Le donne possono mettere al mondo un figlio e non riconoscerlo.
Lasciatelo vivere, se non lo volete (e non e' un giudizio di valori).
Con questo slogan si sono mobilitati tutti per zittirlo.
"Non fermare il suo cuore. Avrà il tuo sguardo, il tuo sorriso e sarà coraggioso. Perché tu lo sei!"
La battaglia per la vita sta mostrando come l'aborto debba essere una espressione di libertà della madre, indipendentemente dal volere del padre o del figlio concepito.
Parlo spesso con amici.
Tutti ritengono normale che una minorenne incinta debba abortire.
Tutti ritengono abominevole mostrare le foto di un feto macinato durante l'aborto.
Se una donna ha problemi psichici dopo l'aborto e' per colpa di quelle foto, non perche' tutte le donne dopo l'aborto sentono un trauma. Tutte. Sentono di non aver valutato correttamente, di non essere state informate con serenità di tutte le opzioni e di tutte le conseguenze.
E i mancati padri si confidano con me come di fronte da un peccato che non hanno riconosciuto in tempo.
Questa e' la realtà, della quale non si deve parlare.
Per questo provare a spiegare l'istituto giuridico del parto anonimo, di grandissima civiltà giuridica, e' esporsi a critiche da parte di tanti.
"La legge consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’ospedale dove è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2)"
Che problema dà un figlio vivo, non riconosciuto ?
Nessuno spiega che l'aborto e' un parto indotto. Tanto vale partorire e lasciare vivere senza riconoscerle.
Si faceva nel medioevo. Oggi vorrebbero vietare di parlarne.
C'e' chi parla di libertà.
E' libertà impedire ad altri di vivere quando esiste la possibilità di non avere un figlio e lasciarlo comunque vivere ?
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05.02.2019
Spataro
Avvenire.it
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