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Siae 21.07.2020    Pdf    Appunta    Letti    Post successivo  

La fine del monopolio SIAE per decreto d'urgenza e' costituzionale

Nei limiti in cui l'urgenza sia effettiva. Qui documentata da affermazioni in sedi europee.


Corte Costituzionale

 

Sentenza 149/2020 (ECLI:IT:COST:2020:149)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: CARTABIA - Redattore:  AMATO
Udienza Pubblica del 09/06/2020;    Decisione  del 09/06/2020
Deposito del 13/07/2020;   Pubblicazione in G. U. 15/07/2020  n. 29
Norme impugnate:  Art. 19 del decreto-legge 16/10/2017, n. 148, convertito, con modificazioni, in legge 04/12/2017, n. 172.
Massime: 
Atti decisi: ord. 198/2019
  

Pronuncia

SENTENZA N. 149

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie), convertito, con modificazioni, in legge 4 dicembre 2017, n. 172, «ovvero, secondo altra prospettazione dogmatica, della relativa legge di conversione 4 dicembre 2017, n. 172, almeno nella parte relativa alla conferma dell’art. 19 del D.L. n. 148 del 2017», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, nel procedimento vertente tra la Società italiana autori ed editori (SIAE) e altro e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), con ordinanza del 16 aprile 2019, iscritta al n. 198 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di costituzione della Federazione autori, della Società italiana autori ed editori (SIAE) e dell’Associazione Lea - Liberi editori e autori, nonché l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

uditi il Giudice relatore Giuliano Amato, gli avvocati Stefano Astorri per la Federazione autori, Massimo Luciani e Maurizio Mandel per la Società italiana autori ed editori (SIAE), Guido Scorza per l’Associazione Lea - Liberi editori e autori e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri, nell’udienza pubblica del 9 giugno 2020, svolta, ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a) e d), in collegamento da remoto, su richiesta degli avvocati Paolo Turco, Maria Grazia Maxia, Maurizio Mandel, Domenico Luca Scordino, Massimo Luciani, Guido Scorza, Ernesto Belisario, Gianni De Bellis e Pietro Garofoli, pervenute in data 16, 25, 29 maggio e 3 giugno 2020;

deliberato nella camera di consiglio del 9 giugno 2020.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, con ordinanza del 16 aprile 2019, ha sollevato, in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie), convertito, con modificazioni, in legge 4 dicembre 2017, n. 172, «ovvero, secondo altra prospettazione dogmatica, della relativa legge di conversione 4 dicembre 2017, n. 172, almeno nella parte relativa alla conferma dell’art. 19 del D.L. n. 148 del 2017».

1.1.− La disposizione censurata modifica gli artt. 15-bis e 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), estendendo l’attività di intermediazione del diritto d’autore, in precedenza riservata alla Società italiana autori ed editori (da qui: SIAE), anche agli altri organismi di gestione collettiva (da qui: OGC), come definiti dall’art. 2, comma l, del decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35 (Attuazione della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno).

2.− Premette in fatto il giudice rimettente che le questioni traggono origine dal ricorso proposto dalla SIAE per l’annullamento dell’elenco degli OGC e delle entità di gestione indipendenti (da qui: EGI) – redatto ai sensi dell’art. 5, comma l, Allegato A, della deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (da qui: AGCOM) del 19 ottobre 2017, n. 396/17/CONS (Regolamento sull’esercizio delle competenze di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35 in materia di gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno) – nella parte in cui include fra gli OGC l’Associazione Lea - Liberi editori e autori (da qui: LEA).

Secondo la SIAE, infatti, LEA, costituita in data 14 dicembre 2017, sarebbe un soggetto in continuità con Soundreef Ltd. (da qui: Soundreef), società di diritto inglese interamente controllata da Soundreef Spa, società di diritto italiano. LEA, quindi, non possiederebbe alcuna delle caratteristiche necessarie per svolgere l’attività d’intermediazione dei diritti d’autore, che l’art. 180, primo comma, della legge n. 633 del 1941 consente alla SIAE e agli altri OGC, come disciplinati dall’art. 2 del d.lgs. n. 35 del 2017, dunque a un soggetto che «come finalità unica o principale gestisce diritti d’autore o diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di questi» e che «soddisfi uno o entrambi i seguenti requisiti: a) è detenuto o controllato dai propri membri; b) non persegue fini di lucro». Siffatta attività, invece, non è consentita alle EGI, di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 35 del 2017, con la precisazione che quelle stabilite all’estero, ai sensi del successivo art. 20, comma 2 (come modificato dall’art. 19, comma 3, lettera b) del d.l. n. 148 del 2017, come convertito), possono esercitare l’attività di concessione delle licenze, di percezione e di riscossione dei diritti sul territorio italiano solo sulla base di un accordo di rappresentanza con la SIAE o con un altro OGC stabilito in Italia. Per gli OGC stabiliti in Italia, inoltre, l’esercizio dell’attività d’intermediazione è subordinato alla verifica del rispetto dei requisiti previsti dall’art. 8 del d.lgs. n. 35 del 2017 da parte dell’AGCOM (art. 19, comma 2, del d.l. n. 148 del 2017, come convertito), requisiti di cui LEA sarebbe priva.

2.1.− Secondo il Collegio rimettente, l’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, come convertito, costituirebbe un parametro normativo necessario ai fini della valutazione della fondatezza delle domande proposte dalla SIAE nel giudizio a quo – basate sul difetto dei presupposti necessari per l’iscrizione di LEA nell’elenco degli OGC – recando le norme legittimanti l’esercizio del potere d’iscrizione da parte dell’AGCOM. Pertanto, la questioni di legittimità costituzionale sarebbero rilevanti ai fini della decisione in ordine alla fondatezza della domanda di accertamento proposta dalla ricorrente nel giudizio a quo, poiché un’eventuale pronuncia d’illegittimità costituzionale della norma di riferimento «sarebbe (ancor più) satisfattoria delle pretese della SIAE».

2.2.− In punto di non manifesta infondatezza il TAR Lazio asserisce il contrasto delle disposizioni oggetto di censura con l’art. 77 Cost., con riguardo ai presupposti per la decretazione d’urgenza.

2.2.1.− Ricorda il rimettente che l’utilizzo del decreto-legge in carenza dei presupposti lede il principio di separazione dei poteri; inoltre, le norme adottate con tale strumento devono comunque essere omogenee e rispondere a finalità specifiche e organiche, idonee a fronteggiare e a rispondere a specifiche situazioni di necessità e urgenza. Invero, l’art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) prescrive inequivocabilmente che il contenuto del decreto-legge deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. In proposito, la giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito che tale disposizione costituisce esplicitazione dell’art. 77 Cost., imponendo il collegamento dell’intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza che giustifica l’eccezionale potere del Governo di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento (si richiama la sentenza n. 22 del 2012).

