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   documento 2023-02-10 ·  NEW:   Appunta · Stampa · Cita: 'Doc 96372' · pdf

Lavoro pubblico e social: il Consiglio di Stato stronca le regole

abstract:



documento annotato il 10.02.2023

Il Consiglio di Stato scopre eccessi di delega, formulazioni complesse, tecnicistiche e da evitare. In un parere interlocutorio spiega tutti gli errori commessi fino ad oggi

Fonte: GPDP
Link: https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pa




analisi:

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index:

Indice




    testo:

    C

    Consiglio di Stato Parere interlocutorio 00093/2023 del 19/01/2023

    Numero 00093/2023 e data 19/01/2023 Spedizione

    image

    REPUBBLICA ITALIANA

    Consiglio di Stato

    Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

    Adunanza di Sezione del 12 gennaio 2023

    NUMERO AFFARE 01914/2022

    OGGETTO:

    Presidenza del Consiglio dei Ministri- Ufficio Legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione

    Schema di decreto del Presidente della Repubblica adottato ai sensi dell’articolo 4, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165

    LA SEZIONE

    Vista la nota prot. ULM_FP-0001514-P del 28 dicembre 2022, di trasmissione della relazione con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri- Ufficio Legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto,

    esaminati gli atti e udita la relatrice, consigliere Carla Barbati;

    Premesso:

    La Presidenza del Consiglio dei Ministri- Ufficio Legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione, con nota prot. ULM_FP-0001514-P del 28 dicembre 2022, ha trasmesso a questo Consiglio, per l’acquisizione del prescritto parere, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, adottato ai sensi dell’articolo 4, del decreto-legge 30 aprile 2022, n.36 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n.79, recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165” nel testo approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 1 dicembre 2022. Il provvedimento è accompagnato dalla relazione illustrativa, vistata dal Ministro.

    Sono state altresì trasmesse la relazione tecnica, con il visto di conformità della Ragioneria Generale dello Stato, l’analisi tecnico-normativa (ATN), l’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) corredata dalla valutazione del Nucleo AIR, Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi -Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Intesa sancita, ai sensi dell’articolo 54, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in sede di Conferenza Unificata, nella seduta del 21 dicembre 2022.

    Come riferisce il Ministro proponente nella Relazione illustrativa, lo schema di decreto in esame si propone di attuare l’art.4 del d.l. n.36 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla l. n.79 del 2022, con il quale si è previsto, nell’ambito delle “Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”, cui è intitolato il provvedimento legislativo, l’”Aggiornamento dei codici di comportamento e formazione in tema di etica pubblica”, come esplicita la sua rubrica.

    A tal fine, nella Relazione illustrativa, si ricorda che l’art.4 della l.n.79 del 2022 va a modificare l’art.54 del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165, dedicato al codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, del quale ha disposto l’aggiornamento entro il 31 dicembre 2022, prevedendo che in esso sia inserita una “sezione dedicata al corretto utilizzo delle tecnologie informatiche e dei mezzi di informazione e social media da parte dei dipendenti pubblici, anche al fine di tutelare l’immagine della pubblica amministrazione” (cfr. comma 1, lett.a), oltre che lo svolgimento, da parte delle pubbliche amministrazioni, “di un ciclo formativo obbligatorio, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale”, con durata ed intensità “proporzionate al grado di responsabilità del dipendente, sui temi dell’etica pubblica e sul comportamento etico” (cfr. comma 1, lett.b).

    Lo schema di decreto intende dunque assicurare il recepimento di queste indicazioni legislative, funzionali- come si sottolinea- anche al conseguimento della milestone M1C1-56 del PNRR, modificando, con la tecnica della novella legislativa, il d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, recante “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165”.

    Nell’ATN si evidenzia come lo schema di decreto in esame intenda rispondere alle “nuove esigenze del contesto socio-lavorativo e di quelle derivanti dall’evoluzione e dalla maggiore diffusione delle tecnologie informatiche, le quali, rispetto all’attuale condizione lavorativa presente nel pubblico impego, hanno creato diverse criticità avuto riguardo al corretto utilizzo delle tecnologie informatiche, dei mezzi di informazione e dei social media”, oltre che “far acquisire […] nuova consapevolezza della necessità di procedere alla razionalizzazione delle spese, eliminando inefficienze e sprechi, soprattutto dal lato dell’impatto ambientale derivante dall’attività che giornalmente viene svolta negli uffici pubblici”, descrivendo a tal fine le misure in esso previste.

