenuti e si liquidano come in dispositivo. P. Q. M. Il Giudice della seconda sezione del Tribunale di Nola, dott. Giovanni Scotto di Carlo, definitivamente pronunziando in funzione di giudice monocratico di primo grado, disattesa ogni contraria istanza, difesa ed eccezione, così decide: 1) dichiara il concorso di colpa tra il convenuto De TIZIO e l'attore La CICERO nella produzione dell'evento dannoso per cui è causa, graduando la colpa di ciascuno dei predetti nella misura del 50% e per l'effetto, in accoglimento per quanto di ragione della domanda proposta, condanna De TIZIO , nonchè la Assitalia, in solido tra loro, al pagamento in favore di La CICERO della complessiva somma - valutata all'attualità - di €.4.214.50, oltre interessi al tasso del 3,5% annuo calcolati sulla somma di €.3.843,50 a far data dal 13.1.95 fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, ed infine oltre interessi al tasso legale a far data dalla pubblicazione della presente sentenza e fino al soddisfo; 2) compensa tra le parti, per 2/3, le spese di giudizio, e condanna De TIZIO , nonchè la Assitalia, in solido tra loro, al pagamento in favore di La CICERO della residua parte delle spese di giudizio, che per tale frazione di 1/3 del totale si liquidano in €.250,00 per spese (ivi comprese le spese di ctu), €.520,00 per diritti ed €.700,00 per onorari, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali come per legge, il tutto con attribuzione in favore dell'avv. … per dichiarata anticipazione. Così deciso in Nola il 07.04.2005 Il Giudice dott. Giovanni Scotto di Carlo


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