2.2.1.1.− Nel caso di specie non si evincerebbe alcuna giustificazione collegabile alla necessità e urgenza di provvedere in ordine all’importante modifica del sistema d’intermediazione nel settore del diritto d’autore. Al contrario, la finalità di un più compiuto recepimento della direttiva 2014/26/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 «sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno», evidenzierebbe proprio il carattere ordinario dell’intervento. Inoltre, sarebbe impossibile riscontrare il necessario requisito dell’organicità delle disposizioni contenute nel d.l. n. 148 del 2017, come convertito, che risponderebbe a ratio e finalità non univoche e di difficile individuazione, desumibili già dall’oggetto, recante la dizione «Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie». Sarebbe anzi possibile trarre la conclusione che le esigenze indifferibili riguardino aspetti di natura economica e 1’urgenza attenga a ragioni di finanza pubblica, rispetto alle quali il censurato art. 19, intitolato «Liberalizzazione in materia di collecting diritti d’autore» si rivelerebbe del tutto estraneo. Infatti, lo stesso articolo non avrebbe alcuna diretta e rilevante relazione con il bilancio dello Stato, atteso che la SIAE e gli OGC hanno il compito di raccogliere, amministrare e distribuire i diritti d’autore, che non confluiscono nell’erario.

2.2.1.2.− Si dovrebbe peraltro considerare che la disciplina in esame segue all’intervento normativo di cui al d.lgs. n. 35 del 2017, con il quale il legislatore, pochi mesi prima, aveva provveduto ad adeguare la normativa nazionale alle regole comunitarie dettate dalla direttiva 2014/26/UE. Ragioni di sistematicità avrebbero dovuto, sostiene il Collegio rimettente, indurre a operare una riforma così importante con uno strumento legislativo diverso e più coerente con quello sul quale ha inciso la novella legislativa.

L’urgenza del provvedere risulterebbe ulteriormente smentita dalla considerazione che la materia disciplinata dal censurato art. 19 è stata a lungo al centro di un ampio dibattitto, che ha visto intervenire anche le istituzioni europee. Si tratterebbe, quindi, di una riforma sistematica e ordinamentale, intervenuta su un tema che, come osservato, non ha origine, nella sua interezza e complessità, da un «caso straordinario di necessità e d’urgenza» (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 220 del 2013). Inoltre, il decreto-legge avrebbe previsto una disposizione che richiederebbe ulteriori misure attuative, demandate nella specie all’AGCOM, per la concreta determinazione del proprio contenuto precettivo. Il che costituirebbe un ulteriore argomento nel senso dell’esclusione dei presupposti di necessità e urgenza.

2.2.1.3.− Tali conclusioni non potrebbero essere superate neppure in base a esigenze di «abrogazione dello storico monopolio SIAE» nell’attuale contesto delle attività d’intermediazione dei diritti d’autore, perché il decreto-legge non sarebbe adeguato «a realizzare una riforma organica e di sistema, che non solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l’immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge, secondo il disegno costituzionale» (sentenza n. 220 del 2013).

Né tali dubbi potrebbero essere fugati in base ai contenuti della relazione illustrativa al menzionato decreto-legge, che giustificherebbe l’intervento legislativo sulla necessità di recepire quanto chiesto dalla Direzione generale UE “Reti di comunicazione e contenuti delle tecnologie” (da qui: DG CONNECT), che aveva segnalato al Governo italiano l’opportunità di riconsiderare il regime di monopolio della SIAE in materia di collecting del diritto d’autore. La relazione, infatti, non farebbe alcun riferimento esplicito all’urgenza dell’intervento e i rischi richiamati sarebbero indicati in via meramente ipotetica, fondando viceversa la disposizione sulla necessità di dare attuazione alla richiamata direttiva UE. Non risulterebbe e, comunque, non sarebbero specificamente allegate o richiamate concrete contingenze tali da rendere attuale e imminente il pericolo di un intervento sovranazionale in funzione sanzionatoria, evocato in via meramente potenziale.

Andrebbero infine considerate le connesse questioni di diritto internazionale privato, che la (nuova) disciplina in esame involgerebbe, da risolvere alla luce del contesto di armonizzazione della direttiva 2014/26/UE, questioni legate all’applicazione del novellato art. 180 della legge n. 633 del 1941. In altri termini, la materia avrebbe dovuto indurre a un più meditato intervento normativo che consentisse di chiarire, ad esempio, il criterio di collegamento internazional-privatistico applicabile alle attività degli OGC e delle EGI, ai titolari o ai diritti stranieri, tenendo conto dei diversi orientamenti emersi in proposito.

2.2.2.− Ricorda il giudice rimettente che al più risalente orientamento della giurisprudenza costituzionale, che negava la sindacabilità di ogni vizio del decreto-legge a seguito della legge di conversione (si richiamano le sentenze n. 263 del 1994, n. 1060, n. 1035, n. 1033, n. 810 e n. 808 del 1988, n. 243 del 1987 e n. 108 del 1986), sul presupposto della configurazione di quest’ultima come forma di novazione, è subentrato quello espresso a partire dalla sentenza n. 29 del 1995, che ha per la prima volta escluso l’efficacia sanante della legge di conversione, poiché l’evidente mancanza del presupposto di necessità e urgenza si configura quale vizio in procedendo della stessa legge di conversione.

Tale assunto ha trovato conferma nella sentenza n. 171 del 2007 ed è stato ribadito nelle successive pronunce (sono richiamate le sentenze n. 220 del 2013 e n. 128 del 2008). Inoltre, le sentenze n. 22 del 2012 e n. 32 del 2014, pur senza occuparsi direttamente della carenza dei presupposti di necessità e di urgenza, hanno circoscritto i limiti dell’emendabilità del decreto-legge in sede di conversione, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle «norme eterogenee» (ossia prive di qualsivoglia legame con la ratio del decreto-legge originario e, quindi, con i suoi presupposti).

Secondo il giudice a quo potrebbe tuttora ritenersi meritevole di positiva considerazione anche la tesi secondo cui la conversione in legge da parte del Parlamento abbia l’effetto di sanare, sia pure solo ex nunc, l’eventuale assenza dei presupposti per la decretazione d’urgenza, in quanto le norme del decreto-legge potrebbero considerarsi recepite a ogni effetto dalla legge di conversione, fonte primaria completamente imputabile al Parlamento, che costituisce il principale centro di esercizio della sovranità popolare di cui all’art. 1 Cost. Ciò varrebbe quantomeno in quei casi in cui la riserva di legge prevista dalla Costituzione richieda solo la legge in senso sostanziale e non approvata attraverso un procedimento di formazione «ordinario-parlamentare» (come accade invece per altre materie, quale quella penale); procedimento certo in grado di offrire più ampie garanzie di confronto tra maggioranza e minoranza, che risulterebbero, al contrario, in qualche misura potenzialmente compromesse dalla procedura, speciale e contingentata nei tempi, prevista per l’approvazione della legge di conversione del decreto-legge. Ove la Costituzione non dia rilevanza al modo in cui la legge si forma, però, la circostanza che essa venga approvata utilizzando impropriamente la speciale procedura prevista per la conversione del decreto-legge perderebbe rilievo, nel momento in cui il Parlamento, nell’esercizio della sua sovranità, faccia proprio, sia pure in questo caso soltanto con efficacia ex nunc, l’atto avente forza di legge adottato dal Governo in assenza dei presupposti di necessità e urgenza.

2.2.3.− In conclusione, pur opinando che possa essere sopravvenuta una sanatoria, sebbene con effetti solo ex nunc, dell’originaria carenza dei presupposti legittimanti la decretazione d’urgenza per effetto della legge di conversione, alla luce del più recente orientamento della giurisprudenza costituzionale il giudice rimettente ritiene comunque di dover sollevare le questioni di legittimità costituzionale dell’art. l del d.l. n. 3 del 2015 (recte: dell’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017), per originario (e manifesto) difetto dei presupposti ex art. 77 Cost.; ovvero, secondo altra prospettazione dogmatica, della legge n. 172 del 2017, almeno nella parte relativa alla conferma dell’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, per avere quest’ultima convertito il predetto decreto-legge pur nell’evidente difetto dei presupposti essenziali.

