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Sentenze e provvedimenti vari

11) Reclamo 700 sull'inammissibilità del 700 nel giudizio di separazione personale tra coniugi.
09.12.2004 - pag. 28268 print in pdf print on web

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Tribunale di Marsala, Ordinanza collegiale, estensore Giudice Tomaiuoli. Assegnazione della causa coniugale in corso di causa di separazione di coniugi - ricorso ex art. 700 c.p.c. - ammissibilità – mutamento di circostanze vagliate dal Presidente o dall’istruttore in sede di provvedimenti ex art. 708 c.p.c. – esclusione . Identità di circostanze – qualificazione come reclamo - ammissibilità esclusione. E’ inammissibile per difetto di residualità in pendenza del procedimento di separazione dei coniugi il ricorso ex art. 700 c.p.c. volto all’assegnazione della casa coniugale, laddove si fondi su circostanze diverse da quelle valutate in sede di provvedimenti ex art. 708 c.p.c.. Lo strumento d’urgenza è del pari inammissibile, se volto a provocare una nuova valutazione delle medesime circostanze già vagliate dal Presidente o dall’istruttore, dovendosi in tale ipotesi qualificare come reclamo, a sua volta inammissibile per difetto di compatibilità ex art. 669 quaterdecies c.p.c.. REPUBBLICA ITALIANA IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MARSALA SEZIONE CIVILE Composto dai seguenti Magistrati: Dott. Benedetto Giaimo Presidente Dott. Francesco Parrinello Giudice Dott Pier Luigi Tomaiuoli Giudice estensore Sul reclamo iscritto a r.g. n. 1683/04 promosso da DGyy Antonella, riunito in camera di consiglio, udite le parti ed il relatore, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 22.11.2004, ha emesso la seguente ORDINANZA Premesso in fatto. Con ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto nel corso della causa di separazione personale dal coniuge Fxx Massimo Giuseppe Antonio, DGyy Antonella chiedeva al giudice istruttore investito della cautela l’emissione di un provvedimento d’urgenza consistente nell’assegnazione in proprio favore dell’immobile coniugale sito in Marsala, Contrada Dammusello, n. 611/b; deduceva che il Presidente del Tribunale, all’udienza di comparizione dei coniugi innanzi a sé, aveva omesso di pronunciarsi ex art. 708 c.p.c. in ordine alla detta assegnazione, pure richiesta dall’odierna reclamante; che sussistevano entrambi i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, avuto riguardo, quanto a quest’ultimo, ai rapporti di astio ed ai continui litigi tra le parti, tali da sconsigliare la continuazione della convivenza., oltre che al carattere violento del marito, desumibile dalla sua citazione a giudizio penale per rispondere dei reati di lesione e di minaccia. Con comparsa depositata in udienza il resistente eccepiva l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, l’infondatezza dello stesso; in particolare, che da oltre 3 anni i coniugi vivevano separatamente e pacificamente in due distinti appartamenti, comunicanti tra loro e che esso si dichiarava disponibile a rendere indipendenti; che era, altresì, disposto a lasciare il proprio appartamento alla ricorrente, in cambio di quello abitato da essa e dal figlio. Il giudice di prime cure rigettava il ricorso, in ragione della ritenuta inammissibilità della tutela atipica ex art. 700 c.p.c. e nel contempo onerava il resistente di provvedere al compimento di alcune opere necessarie a rendere autonome e separate le due unità abitative delle quali era composto l’immobile in questione. Avverso il predetto provvedimento ha proposto reclamo la DGyy, dolendosi della sua erroneità, per avere il giudice di prime cure ritenuto inammissibile il ricorso ex art 700 c.p.c., pur in assenza di alcun provvedimento presidenziale relativo all’assegnazione della casa coniugale; ribadiva la sussistenza del fumus boni iuris, alla luce dell’affidamento a lei del figlio minore; e del periculum in mora, avuto riguardo alle stesse circostanze di fatto dedotto in primo grado. Si è costituito il reclamato, eccependo la correttezza della decisione cautelare di primo grado, in ragione dell’inammissibilità della domanda, e comunque l’insussistenza del fumus e del periculum. Ritenuto in diritto. Il reclamo è infondato ed in quanto tale va rigettato per i motivi di cui appresso. E’ preliminare l’esame della questione relativa all’ammissibilità del ricorso, esclusa dal giudice di prime cure, il quale, peraltro, ha anche motivato, ritenendoli insussistenti, in ordine ai presupposti di merito del fumus boni iuris e del periculum in mora (adottando, poi, una pronuncia di merito cautelare, che dispone la separazione degli appartamenti di cui in fatto, non oggetto di impugnazione da parte del resistente). Il giudice di primo grado ha ritenuto inammissibile il ricorso volto all’assegnazione in via urgente della casa coniugale al coniuge affidatario, per difetto di residualità dell’azione ex art. 700 c.p.c., in ragione della sussistenza nel procedimento di separazione dei rimedi tipici dei provvedimenti presidenziali ed urgenti, prima, e di quelli di modifica o revoca da parte del giudice istruttore, poi, nel corso del procedimento. Il Tribunale condivide siffatta impostazione (che, per vero, avrebbe dovuto portare ad una pronuncia d’inammissibilità e non già di rigetto) con le precisazioni che seguono. Non è dubitabile che la residualità debba escludersi, tanto prima della proposizione del giudizio di separazione e, una volta proposto, nelle more dell’udienza presidenziale, quanto durante il corso del procedimento di separazione innanzi al giudice istruttore, con