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Europa    

La relazione parlamentare della ratifica della Carta Costituzionale Europea

Ecco il testo
07.04.2005 - pag. 28530 print in pdf print on web

L

Legislatura 14º - Relazione N. 3269-A Versione per la stampa Mostra rif. normativi

SENATO DELLA REPUBBLICA

———– XIV LEGISLATURA ———–

N. 3269-A

RELAZIONE DELLA 3ª COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE)

(Relatore PROVERA)

Comunicata alla Presidenza il 16 marzo 2005

SUL

DISEGNO DI LEGGE

Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004

presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri

e dal Ministro deglli affari esteri

(V. Stampato Camera n. 5388)

approvato dalla Camera dei deputati il 25 gennaio 2005

Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza il 26 gennaio 2005

—-——-

Onorevoli Senatori. – Si ricorda preliminarmente come la firma del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, avvenuta a Roma il 29 ottobre 2004, si ponga in una linea di continuità con la firma del Trattato che ha istituito la Comunità europea il 25 marzo 1957. Il nuovo Trattato, che racchiude in sé i precedenti Trattati e la Carta dei diritti, opera una semplificazione delle procedure delineando una nuova gerarchia delle fonti del diritto dell’Unione, superando la suddivisione in pilastri e attribuendo alle istituzioni un ruolo rafforzato.