3.− Con atto depositato in cancelleria il 3 dicembre 2019 è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questioni siano dichiarate inammissibili e comunque infondata.

3.1.− Riguardo ai presupposti di necessità e urgenza delle disposizioni censurate, la difesa statale rileva che gli stessi dovrebbero essere rintracciati nell’impossibilità di un ulteriore differimento dell’adeguamento dell’ordinamento interno ai principi comunitari in materia di collecting di diritto d’autore di cui alla direttiva 2014/26/UE («direttiva Barnier»). Tale direttiva era stata sì recepita dal d.lgs. n. 35 del 2017, ma lasciando inalterato il monopolio della SIAE nel mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore; di talché si sarebbe reso necessario un puntuale intervento regolatore in materia, non più differibile, diretto a consentire il rispetto del generale principio di libera concorrenza, delineato non solo dalla legislazione antimonopolistica dell’UE, ma anche dalla stessa Costituzione (art. 41).

L’introduzione del censurato art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, quindi, non soltanto avrebbe posto fine all’annosa questione della raccolta e distribuzione dei diritti d’autore in assenza di concorrenza da parte della SIAE, ma avrebbe consentito anche di evitare l’annunciata apertura di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea per il non corretto recepimento della direttiva Barnier.

L’eventuale accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale, così, se da un lato determinerebbe la reviviscenza della disciplina interna previgente, contrastante con l’attuale quadro normativo comunitario, dall’altro ripristinerebbe di fatto il monopolio SIAE, eliminando il mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore, con grave nocumento per gli autori, nonché per gli operatori che abbiano avviato le loro attività in tale mercato.

Andrebbe poi considerato che il controllo di legittimità costituzionale sui presupposti della decretazione d’urgenza risulta esercitabile soltanto nei limiti della evidente mancanza dei presupposti stessi, anche dopo la conversione in legge (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 272 e n. 62 del 2005, n. 285, n. 196, n. 178 e n. 6 del 2004 e n. 341 del 2003; l’ordinanza n. 2 del 2005). Tale evidente mancanza dei requisiti di necessità e urgenza non sarebbe rilevabile nel caso di specie, atteso che il legislatore, per evitare una procedura d’infrazione, si sarebbe trovato a dover intervenire urgentemente nella materia del diritto d’autore, ponendo fine al monopolio della SIAE in ottemperanza della normativa sovranazionale. E, a tal proposito, la giurisprudenza costituzionale avrebbe già ritenuto che il rischio di una procedura di infrazione possa costituire di per sé motivo che giustifichi la decretazione d’urgenza (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 244 del 2016).

3.2.− Riguardo all’asserita violazione dei requisiti sanciti dall’art. 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, secondo cui i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, l’Avvocatura generale dello Stato precisa che il d.l. n. 148 del 2017, come convertito, diversamente dalla lettura data dall’ordinanza di rimessione, non atterrebbe a esigenze indifferibili nella sola materia finanziaria. La «Premessa» del decreto, infatti, ben porrebbe in evidenza come il contenuto dello stesso attenga anche alla «straordinaria necessità ed urgenza di prevedere misure per esigenze indifferibili, in materia di partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali, di personale delle Forze di polizia e militare, di imprese, ambiente, cultura e sanità». L’indifferibilità, in specie, sarebbe data dalla contingenza storica, caratterizzata dalla necessità, riconosciuta anche dal giudice rimettente, di armonizzare compiutamente la normativa interna a quella comunitaria in tema di liberalizzazione in materia di collecting di diritti d’autore.

Le norme di cui al censurato art. 19, dunque, risulterebbero caratterizzate, così come previsto dalla rubrica, nonché dal Titolo III, dello stesso decreto, da esigenze d’indifferibilità; la specificità e l’omogeneità rispetto al testo del decreto-legge, quindi, dovrebbero essere esaminate in ordine alle esigenze indifferibili in materia di imprese e cultura, non necessitando di essere ricercate altrove. Sarebbe pertanto erroneo ricondurre, come fa il giudice a quo, l’urgenza alla sola materia finanziaria.

Al riguardo, conclude l’Avvocatura dello Stato, questa Corte ha di recente precisato, in una fattispecie analoga, che la urgente necessità del provvedere «“[…] può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall’intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all’unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare” (sentenza n. 22 del 2012)» (sentenza n. 244 del 2016).

4.− Con atto depositato in cancelleria il 27 novembre 2019 si è costituita nel presente giudizio la Federazione autori, chiedendo l’accoglimento delle questioni sollevate dal TAR Lazio.

4.1.− La difesa della parte, nel riportarsi alle ragioni già svolte nel giudizio a quo, precisa in punto di rilevanza che, se il denunciato art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, come convertito, fosse annullato, la SIAE otterrebbe una decisione satisfattiva, poiché il giudice rimettente dovrebbe affermare la carenza di un fondamentale presupposto abilitante l’attività di intermediazione dei diritti d’autore degli OGC e, nel caso di specie, di LEA.

4.2.− Le questioni sarebbe altresì fondate per violazione dell’art. 76 (recte: 77) Cost., in virtù dell’insussistenza dei presupposti per la decretazione d’urgenza, poiché dall’insieme delle disposizioni del d.l. n. 148 del 2017, come convertito, sarebbe evidente che l’indifferibilità riguarda aspetti di natura economica, dove l’urgenza atterrebbe a esigenze di finanza pubblica, a cui sarebbe estraneo quanto disposto dall’art. 19. Nessuna diretta e significativa influenza, infatti, le norme censurate potrebbero avere sui conti dello Stato, posto che la SIAE e gli OGC hanno il compito di raccogliere, amministrare e distribuire i diritti d’autore e le relative somme non passano per l’erario. Vero è che l’atto normativo non abbisogna di motivazione, ma la dichiarata indifferibilità, se non collegabile a ragioni finanziarie, resterebbe inimmaginabile, tanto più che la riforma segue al d.lgs. n. 35 del 2017, che pochi mesi prima ha provveduto ad adeguare il sistema alle regole comunitarie. Tale disciplina, quindi, non sarebbe stata considerata urgente e, anzi, è intervenuta anni dopo la direttiva a cui lo Stato doveva adeguarsi. Sarebbe allora del tutto illogico associare una riforma di sistema, che demolisce un monopolio quasi secolare, a ragioni di urgenza, tali da non consentire un intervento legislativo ordinario.

In tal senso, la sentenza di questa Corte n. 22 del 2012 ha riconosciuto il vizio di quella parte di una legge di conversione recante – accanto alla disciplina di «interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie» – una normativa «a regime», del tutto slegata da contingenze particolari. Seppure la citata pronuncia riguardasse norme aggiunte in fase di conversione, ciò non inciderebbe sul principio, così sintetizzato nella massima, secondo cui «l’inserimento delle norme denunciate, stante il loro carattere di eterogeneità rispetto all’oggetto o alla finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza del provvedere ed “i provvedimenti provvisori con forza di legge”, di cui al comma secondo dell’art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell’intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell’eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento».

L’inserimento di norme estranee al contesto che impone l’urgenza sarebbe vieppiù illegittimo se contenuto nel testo originario del decreto-legge, poiché gli inserimenti successivi sono deliberati direttamente dal Parlamento, il che dovrebbe far considerare più attenuata l’arbitrarietà della scelta governativa; nel caso in esame, all’opposto, l’organo legislativo si sarebbe limitato a una mera ratifica del testo proposto dal Governo, non avendo in nulla modificato l’art. 19 in discussione.

