"il pacifico e' ostacolato perche' e' una persona libera" - V.S.
Sinistri
Tribunale di Varese Sentenza 149/2005 Insidia stradale - responsabilita'' - concessionario
Massima, commento e testo
M Massima: (Tribunale Civile di Varese Sent. 149/2005; danno da insidia stradale – Macchia d’olio sulla carreggiata). In ipotesi di incidente cagionato da insidia stradale, per poter affermare la responsabilità dell’Ente proprietario e/o concessionario della strada, l’attore deve provare non solo che l’eventus damni sia riferibile ad un pericolo oggettivamente non visibile e soggettivamente non prevedibile, ma anche che l’insidia si trovava sulla carreggiata da tempo sufficiente a rendere esigibile un intervento di messa in sicurezza da parte dell’Ente proprietario e/o concessionario della strada. COMMENTO: Tengo a segnalare la sentenza in allegato allo scopo di fornire un valido ausilio ai Colleghi o ai privati cittadini che si trovino alle prese con tale tipologia di contenzioso. Come noto, secondo l’indirizzo ormai consolidato della Suprema Corte e della giurisprudenza di merito, l’utente che subisca danni in seguito all’utilizzazione della strada pubblica, può invocare a sostegno delle proprie pretese risarcitorie, unicamente la disciplina di cui all’art. 2043 c.c.; norma di chiusura dell’ordinamento posta a tutela del generale principio del nemienm ledere. Non trova invece applicazione a tali fattispecie la presunzione aggravata di responsabilità sancita dall’art. 2051 c.c. che regolamenta la responsabilità del custode per i danni cagionati dalle cose in custodia. Presupposto imprescindibile dell’art. 2051 c.c. è il rapporto che lega il custode alla cosa che ha cagionato il danno. In base a tale norma infatti, custode è colui che avendo il potere di fatto e il governo sulla res ha la possibilità di prevenire in ogni momento che la stessa possa arrecare danni a terzi. In ragione dell’intimo rapporto esistente tra il custode e la res il legislatore ha pertanto stabilito a carico del custode una presunzione iuris tantum di responsabilità, con la conseguenza che in tali ipotesi per il danneggiato è sufficiente provare il mero nesso causale fra cosa e danno rimanendo egli esonerato dalla dimostrazione della colpa del custode. Quest’ultimo potrà eventualmente liberarsi da tale presunzione fornendo la prova liberatoria che il danno è ascrivibile al caso fortuito e cioè ad un evento naturale o umano oggettivamente imprevedibile e non controllabile, idoneo ex se a provocare l’evento. Chiarito quanto sopra, è evidente che la disciplina di cui all’art. 2051 c.c. non può trovare applicazione in materia insidia stradale. Il proprietario e/o concessionario delle strade pubbliche non può infatti considerarsi custode di esse nell’accezione sopra specificata. La notevole estensione della rete stradale pubblica, impedisce infatti al proprietario e/o concessionario di esercitare su di esse quel potere di fatto sul bene che costituisce il presupposto imprescindibile della custodia sancita dall’art. 2051 c.c.. Dovendosi escludere l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., la giurisprudenza ha ritenuto che tali fattispecie dovessero essere inquadrate nell’ambito della più generale responsabilità di cui all’art. 2043 c.c., norma di chiusura dell’ordinamento posta a tutela di tutte le situazioni che non siano disciplinate da norme speciali. Tale scelta implica però significative conseguenze sul piano probatorio. Il danneggiato da insidia stradale infatti, dovrà provare oltre al nesso causale fra la strada e l’evento, anche la colpa dell’Amministrazione proprietaria e/o concessionaria della strada. In particolare l’Amministrazione sarà considerata responsabile dell’eventus damni ogniqualvolta l’utente dimostri che l’insidia generatrice del danno era oggettivamente non visibile e soggettivamente non prevedibile. Ma quid iuris se una volta raggiunta la prova della non visibilità e della non prevedibilità dell’insidia emerge che la stessa era insorta poco tempo prima dell’eventus damni? Ebbene la risposta è contenuta nella sentenza in commento. Il Tribunale di Varese in composizione monocratica, uniformandosi ad un orientamento ormai consolidato tra i giudici di merito, ha stabilito che qualora il danneggiato non raggiunga la prova che l’insidia si trovasse sulla carreggiata da tempo sufficiente a rendere esigibile l’intervento di messa in sicurezza della strada da parte dell’Amministrazione, l’Amministrazione medesima, in applicazione del principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 c.c. e del noto brocardo ad impossibilia nemo tenetur, deve andare esente da colpa. Posto quanto sopra, il mio suggerimento, prima di intraprendere un giudizio in materia di insidia stradale, è di valutare attentamente la sussistenza dei seguenti tre requisiti di fondatezza della domanda: 1) visibilità dell’insidia; 2) prevedibilità dell’insidia; 3) tempo trascorso fra l’insorgere dell’insidia e l’incidente. Con l’auspicio di aver fornito un untile servizio, auguro buon lavoro a tutti i Colleghi che hanno avuto la pazienza e la cortesia di leggere questo breve commento. Avv. Andrea Giordano Roma, degiordy@tiscalinet.it Via Muzio Clementi 58 – 00193 Tel 06, 3221103 Fax 06, 3265 4678 |
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