La conferenza intergovernativa ha approvato il Trattato, ma gran parte delle sue disposizioni sono state definite dalla Convenzione sul futuro dell’Unione. In essa si sono confrontati per la prima volta rappresentanti dei Parlamenti nazionali, del Parlamento europeo e dei Governi dei Paesi membri. Questo metodo dovrà essere, anche per il futuro, il metodo ordinario per le eventuali modifiche del Trattato stesso. Il Trattato consta di 448 articoli arricchiti da atti connessi, protocolli e dichiarazioni, ed è volto a disciplinare le basi dell’intero diritto dell’Unione. Il disegno di legge è composto di soli tre articoli, recando esclusivamente l’autorizzazione alla ratifica, l’ordine di esecuzione e la clausola di immediata entrata in vigore del provvedimento. Il Preambolo del Trattato reca i princìpi fondamentali su cui si fonda l’Unione. Vengono menzionate le eredità culturali, religiose ed umanistiche dell’Europa, che richiamano i valori universali dei diritti dell’uomo. Si ricorda che, a causa dell’opposizione di alcuni Stati e nonostante un intenso dibattito, non è stato possibile inserire un esplicito riferimento alle radici giudaico-cristiane. Il Trattato si articola in quattro parti: la I, composta di 60 articoli, reca le disposizioni relative al funzionamento delle istituzioni; la II contiene i 54 articoli della Carta dei diritti fondamentali; la III, composta di 322 articoli, disciplina le politiche dell’Unione; la IV contiene 12 articoli recanti le disposizioni finali. Passando all’illustrazione della parte I, v’è da chiarire come essa definisca in primo luogo le istituzioni dell’Unione e ne enunci gli obiettivi. L’Unione europea è descritta come unione di popoli e di Stati intenzionati a costruire un futuro comune sulla base di valori fondanti e condivisi: la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e la tutela dei diritti umani. Gli obiettivi dell’Unione sono ricompresi in un unico articolo (l’articolo I-3) che ne enuncia anche alcuni non contenuti in disposizioni normative previgenti. Tra questi i princìpi di tutela sociale sottesi all’obiettivo di un elevato livello di occupazione, il perseguimento del progresso scientifico e tecnologico, la lotta contro l’esclusione sociale e la discriminazione e la promozione della giustizia. L’articolo I-4 attribuisce forza costituzionale alle libertà fondamentali sancite dal Trattato: la libertà di circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali, nonché la libertà di stabilimento. Si sottolineano gli elementi di novità contenuti anche nell’articolo I-5 che, nel disciplinare i rapporti tra l’Unione e gli Stati, riconosce per la prima volta in modo esplicito il ruolo delle autonomie regionali e locali. Esso stabilisce inoltre che l’Unione rispetta l’uguaglianza degli Stati e l’identità nazionale. L’articolo I-7 attribuisce all’Unione la personalità giuridica che, sino ad oggi veniva riconosciuta alla Comunità europea (CE) e all’EURATOM, ma non all’Unione medesima la quale, per tale ragione, non era legittimata a stipulare accordi con Stati terzi o con organizzazioni internazionali. Mentre la CE, assorbita dall’Unione, non sussisterà più come entità giuridica separata, l’EURATOM manterrà una personalità giuridica distinta finché il relativo Trattato non sarà sottoposto alla revisione. In sostanza, l’attribuzione di personalità giuridica sembra cruciale sia per il potere di stipulare trattati sia per lo sviluppo in prospettiva della politica estera comune. L’articolo I-9 integra nella Costituzione la Carta dei diritti fondamentali che acquista quindi un valore giuridico vincolante e precisa che l’Unione aderisce alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. L’articolo I-11, relativo alle competenze dell’Unione, contiene un’innovazione significativa. Vengono infatti ribaditi i princìpi di attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità già enunciati nei Trattati e, per la prima volta, è previsto il coinvolgimento diretto dei Parlamenti nazionali nel controllo del rispetto del principio di sussidiarietà: qualora un terzo dei Parlamenti nazionali consideri una proposta legislativa lesiva del principio di sussidiarietà, la Commissione è tenuta a riesaminare la proposta medesima. Inoltre, si ricorda come un Parlamento nazionale, attraverso il proprio Governo, possa presentare ricorso alla Corte di giustizia per violazione del medesimo principio di sussidiarietà. La novità sembra consistere nel controllo politico ex ante cui si aggiunge un controllo giurisdizionale ex post, ma sempre attivato dai Parlamenti dei singoli Stati nazionali. Un cenno merita, inoltre, l’attribuzione di un potere di ricorso per violazione del principio di sussidiarietà al Comitato delle Regioni in relazione agli atti legislativi che devono essere sottoposti al parere del Comitato stesso. Si ricorda come gli articoli da I-12 a I-18 mirino a disciplinare con chiarezza le competenze dell’Unione ripartendole in tre categorie: esclusive; concorrenti; di sostegno, coordinamento o complemento. Solo la prima categoria esclude l’intervento degli Stati, salvo autorizzazione da parte dell’Unione. Le competenze concorrenti ammettono invece l’intervento degli Stati qualora l’Unione non le eserciti o abbia cessato di esercitarle. Per quanto riguarda la terza categoria si realizza invece un concorso dell’Unione all’azione degli Stati che mantengono, tuttavia, un ruolo fondamentale. La politica estera e di sicurezza comune (PESC) costituisce un settore dove le competenze dell’Unione e degli Stati tendono a sovrapporsi ed integrarsi. In particolare, l’articolo I-16 dispone che gli Stati membri sostengano attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione in uno spirito di lealtà e di solidarietà. Gli Stati devono astenersi da qualsiasi azione contraria agli interessi dell’Unione e tale da nuocere alla sua efficacia. Per quanto riguarda gli articoli da I-19 a I-32, essi riguardano le istituzioni e gli organi dell’Unione. L’elemento innovativo è rappresentato dall’attribuzione al Consiglio europeo della qualifica di istituzione dell’Unione. Il mandato del Presidente del Consiglio europeo, figura di nuova istituzione con il compito di assicurare il buon funzionamento dell’organo, avrà una durata di due anni e mezzo. Al Parlamento europeo vengono attribuite la funzione legislativa, di bilancio, di controllo politico e consultiva ed il compito di eleggere il Presidente della Commissione su proposta del Consiglio europeo adottata a maggioranza qualificata. Quanto al Consiglio dei ministri, questo, insieme al Parlamento europeo, eserciterà le funzione legislativa e di bilancio, definirà le politiche dell’Unione e le coordinerà secondo il dettato della Costituzione. Solo il Consiglio Affari Generali e quello Affari esteri, tra le formazioni consiliari, vengono espressamente regolamentati. Il primo ha compiti di coordinamento delle varie formazioni consiliari e di preparazione delle riunioni del Consiglio europeo, al secondo spetterà il compito di elaborare l’azione esterna dell’Unione secondo le linee strategiche fissate dal Consiglio stesso. La Presidenza del Consiglio dei ministri è assicurata per periodi di 18 mesi da gruppi di tre Stati. È noto come questo abbia rappresentato uno degli aspetti più controversi in sede di Conferenza intergovernativa. La soluzione raggiunta è, nella sostanza, vicina all’attuale sistema di rotazione semestrale. Altro cruciale punto cardine delle trattative in Conferenza intergovernativa e nei lavori della Convenzione è il meccanismo della doppia maggioranza quale regola generale per le deliberazioni assunte a maggioranza qualificata dal Consiglio dei ministri. Esso rappresenta una delle innovazioni maggiormente significative e un aspetto qualificante l’intera forma di Governo dell’Unione europea. Una decisione è validamente adottata se approvata dal 55 per cento degli Stati membri rappresentativi del 65 per cento della popolazione dell’Unione. Per esplicita dizione dell’articolo I-25, la minoranza di blocco delle decisioni deve essere costituita da almeno quattro Stati. La Commissione europea, composta in via transitoria da un commissario per ogni Stato, e, a regime, da un numero di commissari pari ai due terzi degli Stati membri, mantiene il monopolio dell’iniziativa legislativa, mentre il suo Presidente viene dotato dei poteri necessari ad assicurargli un’effettiva autorità sul collegio; tra questi la possibilità di richiedere le dimissioni dei Commissari europei. Sempre nel quadro della funzione di governo, si sottolinea l’innovazione istituzionale di maggiore rilievo, rappresentata dall’istituzione del Ministro degli affari esteri dell’Unione che partecipa alle riunioni del Consiglio europeo e presiede il Consiglio affari esteri, ma è anche membro e vicepresidente della Commissione. La nuova figura eserciterà le attuali competenze dell’Alto rappresentante per la PESC e del Commissario per le Relazioni esterne. In questo modo il Ministro risulterà responsabile verso i Governi, ma anche responsabile nei confronti del Parlamento europeo. L’intera azione esterna dell’Unione, anche se condotta, a seconda degli ambiti, sulla base del metodo intergovernativo o del metodo comunitario, farà quindi capo ad un unico soggetto secondo la formula del «doppio cappello». Si tratta di un ulteriore passo verso il riconoscimento di una piena identità politica dell’Unione per la quale la politica estera costituisce uno dei banchi di prova più impegnativi. Il Ministro è chiamato ad assicurare l’organizzazione ed il coordinamento degli Stati membri nei consessi internazionali. L’articolo I-28 sembra così rafforzare il principio di cooperazione tra gli Stati membri e sancisce un obbligo di consultazione nell’ambito del Consiglio europeo prima di intraprendere qualsiasi azione o assumere qualsiasi impegno internazionale. Per quanto concerne la procedura di assunzione delle decisioni nell’ambito della PESC, viene sostanzialmente confermata la regola dell’unanimità. In questo caso si è mantenuta la clausola passerella, in base alla quale il Consiglio europeo può decidere all’unanimità che il Consiglio dei ministri deliberi a maggioranza qualificata. Passando ad illustrare la disciplina della politica di sicurezza e di difesa comune (PESD) (articolo I-41), quale parte integrante della PESC, si sottolinea come anche in questo ambito valga la regola dell’unanimità con l’introduzione di alcune innovazioni: in particolare, viene arricchito l’elenco delle missioni dell’Unione, istituita un’Agenzia europea per gli armamenti, prevista la possibilità di cooperazioni rafforzate ed introdotta una clausola di mutua assistenza nel caso di attacco armato contro uno Stato membro. Il Trattato disciplina inoltre una rilevante clausola di solidarietà (articolo I-43) con carattere obbligatorio e vincolante che prevede un’azione congiunta degli Stati membri, qualora uno di questi risulti vittima di un attacco terroristico, di una calamità naturale o provocata dall’uomo. Sotto il versante della semplificazione degli strumenti giuridici, ma anche dell’efficacia e della trasparenza dell’azione dell’Unione, gli articoli da I-33 a I-39 compiono un’opera di ridefinizione degli atti giuridici dell’Unione prevedendone solo sei rispetto agli attuali quindici. Si rileva come si tratti di un’opera di risistemazione delle fonti del diritto per cui i «regolamenti» e le «direttive» vengono sostituiti dalle «leggi europee» e dalle «leggi quadro europee», denominazioni, queste ultime, assai più conformi alla forza giuridica degli atti in questione. Gli atti non legislativi, a seconda che rivestano necessariamente o meno una portata generale, vengono invece ridenominati regolamenti o decisioni, mentre le tipologie di atti non vincolanti si riducono a due: le raccomandazioni ed i pareri. Si ricorda infine l’istituto del regolamento europeo delegato che consente di delegare l’esercizio del potere normativo alla Commissione. Venendo ad illustrare le modifiche inerenti la realizzazione di uno spazio unico di libertà, sicurezza e giustizia (articolo I-42), si ricorda che è prevista l’adozione di leggi e leggi quadro europee per il riavvicinamento delle legislazioni nazionali con il conseguente superamento degli strumenti tipici dell’attuale terzo pilastro: posizioni comuni, decisioni quadro, decisioni e convenzioni. In questo ambito si prospetta quindi il passaggio dal metodo intergovernativo al metodo comunitario. Va quindi richiamata l’attenzione sulla garanzia del cosiddetto freno di emergenza che consente ad uno Stato di appellarsi al Consiglio europeo, con conseguente blocco del procedimento, qualora ritenga che una proposta di atto legislativo incida su aspetti fondamentali del suo ordinamento giudiziario penale. Gli articoli da 45 a 54 della I parte del Trattato riguardano la vita democratica dell’Unione. In essi è affermato il principio dell’uguaglianza democratica di tutti i cittadini dell’Unione. Il suo fondamento è identificato nella democrazia rappresentativa, precisando che i cittadini devono ritenersi rappresentati sia dal Parlamento europeo sia dai Governi nazionali responsabili dinanzi ai Parlamenti. È altresì enunciato il principio della democrazia partecipativa, in base al quale i cittadini e le associazioni rappresentative devono avere la possibilità di partecipare attivamente alla vita dell’Unione. Vi è inoltre da evidenziare il riconoscimento del ruolo delle parti sociali tra le quali l’Unione si impegna a facilitare il dialogo nel rispetto della loro autonomia. L’articolo I-52 riconosce lo status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali, prevedendo che l’Unione non pregiudichi la posizione di cui esse godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale. La Parte II realizza l’incorporazione nel Trattato della Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza il 7 settembre 2000. I relativi articoli sono disposti in sette titoli che riguardano rispettivamente: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia e le disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta. Rispetto al testo elaborato a suo tempo, e che fu proclamato in occasione del Consiglio europeo di Nizza, l’articolato reca alcune modifiche nel preambolo e negli articoli II-111 e II-112. Più precisamente, al paragrafo 5 del Preambolo è stata aggiunta una disposizione per mezzo della quale le cosiddette spiegazioni elaborate sotto l’autorità del Praesidium della Convenzione e aggiornate sotto la responsabilità del Praesidium della Convenzione europea, vengono elevate a fonti interpretative. Esse dovranno, quindi, essere utilizzate dai giudici comunitari e dai giudici nazionali al fine di dirimere eventuali questioni sorte nell’interpretazione o nell’attuazione della Carta dei diritti fondamentali, delimitandone dunque il campo di applicazione. La seconda modifica al testo proclamato a Nizza è rappresentata da due aggiunte al testo dell’articolo II-111 (che riproduce l’articolo 51 della Carta), ai sensi delle quali l’incorporazione della Carta nel Trattato non modificherà la ripartizione delle competenze tra Unione e Stati membri. L’altra modifica si ritrova nel testo dell’articolo II-112 (che riproduce l’articolo 52 della Carta), relativo alla portata e interpretazione dei diritti e dei princìpi. L’articolo in questione distingue tra diritti soggettivi e princìpi fondamentali, per la cui attuazione può essere necessaria l’emanazione di atti legislativi ed esecutivi comunitari o nazionali. Laddove, infatti, la Carta recepisca diritti fondamentali mutuati dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, la loro interpretazione dovrà essere effettuata sulla base delle tradizioni costituzionali stesse, che sono così elevate a fonte interpretativa diretta (articolo II-112, paragrafo 4). Nel paragrafo 5, viene invece affermato che le disposizioni che contengono princìpi attuabili solamente per mezzo di ulteriori atti legislativi o esecutivi potranno essere utilizzate dal Giudice comunitario o nazionale esclusivamente ai fini dell’interpretazione o del controllo di legalità degli atti derivati. Si vuole quindi delimitare restrittivamente la portata dei princìpi e dei diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali ed evitare riflessi sugli equilibri istituzionali dell’Unione, come ulteriormente ribadito dal paragrafo 6 dello stesso articolo. La Conferenza intergovernativa ha inoltre aggiunto un nuovo paragrafo 7 che prevede, per i giudici dell’Unione e degli Stati membri, l’obbligo di tenere nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire orientamenti per l’interpretazione della Carta. A tal fine si ribadisce come una Dichiarazione allegata all’atto finale riporti i testi di tutte le spiegazioni relative alla Carta. Passando ad illustrare la Parte III del Trattato, concernente le politiche ed il funzionamento dell’Unione, si evidenzia come nel Trattato trovino disciplina il mercato interno, la politica economica e la politica monetaria, per la quale si prevede tra l’altro una più accentuata cooperazione tra i Paesi che adottano l’euro. Vengono inoltre regolamentate le politiche relative ai seguenti ambiti: occupazione; politica sociale; coesione economica, sociale e territoriale; agricoltura e pesca; ambiente; protezione dei consumatori; trasporti; reti transeuropee; ricerca, sviluppo tecnologico e spazio; energia. In tali ambiti la disciplina vigente rimane per molti aspetti invariata, ma non mancano significative novità. Sulla Parte III del Trattato relativa alle politiche ed al funzionamento dell’Unione, peraltro, si sono pronunciate le Commissioni competenti in sede consultiva, esprimendosi con un’illustrazione approfondita e completa a cui pare opportuno rinviare per intero. Un apposito capo, il capo IV, è esclusivamente dedicato alle politiche relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia prevedendo, come accennato, una significativa estensione del metodo comunitario specie in materia di controllo alle frontiere, asilo e immigrazione. Nel titolo V, dedicato all’azione esterna dell’Unione, oltre alle disposizioni in materia di PESC, particolare importanza rivestono le disposizioni in materia di politica commerciale comune, cooperazione allo sviluppo, aiuto umanitario, misure restrittive nei confronti di Paesi terzi, accordi internazionali e relazioni dell’Unione con le organizzazioni internazionali e i Paesi terzi. Tale disciplina va posta in relazione sia con quanto riferito circa la personalità giuridica sia con le funzioni del ministro degli esteri dell’Unione. La parte IV del Trattato disciplina la procedura di revisione ordinaria del Trattato e la procedura di revisione semplificata che consente al Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, di prevedere che nell’ambito della parte III del Trattato il Consiglio dei ministri possa votare a maggioranza qualificata. Viene inoltre disciplinata una procedura di revisione semplificata riguardante le politiche e le azioni interne dell’Unione che affida al Consiglio europeo un potere di decisione, su proposta dei Governi nazionali, del Parlamento europeo e della Commissione, salva l’approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Sulla base degli elementi di fatto e delle considerazioni che precedono, la Commissione raccomanda all’Assemblea l’approvazione del disegno di legge.