La tesi in esame, argomenta ancora la parte, troverebbe conferma anche nella sentenza di questa Corte n. 171 del 2007, secondo cui «la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite l’utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto­legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell’adozione del predetto atto, di modo che l’eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura in primo luogo un vizio di illegittimità costituzionale del decreto-legge che risulti adottato al di fuori dell’ambito applicativo costituzionalmente previsto» (nello stesso senso, sentenza n. 128 del 2008).

4.3.− La disciplina di cui al censurato art. 19 sarebbe poi asistematica, illogica e incoerente, introducendo, in un sistema da antica data governato da un ente pubblico, soggetti che possono operare con gli stessi compiti e funzioni, ma che non hanno alcuna connotazione pubblicistica.

L’irragionevolezza si coglierebbe considerando che la SIAE svolge, accanto al compito di esazione dagli utilizzatori e corresponsione agli autori dei loro diritti patrimoniali, funzioni solidaristiche, attraverso l’apposito fondo, nonché di sviluppo della cultura, attraverso iniziative e programmi di carattere sociale. Inoltre, la SIAE gode di poteri ispettivi e coercitivi, che non attengono agli organismi di gestione, i quali resterebbero soggetti privati. Non si realizzerebbe, quindi, un corretto sistema concorrenziale, ma si confonderebbero tipologie di operatori non omologabili.

5.− Con atto depositato in cancelleria il 2 dicembre 2019 si è costituita in giudizio la SIAE, la quale, ferma restando la facoltà di ulteriormente dedurre, ha chiesto che sia innanzi tutto determinato l’oggetto della pretesa dalla stessa parte fatta valere nel giudizio a quo.

5.1.− Ricostruita in fatto la vicenda, la difesa della SIAE precisa che non sarebbe esatto affermare che «un’eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale della norma di riferimento sarebbe (ancor più) satisfattoria delle pretese della SIAE». Tali pretese, infatti, sarebbero integralmente soddisfatte con l’accoglimento delle domande annullatoria e risarcitoria del giudizio a quo, a cui certo non osterebbe il d.l. n. 148 del 2017. Anzi, tale affermazione del rimettente parrebbe lasciar intendere che il ricorso dalla stessa proposto fosse fondato e potesse essere accolto anche senza avviare la presente fase incidentale, semplicemente constatando l’impossibilità di qualificare LEA quale OGC.

Pertanto, la difesa della SIAE conclude che suo primo interesse sarebbe l’affermazione da parte di questa Corte, in via principale o come obiter dictum, della correttezza delle suesposte premesse interpretative, con statuizione che ben potrebbe precedere quella relativa alla fondatezza o meno del vizio prospettato dal rimettente.

6.− Con atto depositato in cancelleria il 3 dicembre 2019 si è costituita in giudizio LEA, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.

6.1.− L’inammissibilità potrebbe essere dichiarata per diversi profili.

6.1.1.− In primo luogo, le questioni sarebbero irrilevanti ai fini della definizione del giudizio a quo, ove dovrebbe trovare applicazione, ratione temporis, non già la norma contenuta nel decreto-legge, ma quella contenuta nella legge di conversione, che avrebbe determinato una novazione della fonte.

Ne deriva che la questione relativa all’eventuale carenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza per l’adozione del decreto-legge dovrebbe sempre considerarsi irrilevante ai fini della definizione del giudizio principale. Né la semplice eventuale identità di contenuto tra la disposizione originaria del decreto-legge e quella oggetto di novazione da parte della legge di conversione potrebbe valere a far perdere di vista la sostanziale distinzione esistente tra i due diversi provvedimenti, aventi autonoma forza di legge.

Dall’inapplicabilità del decreto-legge deriverebbe, de plano, la palese inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal rimettente, stante la sua irrilevanza ai fini della definizione del giudizio. Ciò a prescindere dall’eventuale efficacia sanante della legge di conversione rispetto a vizi del decreto-legge, nonché alla questione dei margini della sindacabilità, ex art. 77 Cost., della legge di conversione.

6.1.2.− In secondo luogo, la questioni sarebbero irrilevanti per quanto concerne i commi 1 e 3 dell’art. 19 del decreto-legge n. 148 del 2017, poiché il giudice a quo sarebbe chiamato ad applicare esclusivamente il comma 2 dello stesso art. 19.

Il giudizio principale, infatti, verte sulla pretesa illegittimità del provvedimento con il quale l’AGCOM ha iscritto LEA nel registro degli OGC autorizzati a operare in Italia, in quanto in possesso dei requisiti di legge dei quali, stando alla prospettazione della ricorrente, la resistente sarebbe priva. Tale provvedimento troverebbe il suo fondamento, come detto, esclusivamente nel comma 2 dell’art. 19.

6.2.− Nel merito le questioni sarebbero in ogni caso infondate.

6.2.1.− Sarebbe pacifico ed espressamente riferito dallo stesso rimettente che con il decreto-legge oggetto di censura il Governo avrebbe inteso porre rimedio alla mancata compatibilità tra l’ordinamento nazionale e quello europeo, con riferimento al recepimento della direttiva 2014/26/UE, come confermato anche dalla relazione illustrativa del decreto-legge.

Se tale premessa è corretta, tuttavia, l’ordinanza di rimessione avrebbe evidentemente omesso di considerare il disposto dell’art. 37 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea), a norma del quale il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari europei possono proporre al Consiglio dei ministri l’adozione dei provvedimenti, anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari a fronte di atti normativi dell’Unione europea o di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea ovvero dell’avvio di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia che comportano obblighi statali di adeguamento, qualora il termine per provvedervi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione europea o della legge europea relativa all’anno di riferimento.

Secondo tale disposizione, dunque, l’esigenza di adeguare l’ordinamento nazionale a quello europeo rappresenterebbe sempre una di quelle ipotesi di necessità e urgenza in presenza delle quali, a norma dell’art. 77 Cost., il Governo può ricorrere alla decretazione d’urgenza. Né, d’altra parte, il rimettente avrebbe argomentato alcunché circa eventuali circostanze per le quali tale disposizione dovrebbe considerarsi inapplicabile alla fattispecie all’origine del presente giudizio.

Non sarebbe lecito, in conclusione, dubitare che la richiamata disposizione di legge non faccia altro che codificare una valutazione naturale e obbligata: il Governo, in presenza di una condizione di violazione dell’ordinamento comunitario potrebbe, anzi dovrebbe, agire, anche in via d’urgenza, per rimuovere tale condizione e uniformare l’ordinamento interno a quello europeo.

6.2.2.− Le questioni sarebbero altresì infondate in virtù dell’intervenuta conversione del decreto-legge.

A prescindere da qualsivoglia considerazione in ordine alla natura almeno perplessa dell’ordinanza di rimessione, nella parte in cui richiama i due contrapposti orientamenti della giurisprudenza costituzionale circa l’ammissibilità di una questione di legittimità costituzionale, per carenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza di cui all’art. 77 Cost., di un decreto legge a seguito della sua conversione, in una fattispecie quale quella oggetto del presente procedimento la questione sarebbe senz’altro inammissibile.