    Negli stessi termini si esprime, peraltro, anche l’AIR, ove si aggiunge che, “per quanto attiene alla quantificazione dei destinatari, il regolamento si applica a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che poi provvederanno ai sensi dell’articolo del regolamento dell’articolo 54, comma 5, del medesimo decreto legislativo ad adottare propri specifici codici, attagliando le disposizioni di carattere generale dell’ordinamento alle proprie specificità”. In essa si offre poi una rappresentazione della composizione del personale delle pubbliche amministrazioni in servizio al 31 dicembre 2018, che si estende a considerare anche quelle categorie di personale, in regime di diritto pubblico, nei confronti delle quali il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, approvato con d.P.R. 16 aprile 2013, n.62 e così anche le modifiche-integrazioni qui proposte, si applicheranno con una differente incidenza, correlata al loro porsi quali “principi di comportamento”, ai sensi dello stesso art.2, comma 2, del d.P.R. n.62 del 2013.

    Come si sottolinea nella Relazione tecnica, le misure contenute nello schema di regolamento non comportano nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica a legislazione vigente.

    Lo schema di decreto si compone di due articoli.

    L’articolo 1 reca le “Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n.62”, alle quali è intitolato, disponendo la sostituzione, in funzione essenzialmente integrativa, di numerosi commi delle disposizioni del codice e l’inserimento di quattro nuovi articoli, segnatamente dell’art.11-bisUtilizzo delle tecnologie informatiche”, 11-terUtilizzo dei mezzi di informazione e dei social media”, 11-quaterRispetto dell’ambiente” e 11-quinquiesRispetto della persona e divieto di discriminazioni”.

    L’articolo 2 contiene, come da rubrica, la “Clausola di invarianza finanziaria”.

    Considerato:

    1.Il contesto: la natura e la funzione del Codice e dei Codici di comportamento dei pubblici dipendenti

    Il provvedimento, qui sottoposto al parere di questo Consiglio di Stato, va dunque ad integrare i contenuti del Codice di comportamento dei pubblici dipendenti, per come furono da ultimo ridefiniti con il d.P.R. 16 aprile 2013, n.62, dopo la riscrittura dell’art.54 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante le “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, per opera della l. 6 novembre 2012, n.190,“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”.

    All’art.1, comma 44, della legge del 2012 si è così dovuta, fra il resto, la previsione che il Codice fosse approvato con “decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei min istri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata” e perciò emanato nelle forme prescritte per i regolamenti governativi dall’art.17 della l. 23 agosto 1988, n.400, dunque previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato. Procedimento che, perciò, connota anche l’adozione del provvedimento in esame.

    Per quanto maggiormente rileva, ai fini dell’analisi delle integrazioni che lo schema di decreto intende apportare al d.P.R. n.62 del 2013, all’art.1, comma 44, della l. n. 190 del 2012, si è dovuta anche l’esplicitazione del rilievo disciplinare, e non solo, assegnato alla violazione dei doveri in esso enunciati, come ben si evince da quanto stabilito nel comma 3 dell’art.54 del d.lg. n.165 del 2001 come da esso modificato, a norma del quale “La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento,compresi quelli relativi all'attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del codice comportano l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 55-quater, comma 1”, ossia del licenziamento disciplinare.

    Sempre alla l.n.190 del 2012 si è dovuto il disegno di un doppio livello di Codici di comportamento dei pubblici dipendenti. Da un lato, un Codice nazionale, qual è appunto quello approvato con il d.P.R. n. 62 del 2013 e sul quale interviene il provvedimento sottoposto al parere di questo Consesso, destinato ad applicarsi ai dipendenti di tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma2, del d.lgs. n165 del 2001, con rapporto di lavoro regolato contrattualmente, e le cui norme costituiscono “principi di comportamento” per i dipendenti in regime di diritto pubblico; dall’altro, i Codici che, in base a quanto stabilito nel riformulato art.54, comma 5, del d.lgs. n.165 del 2001, ciascuna pubblica amministrazione è chiamata a definire, “con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione”, integrando e specificando le previsioni del Codice generale, come enuncia anche l’art.1, comma 2, dello stesso d.P.R. n.62 del 2013.

    Un disegno nel quale è agevole riconoscere l’intento del legislatore di configurare il Codice cosiddetto nazionale come uno strumento flessibile, suscettibile di essere adattato ai diversi contesti organizzativi e funzionali delle tante, e perciò anche eterogenee, pubbliche amministrazioni ai cui dipendenti si applica o nei confronti dei quali pone “principi di comportamento”. Da qui, anche, il carattere generale e di principio che connota le disposizioni del Codice approvato con il d.P.R. n. 62 del 2013, nel quale sono stati perciò individuati, più che i doveri “comuni”, quelli che lo stesso art.1 del Codice definisce i doveri “minimi” dei pubblici dipendenti.