Provera, relatore

PARERE DELLA 1ª COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)

(Estensori: Pastore e Vizzini)

8 marzo 2005

La Commissione, esaminato il disegno di legge,

rilevato che non emergono profili di incompatibilità costituzionale delle norme del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, essendo in ogni caso garantita la supremazia della Costituzione italiana;

considerato che la sottoposizione a referendum del Trattato non sarebbe stata compatibile con le disposizioni della Costituzione italiana e che pertanto sarebbe stata necessaria a tal fine un’apposita norma costituzionale; considerate le rilevanti implicazioni del Trattato per l’ordinamento interno, con particolare riferimento alla possibilità, prevista dal Trattato, che con il consenso fra gli Stati membri le norme dell’Unione europea possano disciplinare anche ambiti diversi da quelli definiti attualmente, assumendo così la legislazione europea una portata generale, nonché con riferimento alla espressa previsione dell’efficacia automatica e diretta delle leggi europee; considerato che la Costituzione per l’Europa realizza una nuova democrazia europea, con la tutela dei princìpi di uguaglianza, giustizia e solidarietà, come è testimoniato dall’inclusione della Carta dei diritti fondamentali dei cittadini; ritenuto che il Trattato costituisce un grande avanzamento nel processo di integrazione europea, pur nella consapevolezza che il testo finale ha ridimensionato alcune proposte innovative avanzate dalla Convenzione europea, quale la previsione di una composizione stabile del Consiglio europeo che avrebbe consentito una valutazione unitaria e organica della normazione, evitando una legislazione europea frammentaria e il conseguente aumento dei carichi regolativi; rilevato che un’ulteriore innovazione prospettata dalla Convenzione europea, che aveva prefigurato un più esteso ricorso a decisioni assunte a maggioranza qualificata, anziché all’unanimità, non ha trovato pieno riconoscimento nella Costituzione per l’Europa, rallentando sotto questo profilo il processo di integrazione europea; rilevata positivamente la valorizzazione che la Costituzione europea assicura al principio di sussidiarietà, attenuando così il rischio di una eventuale espansione della legislazione europea a danno delle competenze statati e subnazionali; osservato che nella Costituzione per l’Europa assume infatti particolare valore l’affermazione, con ancora maggiore rilievo, del principio di sussidiarietà quale vero e proprio strumento di garanzia della coesione territoriale, stabilendo l’articolo I-11, comma 3, che nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene «soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi non possano essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri né a livello centrale, né a livello regionale e locale; si rileva come assumano particolare rilievo, in proposito, le procedure predisposte per la concreta attuazione del principio di sussidiarietà: va quindi valutato positivamente, in particolare, il ruolo riconosciuto al Comitato delle Regioni, coinvolto nelle procedure di adozione di importanti categorie di atti normativi, e al quale viene attribuita la facoltà di ricorrere alla Corte di giustizia per la violazione del principio di sussidiarietà, in relazione agli atti legislativi per l’adozione dei quali la Costituzione europea richiede la sua consultazione; positivamente è altresì da considerare la previsione nel Protocollo n. 2 sull’applicazione del principio di sussidiarietà e di proporzionalità, secondo la quale tutte le proposte legislative devono essere accompagnate da schede che contengano elementi di valutazione dell’impatto sulla legislazione degli Stati membri «compresa, se del caso, la legislazione regionale»; considerato che l’articolo 6 del Protocollo n. 2, disciplinando un meccanismo di early warning, stabilisce che ciascuna Camera dei parlamenti nazionali può esprimere, entro sei settimane, un parere motivato sulla conformità al principio di sussidiarietà di progetti normativi ancora in fase di formazione, configurando un valido strumento di garanzia ex ante contro pericoli di prevaricazioni nei confronti del principio di sussidiarietà e considerato che spetta a ciascuna Camera dei parlamenti nazionali consultare all’occorrenza i parlamenti regionali con poteri legislativi; ritenuto opportuno, anche alla luce dell’esiguo termine per l’espressione di tale parere – particolarmente ove si intenda consultare le assemblee regionali – addivenire a forme di integrazione nel Parlamento di rappresentanti delle autonomie con diritto di voto, garantendo così l’espressione di un parere insieme meditato e tempestivo; considerato che a tal fine la Commissione per le questioni regionali, integrata ai sensi dall’articolo 11 della legge costituzionale del 2001 con i rappresentanti di tutte le autonomie territoriali, può essere un soggetto attivo nel realizzare concretamente il Trattato, quale organo deputato a svolgere sia i procedimenti di early warning sia quelli concernenti i ricorsi di fronte alla Corte di giustizia europea;