La legge di conversione, infatti, sarebbe un atto normativo autonomo, diverso e distinto rispetto al decreto-legge che converte. A seguito della conversione del decreto-legge, pertanto, solo la legge di conversione potrebbe, eventualmente, formare oggetto di sindacato di legittimità costituzionale. In tal senso, non si dovrebbe neppure parlare di efficacia sanante della legge di conversione giacché, evidentemente, non potrebbe sanarsi qualcosa che non sia più giuridicamente esistente. E, in ogni caso, qualsivoglia questione relativa all’eventuale sanatoria sarebbe del tutto irrilevante ai fini della decisione del giudizio principale, non essendo il decreto-legge in quanto tale suscettibile di trovare applicazione.

Il tenore letterale del secondo comma dell’art. 77 Cost. chiarirebbe che l’eccezionalità e la straordinarietà della decretazione d’urgenza risiedono nella circostanza che atti aventi efficacia normativa siano adottati sotto la responsabilità del Governo. Sarebbe tale anomalia, rispetto al riparto costituzionale dei poteri, che rappresenterebbe la ratio dei rigorosi presupposti alla cui sussistenza è subordinata l’esercitabilità da parte del Governo del potere accordatogli, in via straordinaria, dalla Costituzione e della natura precaria e temporanea che contraddistinguerebbe l’efficacia dei provvedimenti d’urgenza di matrice governativa. Con la conversione in legge del decreto più volte menzionato, quindi, qualsivoglia responsabilità del Governo verrebbe evidentemente sostituita dalla responsabilità del Parlamento, che eserciterebbe in maniera piena la propria autonomia e sovranità di titolare del potere legislativo.

Non sarebbe quindi convincente il più recente orientamento della giurisprudenza costituzionale a supporto della perenne sindacabilità anche di una legge di conversione per carenza dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza del decreto-legge convertito, in ragione della circostanza che, in caso contrario, il Parlamento diverrebbe libero di derogare alle regole di cui al secondo comma dell’art. 77 Cost. Tale assunto, infatti, non sarebbe coerente con la portata del secondo periodo del comma terzo del medesimo art. 77 Cost., che, come è noto, stabilisce che il Parlamento è sempre libero di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Accedendo alla predetta tesi si arriverebbe, in sostanza, al paradosso che il Parlamento sarebbe libero di sanare gli effetti di un decreto-legge non convertito, anche laddove adottato in assenza dei necessari presupposti di straordinaria necessità e urgenza, mentre non potrebbe far proprio il contenuto di un decreto-legge in sede di conversione qualora, all’atto dell’adozione del decreto, difettassero i presupposti di necessità e urgenza.

Né a giustificare la distinzione potrebbe addursi il fatto che la legge di conversione arrivi all’esito di un procedimento semplificato, a differenza della legge ex art. 77, terzo comma, secondo periodo, Cost. A prescindere, infatti, dalla circostanza che le differenze tra i due procedimenti si esaurirebbero sostanzialmente nella velocità del primo rispetto al secondo in termini, peraltro, non unici, né significativi, questa Corte avrebbe già avuto occasione di chiarire che il predetto principio vale anche laddove a sanare gli effetti di un precedente decreto-legge decaduto si sia provveduto con la legge di conversione di un successivo decreto (sentenza n. 84 del 1996).

Ratio e spirito del terzo comma dell’art. 77 Cost., in conclusione, sarebbero esclusivamente volti a trasferire al Parlamento, superata la fase dell’urgenza, la piena responsabilità di ogni eventuale iniziativa normativa assunta dal Governo al fine di ripristinare l’ordinaria ripartizione tra i poteri.

Da tali considerazioni deriva, secondo la parte, che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Lazio andrebbe dichiarata inammissibile perché «manifestamente infondata», stante l’insindacabilità di una legge di conversione di un decreto-legge per pretesa carenza dei presupposti di necessità e urgenza.

6.2.3.− Aggiunge la difesa di LEA che, in ogni caso, il ricorso al decreto-legge sarebbe stato giustificato dalla necessità di completare e perfezionare il recepimento nell’ordinamento nazionale della direttiva 2014/26/UE, superando talune perplessità sollevate dalla Commissione europea nell’ambito di un procedimento prodromico all’avvio di un’eventuale procedura di infrazione per violazione degli obblighi nascenti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.

Nel caso di specie, la direttiva 2014/26/UE prevedeva quale termine per il suo recepimento la data del 10 aprile 2016. Il Governo italiano, tuttavia, non aveva provveduto tempestivamente, determinando così la Commissione europea a metterlo in mora con lettera del 26 maggio 2016. Successivamente, allorquando con il d.lgs. n. 35 del 2017 il Governo italiano ha proceduto al recepimento della citata direttiva e ha trasmesso, al fine d’interrompere l’indicata procedura di infrazione, lo schema del citato decreto alla Commissione europea, gli uffici di quest’ultima hanno rappresentato taluni dubbi e perplessità in merito alla circostanza che tale recepimento potesse considerarsi coerente alla richiamata direttiva, con particolare riferimento proprio alla mancata apertura del mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore agli OGC. In tale contesto il Governo, non essendo più in grado di intervenire sul menzionato decreto legislativo frattanto approvato (il 15 marzo 2017), avrebbe dovuto far ricorso al decreto-legge per sottrarsi al rischio che fosse avviata un’ulteriore procedura di infrazione o, comunque, che l’ordinamento nazionale continuasse a risultare incompatibile rispetto a quello europeo, quando erano ormai già trascorsi 18 mesi rispetto alla data fissata per il recepimento della direttiva.

Si tratterebbe di una fattispecie perfettamente sovrapponibile, come già ricordato, a quella tipizzata dall’art. 37 della legge n. 234 del 2012 e, pertanto, non residuerebbero spazi per un sindacato di legittimità costituzionale in ordine alla sussistenza dei presupposti per il ricorso alla decretazione d’urgenza. In ogni caso, l’esigenza di adeguare l’ordinamento nazionale a quello europeo costituirebbe, anche per la giurisprudenza costituzionale, un presupposto idoneo a far ritenere ragionevole la valutazione del Governo in ordine alla sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza per l’adozione di un decreto-legge (sono richiamate le sentenze n. 287 del 2016 e n. 272 del 2005).

Infine, andrebbe sempre ricordato che il sindacato in ordine alla sussistenza della necessità e urgenza è limitato alla manifesta irragionevolezza e arbitrarietà della valutazione del Governo.

7.− In prossimità dell’udienza di discussione, la difesa della SIAE ha presentato una memoria con cui ha integrato quanto già dedotto in sede di costituzione in giudizio, chiedendo il rigetto delle questioni di legittimità costituzionale.

7.1.− In primo luogo, si sottolinea che l’obiettivo dell’attuazione di una direttiva europea non farebbe sorgere una presunzione iuris et de iure di ricorrenza dei presupposti di necessità e urgenza del decreto-legge.

Nella specie, tale ricorrenza non sarebbe dimostrata, poiché, come affermato dalla stessa difesa statale, la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del d.l. n. 148 del 2017, con riferimento al censurato art. 19, richiama l’opportunità dell’intervento alla luce dei rilevi degli uffici della Commissione europea in relazione al regime di monopolio della SIAE. La motivazione, quindi, sarebbe solo apparente, anzitutto perché riferita alla mera opportunità e non alla necessità di un intervento, senza nulla dire sull’urgenza del provvedere e senza allegare l’esistenza di una procedura d’infrazione concretamente in atto e in procinto di concludersi.

