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Concorrenza    

Campionato di calcio e restrizioni della concorrenza (Sportivo)

Non si può proprio dire che al nuovo Garante della Concorrenza e del Mercato, il fresco di nomina Antonio Catricalà, spetti un compito facile.
02.05.2005 - pag. 28634 print in pdf print on web

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ROBERTO MARRAFFA

In tema di presunte restrizioni della concorrenza relativamente all’acquisizione di diritti di trasmissione legati alle partite del campionato di calcio

Non si può proprio dire che al nuovo Garante della Concorrenza e del Mercato, il fresco di nomina Antonio Catricalà, spetti un compito facile. Sul tavolo, appena dopo il suo insediamento alla presidenza dell’Autorità Antitrust si è trovato due pratiche scottanti. Da una parte, l’istruttoria aperta a marzo nei confronti di Rti Mediaset e Fininvest per “presunte restrizioni della concorrenza relativamente all’acquisizione di diritti di trasmissione legati alle partite del campionato di calcio di serie A e B”. Dall’altra, l’acquisto per 104 milioni di euro da parte di Rti, società interamente posseduta da Mediaset, del 100 per cento di Home Shopping Europe S.p.a., cui fa capo l’emittente televisiva Canale D. Con questa nuova acquisizione il gruppo di Cologno consoliderebbe ulteriormente la propria posizione dominante, egemonizzando di fatto il nuovo mercato televisivo aperto dal digitale terrestre. Le frequenze di Hse, che oggi diffonde i suoi programmi di televendite con segnale analogico, verranno digitalizzate permettendo a Mediaset di creare un secondo Multiplex, vale a dire un’altra piattaforma di diffusione in digitale terrestre, oltre ai quattro network nazionali, tre analogici e uno digitale, già in suo possesso. Su questa acquisizione deve appunto pronunciarsi l’Authority, e mentre Mediaset si mostra ottimista, non manca chi solleva dubbi sulla legittimità dell’operazione, invitando il Garante a dimostrare il proprio ruolo di arbitro imparziale per il mercato televisivo. E’ quest’ultimo, forse, il banco di prova più delicato per Antonio Catricalà, ex segretario generale di palazzo Chigi che si trova oggi nello scomodo ruolo di giudice di una fetta considerevole del business Mediaset. Del resto, diversi fattori inducono a ritenere che l’operazione Hse non possa considerarsi neutra sotto il profilo dell’Antitrust. Con questa operazione infatti il gruppo di Cologno non migliorerebbe semplicemente la propria copertura territoriale, bensì moltiplicherebbe di fatto la sua capacità trasmissiva in digitale terrestre, diventando l’unico broadcaster con due multiplex capaci di trasmettere dagli 8 a 10 canali con la nuova tecnologia. Considerando le frequenze analogiche già in uso, Mediaset avrebbe così in totale ben cinque reti nazionali. Una condizione che, dal punto di vista della concorrenza, porterebbe a un ulteriore rafforzamento della sua posizione dominante all’interno del mercato audiovisivo, e che determinerebbe una rilevante modificazione del mercato. Senza contare poi gli altri fattori turbativi della concorrenza, come quello legato alla raccolta pubblicitaria, costato già una multa al Biscione, e quello dei diritti calcistici in Tv oggetto di un’istruttoria già avviata dallo stesso Catricalà. Con questi presupposti è difficile che l’operazione Mediaset Hse possa essere autorizzata senza passare prima attraverso una fase di approfondimento istruttorio, che coinvolga altre parti interessate. Basti pensare che, come risulta dall’inchiesta dell’Authority lasciata in eredità da Tesauro, anche senza questo secondo multipelx Mediaset controlla già il 36 per cento delle risorse frequenziali nazionali disponibili. “Il gruppo Mediaset – si legge nell’istruttoria sui diritti del calcio avviata nel marzo scorso – ricopre un ruolo di operatore integrato, presente con posizioni di assoluto rilievo nei mercati contigui che compongono la filiera del settore televisivo: i mercati del broadcasting analogico e digitale terrestre, e quello delle infrastrutture per la trasmissione via etere del segnale televisivo (48 per cento del fatturato 2003 del mercato)”. Per questo, i componenti delle due Authority (dovrà infatti esprimere in proposito un parere anche l’Ag Com) dovranno dimostrare di saper utilizzare al meglio gli scarsi strumenti giuridici di cui dispongono, arbitrando una partita in cui gli interessi del mercato e della concorrenza vengano correttamente tutelati.

AVVOCATO E DOCENTE DI ETICA DI’IMPRESA E BILANCIO SOCIALE NELLA FACOLTÀ DI ECONOMIA DELL’ UNIVERSITÀ DI CASSINO


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