esprime, per quanto di competenza, parere favorevole.

PARERE DELLA 2ª COMMISSIONE PERMANENTE

(GIUSTIZIA)

(Estensore: Caruso)

15 marzo 2005

La Commissione, esaminato il disegno di legge, esprime, per quanto di propria competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni.

In linea generale deve rilevarsi, – come peraltro già avvenuto nel parere espresso dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati e richiamando al riguardo la costante giurisprudenza costituzionale relativa alla legge di esecuzione del Trattato CEE – che la legge di esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, pur essendo le norme ivi contenute assistite dalla copertura garantita dall’articolo 11 della Costituzione, sarà in ogni caso soggetta al limite del rispetto dei «principi supremi dell’ordinamento costituzionale» (espressione questa da ritenersi equivalente al riferimento «ai princìpi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana»: si vedano al riguardo, tra le altre, le sentenze della Corte costituzionale n. 168 del 1991, n. 232 del 1989, n. 1146 del 1988, n. 170 del 1984 e n. 183 del 1973).

In questo quadro, per quel che concerne più in particolare il tema del rapporto fra le garanzie offerte dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e quelle assicurate dalla Costituzione italiana, va sottolineato il rilievo centrale del disposto di cui all’articolo II-113 del Trattato medesimo ai sensi del quale «Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciute, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell’Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l’Unione o tutti gli Stati membri sono parti, in particolare la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dalle Costituzioni degli Stati membri». Tale previsione rende di tutta evidenza come il nuovo Trattato introduca un livello minimo di garanzie che in ogni Stato membro deve essere riconosciuto ai cittadini, senza però precludere, in particolare, l’applicabilità delle disposizioni costituzionali degli Stati membri che assicurino più elevati standard di garanzia.

Premesse le considerazioni che precedono, si ritiene opportuno qui di seguito richiamare l’attenzione su alcune disposizioni del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa più specificamente attinenti ai profili di competenza di questa Commissione.

Relativamente alla parte II della Costituzione – contenente la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, – attengono specificamente alla materia della giustizia le disposizioni di cui al titolo VI. Fra queste, mentre non sono emersi rilievi con riferimento al riconoscimento del diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale (articolo II – 107) e del diritto alla presunzione di innocenza (articolo II – 108), in ordine all’articolo II – 109 deve evidenziarsi la disposizione contenuta nell’ultimo periodo del primo paragrafo. Tale disposizione recepisce nel diritto dell’Unione un principio peraltro tradizionale nell’ambito dell’ordinamento penale italiano, e cioè il principio della retroattività della disposizione più favorevole al reo. La formulazione della norma differisce però da quella corrispondente contenuta nell’articolo 2, terzo comma, del codice penale italiano, in quanto la prima non prevede a tale retroattività il limite della formazione del giudicato. Sul punto sarebbe auspicabile che nel corso dell’esame venisse chiarita la portata specifica della disposizione sopra richiamata, e cioè se la legge di esecuzione del Trattato, una volta entrata in vigore, determinerà la modifica del citato articolo 2, terzo comma, del codice penale nella parte in cui prevede il limite del giudicato al principio della retroattività della disposizione più favorevole al reo ovvero se – come sembrerebbe più probabile – alla luce del disposto del paragrafo 5 dell’articolo II – 112 del Trattato – la disposizione di cui al già menzionato articolo II-109 deve ritenersi espressiva di un principio non suscettibile di applicazione immediata, ma da attuarsi successivamente da parte dell’Unione e degli Stati membri. Anche in merito al successivo articolo II-110 va segnalata l’esigenza che, nell’ulteriore corso dell’esame, vengano forniti chiarimenti in ordine alla sua portata specifica e agli effetti dell’entrata in vigore della legge di esecuzione del Trattato. Come emerge dalle «Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali» la portata innovativa della disposizione va rinvenuta nel fatto che, per effetto di questa, la regola del ne bis in idem non si applicherà più «solo all’interno della giurisprudenza di uno stesso Stato, ma anche tra giurisdizioni di più Stati membri». Nelle menzionate spiegazioni si evidenzia che ciò corrisponde all’acquis del diritto dell’Unione e al riguardo si richiamano, tra l’altro, le disposizioni di cui agli articoli da 54 a 58 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen. Le eccezioni alle predette regole sarebbero disciplinate – sempre secondo le sopra richiamate spiegazioni – dal paragrafo 1 dell’articolo II-112 del Trattato. Al riguardo andrebbe precisato il rapporto intercorrente tra il citato articolo II-110 – e la formulazione della regola del ne bis in idem ivi contenuta – e le disposizioni attualmente vigenti rappresentate dall’articolo 7 della legge n. 388 del 1993 e dai già ricordati articoli da 54 a 58 della Convenzione applicativa dell’accordo di Schengen. Si tratta cioè di chiarire, in altri termini, se l’entrata in vigore della legge di esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, implicherà la modifica delle disposizioni attualmente vigenti – che prevedono limiti significativi all’applicazione della regola ne bis in idem nei rapporti tra giurisdizioni degli Stati membri, in quanto la stessa non trova applicazione quando i reati sono commessi in tutto o in parte nel territorio dello Stato italiano, ovvero quando si tratta di delitti contro la personalità dello Stato ovvero di delitti commessi da un pubblico ufficiale in violazione di doveri d’ufficio – ovvero se le disposizioni vigenti continueranno ad applicarsi nello stesso modo, non avendo il Trattato in esame una portata innovativa delle stesse nonostante la diversa formulazione dei citati articoli II-110 e II-112, paragrafo 1. Sempre in merito alle problematiche di più stretto interesse per la Commissione giustizia, va richiamata l’attenzione sul capo IV della parte terza del Trattato che affronta il tema della definizione dello spazio di libertà, sicurezza. In tale ambito vengono in rilievo in particolare le sezioni terza – riguardante la cooperazione giudiziaria in materia civile – e quarta relativa alla cooperazione giudiziaria in materia penale. Nel formulare, ad un primo esame, una valutazione complessivamente positiva sulle disposizioni sopra richiamate, qualche rilievo problematico deve però sollevarsi con riferimento al disposto dell’articolo III-274, laddove si preveda la possibilità di istituire una Procura europea «competente per individuare, perseguire e rinviare a giudizio [...] gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea». Il fatto che per l’istituzione di tale organismo sia necessaria una deliberazione assunta all’unanimità dal Consiglio non permette di per sé di superare i rilevanti problemi di compatibilità che un istituto di questo tipo porrebbe con l’ordinamento italiano. Con ciò non si vuole ovviamente escludere la possibilità di pervenire all’istituzione di un tale organismo, ma piuttosto sottolineare l’esigenza che una simile scelta sia preceduta da una riflessione non solo a livello europeo, ma anche a livello nazionale al fine di verificare quali siano i limiti e le condizioni da rispettare per evitare soluzioni contrastanti con alcuni princìpi fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano, quali, in particolare, il principio di obbligatorietà dell’azione penale e quello di indipendenza dell’ufficio del pubblico ministero.