In secondo luogo, non sarebbe un argomento valido quanto addotto dal Presidente del Consiglio dei ministri, ossia che l’accoglimento delle questioni determinerebbe la reviviscenza della normativa abrogata e con questo la violazione dei principi eurounitari di libera concorrenza. Ove così fosse, infatti, rientrerebbe nei poteri della Corte costituzionale (si richiama la sentenza n. 10 del 2015) modulare gli effetti temporali della propria pronuncia, consentendo al legislatore l’attuazione della direttiva nelle forme consuete e non in quella anomala della decretazione d’urgenza.

Sarebbe poi evidente la non omogeneità del decreto-legge, che comporrebbe in un solo mosaico un insieme di tessere incapaci di disegnare un quadro unitario. Né varrebbe obiettare che l’omogeneità potrebbe anche non essere contenutistica, ma teleologica, perché, nella specie, a disposizioni in materia di termini o di calamità naturali se ne aggiungerebbero altre di carattere strutturale, che non avrebbero nulla a che vedere l’una con l’altra, come quelle in materia fiscale, contabile e societaria. Disposizioni che, appunto, non sarebbero solo di contenuto diverso, ma possiederebbero anche diverse gradazioni di necessità e di urgenza, sino (come nel caso di specie) a non possederne affatto.

7.2.− Inconsistenti sarebbero poi i rilevi effettuati dalla difesa di LEA.

7.2.1.− Da una parte, non troverebbe fondamento l’eccezione d’inammissibilità relativa al venire censurato solo il decreto-legge e non la legge di conversione. Nell’ordinanza, infatti, il vizio lamentato concernerebbe proprio il decreto-legge in quanto convertito in legge.

Dall’altra parte, palesemente infondata sarebbe anche l’eccezione d’inammissibilità per irrilevanza, in virtù della sopravvenuta legge di conversione, tenuto conto dell’ormai costante orientamento della giurisprudenza costituzionale sulla sindacabilità della legge di conversione per vizi del decreto-legge.

7.2.2.− Erroneo sarebbe anche l’argomento secondo cui la possibilità di ricorrere alla decretazione d’urgenza per l’attuazione di una direttiva UE troverebbe fondamento nell’art. 37 della legge n. 234 del 2012. Tale disposizione, infatti, fa riferimento alla necessità di far fronte all’avvio di «procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia che comportano obblighi statali di adeguamento, qualora il termine per provvedervi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione europea o della legge europea relativa all’anno di riferimento». Nella specie, non vi sarebbe stata in corso alcuna procedura di infrazione e l’eventuale distonia fra il d.lgs. n. 35 del 2017 e la direttiva Barnier non avrebbe potuto legittimare il Governo, di per sé, a intervenire in via d’urgenza, altrimenti si sarebbe configurata la giustificazione di un’urgenza auto-procurata, pretendendo il Governo di provvedere per un eventuale errore nel disporre in via d’ordinaria normazione delegata.

Vero è che la Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia (proc. n. 2016/0368) e che, in data 10 febbraio del 2017, la DG CONNECT aveva rappresentato al Governo italiano alcune perplessità relative all’art. 4 dello schema di decreto legislativo (che fa salvo il monopolio SIAE), poi divenuto il d.lgs. n. 35 del 2017. Ciononostante, nessuna procedura di infrazione è stata aperta dopo l’emanazione del decreto legislativo e, in risposta all’interrogazione in sede di Parlamento europeo “E-006529-17”, il 22 dicembre 2017, la Commissione avrebbe specificato che la procedura d’infrazione riguardava solo la mancata comunicazione delle misure di recepimento nell’ordinamento italiano della direttiva 2014/26/UE e che il caso era stato archiviato il 4 ottobre 2017, semplicemente a seguito della notificazione delle misure di attuazione della direttiva.

Si dovrebbe altresì considerare che il Governo italiano aveva piena conoscenza della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione quarta, 27 febbraio 2014, C-351/12, OSA, in cui si era affermato che la gestione obbligatoria dei diritti d’autore, ancorché costituisca una restrizione alla libera prestazione dei servizi, è compatibile con il diritto europeo, se e in quanto finalizzata a tutelare i diritti di proprietà intellettuale, dato che essa è idonea a consentire una gestione efficace di tali diritti nonché un controllo efficace del loro rispetto.

La giurisprudenza costituzionale, d’altronde, confermerebbe l’assenza dei presupposti di necessità e urgenza, che non potrebbero derivare da esigenze auto-procurate (si richiama la sentenza n. 220 del 2013). Infatti, è vero che l’attuazione delle norme euro-unitarie è stata ritenuta legittimante l’intervento con decreto-legge, ad esempio, in materia bancaria; ciò, tuttavia, non semplicemente in base alla mera esigenza di provvedere all’attuazione, bensì anche in virtù del ricorrere di condizioni di vera necessità e urgenza (è richiamata la sentenza n. 99 del 2018, che riprende la sentenza n. 287 del 2016).

Il ricorso al decreto-legge, quindi, si giustificherebbe solo laddove l’urgente necessità di provvedere sia connessa all’esigenza di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore (si richiama la sentenza di questa Corte n. 244 del 2016), mentre nel caso di specie non esisteva alcuna procedura di infrazione successiva all’attuazione della direttiva. La stessa prassi sarebbe orientata in tal senso, perché lo strumento del decreto-legge sarebbe stato sempre motivato dall’esigenza di porre rimedio a procedure d’infrazione suscettibili di portare alla condanna dell’Italia.

7.3.– Infine, la difesa della SIAE asserisce l’inammissibilità degli argomenti addotti dalla Federazione autori, che prospetta anche la violazione del principio di ragionevolezza, in quanto tale vizio non è stato rilevato dal giudice a quo, risultando dunque estraneo al thema decidendum.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato, in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie), convertito, con modificazioni, in legge 4 dicembre 2017, n. 172, «ovvero, secondo altra prospettazione dogmatica, della relativa legge di conversione 4 dicembre 2017, n. 172, almeno nella parte relativa alla conferma dell’art. 19 del D.L. n. 148 del 2017».

1.1.– La disposizione censurata modifica gli artt. 15-bis e 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), consentendo l’attività di intermediazione del diritto d’autore, in precedenza riservata alla Società italiana autori ed editori (da qui: SIAE), anche agli altri organismi di gestione collettiva (da qui: OGC), come definiti dall’art. 2, comma l, del decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35 (Attuazione della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno).

2.− Secondo il giudice rimettente tale disposizione contrasterebbe con l’art. 77 Cost., con riguardo ai presupposti per la decretazione d’urgenza.

2.1.− In primo luogo, infatti, non sussisterebbe alcuna giustificazione collegabile alla necessità e urgenza di provvedere in ordine alla censurata modifica del sistema d’intermediazione nel settore del diritto d’autore, che avrebbe natura di riforma ordinamentale e non sarebbe neppure immediatamente applicabile, rinviando a ulteriori misure attuative.

2.2.− In secondo luogo, mancherebbe il necessario requisito dell’organicità delle disposizioni contenute nel d.l. n. 147 del 2018, come convertito, che risponderebbe a finalità non univoche, ma comunque collegate a esigenze indifferibili in materia finanziaria, rispetto alle quali il censurato art. 19 si rivelerebbe del tutto estraneo, disciplinando una materia priva di diretta e rilevante relazione con il bilancio dello Stato, atteso che i diritti d’autore non confluiscono nell’erario.