    2. I “doveri” dei pubblici dipendenti tra “vecchie” e “nuove” regole di condotta

    Questo Consesso deve, innanzi tutto, rilevare che, come emerge dalla loro lettura d’insieme, le integrazioni che lo schema di decreto in esame si propone di apportare al Codice di comportamento dei pubblici dipendenti, approvato con d.P.R. n.62 del 2013, sono volte a codificare nuove regole di condotta, provviste della cogenza propria di obblighi la cui violazione, come espressamente stabilisce l’art.16 del Codice, integra “comportamenti contrari ai doveri d’ufficio”, molte delle quali vanno oltre quanto richiesto dall’art.4 della l. n.79 del 2022 e perciò dall’art.54 del d.lgs. n.165 del 2001, per come modificato da quest’ultimo intervento legislativo.

    Così è, fra le altre, per quelle volte a richiedere che il pubblico dipendente contribuisca, sul luogo di lavoro, al contenimento dei consumi energetici e in generale delle risorse e dei materiali di consumo forniti dall’amministrazione nonché alla raccolta differenziata dei rifiuti, come vuole il nuovo art.14-quater, intitolato al “Rispetto dell’ambiente”, ma così è anche per l’obbligo di astenersi da azioni discriminatorie o lesive dell’integrità psichica e fisica degli altri dipendenti e degli utenti, nei termini esplicitati dall’art.11-quinquies, “Rispetto della persona e divieto di discriminazioni”, o per i nuovi contenuti assegnati ai doveri dei dirigenti dalle novelle all’art.13 del Codice vigente.

    L’art.4 della l.n.79 del 2022- lo si ricorda- demanda infatti alla sede regolamentare solo l’introduzione di una “sezione dedicata al corretto utilizzo delle tecnologie informatiche e dei mezzi di informazione e social media da parte dei dipendenti pubblici, anche al fine di tutelare l’immagine della pubblica amministrazione” (cfr. comma 1, lett.b) oltre che lo svolgimento, da parte delle pubbliche amministrazioni, “di un ciclo formativo obbligatorio, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale”, con durata ed intensità “proporzionate al grado di responsabilità del dipendente, sui temi dell’etica pubblica e sul comportamento etico” (cfr. comma 1, lett.b).

    Lo schema di decreto propone dunque anche prescrizioni che non trovano titolo nella norma di legge che esso va ad attuare e questo Consesso non può che esprimere perplessità in merito all’introduzione di regole di condotta, ovvero di divieti e di comandi, di per sé capaci di incidere sulle situazioni giuridico-soggettive dei dipendenti pubblici, prive di fondamento nella disciplina primaria, come vuole il principio di legalità che, costituzionalmente, governa l’azione e l’organizzazione amministrativa.

    La Sezione non può, comunque, esimersi dall’esprimere importanti riserve anche in merito alle “nuove” regole di condotta che trovano astrattamente titolo nell’art.4 della l. n.79 del 2022, quali sono quelle riferibili all’area dei doveri concernenti la tutela dell’immagine della pubblica amministrazione, sottesa all’utilizzo delle tecnologie informatiche, dei mezzi di informazione e dei social media. In quelli che si configurano come i nuovi artt.11-bis e 11-ter, dedicati rispettivamente all’”Utilizzo delle tecnologie informatiche” e all’ “Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media”, si propone infatti la codificazione di una pluralità di regole connotate da un elevato dettaglio casistico, ma al contempo da una indeterminatezza delle condotte sanzionabili, favorita anche dall’utilizzo di espressioni linguistiche, molte delle quali tratte dal linguaggio tecnico e lasciate prive di definizioni atte a esplicitarne il significato. Tale evidenziata connotazione sintattico-linguistica di formulazione delle norme, mentre le allontana dalla natura e della funzione proprie di un Codice, volto a enunciare i “doveri min imi” dei pubblici dipendenti (in modo più chiaro possibile, proprio in ragione delle principale funzione “preventiva” derivante dall’agevole percezione e comprensibilità delle disposizioni introdotte, da parte dei destinatari; si badi, aggiuntivamente ad un ordito già di per sé cospicuo) , espone i pubblici dipendenti agli eccessi degli spazi interpretativi d’intervento, ed anche alla connessa dubbiosità, per così dire, disparitaria, circa l’attivazione delle procedure disciplinari, di chi sarà preposto ad assicurarne il rispetto e a sanzionarne la violazione.

    Ed è perciò che, a giudizio di questo Consesso, l’insieme delle nuove regole di condotta che il decreto in esame si propone di introdurre, per la loro capacità di incidere come fonti di nuove responsabilità disciplinari e anche, a determinati effetti, penali, civili, amministrative e contabili sulla sfera dei diritti e delle libertà dei singoli, meritano di essere valutate, e attentamente ponderate da parte della stessa Amministrazione proponente, nella loro stretta necessità oltre che nella loro adeguatezza, quando si tenga conto che esse sono destinate ad applicarsi ai tanti contesti organizzativi e funzionali delle tante pubbliche amministrazioni.