PARERE DELLA 4ª COMMISSIONE PERMANENTE

(DIFESA)

(Estensore: Gubert)

16 febbraio 2005

La Commissione, esaminato il disegno di legge, constata con soddisfazione che, anche per impulso della Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea, il Trattato costituzionale considera come materia rilevante per l’Unione europea la politica di sicurezza e di difesa, realizzando al riguardo degli indubbi progressi. Infatti, dal fallimento del progetto iniziale, nel 1953, della Comunità europea di Difesa, fortemente sostenuto dall’Italia con forte e personale impegno in particolare di Alcide De Gasperi, attraverso la successiva esperienza dell’Unione europea occidentale, che già nel 1999 aveva trasferito la sue funzioni operative all’Unione europea nonché attraverso numerose esperienze di cooperazione militare bilaterale e multilaterale tra Paesi europei, si è giunti, con il Trattato, a individuare il quadro normativo e a predisporre le condizioni istituzionali per un ulteriore avanzamento della capacità dell’Europa, in particolare dei Paesi dell’Unione europea, di affrontare con comune responsabilità le sfide alla sicurezza e alla difesa così come alla pace fra i popoli.

È significativo poi rimarcare come i compiti di mantenimento della pace, di prevenzione dei conflitti e di rafforzamento della sicurezza internazionale che la politica europea di difesa e di sicurezza assume sono da esercitare, secondo il Trattato, in conformità ai princìpi della Carta dell’Onu. È infatti un dovere degli Stati membri mettere a disposizione dell’Unione capacità civili e militari per l’attuazione della PESD. Si prefigura la creazione di una difesa comune della Unione, per la quale è, tuttavia, necessaria una deliberazione unanime del Consiglio europeo. Si prevede l’istituzione di un’Agenzia europea per gli armamenti, la ricerca e le capacità militari, posta sotto l’autorità del Consiglio dei ministri e aperta alla partecipazione di tutti gli Stati membri. Fra gli Stati membri che lo decidano, in attesa della creazione di una difesa comune, è quindi attivata una cooperazione più stretta, che, in caso di aggressione esterna, impegna alla mutua assistenza, militare o di altro tipo, in conformità all’articolo 51 della carta delle Nazioni Unite, in cooperazione con la Nato. Si prevedono, altresì, possibilità di cooperazioni militari strutturate fra Stati nell’ambito dell’Unione, secondo protocolli approvati dal Consiglio dell’Unione (aperte anche a successive adesioni di Stati non coinvolti nelle fasi precedenti) nonché l’affidamento da parte del Consiglio dell’Unione a forze militari dell’Unione o di Stati membri, anche in cooperazione multinazionale, di missioni prevenzione dei conflitti, di gestione delle crisi, di mantenimento della pace, di ristabilimento della pace, comprese missioni per la lotta al terrorismo. Il Trattato costituisce, quindi, un positivo avanzamento nella creazione di una politica europea di sicurezza e di difesa. Concrete iniziative hanno già preso l’avvio sia per formulare una strategia europea comune di sicurezza e di difesa, sia per creare una forza europea di pronto intervento, sia per assumere la responsabilità di missioni internazionali di pace, sia per avviare o continuare cooperazioni significative nel campo della difesa, della ricerca e dell’industria militare, come i rapporti elaborati in modo sistematico dall’Assemblea parlamentare della Ueo hanno rilevato. I rapporti fra tali iniziative europee e la Nato hanno trovato soddisfacente definizione, talora anche tramite necessarie collaborazioni nel quadro degli accordi «Berlin plus». Sulla base delle suddette premesse si esprime, pertanto, parere favorevole, con le seguenti osservazioni:

a) innanzitutto il Trattato non compie il passo decisivo verso il conferimento all’Unione dei compiti di difesa e di sicurezza collettiva: in materia non ha competenze decisionali il Parlamento europeo e le decisioni cruciali, attribuite al Consiglio, devono essere assunte all’unanimità; basta il disaccordo di uno solo degli Stati per bloccare ogni decisione in materia di difesa comune, di invio di missioni all’estero, di apertura di cooperazioni strutturate. Poiché la funzione di sicurezza e di difesa è centrale per attribuire carattere di statualità a un’organizzazione politica, è evidente che il Trattato non ha compiuto il passo verso l’attribuzione all’Unione di tale carattere. La possibile, futura, creazione di una difesa europea comune, qualora avvenisse, inizierebbe a delineare una statualità confederale, seppure debole perché legata all’unanimità degli Stati membri, ma tale decisione, per ora, non è stata assunta;

b) in secondo luogo la cosiddetta «clausola di solidarietà», qualora riguardi aspetti della difesa, non risulta obbligatoria per tutti gli Stati membri dell’Unione. Viceversa, lo era per tutti i membri della Ueo, sulla base del trattato di Bruxelles modificato; c) in terzo luogo non vi è previsione di un controllo parlamentare delle decisioni in materia militare del Consiglio dell’Unione; trattandosi di materia del Consiglio e non della Commissione europea, il Parlamento europeo non ha competenze decisionali in materia; per contro il controllo dei Parlamenti dei singoli Stati membri è privo della dimensione interstatuale europea, presente, invece, nel Consiglio per i Governi. Evidente l’opportunità di prevedere tale dimensione interstatuale europea anche per i Parlamenti, come già nell’Assemblea parlamentare della Ueo; d) in quarto luogo non risulta chiarito, nel Trattato, il rapporto fra comune difesa europea e Nato. Non tutti i Paesi dell’Unione sono membri della Nato; tuttavia la Nato è dichiarata il principale fondamento della politica di difesa e di sicurezza per i Paesi che ne fanno parte. Evidente, al riguardo, come visioni contrastanti tra Paesi dell’Unione sul ruolo della Nato e dell’Unione europea in materia di difesa e sicurezza abbiano prodotto un testo di compromesso (peggiorando quello licenziato dalla Convenzione) non chiaro e univoco, confidando che sia, poi, la dinamica dei fatti a far superare divergenze ed equivoci. Se il fondamento della difesa e della sicurezza per i membri dell’Unione appartenenti all’Alleanza atlantica è l’Organizzazione di tale Alleanza, mentre per altri Stati non lo è, è evidente la problematicità del ruolo della comune difesa europea. Più logico sarebbe stato che il Trattato avesse distinto il piano della statualità europea, per la quale la funzione di difesa e sicurezza è imprescindibile funzione propria, da quello delle Alleanza dell’Unione europea (con gli Stati Uniti d’America e altri) nell’ambito della Nato, ma è proprio la mancata decisione circa l’attribuzione all’Unione del compito di creare una difesa europea a far rimettere in primo piano gli Stati membri e le loro diversità di alleanze e di ruolo di esse.