3.− Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione d’inammissibilità, sollevata dalla difesa dell’Associazione Lea - Liberi editori e autori (da qui: LEA), parte nel giudizio a quo, per irrilevanza delle questioni, in quanto il giudice a quo avrebbe censurato una disposizione del d.l. n. 147 del 2018, come convertito, che non potrebbe però più trovare applicazione in virtù della novazione della fonte determinata dalla legge di conversione. Eccezione a cui si lega l’ulteriore argomento in forza del quale la questione di legittimità costituzionale sarebbe inammissibile una volta intervenuta la legge di conversione, che avrebbe efficacia sanante rispetto al decreto-legge.

3.1.− L’eccezione non è fondata.

Da un lato, l’ordinanza di rimessione appunta il dubbio di legittimità costituzionale sulla disposizione dell’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, così come confermata dalla legge di conversione. Dall’altro lato, costituisce ormai costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sentenza n. 29 del 1995, che la conversione in legge non ha efficacia sanante dei vizi del decreto-legge, poiché l’evidente mancanza dei presupposti di necessità e urgenza configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione (tra le tante, sentenze n. 97 del 2019, n. 287 del 2016, n. 10 del 2015, n. 93 del 2011, n. 83 del 2010, n. 128 del 2008 e n. 171 del 2007).

4.− Secondo la difesa di LEA le questioni sarebbero altresì inammissibili per irrilevanza in relazione ai commi 1 e 3 dell’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, come convertito, in quanto tali disposizioni non dovrebbero trovare applicazione nel giudizio a quo. Quest’ultimo, infatti, riguarderebbe la verifica dei requisiti per l’iscrizione nel registro degli OGC, disciplinata dal solo comma 2 dell’art. 19, secondo cui per gli OGC stabiliti in Italia l’esercizio dell’attività di intermediazione è in ogni caso subordinata alla verifica del rispetto dei requisiti da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (da qui: AGCOM).

4.1.− Anche tale eccezione non è fondata.

In primo luogo, infatti, l’art. 19, comma 3, lettera a), modifica l’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 35 del 2017 proprio in relazione al provvedimento di verifica dei requisiti; dunque, anche tale disposizione trova sicuramente applicazione nel giudizio a quo.

In secondo luogo, l’iscrizione nel registro degli OGC ha l’effetto di consentire agli stessi di svolgere l’attività di intermediazione sul diritto d’autore – prevista degli artt. 15-bis e 180 della legge n. 633 del 1941, su cui interviene l’art. 19, comma 1 – senza, tra l’altro, dover raggiungere un accordo di rappresentanza con la SIAE. Tale condizione, infatti, è stata eliminata dalla modifica all’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 35 del 2017, operata dall’art. 19, comma 3, lettera b), del d.l. n. 148 del 2017, restando solo per le entità di gestione indipendenti (da qui: EGI).

Ne consegue che i commi 1 e 3 del citato art. 19 – la cui violazione è richiamata tra i motivi di ricorso avverso il provvedimento dell’AGCOM impugnato nel giudizio a quo – recano norme che, per ciò stesso, rilevano in tale giudizio.

5.− Sempre in via preliminare, da ultimo, devono essere dichiarate inammissibili le doglianze della difesa della Federazione autori, anch’essa parte nel giudizio principale, relative all’illogicità e irragionevolezza della disciplina di cui all’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, come convertito (dunque, implicitamente, alla violazione dell’art. 3 Cost.). Si tratta, infatti, di censure non contenute nell’ordinanza di rimessione e, pertanto, estranee al thema decidendum.

6.− Nel merito le questioni non sono fondate.

6.1.− Va premesso che le disposizioni censurate riguardano la materia dell’intermediazione del diritto d’autore, su cui è intervenuto il d.lgs. n. 35 del 2017, che ha recepito la direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 «sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno» («direttiva Barnier»).

6.1.1.− La direttiva Barnier ha dettato norme concernenti la struttura organizzativa degli OGC e i rapporti tra gli autori e tali organismi, con l’obiettivo di armonizzare le regole sull’attività delle organizzazioni e delle società di gestione collettiva. Principio fondamentale è il riconoscimento agli autori della libertà di scegliere il soggetto a cui assegnare, in concreto, le varie tipologie di diritti previsti dalla legge (art. 5). A tal fine (art. 3), pertanto, oltre agli OGC possono costituirsi le EGI, ossia enti di carattere commerciale, sebbene non sia previsto che gli Stati debbano permettere l’adozione anche del modello apertamente commerciale di gestione.

La direttiva Barnier non affronta direttamente il tema del monopolio legale degli OGC nei rispettivi Paesi di origine, su cui si era pronunciata la Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione quarta, con la sentenza 27 febbraio 2014, C-351/12, OSA, affermando, sulla base del diritto dell’Unione allora vigente, la compatibilità tra la gestione obbligatoria dei diritti d’autore e il principio di libera prestazione dei servizi. Nondimeno, i ricordati principi della direttiva gettano certamente le basi per la progressiva erosione dei monopoli legali.

6.1.2.− La normativa europea è stata recepita dal d.l.gs. n. 35 del 2017 nell’ordinamento italiano, in cui, com’è noto, la gestione del diritto d’autore è stata riservata dalla legge n. 633 del 1941 alla SIAE.

Il d.lgs. n. 35 del 2017 ha distinto nettamente tra gli OGC, soggetti senza scopo di lucro detenuti o controllati dai propri membri, e le EGI, che perseguono fini di lucro e non sono né detenute né controllate, direttamente o indirettamente, dai titolari dei diritti (art. 2). Si è così previsto (art. 4, comma 2) che i titolari dei diritti possano affidare a un OGC o a una EGI di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell’UE di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’OGC, dell’EGI e del titolare dei diritti. Era fatto salvo, però, quanto disposto dall’art. 180 della legge n. 633 del 1941, ossia la riserva alla SIAE per l’attività d’intermediazione nella gestione dei diritti d’autore. In conseguenza di ciò, la libertà di scelta da parte degli autori era limitata a OGC o EGI stabilite all’estero, che potevano operare, tuttavia, solo previo accordo con la SIAE (art. 20 del d.lgs. n. 35 del 2017).

Pur affermando il principio di libertà di scelta della gestione del diritto d’autore, pertanto, il d.lgs. n. 35 del 2017 aveva mantenuto il monopolio legale della SIAE in materia.

6.1.3.− Il mantenimento del monopolio ha suscitato perplessità, emerse nel corso dell’interlocuzione con le istituzioni europee relativa alla procedura d’infrazione aperta per il mancato recepimento della direttiva Barnier, dato che il d.lgs. n. 35 del 2017 non era ancora entrato in vigore alla scadenza del termine fissato dalla stessa direttiva (10 aprile 2016).

La Direzione generale UE “Reti di comunicazione e contenuti delle tecnologie” (da qui: DG CONNECT), con lettera dell’8 febbraio 2017, pronunciandosi sullo schema di quello che sarebbe poi divenuto l’art. 4 del citato decreto legislativo, ha così segnalato al Governo italiano l’opportunità di riconsiderare il regime di monopolio della SIAE in materia di gestione collettiva del diritto d’autore. Nondimeno, la normativa di recepimento è comunque entrata in vigore, dopo circa un mese da tale lettera, senza variazioni, mentre la risposta del Governo italiano è intervenuta solo il 12 settembre 2017. Ivi, come risulta dall’interrogazione a risposta immediata del 28 settembre 2017 n. 5-12302, resa nella VII^ Commissione della Camera dei deputati, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Sottosegretario di Stato per le politiche europee hanno manifestato l’intenzione di procedere a un ulteriore intervento normativo, al fine di realizzare una più compiuta liberalizzazione del settore, anticipando così i contenuti dell’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017.