    Valutazioni e ponderazioni per le quali, va in apice osservato, occorrono elementi conoscitivi, allo stato, non disponibili e non rintracciabili né nell’ATN né nell’AIR, come peraltro sottintende anche il Nucleo Air presso il Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi, là dove evidenzia la debolezza o, come espressamente si afferma, la parziale adeguatezza dell’AIR; l’assenza di oggettivi, attendibilmente stimati e, comunque, sufficienti elementi conoscitivi, inducono questo Consesso a ritenere che lo schema di decreto portato all’esame dell’odierna Adunanza non possa ancora essere licenziato con un parere favorevole.

    Le questioni sulle quali interviene lo schema di decreto in esame, gli “ordini” e i “divieti” che esso si propone di introdurre a carico dei pubblici dipendenti, richiedono, infatti, un maggiore approfondimento e dunque anche una più estesa istruttoria.

    In particolare, la Sezione ritiene occorra un’analisi del tessuto regolamentare, anche del livello statale, al quale le nuove regole di condotta, qui immaginate, andranno ad aggiungersi, e di quello al quale andranno a sovrapporsi. Basti, in proposito, ricordare che non sono mancati i Codici con i quali, sulla base dei doveri già enunciati dal Codice di comportamento del 2013, le singole pubbliche amministrazioni, superando la tendenza, altrimenti rilevata dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) a replicare i contenuti di quello nazionale senza specificazioni e integrazioni, hanno adottato propri regolamenti, anche estesi, specie in materia di uso degli strumenti informatici e dei servizi di rete. Allo stesso modo, in taluni Codici di comportamento delle Pubbliche Amministrazioni non è mancato il richiamo ai doveri di contenimento delle risorse ambientali ed energetiche. Regole sulle quali andranno appunto a calare, e con le quali dovranno essere coordinate, quelle qui proposte; fermo restando che, come già osservato, la loro inclusione/menzione espressa, nella norma di fonte primaria attributiva del potere regolamentare, in omaggio al principio costituzionale di legalità e tipicità degli atti amministrativi, dovrebbe avere un dettaglio tale da ricavarsene una ratio e una serie di ipotesi comportamentali “diffuse” (cioè rilevanti sulla soglia della decisione di intervenire normativamente) di “allarme sociale” dotate di una loro, almeno, nucleare, evidenziazione e “determinatezza” (a livello legislativo, trattandosi pur sempre di introduzione di fattispecie in senso lato “punitive”, nell’accezione più volte ribadita dalla Corte EDU e dalla stessa CGUE).

    Al contempo, occorre che l’Amministrazione riferisca in merito a quelle che, genericamente, definisce le “criticità” riscontrate nell’utilizzo dei mezzi informatici, e perciò supporti con un adeguato apparato motivazionale ed accertativo l’introduzione di restrizioni e di limitazioni all’uso di mezzi che sono comunque funzionali anche alla manifestazione del pensiero e che, perciò, non possono fondarsi solo su assunti non confermati o non provati dall’esperienza, sia quanto, appunto, alla determinatezza tipologica sia quanto alla soglia di rilevanza e diffusione.

    Del pari, quanto alle regole di condotta in materia di rispetto dell’ambiente, anche a tacere del fatto che esse, come detto, non sono richieste dal legislatore, è necessaria un’analisi che dia conto degli sprechi intervenuti nelle risorse e nei materiali e di quanto essi siano addebitabili a comportamenti individuali anziché a carenze di sistema ed al regime di finanziamento in consolidamento di bilancio (che, notoriamente, contraddice la raggiungibilità di standard ambientali virtuosi in assenza di investimenti nelle strutture fisiche della stessa p.a., oltre che, in generale, per tutti i cittadini destinatari di tali standard). Lo stesso può dirsi con riferimento alle tante altre integrazioni proposte, molte delle quali peraltro, - e questo influisce sia su una consapevole ricostruzione del quadro normativo, e della sua valutazione sistemica, in sede di ATN e, conseguentemente anche in sede di valutazione di impatto - enucleabili dagli obblighi e dai principi enunciati nel Codice di comportamento approvato con d.P.R. n.62 del 2013.

    Questo, si ribadisce, unitamente alla già rilevata necessità generale, di metodologia espressiva, per cui, comunque, le nuove regole di condotta debbono risultare enunciate in termini essenziali, nonché chiari ed inequivoci, atti a rendere immediatamente riconoscibili ai destinatari quali siano i comportamenti sanzionabili: tratti che non sono, allo stato, ravvisabili nel testo proposto.

    P.Q.M.

    Sospende la pronuncia del parere nelle more dell’approfondimento e dei chiarimenti richiesti all’Amministrazione, nei sensi indicati in motivazione.

    L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Carla Barbati Luciano Barra Caracciolo

    IL SEGRETARIO

    Cesare Scimia


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    Testo del 2023-02-10 Fonte: GPDP




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