PARERE DELLA 5ª COMMISSIONE PERMANENTE

(PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO)

(Estensore: Fasolino)

10 marzo 2005

La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge,

1. per quanto attiene all’incidenza del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa sulla politica di bilancio e della programmazione economica: 1.1 rilevandone la sostanziale continuità con le disposizioni vigenti in materia di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali e di politica monetaria, evidenzia l’esigenza di avviare una riflessione sull’efficacia dell’attuale quadro istituzionale dell’Unione europea, basato su una forte istituzione monetaria comune, da un lato, costituita dalla Banca centrale europea, e un processo di armonizzazione delle politiche economiche di bilancio, che tuttavia non può essere considerato uno strumento compiuto di governo dell’economia, dall’altro, rispetto alle sfide poste dalla congiuntura economica interna ed internazionale e agli obiettivi degli Stati membri in materia di crescita, sviluppo e rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale;

1.2 sottolineando altresì l’esigenza di avviare una riflessione, alla luce del consolidamento e delle ulteriori prospettive di ampliamento dell’unione economica e monetaria, sull’opportunità di aggiornare gli obiettivi affidati alla Banca centrale europea affiancando al perseguimento della stabilità monetaria e del controllo dell’inflazione dei più generali obiettivi di salvaguardia della stabilità economica e di sostegno alla crescita, allo sviluppo e all’incremento dell’occupazione; 1.3 rilevando che non si registrano significative innovazioni per quanto concerne le politiche fiscali dell’Unione, in relazione alle quali si conferma la competenza comunitaria in materia di imposte indirette e la competenza nazionale in materia di imposte dirette, si rileva l’esigenza di avviare altresì una riflessione sull’opportunità, ferma restando l’armonizzazione delle aliquote fiscali relative agli scambi tra gli operatori economici e commerciali, dotati di partita IVA, di riconoscere maggiori margini di flessibilità agli Stati membri per quanto concerne le aliquote applicabili ai consumatori finali; 1.4 rilevando inoltre che non si riscontrano significative modificazioni dell’assetto normativo vigente per quanto concerne la politica della coesione economica, sociale e territoriale – essendo costituita la differenza di maggior rilievo dal fatto che l’articolo III-220 individua in modo specifico le zone beneficiarie della politica di coesione con riferimento alle zone rurali, alle zone interessate da processi di transizione industriale, e alle zone che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali e demografici, tra cui vengono specificamente indicate le regioni settentrionali con bassissima densità demografica, le regioni insulari, le regioni transfrontaliere e le regioni di montagna – e sottolineando tuttavia l’esigenza che lo Stato assuma iniziative, anche in sede europea, al fine di compensare la possibile contrazione, conseguente all’ampliamento dell’Unione, delle risorse attualmente disponibili per gli interventi strutturali nelle regioni italiane, con particolare attenzione alle aree che, destinate a fuoriuscire dall’obiettivo 1, potrebbero necessitare di iniziative nazionali di sostegno alle misure comunitarie di phasing out; 1.5 preso atto altresì della conferma del vigente quadro istituzionale per quanto concerne il Patto di stabilità e crescita – salvo l’attribuzione alla Commissione della responsabilità di adottare direttamente gli avvertimenti preventivi, anche in presenza di un rischio di disavanzi eccessivi, senza necessità di approvazione da parte del Consiglio e il riconoscimento di una rappresentanza unificata dell’area dell’euro nell’ambito di istituzioni e conferenze internazionali – e considerando che nel dibattito in merito alla sua futura revisione sembrano emergere una maggiore attenzione per una più rigorosa verifica del rispetto dei parametri relativi al debito e maggiori aperture per quanto concerne una maggiore flessibilità in sede di verifica dei parametri relativi all’indebitamento delle pubbliche amministrazioni,

– sottolinea la necessità di utilizzare i margini attualmente previsti dal Patto del 3 per cento del deficit in rapporto al PIL in funzione anticongiunturale, rilevando l’esigenza di conseguire un avanzo primario che consenta, in situazioni di congiuntura sfavorevole e di bassa crescita, di realizzare politiche quanto più incisive per il rilancio della domanda e degli investimenti;

– invita il Governo a porre particolare attenzione, anche in occasione delle manovre di finanza pubblica future, alle politiche di riduzione del debito in rapporto al PIL, utilizzando a questo proposito anche i margini offerti dalla valorizzazione del patrimonio; – nella prospettiva della revisione del Patto di stabilità e crescita europeo esprime apprezzamento per le ipotesi volte a considerare con maggiore attenzione, nell’applicazione della procedura sui disavanzi eccessivi, le riforme strutturali adottate dagli Stati membri ed invita il Governo a valutare la possibilità di consentire dei margini di ulteriore indebitamento, rispetto all’attuale parametro del 3 per cento in rapporto al PIL, prevedendo che non si computino ai fini del rispetto di tale parametro un’aliquota di risorse che gli Stati membri stessi potrebbero destinare ad investimenti concertati con le istituzioni dell’Unione europea;

2. per quanto attiene ai profili di copertura finanziaria del provvedimento in esame, esprime parere favorevole, 2.1 nel presupposto, in ordine alla nuova disciplina delle fonti normative dell’Unione europea recata dall’articolo III-136, che il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione, per quanto concerne le leggi quadro europee, sia assicurato in sede di adozione degli atti legislativi nazionali che ne dispongono il recepimento nell’ordinamento interno, e che, per quanto concerne le leggi europee, che sono atti obbligatori e direttamente applicabili, che sostanzialmente subentrano ai regolamenti comunitari di cui all’articolo 249 del vigente Trattato sulla Comunità europea, si applichi la legge n. 863 del 1977, e successive modificazioni, che, ai fini della copertura finanziaria dei suddetti regolamenti ha istituito un apposito fondo, e rilevando tuttavia l’esigenza di avviare una riflessione sulla congruità del suddetto meccanismo di copertura sia sotto il profilo della capienza del suddetto fondo rispetto all’ampliamento e alla nuova caratterizzazione delle competenze riconosciute all’Unione europea sia sotto il profilo dell’idoneità del procedimento definito dalla suddetta legge ad assicurare un adeguato coinvolgimento del Parlamento nelle decisioni di spesa correlate all’applicazione delle leggi dell’Unione europea;