riferimento alle ipotesi di mutamenti delle circostanze poste a fondamento della richiesta di assegnazione della casa coniugale (ed in genere degli altri provvedimenti afferenti la tutela della prole ed i rapporti tra coniugi). Nella prime due ipotesi considerate, infatti, la parte interessata può proporre ricorso per separazione con richiesta dei detti provvedimenti al Presidente del Tribunale, ovvero chiedere un’anticipazione dell’udienza di comparizione dei coniugi; nell’ultimo caso, invece, essa può proporre ricorso per la modifica o revoca al giudice istruttore nel corso del procedimento di separazione. Resta da verificare l’ammissibilità della tutela d’urgenza nel periodo intercorrente tra l’udienza presidenziale e la prima udienza di comparizione innanzi all’istruttore designato e, per quanto qui in particolare rileva, nell’ipotesi di azione fondata sugli stessi elementi di fatto già vagliati dal Presidente o dall’istruttore. Ritiene il Tribunale che anche nelle ora evidenziate fattispecie la soluzione al quesito non possa che essere negativa. Nel primo caso, infatti, l’istanza di revoca o modifica può essere presentata al giudice istruttore già nominato in sede di udienza presidenziale, a mezzo di un apposito ricorso volto alla fissazione di un’udienza ad hoc nelle more della prima udienza di comparizione, o comunque unitamente ad un’istanza di anticipazione dell’udienza di comparizione già fissata. Nel secondo caso, a ben vedere, la richiesta di riesame degli elementi già valutati dal presidente o dal giudice istruttore, altro non è che una richiesta di nuovo giudizio, ossia un vero e proprio gravame. Ad essere azionato, in altri termini, sia pure sotto mentite spoglie, è una sorta di procedimento di reclamo. Esso, tuttavia, è comunemente e condivisibilmente ritenuto non ammissibile, al pari dell’intera normativa cautelare uniforme, avverso i provvedimenti de quibus, in ragione della mancanza di compatibilità ex art. 669 quaterdecies c.p.c. tra gli stessi ed il rito delineato dagli artt. 669 bis e ss. c.p.c.. I provvedimenti ex art. 708 c.p.c., infatti, a differenza di quelli cautelari stricto sensu, possono essere dati anche d’ufficio in ragione della loro natura eminentemente pubblicistica, confliggente con la contrapposta natura disponibile ed ad impulso di parte dei procedimenti ex art. 669 bis e ss. c.p.c.; essi, inoltre, sopravvivono all’estinzione del procedimento ex art. 189 disp.att. c.p.c. e restano validi anche per il periodo successivo alla pronuncia di separazione, contrariamente a quanto avviene per i provvedimenti cautelari stricto sensu, necessariamente strumentali e caduchi rispetto alla pronuncia di merito Si consideri, poi, che mentre i provvedimenti di cui all’art. 708 c.p.c. hanno necessariamente un contenuto di anticipazione degli effetti della futura decisione di merito, nei provvedimenti cautelari di cui agli art. 669 bis e ss. c.p.c. tale contenuto è meramente eventuale, tendendo essi precipuamente all’assicurazione di tali effetti. Opinare diversamente, del resto, significherebbe, quanto meno con riferimento alla fase presidenziale, introdurre una sovrapposizione tra Presidente, giudice istruttore e collegio diversa ed ulteriore rispetto a quella tra giudice della cautela e collegio, non essendo la fase presidenziale della separazione equiparabile alla fase di emissione dei provvedimenti anteriormente od in corso di causa da parte del giudice di merito. Siffatta ricostruzione del sistema processuale non può essere, peraltro, tacciata di incostituzionalità, posto che il doppio grado di giudizio rappresenta un obiettivo tendenziale ma non necessitato nel nostro ordinamento giuridico (ex multis: Corte Costituzionale sent. n. 78 del 1984, 301 del 1986, 80 del 1988, 543 del 1989, 433 del 1990; 438/1994) Non cambia i termini della ricostruzione di cui sopra l’eventualità che il giudice (Presidente o g.i.), investito di una richiesta di provvedimento urgente ex art. 708 c.p.c., abbia omesso di pronunciarsi sulla medesima, poiché, tanto nell’ipotesi di pronuncia erronea quanto in quella di pronuncia omessa, lo strumento attivabile è quello del reclamo, da escludersi nel caso di specie per i motivi sopra detti. Solo per completezza di motivazione osserva il Collegio che, come condivisibilmente ritenuto dal g.i., difetta comunque nel caso di specie il requisito del periculum in mora. Esso, inteso come pregiudizio imminente ed irreparabile, tale da pregiudicare in via definitiva la realizzazione del diritto azionato in via ordinaria o di connessi diritti assoluti ed incomprimibili, non può essere desunto da una generica deduzione dell’esistenza di litigi tra i coniugi e di conflittualità tra gli stessi, o da un isolato decreto di citazione a giudizio del resistente per i reati di lesione e minaccia nei confronti di soggetto diverso dal coniuge e dal figlio minore. Tanto più a fronte di una dedotta e non contestata situazione di fatto che vede, da oltre 3 anni prima dell’inizio del procedimento, i coniugi vivere separatamente in due distinti appartamenti, comunicanti tra loro; ed a fronte dell’ordine dato dal giudice di prime cure di rendere completamente autonome le due unità abitative. Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, il reclamo deve essere rigettato. La liquidazione delle spese di lite dei due gradi della cautela è rimessa al definitivo. P.Q.M. Visti gli artt. 700 e 669 bis e ss. c.p.c..: 1) rigetta il reclamo. Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza. Marsala, 25.11.2004 Il Presidente L’estensore


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