In tal modo, nessuna nuova procedura di infrazione è stata aperta e il procedimento già avviato è stato archiviato il 4 ottobre 2017, a seguito sì della sola notificazione del d.lgs. n. 35 del 2017, ma anche di tale risposta del Governo italiano.

6.1.4.− Il censurato art. 19, comma l, del d.l. n. 148 del 2017, come convertito, è dunque intervenuto in tale contesto, modificando gli artt. 15-bis e 180 della legge n. 633 del 1941. In conseguenza di ciò, l’attività d’intermediazione dei diritti d’autore è stata consentita anche agli altri OGC, i quali, come finalità unica o principale, gestiscano diritti d’autore o diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di questi e che, alternativamente, siano detenuti o controllati dai propri membri ovvero non perseguano fini di lucro. Per gli OGC stabiliti in Italia, in ogni caso, l’esercizio dell’attività d’intermediazione è subordinato alla verifica, da parte dell’AGCOM, del rispetto dei requisiti previsti dall’art. 8 del d.lgs. n. 35 del 2017, la cui assenza ben potrebbe determinare l’esclusione dall’elenco degli OGC.

6.2.− Alla luce di tale ricostruzione dei fatti può affermarsi come l’intervento del legislatore non possa dirsi manifestamente privo dei presupposti di necessità e urgenza.

6.2.1.− La scelta di provvedere attraverso lo strumento del decreto-legge, infatti, può essere rinvenuta nella necessità, riconosciuta anche dal giudice rimettente, di armonizzare compiutamente la normativa interna a quella comunitaria in tema di liberalizzazione in materia di gestione collettiva dei diritti d’autore e nell’urgenza di evitare l’apertura di una procedura di infrazione. D’altronde, questa Corte ha già precisato che alla base di un decreto-legge possano esservi i ritardi connessi all’attuazione della disciplina comunitaria, specie ove caratterizzata da una lunga trattativa tra l’Italia e gli organi europei (sentenza n. 272 del 2005).

Infatti, se è vero che non è stata aperta una procedura d’infrazione per censurare espressamente l’inesatto recepimento della direttiva Barnier da parte del d.lgs. n. 35 del 2017, ciò appare motivato anche dal fatto che ai dubbi sollevati dalle istituzioni europee mentre era in corso il tardivo recepimento della stessa direttiva ha fatto seguito una rapida modifica del citato decreto legislativo. La qual cosa ha evitato un’ulteriore procedura d’infrazione, essendo stati già manifestati e affrontati i potenziali profili di contrasto tra la normativa italiana e il diritto europeo, rimossi appunto dalle censurate disposizioni.

In conclusione, l’urgente necessità di provvedere di cui all’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, a prescindere da ogni valutazione sull’applicabilità al caso di specie dell’art. 37 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea), risulta connessa all’esigenza di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per la mancata attuazione delle norme europee di settore. Esigenze già da questa Corte ritenute sufficienti a escludere la carenza evidente dei presupposti di necessità e urgenza (sentenza n. 244 del 2016).

6.2.2.− Né tale carenza potrebbe dipendere dal fatto che le norme censurate non siano immediatamente applicabili, rinviando a successivi provvedimenti attuativi dell’AGCOM. La giurisprudenza costituzionale, infatti, ha in più occasioni chiarito che la necessità di provvedere con urgenza non postula inderogabilmente un’immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge (sentenze n. 97 del 2019, n. 5 del 2018, n. 236, n. 170 e n. 16 del 2017).

6.3.− Non possono trovare accoglimento neanche le censure concernenti il difetto di omogeneità del decreto-legge e, in particolare, l’eterogeneità dell’art. 19 del d.l. n. 148 del 2017, come convertito, rispetto alle finalità dello stesso decreto.

6.3.1.− Questa Corte ha chiarito che l’omogeneità costituisce un requisito del decreto-legge sin dalla sua origine, poiché «l’inserimento di norme eterogenee all’oggetto o alla finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza del provvedere ed “i provvedimenti provvisori con forza di legge”, di cui alla norma costituzionale citata» (sentenza n. 22 del 2012).

Nondimeno, l’urgente necessità del provvedere può riguardare anche una pluralità di norme accomunate non solo dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ma anche dall’intento di fronteggiare una situazione straordinaria complessa e variegata, che richiede interventi oggettivamente eterogenei, in quanto afferenti a materie diverse, ma indirizzati tutti all’unico scopo di approntare urgentemente rimedi a tale situazione. Si tratta, nella specie, di quei «provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo», che possono in tal senso risultare omogenei rispetto allo scopo (così le sentenze n. 137 del 2018, n. 170 e n. 16 del 2017 e n. 32 del 2014). seppure non siano per tale ragione esenti da possibili censure in riferimento al requisito dell’omogeneità.

6.3.2.− Ciò precisato, la «Premessa» del d.l. n. 148 del 2017 fa riferimento alla «straordinaria necessità ed urgenza di prevedere misure per esigenze indifferibili, in materia di partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali, di personale delle Forze di polizia e militare, di imprese, ambiente, cultura e sanità». Si tratta, pertanto, di un ampio quadro di misure, che accompagnano la manovra di bilancio per il 2018, incentrate principalmente su interventi fiscali, ma estese anche ad altre linee d’intervento, come per i provvedimenti strutturali in materia di imprese, di trasporti e di cultura. La ratio dell’intervento legislativo, in altri termini, è riconducibile a due distinte finalità, di ampia portata: da un lato, le misure di natura finanziaria e contabile; dall’altro, quelle per esigenze indifferibili con riferimento a sei ambiti materiali: 1) partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali; 2) personale delle forze di polizia e militari; 3) imprese; 4) ambiente; 5) cultura; 6) sanità.

Il d.l. n. 148 del 2017, d’altronde, rientra tra i provvedimenti, comunemente denominati «decreti fiscali», recanti quegli interventi indifferibili che sono discussi dal Parlamento parallelamente alla legge di bilancio, a volte in quanto ad essa strettamente connessi, ma altre volte perché contenenti misure necessarie e indifferibili che difficilmente potrebbero essere oggetto di esame parlamentare nell’arco temporale della sessione di bilancio, se non inserite in uno dei provvedimenti destinati all’approvazione in tale sessione.

Ciò non esclude che le disposizioni ivi contenute possano essere oggetto di censura, quando non omogenee rispetto all’oggetto e alle finalità dell’intervento legislativo, specie ove introdotte in sede di conversione. Nel caso in esame, tuttavia, il censurato art. 19 s’inserisce all’interno delle linee d’intervento del d.l. n. 148 del 2017, che reca misure in materia d’imprese e cultura in cui rientrano senz’altro le attività relative all’intermediazione sul diritto d’autore. Non a caso, il dossier parlamentare del Comitato per la legislazione, pur esprimendo taluni dubbi relativi all’omogeneità di alcune misure del decreto-legge, in particolare quelle introdotte in sede di conversione, non recava osservazioni sull’art. 19.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie), convertito, con modificazioni, in legge 4 dicembre 2017, n. 172, sollevate, in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2020.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2020.

Il Cancelliere

F.to: Filomena PERRONE

21.07.2020 Corte Costituzionale



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