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Avvocati    

La tutela stragiudiziale in caso di sinistro

Giorgio Fregni e' intervenuto nella mailing list di Civile.it con un contributo eccellente, che ci ha autorizzato a pubblicare in queste pagine. Non possiamo che ringraziarlo e lasciare a voi la lettura
17.11.2004 - pag. 28194 print in pdf print on web

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La tutela stragiudiziale in caso di sinistro non è, secondo molti, attività riservata agli avvocati. Gli avvocati la possono esercitare, ma, anche in questo, conformandosi alle loro regole deontologiche. Le situazioni non sono uguali, differisce la natura dei soggetti che svolgono l'attività: avvocati (con le loro regole deontologiche) da un lato, "non" avvocati dall'altro.

Il tema, in ogni caso, è oggetto di attenzioni dottrinali e giurisprudenziali. Ad esempio, per quanto cocerne la giurisprudenza comunitaria, appare particolarmente interessante la sentenza 28/3/2001 del Tribunale di 1° grado delle comunità europee (2^ sezione), nella causa T-144/99 , a proposito del divieto di pubblicità comparativa contenuto nel codice di condotta professionale dell'Istituto dei mandatari abilitati (IMA) presso l'Ufficio europeo dei brevetti. Tale Istituto aveva proposto ricorso per l'annullamento della decisione della Commissione delle comunità europee 7-4-1999, 1999/267/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE) . In particolare, si trattava di verificare se le disposizioni del codice di condotta dell'IMA che vietano la pubblicità comparativa tra mandatari abilitati, costituiscano limitazioni alla concorrenza, ai sensi dell'art. 81 CE. L'IMA aveva invocato, a sua difesa, l'art. 7, n. 5, della direttiva del Consiglio 10-9-1984, 84/450/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (GU L 250, pag. 17), nella versione modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6-10-1997, 97/55/CEE, al fine di includervi la pubblicità comparativa (GU L 290, pag. 18) , che consente di vietare o limitare l'uso della pubblicità comparativa riguardante servizi professionali. Il Tribunale di 1° grado delle comunità europee ha, anzitutto, osservato che l'art. 7, n. 5, della direttiva, non può, in virtù della gerarchia delle fonti, derogare ad una disposizione del Trattato CE . Secondo il Tribunale, non è accettabile che le norme che disciplinano l'esercizio di una professione sfuggano, per principio, alla sfera di applicazione dell'art. 81, n. 1, CE per il solo fatto di essere qualificate come "deontologiche" dagli enti competenti. Soltanto un esame caso per caso permette di valutare la validità di una norma di questo tipo rispetto alla suddetta disposizione del Trattato, tenendo conto, in particolare, del suo impatto sulla libertà di azione dei membri della professione e sull'organizzazione di questa, nonché sugli utenti dei servizi in questione.

Ciò precisato, il Tribunale di 1° grado ha aggiunto che la pubblicità è un elemento importante della concorrenza su un determinato mercato, in quanto consente una migliore valutazione dei meriti di ciascun operatore, la qualità delle loro prestazioni ed il loro costo. Inoltre, se effettuata in condizioni leali e secondo modalità adeguate, la pubblicità comparativa permette di accrescere l'informazione degli utenti e di contribuire, così, alla scelta del mandatario abilitato cui rivolgersi all'interno della Comunità. Pertanto, il puro e semplice divieto di pubblicità comparativa limita le possibilità dei mandatari più validi di sviluppare i loro servizi. Ciò produce la conseguenza di cristallizzare la clientela di ciascun mandatario abilitato all'interno di un mercato nazionale. Il Tribunale ha respinto l'argomento del ricorrente IMA in base al quale "il successo dovrebbe dipendere molto più dal merito che dal richiamo pubblicitario, il quale favorirebbe i mandatari maggiormente dotati di mezzi finanziari", osservando che tale argomento porta ad escludere qualsiasi forma di pubblicità. Il Tribunale ha, infine, respinto la tesi dell'IMA, secondo cui il divieto di pubblicità comparativa si baserebbe sul "tatto", sulla "dignità" e sulla "necessaria cortesia" che debbono prevalere all'interno di una professione come quella di cui trattasi, difettando la prova del fatto che il divieto assoluto di pubblicità comparativa sarebbe oggettivamente necessario per salvaguardare la dignità e la deontologia della professione in questione.

E' superfluo sottolineare l'importanza dei principi enunciati nella sentenza sopra riassunta, che suscitano più di una perplessità circa la conformità, all'art. 81 del trattato CE, di varie norme del codice deontologico forense italiano.

Avv. Giorgio Fregni _______________________________________________ Piazza Riccò, 2 - 41100 Modena Tel + 39 059 37 06 37 Fax + 39 059 37 47 45 E-Mail: studio at fregni.it http://www.fregni.it


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