2.2 sottolineando altresì l’esigenza del più fattivo coinvolgimento del Parlamento nel processo di formazione degli atti normativi dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 144 del Regolamento, dell’articolo 3 della legge n. 1 del 2005 e del Protocollo n. 1, sul ruolo dei Parlamenti nazionali nell’Unione europea, allegato al Trattato in esame, anche ai fini di una compiuta verifica ex ante degli effetti finanziari derivanti dai progetti di atti legislativi europei; 2.3 nel presupposto che esista un congruo margine di flessibilità nella gestione del personale del Ministero degli affari esteri, tale da consentire all’Italia di assicurare l’adempimento degli obblighi derivanti dall’istituzione del Servizio europeo per l’azione esterna, di cui all’articolo III-296 del Trattato, che opera a supporto dell’attività del Ministro per gli affari esteri dell’Unione europea, senza pregiudicare la funzionalità del Ministero degli affari esteri italiano ed osservando, tuttavia, l’esigenza che il Parlamento acquisisca una quantificazione del fabbisogno di personale a carico dell’Italia correlato all’istituzione del suddetto Servizio europeo per l’azione esterna e dei conseguenti effetti sulle amministrazioni nazionali competenti; 2.4 nel presupposto, inoltre, che non derivino direttamente nuovi oneri a carico del bilancio dagli articoli III-273, che aumentando le competenze di Eurojust potrebbe determinare l’esigenza del distacco di ulteriori unità di personale delle amministrazioni dello Stato, III-274, che prevede la possibilità di istituire con legge europea una Procura europea con il compito di perseguire reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, III-324, che istituisce un Corpo volontario europeo di aiuto umanitario il cui statuto e le relative modalità di funzionamento saranno stabilite con legge europea, III-359, che dispone che con legge europea possano essere istituiti tribunali specializzati affiancati al Tribunale della Corte di giustizia, competenti, in primo grado, in ordine ai ricorsi proposti su specifiche materie, i cui rispettivi oneri, da ritenersi certi ma di cui non è ancora prevedibile la decorrenza, dovranno essere necessariamente coperti in sede di adozione dei relativi atti che disciplineranno, per quanto concerne l’Italia, i profili inerenti alla sua partecipazione alle suddette istituzioni; 2.5 raccomandando la trasmissione al Parlamento di puntuali informazioni sugli effetti finanziari correlati alla realizzazione dell’Agenzia europea per la difesa, di cui all’articolo I-41, paragrafi 3 e 6, del Trattato e dell’attuazione del Protocollo n. 23, sulla cooperazione strutturata permanente in materia di difesa – tenuto conto che si tratta di interventi che non possono essere equiparati alle missioni militari internazionali a carattere temporaneo, riguardando la realizzazione di istituzioni a carattere permanente – con riferimento anche all’enucleazione delle eventuali spese a carico dell’Italia, che dovranno essere coperte con appositi provvedimenti legislativi, ove non già ricomprese nei bilanci comunitari.

PARERE DELLA 6ª COMMISSIONE PERMANENTE

(FINANZE E TESORO)

(Estensore: Costa)

9 febbraio 2005

La Sottocommissione, esaminato il disegno di legge, esprime all’unanimità, per quanto di competenza, parere favorevole.

PARERE DELLA 7ª COMMISSIONE PERMANENTE

(ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI, RICERCA SCIENTIFICA, SPETTACOLO E SPORT)

(Estensore: Bevilacqua)

1º marzo 2005

La Commissione, esaminato il disegno di legge,

premesso che: la Costituzione per l’Europa rappresenta un documento di rilevanza storica per la sua originalità rispetto alla storia complessa e complessiva del vecchio continente,

pertanto, essa va esaminata senza alcuna concessione ad enfatizzazioni retoriche (non necessarie ed anzi rischiose di cedere a strumentalizzazioni inopportune),

espresso apprezzamento: per l’importante affermazione secondo cui la Costituzione si richiama alle eredità culturali, religiose ed umanistiche dei popoli d’Europa, la cui diversità può ritenersi una ricchezza e non una debolezza per l’auspicato processo di armonizzazione ed unificazione,

per il rivendicato carattere pluralistico, che costituisce forte elemento identificativo dell’idea di Europa, voluta «unita nella diversità» in quanto consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, cui sono affidati l’evoluzione della società, il progresso sociale, gli sviluppi scientifici e tecnologici dei suoi popoli,

pur rilevando taluni limiti derivanti dall’essere frutto di una laboriosa intesa fra i 25 Paesi membri dell’Unione, quali ad esempio il mancato riconoscimento dell’innegabile presenza di valori cristiani nella complessa eredità storica ed ideale dell’Europa, considerato, per quanto concerne gli ambiti di propria competenza, che: la Costituzione recepisce molte delle disposizioni già recate nell’ordinamento comunitario vigente ed in particolare nel Trattato di Roma e nella Carta europea dei diritti sottoscritta a Nizza,

la ricerca è inserita fra le materie concorrenti, la cui disciplina viene dettata sia dall’Unione che dagli Stati membri, la cultura, l’istruzione, la formazione professionale e lo sport rappresentano invece settori dove l’Unione ha una competenza limitata allo svolgimento di azioni di sostegno, di coordinamento e di complemento rispetto alle politiche dei singoli Stati membri,

registrato in particolare con favore, in materia di ricerca, che: l’articolo II-73, nel confermare i contenuti recati all’articolo 13 della citata Carta dei diritti, stabilisce che le arti e la ricerca scientifica sono libere e che la libertà accademica deve essere rispettata,

nella specifica sezione (n. 9) ad essa dedicata nell’ambito delle politiche europee, si ribadiscono nella sostanza le disposizioni del Trattato di Roma, secondo cui l’azione dell’Unione è diretta a rafforzare le proprie basi scientifiche e tecnologiche attraverso la costituzione di uno spazio europeo della ricerca nel quale ricercatori, conoscenze scientifiche e tecnologie circolino liberamente, nonché a favorire lo sviluppo della competitività (articolo III-249, comma 1), per conseguire dette finalità, si ribadisce altresì che l’Unione, da un lato, incoraggia le imprese, i centri di ricerca e le università nella loro attività di ricerca e di sviluppo tecnologico di alta qualità (articolo III-248, comma 2) e, dall’altro, è tenuta a favorire la cooperazione tra imprese, centri di ricerca ed università, la promozione della cooperazione con Paesi terzi ed organizzazioni internazionali, nonché l’incentivazione della mobilità dei ricercatori, viene ora attribuito alla Commissione europea, oltre al compito di garantire la coerenza delle attività di coordinamento delle politiche di ricerca perseguite dall’Unione e dai Paesi membri (già previsto all’articolo 165 del Trattato di Roma), anche quello di operare attraverso la definizione di orientamenti ed indicatori, l’organizzazione di scambi di migliori pratiche, nonché la predisposizione di elementi per il controllo e la valutazione periodici (articolo III-250), l’articolo III-254, di carattere innovativo, demanda all’Unione la predisposizione di una politica spaziale europea, l’articolo III-121, anch’esso innovativo, stabilisce che le politiche dell’Unione in materia di ricerca, sviluppo tecnologico e spazio (oltre che di pesca, trasporti e mercato interno) devono tener conto delle esigenze di benessere degli animali, che devono essere a loro volta contemperate con il rispetto delle normative nazionali nonché delle tradizioni e dei patrimoni regionali,

con riferimento al diritto all’istruzione, valutati inoltre positivamente: l’inclusione, a fianco del diritto all’istruzione, già contemplato nella citata Carta europea dei diritti, anche di quello alla formazione professionale e continua (articolo II-74, comma 1),

la previsione, anch’essa innovativa, della facoltà di accesso gratuito all’istruzione obbligatoria (comma 2), la libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei princìpi democratici e del diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo le proprie convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche (comma 3), l’affermazione che, nell’attuazione delle politiche definite nella parte III del Trattato, l’Unione deve tener conto delle esigenze connesse, fra l’altro, con la promozione di un livello elevato di istruzione e formazione (articolo III-117), i contenuti della sezione (n. 5) appositamente consacrata al settore dell’istruzione nell’ambito del capo V, in gran parte confermativi della disciplina vigente, con particolare riferimento: allo sviluppo di un’istruzione di qualità, da attuarsi incentivando la cooperazione tra Stati membri, e, qualora necessario, sostenendone e completandone l’azione; al riconoscimento, quanto al contenuto dell’insegnamento e all’organizzazione del sistema di istruzione nonché alle diversità culturali e linguistiche, della piena responsabilità degli Stati membri; alla tipologia delle politiche di settore, dirette ad accrescere la dimensione europea dell’istruzione (quali la promozione dello studio delle lingue degli Stati membri, la mobilità degli studenti e degli insegnanti, il reciproco riconoscimento dei diplomi e dei periodi di studio, lo sviluppo degli scambi di studenti, la partecipazione dei giovani alla vita democratica dell’Europa, nonché l’istruzione a distanza), il venir meno della regola di voto a maggioranza qualificata per l’adozione di apposite raccomandazioni del Consiglio, su proposta della Commissione, dirette a perseguire i richiamati obiettivi,

registrato invece con rammarico l’assenza di un riferimento esplicito alla formazione universitaria, giudicato altresì positivamente, quanto al settore culturale, che: sia riconosciuto un ruolo di primo piano all’eredità culturale sia nel preambolo alla parte I che in quello alla parte II,

sia demandato all’Unione il rispetto della ricchezza della diversità culturale e linguistica, nonché la vigilanza sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo (articolo I-3, comma 3), nell’ottica di un approccio strategico innovativo in grado di assicurare un effettivo impegno comune nello sviluppo di uno dei settori strategici per l’Europa e per l’Italia, il rispetto delle diversità culturali e linguistiche, oltre che religiose, rappresenti uno dei valori portanti dell’Unione (articolo II-82, confermativi dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali), anche alla cultura sia consacrata una specifica sezione (n. 3), nell’ambito dei settori nei quali l’Unione può decidere di svolgere un’azione di sostegno, di coordinamento o di complemento, in detta sezione siano ribaditi, fra gli obiettivi, da un lato, la promozione della cooperazione tra Stati membri e, dall’altro, se ritenuto necessario, il sostegno diretto in taluni ambiti, quali il miglioramento della conoscenza della cultura e della storia europea, la conservazione e la salvaguardia del patrimonio culturale, nonché la creazione artistica e letteraria, per l’adozione di atti comunitari diretti a perseguire tali finalità, rispetto a quanto invece attualmente previsto all’articolo 151 del Trattato di Roma, non sia più richiesta la regola dell’unanimità,

valutati infine positivamente, con riferimento allo sport, le novità introdotte dall’articolo III-282 ed in particolare: l’attribuzione, fra i compiti dell’Unione, della promozione dei profili europei dello sport, da effettuarsi tenendo conto delle sue specificità, delle strutture fondate sul volontariato, nonché della funzione sociale ed educativa,

la previsione che l’azione dell’Unione deve essere tesa a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’imparzialità nelle competizioni sportive, la cooperazione tra gli organismi responsabili, nonché la protezione dell’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei giovani,

esprime, per quanto di competenza, parere favorevole all’unanimità.

PARERE DELLA 9ª COMMISSIONE PERMANENTE

(LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI)

(Estensore: Bongiorno)

9 febbraio 2005

La Commissione permanente, esaminato il disegno di legge, per quanto di competenza, esprime parere favorevole.

PARERE DELLA 10ª COMMISSIONE PERMANENTE

(INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO)

(Estensore: Pontone)

2 marzo 2005

La Commissione, esaminato il disegno di legge, esprime, per quanto di competenza, parere favorevole rilevando, con riferimento alle competenze della 10ª Commissione, che nel testo della Costituzione per l’Europa vengono opportunamente confermate le finalità di realizzazione del mercato interno e di tutela della concorrenza e che, nel contempo, sono contenuti e valorizzati princìpi fondamentali in materia di coesione economica, sociale e territoriale, nonché sulla protezione dei consumatori.

Valuta altresì favorevolmente la realizzazione di uno spazio europeo per la ricerca, la previsione relativa alla elaborazione di una politica spaziale europea e la definizione di una politica dell’energia basata sui princìpi dell’efficienza, della sicurezza e sulla promozione del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Formula, infine, avviso favorevole sulle norme relative all’industria e al turismo, osservando che esse costituiscono la premessa per una sempre maggiore collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione volta ad assicurare le condizioni necessarie alla competitività delle imprese europee.

PARERE DELLA 11ª COMMISSIONE PERMANENTE

(LAVORO, PREVIDENZA SOCIALE)

(Estensore: Fabbri)

23 febbraio 2005

La Commissione, esaminato il disegno di legge, esprime, per quanto di competenza, parere favorevole.

PARERE DELLA 12ª COMMISSIONE PERMANENTE

(SANITÀ)

(Estensore: Tomassini)

15 febbraio 2005

La Commissione, esaminato il disegno di legge, esprime, per quanto di competenza, parere favorevole.

(Estensore: Greco)

8 febbraio 2005

La Commissione Politiche dell’Unione europea, esaminato il disegno di legge,

ricordato con favore l’avvenuto allargamento dell’Unione europea avvenuto il 1º maggio 2004 quale fatto dotato di indiscussa valenza storica a testimonianza della riunificazione degli Stati europei nella cornice istituzionale dell’Unione europea;

evidenziata l’importanza fondamentale del Trattato costituzionale che semplifica le disposizioni attualmente vigenti, anche per tenere conto dell’avvenuto allargamento, e che istituisce un equilibrato sistema di poteri tra Commissione europea, Consiglio europeo e Parlamento europeo, provvedendo nel contempo a ridurre il lamentato deficit democratico dell’Unione, mediante un rafforzamento sia della posizione del Parlamento europeo sia, soprattutto, dei Parlamenti nazionali; considerato in particolare il significativo rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali nelle procedure di modifica del Trattato, nelle funzioni di controllo sull’attività dei rispettivi governi in seno al Consiglio dell’Unione, nella vigilanza sul rispetto del principio di sussidiarietà degli atti normativi dell’Unione attraverso il meccanismo di allerta precoce (early warning) e la possibilità di presentare ricorso alla Corte di giustizia; e inoltre nell’attività di controllo sull’attuazione, da parte delle autorità degli Stati membri, delle politiche dell’Unione in materia di libertà, sicurezza e giustizia, e nella valutazione dell’attività di Eurojust e di Europol; ritenuto che la Commissione politiche dell’Unione europea del Senato – alla luce delle competenze descritte nelle norme regolamentari, nonché per la peculiare formazione della stessa, composta da senatori appartenenti anche alle altre Commissioni e per il sostanziale spirito bipartisan che anima i suoi lavori – può essere considerata sede ideale per svolgere l’esame delle proposte legis


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07.04.2005 Spataro

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